Il naturale e ragionevole epilogo
delle vertenze nel settore credito per la mancata corresponsione di una
addizionale retribuzione giornaliera in caso di coincidenza delle festività nazionali
con la domenica (aggiornamento a Cass. nn. 6983 e 12731 del 1998 e n. 1018 del 2001)
1.
Con
l'articolo "Festività cadenti di
domenica nel settore credito" (1), fummo tra i primi (e tra i pochi)
ad evidenziare l'insorgenza – tra la fine del 1994 ed il 1995 – di una
vertenzialità diffusa nel settore credito (ed assicurativo) finalizzata a
rivendicare da parte dei lavoratori il pagamento di una quota addizionale di
retribuzione giornaliera – come praticato, per lo meno dal 1954, nel settore
industriale, considerato anche l'Accordo Interconfederale ivi raggiunto sulla materia in quell'anno –
per l'ipotesi della coincidenza di festività nazionali (oramai, dopo la L. n.
54 del 1977, residuate nel solo 25 aprile e 1 maggio) con la domenica, in
ragione del fatto che se non si fosse verificata una simile eventualità i
lavoratori avrebbero fruito di una giornata di riposo in più rispetto a quelle
legali e contrattuali. Con le nostre considerazioni dell'epoca circoscrivemmo
altresì – compiendo un'operazione nella direzione della chiarezza, apprezzata
anche dalle Aziende ed Associazioni datoriali del settore – l'ambito della
rivendicazione, superficialmente ed irragionevolmente dilatata dalle OO.SS. dei
lavoratori anche per le festività religiose e per la coincidenza delle festività in genere anche con la
giornata del sabato (oltreché con
quella della domenica).
2.
All'epoca effettuammo anche una breve cronistoria
della specifica rivendicazione e degli esiti giudiziari cui era andata incontro
nel tempo.
Riferimmo come "la
prima rivendicazione al riguardo risale agli inizi degli anni '80 - ad
iniziativa di lavoratori del Credito italiano - e fu respinta dalla Cassazione,
nella sentenza del 18/4/1983, n. 2654 (2). Con la suddetta decisione, la S. corte asserì che tutto il comma 3
dell'art. 5 della L. n. 260/1949 era caratterizzato da un identico presupposto:
quello della prestazione lavorativa nelle suindicate festività. Pertanto
sostenne che "la specificazione contenuta nella seconda parte del detto
comma 3, secondo la quale qualora la festività ricorra nel giorno di domenica,
spetterà ai lavoratori stessi oltre la normale retribuzione globale... anche
un'ulteriore retribuzione corrispondente all'aliquota giornaliera non immuta il
principio generale che pone come presupposto essenziale per la maggiorazione
retributiva l'effettiva prestazione del lavoro, ma serve a chiarire che, quando
si verifichi tale coincidenza, deve essere corrisposta anche la retribuzione
per il giorno di domenica, normalmente non lavorato, e ad indicare in qual modo
deve essere calcolato l'ammontare, fermo restando il predetto presupposto".
Ad essa si è supinamente conformata Pret. Milano 31.1.1994 (3), preceduta da
una più argomentata, anche se non condivisibile, Pret. Roma 19/l2/1992 (4).
Avverso tale
orientamento si registrano più recenti e convincenti sentenze di merito (5),
secondo le quali:
a) per la
corresponsione del trattamento retributivo aggiuntivo in caso di coincidenza di
festivita nazionale con la domenica non è necessario che la festività (e quindi
la domenica) sia lavorata, come presuppone Cass. n. 2564/1983, poiché l'inciso del comma 3 della L. n. 260/1949
"nella sua testualità, si riferisce all'ipotesi di ricorrenza della
festività nella domenica, senza richiedere, come l'inciso immediatamente
precedente, lo svolgimento della prestazione lavorativa", tant'è vero che
omette di menzionare - come invece pignolescamente effettuato negli incisi (e
comma) precedenti - la spettanza della maggiorazione per il lavoro festivo;
b) la quota di retribuzione addizionale per la festività
coincidente con la domenica si giustifica, poi, con la perdita della fruizione
di un giorno aggiuntivo di riposo, compensabile quindi con la corrispondente
retribuzione giornaliera, evitando così che diritti a connotazione oramai
retributiva dei lavoratori debbano essere vanificati dalla loro casuale collocazione
nel calendario.
Tale orientamento
si è poi preoccupato di contrastare l'eccezione secondo la quale se il diritto
de quo discendeva dalla legge mal si comprendevano i motivi per cui nel settore
industriale lo stesso fosse stato consacrato ad opera di un Accordo
interconfederale (Acc. interconf. 3/12/1954, reso erga omnes con D.P.R. n.
1029/1960).
A prescindere dal
fatto - indubbiamente rilevante - che con tale Accordo le parti hanno
ricompreso (estensivamente rispetto alla legge, limitatasi alle sole festività
civili) anche le festività religiose nel beneficio della coincidenza con la
domenica, l'orientamento giurisprudenziale sopracitato ha fatto presente lo
scarso valore "interpretativo" di un tale accordo, carente negli
altri settori. È stato convincentemente detto che esso può essere stato
pattuito "sia perché le parti sociali non avevano piena consapevolezza dei
termini del problema sia, più probabilmente, per aver voluto, in quel settore,
evitare qualsiasi dubbio interpretativo". Alle stesse conclusioni, sia
pure non argomentate, giunsero in precedenza Cass. 3/11/1983, n. 6496 (6) e
Cass. 3/7/1979, n. 3713 (7) le quali, mentre negarono il diritto al trattamento
addizionale per la coincidenza della festività con il sabato non lavorato,
asserirono essere tale diritto spettante ex lege per la sola coincidenza della
festività con la domenica (goduta). A questo punto c'è da prospettare quello
che non è emerso in giurisprudenza e cioè che l'art. 2 L. 90/1954, nello
stabilire, tra l'altro, il principio dell'estensione integrale del trattamento
spettante al lavoratore che abbia prestato attività nella festività -
costituito dalla retribuzione globale di fatto giornaliera incrementata dalla
retribuzione per le ore effettivamente lavorate con la maggiorazione per il
lavoro festivo – anche in capo al lavoratore (teoricamente tenuto a prestare
attività ma) impedito da assenza per cause indipendenti dalla propria volontà,
potrebbe essere correttamente interpretato (anzi deve necessariamente essere
interpretato, n.d.r.) come introduttivo di miglioramenti al trattamento (di cui alla
seconda parte del comma 3, dell'art. 5 L. n. 260/1949) per la coincidenza della
festività con la domenica (goduta). Precisamente laddove 1'art. 2 consente,
implicitamente, di desumere che compete il trattamento parificato della normale
retribuzione incrementata da una quota giornaliera con maggiorazione per lavoro
festivo in capo non solo al lavoratore della stessa squadra o turno (tenuto
teoricamente a prestare attività nella festività ma impedito da assenza per
malattia, ecc.), ma anche – e stavolta con la sola addizionale della
ulteriore quota giornaliera di retribuzione, di cui si fa menzione alla seconda
parte del comma 3 dell'art. 5 L. n. 260/1949
(n.d.r.) - per il caso, previsto alla lett. e) della L. n. 90/1954, di non
prestazione (quantunque programmata) per "sospensione dal lavoro dovuta a
coincidenza della festività con la domenica o altro giorno festivo considerato
tale dai contratti collettivi, compresa la celebrazione del S. Patrono…".
Se questo è il significato che deve darsi all'art. 2 della
L. n. 90/1954, è evidente che l'inciso del comma 3 dell'art. 5 della L. n.
260/1949 – introdotto
giustappunto dall'art. 1 della precitata L. n. 90/1954 (n.d.r.) - non può
che riferirsi alla diversa ipotesi del lavoratore che non sia chiamato (o
tenuto) a prestare attività nella festività coincidente con la domenica, poiché
altrimenti, in caso di prestazione, gli spetterebbero, oltre alla retribuzione
giornaliera corrente altre due quote addizionali di retribuzione giornaliera, entrambe con la maggiorazione per il
lavoro festivo, in ragione di una prestazione in due festività cumulatesi (e
non già due quote addizionali di retribuzione, con una sola maggiorazione per
il festivo, come sostenuto da Pret. Roma 19/12/1992, cit.).
Effettuando, a
conclusione, una verifica nei quinquenni 1990-1995 e 1995-2000, di decorrenza
della prescrizione quinquennale per i crediti retributivi in corso di rapporto
- per i rapporti di lavoro degli impiegati e dei funzionari, dotati di
stabilità reale, per le garanzie ex lege n. 604/1966 e art. 18 L. n. 300/1970 (8)
-, la coincidenza delle due festività nazionali residue con la domenica si è
verificata per il 25 aprile 1993 (e si verificherà per il prossimo 25 aprile
1999) nonché per il 1 maggio 1994".
Concludemmo all'epoca affermando che: "Infondata si rivela invece la rivendicazione della coincidenza
della festività (fruita) con il sabato – equivocamente ed impropriamente
considerato "giorno festivo" (in quanto normalmente non lavorato) –
atteso che i contratti di lavoro del settore del credito non autorizzano
affatto una simile configurazione "festiva" del sabato non lavorato
per settimana corta. Espressamente l'art. 80 del ccnl 19 dicembre 1994 per i lavoratori
di base e l'art. 37 del ccnl 22 giugno 1995 per il personale direttivo
asseriscono che "sono considerati festivi (ai fini delle disposizioni del
ccnl, n.d.r.) quelli previsti dalle disposizioni di legge".
Parimenti infondata
la rivendicazione in questione (per coincidenza della festività con il sabato
non lavorato per settimana corta) se invocata richiamandosi erroneamente al
disposto dell'art. 2 dela lett.b) della
L. n. 90/1954, secondo cui il trattamento aggiuntivo spetterebbe nell'ipotesi
di "assenza dal lavoro per riduzione dell'orario normale giornaliero e
settimanale". Tale fattispecie – come ha puntualizzato Cass. 3.11.1983, n.
6496 (9) – "non ricorre affatto
quando viene attuata la semplice redistribuzione, in 5 giorni della settimana,
dell'orario normale: nel sesto giorno non si realizza, sul piano contrattuale,
"un'assenza dal lavoro" bensì la fruizione, da parte del lavoratore,
delle porzioni di pausa di cui egli si è privato per il maggiore lavoro svolto
nei restanti 5 giorni".
3. Mentre così scrivevamo
negli ultimi mesi del 1995, la Corte di cassazione - in una vertenza per il similare settore assicurativo - raggiungeva le nostre stesse conclusioni ed
asseriva: "Ai sensi dell'art. 5, 3
comma, ultima parte della L. 27 maggio 1949, n. 260, come modificato dalla
L. 31 marzo 1954, n. 90, il compenso
aggiuntivo (corrispondente all'aliquota giornaliera) ivi previsto per il caso
in cui le festività del 25 aprile e del 1 maggio coincidano con la domenica,
spetta al lavoratore (senza alcuna distinzione nell'ambito delle categorie
previste dall'art. 2095 c.c.) che, in tali giorni, riposi; tale compenso,
infatti trova giustificazione nel fatto che, ove le suddette festività non
coincidessero con la domenica, il dipendente fruirebbe di una giornata in più di
riposo"(10).
La chiarissima
affermazione di principio di carattere
generale non veniva recepita né dalle aziende del credito né dalle loro
associazioni sindacali (le quali, in un primo tempo, avevano lasciato intendere
ai sindacati di essere orientate ad una soluzione negoziale per arginare o
sottrarre le aziende associate alla
prospettata vertenzialità giudiziaria ) in ragione dell'usuale e ricorrente
affermazione per cui la sentenza "non concerneva il settore del
credito" (sic!). Affermazione
della cui solidità è lecito quantomeno dubitare e con la quale è stata
parimenti "bollata" di "irrilevanza settoriale" la recente
sentenza n. 12860 del 28 dicembre 1998 della Cassazione, assertrice di una
pluralistica nozione della dirigenza, articolata in top managers, middle managers e
low managers (11).
Sopraggiungono ora, a metà e, rispettivamente, a fine del
1998, Cass. 16 luglio 1998, n. 6983 (in causa Banco di Napoli SpA ed un gruppo
di lavoratori) e Cass, 19 dicembre 1998, n. 12731 (in causa Credito Italiano SpA
ed un gruppo di lavoratori) (12), le quali, nel confermare l'orientamento
anticipato da Cass. n. 11117 del 1995, così dispongono: "Ai sensi dell'art. 5, ultima parte, della
legge 27 maggio 1949, n. 260, come modificato dalla l. 31 marzo 1954, n. 90, il
compenso aggiuntivo (corrispondente all'aliquota giornaliera) ivi previsto per
il caso in cui le festività (ora, dopo la L. n. 54 del 1977, residuate in
quelle del solo 25 aprile e del solo 1
maggio.) coincidano con la domenica, spetta al lavoratore (senza alcuna
distinzione nell'ambito delle categorie previste dall'art. 2095.c.c) che,
in tali giorni, riposi; tale compenso,
infatti – che trova giustificazione nel fatto che, ove le suddette festività
non coincidessero con la domenica, il dipendente fruirebbe di un giorno in più
di riposo – è espressamente previsto dall'art. 2 della citata legge n. 90 del
1954 nel caso (tra l'altro) di sospensione dal lavoro dovuta a coincidenza
della festività con la domenica"(13).
Esse attengono specificatamente al settore del credito e
respingono – come noi -
decisamente la tesi difensiva
delle aziende bancarie incentrata sul fatto che l'inciso di cui alla seconda
parte dell'art. 5, comma 3, della L. n.
260/1949 che fa riferimento "ai
lavoratori stessi" si dovrebbe considerare riferito ai soli "lavoratori salariati retribuiti non in misura fissa" (cioè
agli operai) e non ai lavoratori del credito che sono tutti quanti retribuiti
con retribuzione mensile fissa e non variabile su base oraria.
Ma come noi avevamo asserito anche la Cassazione fa leva –
per destituire di fondamento l'interpretazione avanzata dalla difesa delle
aziende di credito – sulla portata modificativa dell'art. 2 della sopravvenuta
L. n. 90 del 1954, la quale espressamente
innovò sulla precedente disciplina stabilendo (senza distinzioni fra lavoratori
retribuiti in misura fissa o in relazione alle ore effettivamente prestate) che
"il trattamento stabilito dall'art.
5 della legge 27 maggio 1949, n. 260, dovrà essere ugualmente corrisposto per
intero al lavoratore, anche se risulti assente per i seguenti motivi:…e)
sospensione dal lavoro dovuta a coincidenza della festività con la domenica…".
E conclude, con convinzione, Cass. n. 6983/1998, che "la previsione risolve in radice ogni questione, in quanto – come
osservato in dottrina – avendo il legislatore inteso significare, attraverso la
innovazione, che nella coincidenza delle festività…con la domenica, si
realizzano due distinte situazioni che determinano, autonomamente l'una
dall'altra, la sospensione della prestazione di lavoro, e dovendo ritenersi che
la domenica non esclude né assorbe la festività (nazionale, per i
lavoratori retribuiti in misura fissa, n.d.r.),
quest'ultima festività opera ugualmente con l'attribuzione al lavoratore di un
ulteriore speciale compenso che trova la sua ragion d'essere nella ricorrenza
festiva stessa", in ragione del fatto
che se non si fosse verificata la coincidenza con la domenica il
prestatore di lavoro avrebbe finito per fruire di una giornata in più di
riposo, cui in fattispecie si sostituisce il compenso retributivo/indennitario,
pari ad una quota giornaliera addizionale alla retribuzione mensile
corrente.
4. Una volta acquisita e
scontata la portata innovativa dell'art. 2 della L. n. 90/1954, per far
risaltare l'infondatezza (dopo l'innovazione all'art. 5 L. n. 260/'49 apportata
dall'art. 1 della L. n. 90/'54) del vecchio orientamento giurisprudenziale
– riassumentesi nelle decisioni citate
in nota 2 – che considerava l'effettuazione della prestazione lavorativa nella
festività nazionale quale presupposto per la corresponsione di una quota
giornaliera addizionale di retribuzione, in caso di coincidenza della festività
con la domenica – ipotizzata espressamente dalla seconda parte del comma 3
dell'art. 5 della L. n. 260/1949 nella modifica ex art. 1 L. n. 90/1954 -, è
sufficiente rilevare come l'ipotesi di cui al precitato comma 3 dell'art. 5
sopracitato non possa che attenere esclusivamente (nella nuova versione) al
caso del lavoratore che tale festività (coincidente con la domenica) goda in
libero riposo o ricreazione. Giacché, se il lavoratore fosse tenuto a lavorare
detta festività nazionale cadente in giornata domenicale, la norma di legge
avrebbe dovuto prevedere che gli venisse corrisposta (oltre alla retribuzione
giornaliera inclusa nella mensilità ordinaria) non già una quota ma due quote
addizionali di retribuzione giornaliera ed entrambe
con la maggiorazione per il lavoro festivo in ragione di una prestazione in due
festività non fruite e cumulatesi tra loro.
In buona sostanza – come osserva acutamente anche Cass. n.
6893/1998, quando asserisce che la dizione "i lavoratori stessi" di
cui alla seconda parte del comma 3 dell'art. 5 della L. n. 260/'49 avrebbe
potuto anche coincidere con "i
lavoratori…retribuiti in misura fissa che prestano la loro opera nelle
suindicate festività", se letta nel contesto originario del testo
legislativo concepito dal legislatore nel 1949 – tale lettura non è più
praticabile ed attuale dopo l'innovazione apportata a quel testo dalla L. n.
90/1954, ispirata ad estendere ai lavoratori, senza distinzione alcuna in
ordine alla modalità di corresponsione della retribuzione (ad ora o fissa
mensile), il trattamento previsto dall'art. 5 L. n. 260/1949 al verificarsi di
"assenze dal lavoro" programmato, per causali indipendenti dalla
volontà del lavoratore ed a lui non imputabili (es. malattia, infortunio,
gravidanza, ecc.) ovvero del tutto casuali ed imprevedibili (es. coincidenza
della festività con la domenica). Trattamento il cui onere economico viene dal
legislatore accollato al datore di lavoro, secondo una impostazione fondata sul
"rischio di impresa" o se si vuole sul "favor operari" verso la parte più debole del rapporto di
lavoro.
Resta ora da vedere se le Aziende di credito (e le loro
associazioni ABI e Acri) si decideranno a prendere atto – anche se, per
conoscenza diretta, è presumibile che
attendano il parere delle sezioni unite al riguardo - della corretta interpretazione fornita dalla Cassazione alla
normativa in tema di "giorni festivi" o vorranno alimentare, con un
atteggiamento di intrasingenza che è stato ed è da tempo loro tipica
prerogativa, coltivare ancora un contenzioso (peraltro di rilevanza economica individuale indubbiamente
modesta) destinato ad intensificarsi per parte lavoratrice in ragione degli
autorevoli supporti offerti dalla S. corte, anche per il tramite delle ultime
due recenti sentenze.
(pubblicato in Lav.
prev. Oggi, 1999, 4, 811)
P.S. - Dopo la pubblicazione del sopra riportato articolo o nota, il Pretore di Viterbo dr. Pascolini (con decisione dell’8.10.1998, in causa Banca di Roma, pubblicata in “Confronti e intese”, mensile del Sinfub, n.161 del 24 gennaio 2000) nel confermare i principi della Cassazione e da noi asseriti in merito ha specificato che poiché la “ratio della corresponsione di una giornata di retribuzione (conseguente a mancato riposo, n d.r.) è evidentemente indennitaria e compensa un mancato riposo” (cfr. Cass. 12731/’98)…è appena il caso di osservare che secondo costante giurisprudenza in tal caso la prescrizione è quella decennale (cfr. Cass. sez. lav. 24.12.1997 n. 13039 e 13040). In conclusione, non rientrando la fattispecie in quella prevista dall’art. 2948 n. 4, né in alcuna altra previsione di prescrizione breve, non può che essere applicata la prescrizione ordinaria decennale”.
"A
tale conclusione è infatti pervenuta la S. corte la quale nella sentenza n.
12731/'98 afferma in motivazione che 'la ratio della mancata corresponsione
di una giornata di retribuzione è evidentemente indennitaria e compensa un
mancato riposo". Nello stesso senso, Cass. sez. lav. 16.7.1998 n. 6983:
"le affermazioni circa la natura risarcitoria dell'indennità sostitutiva del
riposo settimanale può evidentemente estendersi all'indennità sostitutiva
dovuta a causa del mancato godimento di qualsiasi tipo di riposo, ivi compreso
quello conseguente alla coincidenza della festività con la domenica",
(così Laugeni, in Confronti e Intese,
166 del 24 sett. -ott. 2000, p. 27).
Dopo
queste “batoste” dottrinali, prima, e giurisprudenziali, poi, in sede di
ipotesi di accordo di rinnovo del ccnl di categoria ( ipotesi dell' 11 luglio
1999), tra l’intransigente Associazione datoriale ABI e le OO.SS. si conveniva
di definire la problematica al punto 10
(Festività coincidenti con la domenica) del cap. IV così stabilendo “ In
considerazione della vigente disciplina di legge in tema di coincidenza delle
festività del 25 aprile e del 1 maggio con la domenica e del consolidato
indirizzo giurisprudenziale maturato al riguardo, si conviene di definire la
questione come segue: al personale in servizio alla data di stipulazione del
presente contratto ed in forza in coincidenza con la festività del 25 aprile
1999 e del 1 maggio 1994, l’azienda ha facoltà di riconoscere, d’intesa con il
lavoratore, in alternativa al compenso aggiuntivo, altrettante giornate di
permesso, da fruire compatibilmente con le esigenze di servizio”.
Soluzione quest’ultima di natura transattiva – fondata sul presupposto della prescrizione quinquennale e non di quella ordinaria decennale – riservata inverosimilmente ai soli lavoratori in servizio, escludente quelli in quiescenza che (a quanto ci è dato sapere) si sono consorziati (o hanno richiesto l’intervento sindacale) per sopportare le spese giudiziali per un riconoscimento di principio da parte della magistratura, una volta trascurati dai loro stessi Sindacati firmatari dell’ipotesi in questione (oramai ratificata come “contratto unico” del 11 luglio 1999 per il personale impiegatizio e direttivo, dirigenti esclusi).
Infine
l'orientamento assertore della spettanza di una ulteriore quota
giornaliera di retribuzione per il caso di coincidenza delle festività
nazionali del 25 aprile e del 1 maggio con la domenica, si è definitivamente
consolidato con la sentenza della Cassazione, sez. lav., n. 1018 del 25 gennaio 2001 (soccombente Monte dei
Paschi di Siena SpA, assistito dal legale delle banche Prof. avv. R.
Scognamiglio, decisione ora reperibile integralmente in Riv. it.
dir. lav. 2001, 719 con nota di Calafà ampiamente carente nelle citazioni
degli autori che, come noi, per primi se ne sono occupati funditus ed hanno
concorso all'affermarsi dell'orientamento giudiziale), la
quale - in perfetta linea con le argomentazioni da noi esposte nell'articolo - ha
confermativamente stabilito che "
Sulla
scorta della giurisprudenza secondo cui nel
concetto di retribuzione rientrano tutti gli importi che, pur senza trovare
riscontro in una precisa prestazione lavorativa, costituiscono adempimento di
obbligazioni pecuniarie imposte al datore di lavoro da leggi o da convenzioni
nel corso del rapporto di lavoro, ed aventi origine e titolo nel contratto di
lavoro, escluse soltanto le erogazioni originate da cause autonome o da
responsabilità del datore di lavoro - da
cui consegue la natura retributiva e non risarcitoria delle maggiorazioni in
questione - le stesse sono soggette alla prescrizione quinquennale di
cui all’art. 2948 n. 4, c. c., che si applica a “tutto ciò che deve pagarsi
periodicamente ad anno o in termini più brevi”, a nulla rilevando che la
coincidenza delle festività nazionali con la domenica sia puramente casuale e
non presenti una ricorrenza ciclica, atteso che il requisito della periodicità,
annuale o inferiore all’anno, che giustifica l’applicabilità della
prescrizione quinquennale, deve essere riferito alla retribuzione nel suo
complesso e non già alle singole voci che di volta in volta la compongono".
(1) In Lav. prev. Oggi 1995, 2050, cui ha fatto seguito la pubblicazione
di Trib. Milano 5 maggio 1995 (Credito Italiano c. Altobelli, ora confermata da
Cass. 19 dicembre 1998, n. 12731, riportata in Lav. prev. Oggi, 1999, 801),
ibidem 1996, 340.
(2) In Not. giurisp. lav. 1984, 578, preceduta da Cass. 21 gennaio 1982 n.
406, in Giust. civ. 1982,I, 1260.
(3) In Not. giurisp. lav.
1994, 329.
(4) In Not. giurisp. lav.
1993, 63.
(5) Pret. Milano 19.9.1994, ibidem 1994, 640; Pret. Milano
28.12.1992, in D&L 1992, 397;
Pret. Milano 22.1.1990, in Lav. 80,
1990, 287, confermata da Trib. Milano 23.11.1991, in D&L 1992, 465.
(6) In Giust. civ. 1984, I, 393, con nota di Cappagli.
(7) Ibidem, 1979, I, 1554.
(8) Per i dirigenti, notoriamente,
la prescrizione dei crediti retributivi opera dopo la cessazione del rapporto,
per carenza, nei loro confronti, dei requisiti della stabilità reale.
(9) In Not. giurisp. lav. 1984, 578 e conf. Cass. 15.11. 1984, n. 5800, in
Mass. giur. lav. 1984, 636, nonché
Cass. 3.7.1979, n. 3713, in Giust. civ.
1979, I, 1554.
(10) Così Cass. 26 ottobre 1995,
n. 11117, in Not. giurisp. lav.
1995,896.
(11) Il cui nostro commento dal
titolo "L'alto, il medio ed il mini
dirigente nelle moderne organizzazioni complesse" è publicato in Lav.
prev. Oggi 1999, 3, a pag. 581 e ss.
(12) Entrambe pubblicate in Lav.
prev. Oggi 1999, l’una a pag. 797 e rispettivamente l’altra a pag. 801.
(13) Così la massima di Cass. n. 12731 del 19 dicembre 1998 e, analogamente, quella di Cass. 16 luglio 1998, n. 6983, cit.
P.S. - Per la posizione di diniego nei confronti dei Pubblici dipendenti si rinvia alla circolare del Dip. Funzione Pubblica adottata su parere del Consiglio di Stato, che possono leggersi al seguente link: http://www.lexitalia.it/leggi/circdipfp_2003-03-21.htm
Prescrizione quinquennale per la rivendicazione del compenso
Insussistenza del diritto ad una quota giornaliera addizionale nel Pubblico Impiego privatizzato
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