DANNO IMMANENTE ALLA PROFESSIONALITA' RISARCITO IN VIA EQUITATIVA
TRIBUNALE DI ROMA Sezione IV – Lavoro –
20
novembre 2002 (n. 214038/00 R.G.) – Giud. Vittoria Di Sario – Giacchetta Michele (avv. Muggia R. e
S.) c. SIPRO srl (avv. Turco) -
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ritualmente
notificato Giacchetta Michele conveniva in giudizio la SIPRO srl chiedendo al
giudice di dichiarare l'esistenza di un demansionamento con conseguente
violazione dell’art. 2103 c.c. dall'ottobre 1997 al 5/7/99, data delle
dimissioni e conseguentemente di condannare la società convenuta al risarcimento
del danno nella misura pari alla retribuzione percepita dal dì del
demansionamento a quello delle dimissioni pari a £ 70.707.000 o nella diversa
misura determinata anche in via equitativa; di dichiarare che le dimissioni
erano state rassegnate per giusta causa e per l'effetto condannare la società
convenuta alla restituzione dell'indennità di sostitutiva del preavviso
illegittimamente detratta e pari a £ 11.508.567 ed al pagamento della suddetta
indennità per complessive £ 23.017.134, oltre accessori e vinte le spese da
distrarsi. A sostegno della domanda il ricorrente esponeva: di essere stato
assunto in data 3/1/94 con il grado di capitano inquadrato nel 1° liv. ccnl per
i dipendenti di istituti di vigilanza e con il compito di coordinare il servizio
di trasporto valori, che rappresentava una delle attività principali e più
qualificanti della convenuta; che nell'espletamento di detta attività aveva
coordinato il lavoro di trenta/trentacinque addetti; che aveva un proprio
ufficio nel Centro Nazionale Sicurezza di via della Magliana ed era stato
dotato di un cellulare e di una vettura anche per uso personale; che l'ultima
retribuzione mensile percepita ammontava a £ 2.886.000, ricevendo sui
dall'inizio del rapporto un fuori busta per le ore di straordinario; che nel
maggio 1996 in occasione del trasferimento del capitano Rinaldi al servizio
presso la BNA di via Casal de Pazzi era stato assegnato alla sede di via
Savoia, con l'incarico di provvedere oltre che al coordinamento dei trasporto
valori già svolto anche al coordinamento di tutti gli altri servizi offerti
dalla società; che in tale occasione gli era stato riconosciuto il livello I
Super ed attribuito il grado di "maggiore"; che nell'ottobre 1997 la
convenuta aveva trasferito la sede in via di Solone e gli era stato affidato
l'incarico di coordinare i servizi presso la BNA di via Pedinino cui erano
addette solo tre g.p.g. (guardie particolari giurate, n.d.r.); che con lettera
dell'11/12/97 aveva rifiutato dette mansioni ritenendole dequalificanti; che
con telegramma del 12/12/97 la convenuta lo aveva assegnato alla sala
operativa, con mansioni di mera predisposizione dello statino di servizio dei
dipendenti, di completamento dei fogli di servizio giornalieri lasciati
incompleti dal vicebrigadiere, mansioni svolte normalmente da personale di III
liv.; che il giorno 23 dicembre gli era stato assegnato il compito di
completare i turni di servizio di 5 giorni natalizi, con evidente finalità di
metterlo in difficoltà; che contestualmente all'affidamento del nuovo incarico
gli erano stati sottratti i compiti precedentemente svolti di responsabile del
trasporto valori e di coordinatore di tutti i servizi; che pertanto si era
verificata una sottrazione delle mansioni sia sotto il profilo quantitativo che
qualitativo con evidente demansionamento; che sino al gennaio 1998 era stato
impiegato nella Centrale Operativa con compiti non specificati e
successivamente aveva accettato di svolgere servizio presso la BNA di via
Pedinino in quanto gli era stato confermato l'uso della vettura aziendale e gli
era stato riconosciuto un fuori busta di £ 1.000.000 con l'assicurazione della
breve durata di tale meno qualificato incarico; che da detta data all'agosto
1998 aveva svolto mansioni di piantonamento, identiche a quelle della quattro
guardie giurate addette al servizio ed inquadrate al IV liv.; che dal novembre
1997 al gennaio 1998 era stato assegnato al turno di 5 giorni più uno di
riposo, diverso dal precedente che prevedeva due giorni di riposo; che in data
12/12/97 aveva dovuto restituire l'autovettura senza marchi che utilizzava
anche per uso privato, ricevendo un'utilitaria con i marchi dell'azienda; che
nel giugno 1998 era stato convocato dall'amministratore e dal responsabile
operativo e del personale, i quali lo avevano invitato ad intercedere presso
due dipendenti perché rinunciassero ad azioni legali in corso e stante il
risultato negativo gli era stata revocato il compenso mensile di £ 1.000.000 e
posto coattivamente in ferie; che in data 13/10/98 era stato nominato
rappresentante aziendale della Fisascat-Cisl; che al rientro dalle ferie in
data 26/9/98 era stato assegnato alla centrale operativa come responsabile, ove
era rimasto del tutto inutilizzato limitandosi al controllo dagli allarmi
gestiti dagli operatori in servizio (un vicebrigadiere, una guardia scelta e
due guardie giurate); che a decorrere dall' 11/11/98 era stato addetto al
controllo del sistema qualità consistente nella semplice visione dei fogli di
servizio compilati dalle guardie al momento di entrare in servizio e nel
controllo dell'esatta compilazione di detti moduli; di essere stato assegnato
in detto periodo a turni settimanali di sette ore, in precedenza mai espletati;
che gli erano stati trattenuti due giorni richiesti dalla Fisascat-Cisl; che a
seguito della perdurante situazione di demansionamento era stato costretto a
dimettersi con telegramma del 5/7/99, dimissioni da considerarsi sorrette da
giusta causa.
Fissata l'udienza di
discussione si costituiva in giudizio la SIPRO srl - Istituto di Vigilanza
contestando il ricorso e chiedendone il rigetto.
Sentito il ricorrente,
escussi i testi indotti, autorizzato il deposito di note, la causa veniva
discussa e decisa come da separato dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
II ricorso è in parte
fondato e deve essere accolto nei limiti di seguito esposti.
Secondo un orientamento
ormai consolidato della Suprema Corte, il datore di lavoro non può, neanche in
caso di colpa dei lavoratore, assegnare quest'ultimo a mansioni inferiori alla
qualifica di appartenenza (per tutte Cass. n. 6856/2001, Cass. n. 1295/95). Ciò
significa che il
pregiudizio del c.d.
diritto alla “professionalità” gode di una tutela autonoma tanto che
l'interessato può anche rifiutare le suddette mansioni "degradanti",
nei limiti del rispetto del principio di buona fede contrattuale (ad es. Cass.
n. 8939 del 12/10/96).
La stessa Corte ha
chiarito che si ha dequalificazione o "svuotamento di mansioni" in
tutti i casi di sottoutilizzazione del patrimonio professionale acquisito dal lavoratore
con riferimento alla qualità intrinseca delle attività, al grado di autonomia e
discrezionalità del loro esercizio e alla posizione nell'organizzazione
aziendale (ad es. Cass. n. 7789 del 14/7/93). È inoltre a carico del datore di
lavoro l'onere di dimostrare l"'equivalenza" delle nuove mansioni
assegnate rispetto a quelle in precedenza esercitate.
Infatti il c.d.
"demansionamento" non viola solo l'art. 2103 cad. civ. ma anche, più
in generale, il diritto alla libera esplicazione della personalità del
lavoratore: si tratta quindi di un pregiudizio di natura patrimoniale e
suscettibile di risarcimento anche equitativo (ad es. Cass. n. 11724 del
18/10/99, Cass. n. 14443 del 6/11/2000 e, da ultimo, Cass. n. 7967 del
1/6/2002). Richiamati i principi generali in materia e passando all'esame della
fattispecie portata all'esame di questo giudice deve osservarsi che, per una
corretta soluzione della controversia, è necessario ricostruire le mansioni
svolte dal ricorrente e la posizione dal medesimo acquisita all'interno
dell'organizzazione aziendale dall'assunzione sino alla fine dell'anno 1997,
evidenziandosi chiaramente nel periodo successivo la dequalificazione operata
dalla convenuta. Il ricorrente veniva assunto in data 3/1/94 con inquadramento
nel I livello ccnl per dipendenti istituti di vigilanza e grado di capitano,
conformemente a quanto previsto dalla declaratoria contrattuale e con il
compito di coordinare il servizio di trasporto valori a cui erano addette,
nella fase iniziale, almeno 15 guardie giurate. Si trattava dì un servizio di
particolare rilevanza nell'ambito dell'attività svolta dalla società ed
all'epoca in espansione poiché era stato acquisito anche il trasporto valori
per gli uffici postali, che in precedenza la società non svolgeva (teste Di
Cangi). Per lo svolgimento di detto incarico erano stati assegnati al
ricorrente un telefono cellulare ed una vettura, il cui uso era consentito
anche per ragioni private.
A decorrere dall'1/3/95
il Giacchetta era promosso al 1° livello super con il più alto grado di
maggiore (cfr lettera del 21/3/95), continuando a svolgere le stesse mansioni.
Nel mese di maggio 1996 il ricorrente veniva assegnato alla sede centrale di
via Savoia ed oltre all'incarico di responsabile del servizio trasporto, che continuava
a svolgere nella sede di via della Magliana, gli veniva affidato il
coordinamento di tutti i servizi della Sipro. Il ricorrente era il più alto hi grado
di tutta la struttura ed aveva la responsabilità di tutti i servizi.
Le deduzioni difensive
della convenuta, volte a sminuire la posizione raggiunta dal Giacchetta in
detto periodo, sono state smentite dalle dichiarazioni dei testi escussi. Ed
invero non solo i testi indotti dal ricorrente hanno confermato che questi
aveva assunto il coordinamento di tutti i servizi offerti dalla società, ma lo
stesso teste Di Cangi, smentendo l'affermazione secondo la quale avrebbe
continuato a coordinare il solo trasporto valori, ha riconosciuto che il
ricorrente si occupava non solo di detto servizio, ma anche dei turni degli
altri servizi e della centrale operativa.
Circostanza quest'ultima,
di particolare rilevanza per quanto di seguito sarà evidenziato in ordine alle
mansioni successivamente affidate al ricorrente.
Il ruolo di coordinatore
ed organizzatore del servizio trasporto valori e di tutti gli altri servizi
della società veniva svolto dal ricorrente ininterrottamente per oltre un anno
ed almeno sino all'inizio del dicembre 1997, quando la società, sottraendogli
le mansioni sino a quel momento svolte, lo assegnava al coordinamento del solo
servizio di vigilanza presso la Banca Nazionale dell'Agricoltura.
Il ricorrente
inizialmente rifiutava detto incarico, ritenendolo lesivo della propria
professionalità (cfr lettera dell'11/12/97) e per tutta risposta non veniva
assegnato alle mansioni in precedenza svolte (in parte, quelle del trasporto
valori, già assegnate ad altro dipendente), bensì destinato al servizio presso
la sala operativa con modificazione del turno di lavoro (5 giorni + 1 di
riposo, anziché 5 giorni + 2 di riposo cfr. telegramma del 12/12/97).
Successivamente il Giacchetta dichiarava di accettare l'iniziale incarico a
decorrere dal 26/1/98 "per disciplina aziendale e con riserva di far
valere i diritti eventualmente lesi" (cfr. lettera apparentemente datata
19/2/98). Da detta data e sino all'agosto 1998 il ricorrente si occupava
esclusivamente dal servizio di vigilanza alla BNA, coordinando il personale ivi
addetto, in numero inferiore a quello in precedenza organizzato, ma svolgendo
anche mansioni di semplice "piantone", mansioni non smentite dai
testi indotti dalla convenuta e che sono indiscutibilmente inferiori a quelle
in precedenza espletate e non rispondenti al 1° livello super ricoperto dal
medesimo (il personale addetto al piantonamento apparteneva al IV° liv).
Con disposizione
datoriale del 29/9/98 il Giacchetta veniva assegnato alla Centrale Operativa in
qualità di responsabile, mantenendo tale incarico sino al 5/7/98 data in cui
rassegnava le dimissioni senza preavviso. In questo periodo sicuramente il
Giacchetta dimostrava una scarsa collaborazione ed una scarsa diligenza
nell'espletamento del ruolo assegnatogli (in tal senso appaiono univoche le
risultanze istruttorie), ma è necessario evidenziare che il nuovo ruolo
assegnato, sebbene più qualificante rispetto al servizio di vigilanza presso la
BNA, comunque non era equivalente alle mansioni di responsabile di tutti i
servizi Sipro in precedenza svolte nel periodo maggio 1996-dicembre 1997. Se è
pur vero che la centrale operativa costituiva un punto nevralgico dell'intera
attività aziendale e che erano stati eseguiti importanti interventi tecnologici
per renderla particolarmente efficiente, è indiscutibile che l'assegnazione al
solo servizio di responsabile della centrale operativa rappresentava
un'evidente parziale privazione di mansioni a danno del ricorrente, che in
precedenza aveva già coordinato la stessa occupandosi, contestualmente, anche
del servizio trasporto valori e di tutti i servizi della Sipro. Tali ampi
incarichi attribuiti al ricorrente per oltre un anno, che avevano fatto
acquisire al medesimo una posizione apicale all'interno del settore
tecnico-operativo, con il riconoscimento del più alto grado di maggiore ed la
specifica professionalità connessa alla responsabilità di tutti i servizi, sono
stati svuotati illegittimamente dalla società con l'assegnazione ad uno solo
degli originari servizi e con compiti e responsabilità conseguentemente ridotti
in modo significativo. Va, altresì, osservato che, in base al regolamento prodotto
dalla stessa società, alla centrale operativa era prevista l'assegnazione di
ufficiali, sottufficiali, graduati e guardie, mentre il ricorrente possedeva il
grado di maggiore quindi di ufficiale superiore (cfr. lettera Sipro 1/10/98),
risultando così ulteriormente dimostrata l'assegnazione a compiti non
rispondenti alla qualifica ricoperta.
Non è discutibile la
facoltà del datore di lavoro di adibire il lavoratore a mansioni diverse da
quelle originariamente attribuitegli, così come non si può sindacare il potere
di riorganizzazione aziendale e la creazione di nuove strutture cui adibire il
personale già in servizio previa riqualificazione professione.
Nel caso di specie tali
poteri, però, sono stati esercitati in violazione del disposto dell'art 2103 c.c.
che garantisce al lavoratore, per l'intera durata del rapporto, il diritto ad
essere adibito a mansioni proprie della qualifica di appartenenza nonché il
diritto, nel caso di esercizio dello jus variandi da parte del datore di
lavoro, di vedersi assegnate mansioni equivalenti a quelle in precedenza svolte
che salvaguardino la specifica professionalità maturata.
Il disposto della norma
in esame, eccetto le tassative ipotesi di fonte legale, non consente alcuna
deroga, neppure temporanea, e pertanto nessuna rilevanza possono assumere le
ragioni che hanno indotto la società ad assegnare il ricorrente prima al
servizio di vigilanza presso la BNA (sulle quali si sono molto incentrate la
difesa della convenuta e le deposizioni dei testi della stessa) e poi alla
centrale operativa.
Accertata la
dequalificazione, non appare fondata l'eccezione di mancata specificazione del
danno visto che il ricorso ha indicato in modo specifico, sebbene non
integralmente condivisibili, i criteri per la quantificazione di questo pregiudizio.
La dequalificazione, come
si è detto, costituisce danno "in sé" che deve essere comunque
liquidato in via equitativa, pur in difetto della prova di un preciso ammontare
(ad es. Cass. n. 14443/2000 e n. 10/2002). Infatti "la violazione
dell’art.2103 c.c., attraverso dequalificazione, costituisce un atto illecito
perché il lavoro costituisce non soltanto un mezzo di sostentamento e di
guadagno, ma anche un mezzo di estrinsecazione della personalità del lavoratore
stesso. Poiché sussiste il diritto di ogni lavoratore all'effettivo svolgimento
della propria prestazione di lavoro, ne deriva che la lesione di questo diritto
costituisce un inadempimento contrattuale del datore di lavoro e determina
oltre all'obbligo di corrispondere le retribuzioni dovute, l'obbligo del
risarcimento del danno professionale. Questo danno può consistere nel danno
patrimoniale derivante, in via diretta ed automatica, dalla dequalificazione,
dall'impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore e
dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità, così come può consistere
nella perdita addizionale di un maggior guadagno per privazione della
possibilità per il lavoratore di sfruttare, particolari occasioni di lavoro.
L'affermazione di un valore superiore della professionalità, direttamente
collegato ad un diritto fondamentale del lavoratore, in qualche modo supera ed
integra la precedente affermazione che la mortificazione della professionalità
del lavoratore potesse dar luogo a risarcimento solo ove venisse fornita la
prova dell'effettiva sussistenza del danno patrimoniale".
La giurisprudenza ha
peraltro ben evidenziato che il risarcimento non può coincidere con l'intera
retribuzione mensile ma deve essere commisurato a quella parte della capacità
professionale effettivamente pregiudicata secondo criteri equitativi (ad es.
Cass 13299/92, Cass. n. 9228/2001, Cass. n. 13033/2001 e Cass. n. 14199/2001).
Tenendo presente lo stipendio mensile pari alla non contestata somma di Euro
1.490,49 (cfr. busta paga agosto 1998 per £2.886.000 lorde), si ritiene di
quantificare detto danno in via "equitativa" per il periodo compreso
tra gennaio 1998 e settembre 1998 nel 50% della retribuzione e nella minore
percentuale del 40% per il periodo da ottobre 1998 alla data delle dimissioni,
considerando però un periodo complessivo di 16 mesi. Detto criterio di
quantificazione tiene conto di tutte le circostanze e in particolare della
durata complessiva della dequalificazione (sottratti i periodi in cui il
ricorrente è rimasto assente dal lavoro per sua scelta) e della diversità di
mansioni assegnate, considerato il
maggiore rilievo della secondo rispetto alle prime. In conclusione la società
convenuta va condannata a corrispondere al ricorrente a titolo risarcitorio la
complessiva somma di Euro 10.880,61, oltre rivalutazione monetaria ed interessi
(così corretto l'evidente errore materiale contenuto in dispositivo in cui è
stata invece apposta la formula oltre iva e cpa). Deve, invece, essere respinta
la domanda volta ad ottenere la restituzione dell'indennità di mancato
preavviso trattenuta dalla società ed il pagamento, della medesima sul
presupposto di un recesso per giusta causa. Anche per le dimissioni la
sussistenza di una giusta causa deve consistere in un inadempimento di tale gravita
da impedire la prosecuzione anche temporanea del rapporto di lavoro. Nel caso
di specie il ricorrente ha rassegnato le sue dimissioni quando la
dequalificazione si protraeva ormai da 18 mesi nel corso dei quali aveva
continuato, a rendere la sua prestazione, escludendo così, con il suo stesso
comportamento, la ravvisabilità di circostanze tali da impedire la prosecuzione
anche temporanea del rapporto, che tant'è che esso è proseguito per tale lungo
lasso di tempo.
Tale circostanza appare
di particolare rilievo alla luce delle ulteriori circostanze accertate in
giudizio e che inducono ad escludere il necessario nesso di causalità tra il
lamentato demansionamento, posto a formale giustificazione del recesso, ed il
recesso stesso. Ed invero dall'esperita istruttoria è risultato provato (cfr. la puntuale e circostanziata
deposizione della teste Carpino) che il ricorrente alla fine del mese di giugno
1999, quindi pochi giorni prima della rassegnate dimissioni, e sebbene assente
dal suo posto di lavoro per malattia, prestava invece la propria opera a favore
di altro istituto di vigilanza (T.V.E.), con il quale il rapporto di lavoro è
proseguito sino all'anno successivo.
Le ragioni esposte
appaiono sufficienti per il rigetto di tale capo della domanda.
Le spese di giudizio
seguono la soccombenza e liquidate come in dispositivo vanno distratte ex art.
93 c.p.c.
P.Q.M.
condanna la Sipro Srl a
corrispondere a Giacchetta Michele a titolo risarcitorio la somma di Euro
10.880,61, con rivalutazione monetaria ed interessi, oltre iva e cpa;
condanna la società convenuta a rifondere al ricorrente le spese di lite liquidate in Euro 1.550,00 oltre iva e epa da distrarsi.
Roma 20/11/02 Il Giudice
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