Il credito da demansionamento è credito privilegiato azionabile nel giudizio di esecuzione nei confronti del datore di lavoro come tale e non come credito chirografario
Udito
nella camera di consiglio del 25 febbraio 2004 il Giudice relatore Francesco
Amirante.
Nel corso del procedimento civile di opposizione al decreto di
esecutività dello stato passivo del fallimento Govoni Sim Bianca s.p.a.
instaurato da Albano Gozzi avverso la statuizione del suddetto decreto che aveva
escluso la riconoscibilità del privilegio di cui all'art. 2751-bis, numero 1,
del codice civile in favore del proprio credito per danni da demansionamento
riconosciuti con sentenza nei confronti del datore di lavoro poi fallito, il
Tribunale di Ferrara, con ordinanza del 24 gennaio 2003, ha sollevato, in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale del citato art. 2751-bis, numero 1, cod. civ., «nella parte in
cui non munisce di privilegio generale sui mobili il credito del lavoratore
subordinato per danni da demansionamento subiti a causa dell'illegittimo
comportamento del datore di lavoro».
Per quel che riguarda la rilevanza della questione il giudice
remittente osserva che l'unico punto controverso del procedimento sottoposto al
suo esame riguarda proprio la graduazione del credito del ricorrente che il
giudice delegato ha ritenuto di rango chirografario.
Quanto al merito della questione, il Tribunale di Ferrara si
sofferma, in primo luogo, sull'analisi delle diverse ipotesi di privilegio
generale sui mobili previste dalla norma impugnata in favore dei crediti dei
prestatori di lavoro subordinato e ne desume che il credito da demansionamento
non può ricomprendersi – neppure in virtù di interpretazione estensiva –
in alcuna di esse a causa della loro precisa delimitazione e descrizione. Tale
credito, infatti, non solo non è assimilabile alla retribuzione (non essendo
corrispettivo di una prestazione contrattualmente prevista) o al trattamento di
fine rapporto, ma non è certamente neppure affiancabile ai crediti per danni
subiti per effetto della mancata corresponsione dei contributi obbligatori, di
licenziamento inefficace, nullo o annullabile o di infortunio sul lavoro
(ipotesi, quest'ultima, aggiunta dalla sentenza costituzionale n. 326 del 1983
con i limiti ivi stabiliti). Il credito stesso, d'altra parte, non può nemmeno
essere inserito in via analogica nell'ambito della norma impugnata, dal momento
che le norme sui privilegi non sono suscettibili di tale integrazione, essendo
derogatorie rispetto al principio generale della par condicio creditorum di cui
all'art. 2740 cod. civ.
La suddetta esclusione determina, ad avviso del remittente, una
ingiustificata disparità di trattamento in quanto, essendo i privilegi
accordati «in considerazione della causa del credito» (art. 2745 cod. civ.),
nella comparazione fra cause del credito sussisterebbe una sostanziale
equivalenza tra la funzione sociale dei crediti gia inclusi nell'art. 2751-bis,
numero 1, cod. civ. – tutti accomunati dalla derivazione da comportamenti
illeciti del datore di lavoro incidenti sulla sfera personale e sui bisogni
primari del lavoratore subordinato – e, in particolare, tra quella del credito
per danni da licenziamento illegittimo e la funzione del credito risarcitorio
diretto ad annullare gli effetti del demansionamento del lavoratore subordinato.
Il richiesto intervento additivo, univocamente determinato, non si
porrebbe in contrasto con il doveroso rispetto delle scelte economico-politiche
riservate alla sfera di discrezionalità del legislatore, in quanto esso avrebbe
la finalità di dare più completa attuazione al fondamentale principio di
uguaglianza nella materia dei privilegi, in linea con quanto recentemente deciso
da questa Corte in merito all'estensione della disciplina di cui all'art. 2749
cod. civ. a tutti i crediti privilegiati anche in sede di procedure concorsuali.
Osserva, infine, il giudice remittente che nell'attuale assetto
normativo il credito di cui si discute viene posposto non solo a quelli di cui
all'art. 2751-bis cod. civ., ma anche a tutte le altre prelazioni di cui alla
graduazione dell'art. 2778 cod. civ.
1.― Il Tribunale di Ferrara in composizione collegiale ha
sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità
costituzionale dell'art. 2751-bis, numero 1, del codice civile, nella parte in
cui non munisce del privilegio generale sui mobili il credito del lavoratore
subordinato per danni da demansionamento subiti a causa dell'illegittimo
comportamento del datore di lavoro.
2.–– La questione è fondata.
Questa Corte si è pronunciata più volte in tema di legittimità
costituzionale delle norme che attribuiscono privilegi – in particolare sotto
il profilo della mancata inclusione di alcuni crediti nella categoria
privilegiata – enunciando principi i cui contenuti si sono venuti via via
precisando con le successive applicazioni.
In primo luogo la Corte ha affermato che, in considerazione del
carattere politico-economico dei criteri che presiedono al riconoscimento della
natura privilegiata di dati crediti, non è consentito utilizzare lo strumento
del giudizio di legittimità costituzionale per introdurre, sia pure con
riguardo al rilievo costituzionale di un determinato credito, una causa di
prelazione ulteriore, con strutturazione di un autonomo modulo normativo (v.
sentenze n. 84 del 1992 e n. 40 del 1996).
Il fondamento di tale enunciazione deve rinvenirsi anche nel rilievo
che il sistema delle cause di prelazione – derogatorio del principio della par
condicio creditorum, ancorché esse siano divenute sempre più numerose – va
riguardato tenendo conto delle norme che regolano i rapporti tra i crediti che
ne godono, ossia della loro graduazione, sicché l'attribuzione della qualità
privilegiata ad un credito non può mai andar disgiunta dalla sua collocazione
nell'ordine dei privilegi; collocazione che richiede valutazioni
economico-politiche, rimesse al legislatore nell'esercizio della propria
discrezionalità.
Se questa è la ratio del principio generale enunciato, si comprende
perché la Corte abbia anche affermato che è, invece, possibile sindacare,
all'interno di una specifica norma attributiva di un privilegio, la mancata
inclusione in essa di fattispecie omogenee a quelle cui la causa di prelazione
è riferita (v. le stesse sentenze n. 84 del 1992 e n. 40 del 1996).
In tale ordine di idee la Corte, mentre, a titolo di esempio, ha
ritenuto infondata la questione della mancata assimilazione, ai fini del
privilegio, dei crediti dei soci delle cooperative di produzione e lavoro per il
lavoro prestato in adempimento del contratto sociale a quelli dei lavoratori
subordinati (sentenza n. 451 del 1998), ha dichiarato la illegittimità
costituzionale dell'art. 2751-bis, numero 2, cod. civ., in quanto non
comprendeva le retribuzioni dei prestatori d'opera non intellettuale dovute per
gli ultimi due anni di prestazione, ritenendo tale credito omogeneo a quello dei
prestatori d'opera intellettuale (sentenza n. l del 1998).
In altri casi la Corte ha indicato ai giudici ordinari la via
dell'interpretazione adeguatrice per ritenere già ricompresi tra i privilegiati
alcuni crediti non espressamente indicati dalle norme del codice. Ciò è
avvenuto sia in riferimento al credito di mantenimento del coniuge separato o
divorziato rispetto al credito per alimenti, espressamente fornito di privilegio
in base all'art. 2751, numero 4, cod. civ. (sentenza n. 17 del 2000), sia con
riguardo al credito del dirigente per l'indennità dovutagli per licenziamento
ingiustificato rispetto al credito per indennità comunque dovute al dipendente
non dirigente per cessazione del rapporto di lavoro, incluso tra i privilegiati
ai sensi dell'art. 2751-bis, numero 1, cod. civ. (sentenza n. 228 del 2001).
3.— Per venire a ciò che più da vicino concerne la presente
questione, si rileva che, con la sentenza n. 326 del 1983, fu dichiarata la
illegittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, numero l, cod. civ., «nella
parte in cui non munisce del privilegio generale istituito dall'art. 2 della
legge n. 426 del 1975 il credito del lavoratore subordinato nei confronti del
datore, per danni conseguenti ad infortunio sul lavoro, del quale quest'ultimo
sia responsabile, se e nei limiti in cui il creditore non sia soddisfatto dalla
percezione delle indennità previdenziali e assistenziali obbligatorie dovute al
lavoratore subordinato in dipendenza dello stesso infortunio».
A tale pronuncia la Corte pervenne sul rilievo che l'articolo
2751-bis, numero 1, cod. civ. muniva del privilegio generale sui mobili, tra gli
altri, il credito per risarcimento danni subiti per effetto di un licenziamento
inefficace, nullo o annullabile «e soprattutto, in unisono stavolta con l'art.
2116 cod. civ., il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata
corresponsione da parte del datore di lavoro dei contributi previdenziali ed
assistenziali e non pure il credito de quo».
Si ritenne irragionevole e quindi in violazione dell'articolo 3
Cost. la scelta di non includere il credito per danni da infortunio tra i
crediti muniti del privilegio in discussione e di lasciarlo «nella schiera
sempre meno folta dei chirografari», e perciò preceduto, riguardo all'esigenza
di soddisfazione, da crediti nascenti da cause di minor rilievo.
Siffatto orientamento è stato poi di recente seguito, per ragioni
analoghe a quelle esposte, dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale
dell'articolo 2751-bis, numero l, cod. civ., nella parte in cui non muniva del
privilegio generale sui mobili il credito del lavoratore subordinato per danni
conseguenti a malattia professionale della quale sia responsabile il datore di
lavoro (sentenza n. 220 del 2002).
4.― Nel caso in esame il remittente assume l'illegittimità
della norma dell'art. 2751-bis, numero 1, cod. civ., in quanto, munendo del
privilegio i suindicati crediti risarcitori del lavoratore nei confronti del
datore per violazione di doveri nascenti a carico di quest'ultimo dal rapporto
di lavoro, non include il credito di risarcimento dei danni da demansionamento,
benché tale credito abbia natura e fonte analoghe a quelle di alcuni dei
crediti muniti del privilegio già nel testo dell'articolo 2751-bis, come
introdotto dall'art. 2 della legge 29 luglio 1975, n. 426, ed a quelle dei
crediti oggetto degli interventi di questa Corte.
La tesi deve essere condivisa.
L'articolo 2103 cod. civ., nel testo sostituito dall'art. 13 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, stabilisce nella prima parte del primo comma che
il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato
assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia
successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime
effettivamente svolte.
Nell'elaborazione dei giudici ordinari è incontroverso che dalla
violazione da parte del datore dell'obbligo di adibire il lavoratore alle
mansioni cui ha diritto possono derivare a quest'ultimo danni di vario genere:
danni a quel complesso di capacità e di attitudini che viene definito con il
termine professionalità, con conseguente compromissione delle aspettative di
miglioramenti all'interno o all'esterno dell'azienda; danni alla persona ed alla
sua dignità, particolarmente gravi nell'ipotesi, non di scuola, in cui la
mancata adibizione del lavoratore alle mansioni cui ha diritto si concretizza
nella mancanza di qualsiasi prestazione, sicché egli riceve la retribuzione
senza fornire alcun corrispettivo; danni alla salute psichica e fisica. L'attribuzione
al lavoratore di mansioni inferiori a quelle a lui spettanti o il mancato
affidamento di qualsiasi mansione – situazioni in cui si risolve la violazione
dell'articolo 2103 cod. civ. (c.d. demansionamento) – può comportare
pertanto, come nelle ipotesi esaminate dalle sentenze n. 326 del 1983 e n. 220
del 2002, anche la violazione dell'art. 2087 cod. civ.
Si deve pertanto riconoscere che tra il credito oggetto del
giudizio a quo e quelli già muniti del privilegio in questione sussiste
l'omogeneità richiesta per ritenere che la mancata inclusione del primo nel
novero dei crediti muniti del privilegio generale sui mobili costituisca
violazione dell'articolo 3 della Costituzione.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, numero
1, del codice civile, nella parte in cui non munisce del privilegio generale sui
mobili il credito del lavoratore subordinato per danni da demansionamento subiti
a causa dell'illegittimo comportamento del datore di lavoro.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 25 marzo 2004.
F.to:
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2004.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
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