Sintesi normativa del contratto a tempo determinato
   Il contratto di lavoro a tempo determinato, già disciplinato dalla L. n. 230/1962, dal D.L. n. 17/1983 e dalla L. n. 56/1987, è stato oggetto di una profonda revisione ad opera del D.Lgs. n. 368/2001, che ha abrogato tutte le norme richiamate in precedenza ed ha approntato una nuova regolamentazione in linea con le indicazioni comunitarie.
   Di seguito si dà conto della disciplina attualmente in vigore.
Campo d'applicazione
Ragioni che determinano il contratto a termine
 
Stabilisce l'art. 1, D.Lgs. n. 368/2001 che l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato è consentita in presenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
Le ragioni che hanno determinato la scelta di tale tipologia contrattuale da parte del datore di lavoro:
    - devono essere esplicitate, non essendo sufficiente un generico riferimento a esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo;
    - devono rispondere ai requisiti della oggettività e, pertanto, essere verificabili al fine di non dar luogo a comportamenti fraudolenti o abusivi;
    - devono sussistere al momento della stipulazione del contratto (la sopravvenuta stabilità della esigenza non può incidere sulla legittimità del contratto di lavoro e del suo termine).
Le ragioni del ricorso al contratto a termine
   L'art. 1 del D.Lgs. n. 368/2001 introduce una norma generale che consente il controllo del giudice sulla effettiva consistenza di una delle ragioni di carattere tecnico, organizzativo o sostitutivo ma non sul merito di essa o sulle scelte organizzative del datore di lavoro, che restano insindacabili. Il datore di lavoro può quindi limitarsi a indicare una qualsiasi ragione oggettiva che renda preferibile in concreto il contratto a termine rispetto a quello a tempo indeterminato.
   Suffraga tale interpretazione, in attesa di giurisprudenza di legittimità sul punto, l'orientamento già espresso dalla Suprema Corte con riferimento al trasferimento, per le stesse ragioni, del lavoratore (art. 2103 cod. civ.). In proposito, la Cassazione ha ritenuto che ai fini dell'efficacia del provvedimento di trasferimento del lavoratore non è necessario che vengano contestualmente enunciate le ragioni (tecniche, organizzative e produttive) del trasferimento stesso purché tali ragioni, ove contestate, risultino effettive e di esse il datore di lavoro fornisca la prova (Cass. 15 maggio 2004, n. 9290; Cass. 29 aprile 2004, n. 8268) e che il controllo giudiziale sulla legittimità del trasferimento del lavoratore ha ad  oggetto l'accertamento in ordine alla sussistenza delle comprovate ragioni tecniche e organizzative che devono giustificarlo, ferma restando l'insindacabilità dell'opportunità del trasferimento (Cass. 28 luglio 2003, n. 11597). In particolare, il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell'impresa, e, trovando un preciso limite nel principio di libertà dell'iniziativa economica privata, garantita dall'art. 41 Cost., non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall'imprenditore; quest'ultima, inoltre, non deve presentare necessariamente i caratteri dell'inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo (Cass. 2 gennaio 2001, n. 27).
    L'apposizione di un termine al contratto di lavoro per ragioni sostitutive è legittima indipendentemente dal fatto che il personale da sostituire si sia assentato per ragioni imprevedibili e non programmabili e che il lavoratore sostituito abbia diritto alla conservazione del posto di lavoro. Il contratto a termine stipulato con questa causale, inoltre, non è assoggettato ai limiti quantitativi eventualmente introdotti dalla autonomia collettiva (art. 10, c. 7, lett. b, D.Lgs. n. 368/2001).
Non sono richieste specifiche motivazioni per assumere a termine:
- nel trasporto aereo e nei servizi aeroportuali (art. 2, D.Lgs. n. 368/2001);
- nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, per l'esecuzione di speciali servizi non superiori a
tre giorni (art. 10, c. 3, D.Lgs. n. 368/2001);
- dirigenti (art. 10, c. 4, D.Lgs. n. 368/2001);
- lavoratori in mobilità;
- lavoratori disabili ex art. 11, L . n. 68/1999.
 
Divieti e limiti quantitativi
Divieti
    Nei seguenti casi non è ammessa la stipulazione di contratti a tempo determinato (art. 3, D.Lgs. n. 368/2001):
- quando si tratti di sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli artt. 4 e 24, L . n. 223/1991 che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato. Il divieto non opera se il contratto a termine è stipulato per sostituire lavoratori assenti o in mobilità o abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi;
- presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine;
- per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'art. 4, D.Lgs. n. 626/1994.
   Sono esclusi dal campo di applicazione del D.Lgs. n. 368/2001 i contratti di apprendistato, di formazione e lavoro e di lavoro temporaneo in quanto disciplinati da normative specifiche (art. 10, D.Lgs. n. 368/2001).
Limiti quantitativi
È rimessa ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi l'individuazione di limiti quantitativi per l'utilizzazione dell'istituto (art. 10, c. 7, D.Lgs. n. 368/2001).
Con riferimento agli accordi collettivi che, ai sensi della L. n. 56/1987, individuavano le fattispecie in cui è legittima l'apposizione al contratto di lavoro di un termine, la giurisprudenza ha operato la specificazione, riferibile anche alla nuova disciplina, che tali contratti, proprio in virtù del rinvio operato dalla legge, assumono una portata integrativa della norma e quindi un'efficacia vincolante nei confronti di tutti i prestatori di lavoro cui quell'accordo è riferibile, a prescindere dalla iscrizione del lavoratore ad una delle organizzazioni sindacali stipulanti (Cass. 11 dicembre 2002, n. 17674).
   In ogni caso sono esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato stipulati:
     - nella fase di avvio di nuove attività per i periodi definiti dal c.c.n.l. con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici;
- per sostituire lavoratori assenti;
- per attività di carattere stagionale (vedi Tabella A);
- per intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno; - dopo un periodo di tirocinio o di stage;
- con lavoratori di età superiore ai 55 anni;
- quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definiti o predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario o occasionale.
   Sono infine esenti da limiti quantitativi i contratti a tempo determinato non rientranti nelle tipologie di cui sopra, di durata non superiore a 7 mesi (compresa l'eventuale proroga), ovvero non superiore alla maggiore durata definita dalla contrattazione collettiva con riferimento a situazioni di difficoltà occupazionale per specifiche aree geografiche. L'esenzione non si applica a singoli contratti stipulati per le durate suddette per lo svolgimento di prestazioni di lavoro che siano identiche a quelle che hanno formato oggetto di altro contratto a termine avente le medesime caratteristiche e scaduto da meno di 6 mesi..
Tabella A
Attività a carattere stagionale (D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525)

 

1

Sgusciatura delle mandorle.

2
3
Scuotitura, raccolta e sgranatura delle pine.
Raccolta e conservazione dei prodotti sottobosco (funghi, tartufi, fragole, lamponi,
mirtilli, ecc.).
4
5
Raccolta e spremitura delle olive.
Produzione del vino comune (raccolta, trasporto, pigiatura dell'uva, torchiatura
delle vinacce, cottura del mosto, travasamento del vino).
6
7
Monda e trapianto, taglio e raccolta del riso.
Motoaratura, mietitura, trebbiatura meccanica dei cereali e pressatura dei foraggi.

8

Lavorazione del falasco.

9

Lavorazione del sommacco.

10

Maciullazione e stigliatura della canapa.

11

Allevamento bachi, cernita, ammasso e stufatura dei bozzoli.

12
13
14
Ammasso, sgranatura, legatura, macerazione e stesa all'aperto del lino.
Taglio delle erbe palustri, diserbo dei canali, riordinamento scoline delle opere
consortili di bonifica.
Raccolta, infilzatura ed essiccamento della foglia del tabacco allo stato verde.
15
16
Cernita e condizionamento in colli della foglia di tabacco allo stato secco.
Taglio dei boschi, per il personale addetto all'abbattimento delle piante per
legname da opera, alle operazioni per la preparazione della legna da ardere, alle
operazioni di carbonizzazione nonché alle relative operazioni di trasporto.

17

Diradamento, raccolta e trasporto delle barbabietole da zucchero.

18

Scorzatura e marinatura del pesce.

19

Salatura e marinatura del pesce.

20
21
Pesca e lavorazione del tonno.
Lavorazione delle sardine sott'olio (per le aziende che esercitano solo tale attività).
22
23
24
Lavorazione delle carni suine.
Produzione di formaggi in caseifici che lavorano esclusivamente latte ovino.
Lavorazione industriale di frutta, ortaggi e legumi per la fabbricazione di prodotti
conservati e di bevande (limitatamente al personale assunto nel periodo di
lavorazione del prodotto fresco), nonché fabbricazione dei relativi contenitori.

25

Produzione di liquirizia.

26

Estrazione dell'olio dalle sanse e sua raffinazione.

27

Estrazione dell'olio dal vinacciolo e sua raffinazione.

28

Estrazione dell'alcool dalle vinacce e dalle mele.

29

Fabbricazione del ghiaccio (durante il periodo estivo).

30

Estrazione di essenze da erbe e frutti allo stato fresco.

31

Spiumatura della tiffa.

32

Sgranellatura del cotone.

33

Lavatura della paglia per cappelli.

34

Trattura della seta.

35
36
Estrazione del tannino.
Fabbricazione e confezionamento di specialità dolciarie nei periodi precedenti le
festività del Natale e della Pasqua.
37
38
39
Cave di alta montagna.
Montaggio, messa a punto e collaudo di esercizio di impianti per zuccherifici, per
fabbriche di conserve alimentari e per attività limitate a campagne stagionali.
Fabbricazione dei laterizi con lavorazione a mano o mista a mano e a macchina
nelle quali si faccia uso di essiccatoi all'aperto.

40

Cernita e insaccamento delle castagne.

41

Sgusciatura ed insaccamento delle nocciole.
42
Raccolta, cernita, spedizione di prodotti ortofrutticoli freschi e fabbricazione dei relativi imballaggi.

43

 

Raccolta, cernita, confezione e spedizione di uve da tavola e da esportazione.

44

Lavaggio e imballaggio della lana.

45

Fiere ed esposizioni.

46

Lavori preparatori della campagna salifera sfangamento canali, ripristino

 

arginature, mungitura e clindratura caselle salanti, sistemazione aie di
stagionatura, salinazione movimento di acque, raccolta del sale.

47

Spalatura della neve.

48

Attività svolte in colonie montane, marine e curative e attività esercitate dalle aziende turistiche, che abbiano, nell'anno solare, un periodo di inattività non inferiore a settanta giorni continuativi o a centoventi giorni non continuativi.

49

Preparazione e produzione di spettacoli per il personale non menzionato nella lett e) dell'articolo 1 della legge 18 aprile 1962, n. 230, addetto a singoli spettacoli o serie di spettacoli consecutivi di durata prestabilita.

50

Attività del personale addetto alle arene cinematografiche estive.

51

Attività del personale assunto direttamente per corsi di insegnamento professionale

 

di breve durata e soltanto per lo svolgimento di detti corsi.

52

Conduzione delle caldaie per il riscaldamento dei fabbricati.

   Forma e contenuto del contratto
   Indicazione per iscritto del termine e delle ragioni per la stipula di tale contratto
    Il contratto di lavoro a tempo determinato deve essere stipulato per iscritto, con l'indicazione del termine e delle ragioni per cui viene stipulato (art. 1, c. 2, D.Lgs. n. 368/2001). L'inosservanza della forma scritta rende il contratto nullo e il rapporto si considera a tempo indeterminato.
     L'atto scritto non è richiesto per le assunzioni con durata non superiore a 12 giorni di calendario ( art. 1, c. 4, D.Lgs. n. 368/2001) né per quelle dei dirigenti.
    Il termine finale del contratto può risultare anche indirettamente: così, ad esempio, nel caso di assunzione per ragioni sostitutive è sufficiente un mero rinvio al momento del futuro rientro del lavoratore da sostituire.
   Non sono previsti generalmente limiti massimi di durata del contratto a termine, tranne che nei seguenti casi:
- lavoro a giornata: 3 giorni (art. 10, c. 3, D.Lgs. n. 368/2001);
- lavoro occasionale: 12 giorni non prorogabili (art. 1, c. 4, D.Lgs. n. 368/2001);
   - deroga al divieto di assunzione temporanea: 3 mesi prorogabili (art. 3, lett. b), D.Lgs. n. 368/2001);
- settore aeroportuale: 4 e 6 mesi (art. 2, D.Lgs. n. 368/2001);
   - contratti di breve durata: fino a 7 mesi, non prorogabili, o maggior durata stabilita dalla contrattazione collettiva (art. 10, c. 8, D.Lgs. n. 368/2001);
- deroga al divieto per assunzioni di lavoratori in mobilità: 12 mesi non prorogabili (art. 3, lett. b), D.Lgs. n. 368/2001);
- lavoratori anziani in possesso dei requisiti di pensionamento: 2 anni, ripetibili (art. 10, c. 6, D.Lgs. n. 368/2001);
- proroga del contratto a termine: 3 anni complessivi (art. 4, D.Lgs. n. 368/2001);
- contratti dei dirigenti: 5 anni (art. 10, c. 4, D.Lgs. 368/2001).
Copia del contratto deve essere fornita al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'assunzione in servizio (art. 1, c. 3, D.Lgs. n. 368/2001).
   Una volta scaduto il termine prefissato, il rapporto di lavoro è concluso senza necessità di preavviso né di comunicazioni formali.
 
Proroga del termine
   Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato solo quando la durata iniziale sia inferiore a tre anni e vi sia il consenso del lavoratore (art. 4, D.Lgs. n. 368/2001).
   La proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto era stato originariamente stipulato.
   Le ragioni giustificatrici della proroga possono essere anche diverse da quelle che hanno determinato la stipulazione del contratto iniziale purché riconducibili a ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
   La durata complessiva del rapporto a termine non può comunque essere superiore a tre anni. L'onere di provare l'obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano la proroga è a carico del datore di lavoro.
   Per i contratti di breve durata non è ammessa proroga (art. 10, c. 8, D.Lgs. n. 368/2001).
Prosecuzione di fatto del rapporto di lavoro
   Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo e al 40% per ciascun giorno ulteriore (art. 5, c. 1, D.Lgs. n. 368/2001). Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratti di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
Possibilità di riassunzione del lavoratore al termine del contratto
 
Successione di contratti
La riassunzione del lavoratore a termine è ammessa purché tra la fine del precedente contratto e l'inizio del nuovo vi sia un intervallo minimo di 10 giorni (l'intervallo è di 20 giorni se il contratto precedente aveva durata superiore a sei mesi) (art. 5, c. 3, D.Lgs. n. 368/2001).
Il mancato rispetto dell'intervallo minimo suindicato comporta che il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.
Se, invece, tra i due contratti non vi è alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto (art. 5, c. 4, D.Lgs. n. 368/2001).
Nel caso di successione di due o più contratti a termine tra le stesse parti, ciascuno dei quali legittimo ed efficace, il termine di prescrizione dei crediti retributivi inizia a decorrere per quei crediti che sorgono nel corso del rapporto lavorativo dal giorno della loro insorgenza, e per quelli che maturano alla cessazione del rapporto a partire da tale momento, dovendo i criteri scaturenti da ciascun contratto considerarsi autonomamente e distintamente da quelli derivanti dagli altri e non potendo assumere efficacia sospensiva della prescrizione gli intervalli di tempo correnti tra un rapporto lavorativo e quello successivo (Cass. S.U. 16 gennaio 2003, n. 575).
Accertamento della trasformazione del contratto e obbligo retributivo
   Dall'accertamento in sede giudiziaria della natura a tempo indeterminato di un rapporto sorto originariamente a termine non deriva automaticamente il diritto del lavoratore alle retribuzioni relative al periodo successivo alla scadenza del termine illegittimamente apposto, atteso che tale diritto è correlato alla prestazione lavorativa: la retribuzione non spetta finché il dipendente non provvede ad offrire la prestazione al datore di lavoro (Cass. 22 gennaio 2004, n. 995).
Trattamento economico-normativo
Cosa spetta al lavoratore a tempo determinato?
   Al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie, la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato inquadrati nello stesso livello di classificazione contrattuale ed in proporzione al periodo lavorativo prestato, sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine (art. 6, D.Lgs. n. 368/2001).
Estinzione del rapporto e conseguenze economiche: casistica
Nel caso di scadenza di un contratto di lavoro a termine illegittimamente stipulato e di comunicazione (da parte del datore di lavoro) della conseguente disdetta, non sono applicabili né la norma dell'art. 6, L . n. 604/1966, relativa alla decadenza del lavoratore dall'impugnazione dell'illegittimità del recesso, né la norma dell'art. 18, L . n. 300/1970, relativa alla reintegrazione nel posto di lavoro (ancorché la conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato dia ugualmente al lavoratore il diritto di riprendere il suo posto e di ottenere il risarcimento del danno); è peraltro salva l'applicabilità di entrambe tali norme qualora il datore di lavoro, anziché limitarsi a comunicare (con un atto nel quale non è assolutamente ravvisabile un licenziamento) la disdetta per scadenza del termine, abbia intimato un vero e proprio licenziamento sul presupposto dell'illegittimità del termine e della durata indeterminata del rapporto (Cass. 9 dicembre 2002, n. 17524).
   L'estromissione di un lavoratore dall'organizzazione aziendale per scadenza di un termine illegittimamente apposto al contratto di lavoro non è da equiparare al licenziamento ingiustificato e non configura una fattispecie di recesso, e l'azione del lavoratore volta a far valere la continuità del rapporto ha natura di azione di mero accertamento dell'effettiva situazione giuridica derivante dalla nullità del termine non soggetta ad alcuna decadenza, mentre, in riferimento all'azione volta a far valere i diritti patrimoniali consequenziali all'accertamento della permanenza in vita del rapporto, il lavoratore può ottenere soltanto il risarcimento del danno subìto a causa della impossibilità della prestazione cagionata dal rifiuto ingiustificato del datore di lavoro, e a tale scopo deve attivarsi per offrire l'esecuzione della propria prestazione lavorativa, costituendo in mora il datore di lavoro (Cass. 22 ottobre 2003, n. 15827). Il contratto di lavoro a tempo determinato connotato dalla illegittima apposizione del termine può risolversi per mutuo consenso, anche manifestato per fatti concludenti, dovendo il comportamento delle parti, proposto per un apprezzabile lasso di tempo e risolventesi nella totale mancanza di operatività del rapporto, essere valutato in modo socialmente tipico quale dichiarazione solutoria, in presenza di principi (quali l'obbligazione retributiva del datore di lavoro, funzionale alla soddisfazione dei bisogni primari del dipendente, la nascita del rapporto previdenziale) che non consentono di ritenere esistente un rapporto di lavoro che non abbia esecuzione (Cass. 23 luglio 2004, n. 13891).
   La disciplina della risoluzione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, o per i quali sia assicurata una temporanea stabilità per mezzo di una clausola di durata minima, va individuata tenendo conto non solo della norma specifica di cui all'art. 2119 cod. civ., ma anche delle norme generali sulla risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive; in particolare, è rilevante, così come in genere nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, l'impossibilità della prestazione (anche se non può operare il raccordo, per altre ipotesi delineato, tra impossibilità sopravvenuta e giustificato motivo oggettivo di cui all'art. 3, L . n. 604/1966), e in relazione ad essa la legittimità del recesso del datore di lavoro va stabilita in base all'esistenza o meno di un interesse apprezzabile alle future prestazioni lavorative, da valutarsi obiettivamente, avendo riguardo sia alle caratteristiche, anche dimensionali, dell'azienda, sia al tipo di mansioni affidate al dipendente, mentre non rileva la imprevedibilità del fatto sopravvenuto, che può essere causa di risoluzione del contratto anche se prevedibile, purché l'evento, non fosse comunque evitabile (Cass. 3 agosto 2004, n. 14871).
   In caso di non giustificato recesso ante tempus del datore di lavoro da rapporto di lavoro a tempo determinato, il risarcimento del danno dovuto al lavoratore va commisurato all'entità dei compensi retributivi che lo stesso avrebbe maturato dalla data del recesso fino alla prevista scadenza del contratto (Cass. 1 luglio 2004, n. 12092).
Formazione
   I lavoratori a tempo determinato devono ricevere una formazione sufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto, al fine di prevenire rischi specifici connessi all'esecuzione del rapporto di lavoro.
   È rimessa alla contrattazione collettiva la previsione di modalità e strumenti diretti ad agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato ad opportunità di formazione adeguata per aumentarne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale (art. 7, D.Lgs. n. 368/2001).
 
Trattamenti previdenziali in caso di malattia
Malattia
In caso di malattia ai lavoratori a tempo determinato spetta la conservazione del posto fino al termine di scadenza del contratto.
I trattamenti previdenziali di malattia sono corrisposti per un periodo non superiore a quello di attività lavorativa prestata nei 12 mesi immediatamente precedenti l'evento morboso, fermi restando i limiti massimi e di durata previsti dalle vigenti disposizioni di legge (180 giorni nell'anno solare) (art. 5, c. 1, D.L. n. 463/1983).
Nel periodo di attività lavorativa, cui commisurare temporalmente il trattamento di malattia debbono intendersi compresi: i periodi di cassa integrazione e di interdizione obbligatoria dal lavoro per maternità, le ferie e le altre giornate comunque retribuite e le giornate di riposo settimanale (comprese le "seste giornate", in caso di settimana corta) cadenti tra due giorni lavorati o retribuiti.
   Il lavoratore che nei 12 mesi immediatamente precedenti non possa far valere periodi lavorativi superiori a 30 giorni, ha diritto al trattamento di malattia per un periodo massimo di 30 giorni nell'anno solare. In tal caso l'indennità è corrisposta direttamente dall'INPS. Il datore di lavoro non può anticipare l'indennità di malattia a carico INPS per un numero di giornate superiore a quelle effettuate dal lavoratore a tempo determinato alle proprie dipendenze. Le indennità relative ad un maggior numero di giornate indennizzabili sono corrisposte direttamente dall'INPS.
   Il computo dei periodi indennizzabili deve essere effettuato per ogni evento morboso (alla data iniziale della malattia) e quindi per ogni successivo episodio morboso potrà essere percepita l'indennità per un periodo pari a quello lavorato nei 12 mesi precedenti. In caso di malattia insorta in un anno e che prosegua, senza interruzione, in quello successivo, l'indennità è corrisposta nel limite massimo di 30 giorni: le giornate di malattia cadenti nell'anno successivo sono computate ai fini della determinazione dei periodi massimi indennizzabili.
 
Informazione
    La definizione di modalità per informare i lavoratori circa posti vacanti disponibili in azienda è rimessa alla contrattazione collettiva (art. 9, c. 1, D.Lgs. n. 368/2001).
    I contratti collettivi definiscono altresì modalità e contenuti delle informazioni da rendere alle rappresentanze dei lavoratori in merito al lavoro a tempo determinato nelle aziende.
Computabilità nei limiti dimensionali dell'unità produttiva
   Se il contratto ha una durata superiore a nove mesi, i lavoratori con contratto a tempo determinato sono computabili ai fini del raggiungimento dei limiti dimensionali dell'unità produttiva per l'esercizio dell'attività sindacale (art. 8, D.Lgs. n. 368/2001).
 
Adempimenti amministrativi e sanzioni
  Il datore di lavoro deve comunicare entro 5 giorni ai servizi per l'impiego competenti per territorio (art. 5, D.Lgs. n. 181/2000):
- l'assunzione a tempo determinato;
- la proroga del termine inizialmente convenuto;
- la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato.
  Non è necessario comunicare la cessazione del rapporto quando il termine è scaduto; la comunicazione invece va fatta se il rapporto si risolve prima della scadenza del termine inizialmente comunicato.
 
Sanzioni
    Mancata erogazione al lavoratore delle ferie, della tredicesima mensilità, del trattamento di fine rapporto e di ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato (art. 6, D.Lgs. n. 368/2001)
- sanzione amministrativa da € 25 a € 154;
se l'inosservanza si riferisce a più di 5 lavoratori  
- sanzione amministrativa da € 154 a € 1.032 (art. 12, D.Lgs. n. 368/2001).
Estinzione mediante diffida/prescrizione: € 25; se l'inosservanza si riferisce a più di 5 lavoratori: € 154 (non applicabile in caso di mancata erogazione delle ferie)
 
(fonte : Novecento media - Marzo 2005)

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