Difficile riscontro del
demansionamento nel P.I. per normativa sull'equivalenza deteriore
rispetto all'art. 2103 c.c.
Cass. civ.
SS.UU., 4 aprile 2008, n. 8740 - Pres. e rel. Carbone - Pm Iannelli (parz.
diff.) - D'Ascanio (avv. Vallebona) c. Comune di capistrello (avv. Margiotta,
Simone)
Demansionamento e mobbing nel pubblico impiego – A seguito di creazione di
posizione organica sovraordinata (tecnico laureato) che ha privato il
tecnico della posizione di vertice – Insussistenza.
L’ente
pubblico ha la piena discrezionalità di modificare la struttura organica,
istituendo – nel caso di specie - un posto di tecnico laureato al vertice
del medesimo settore, anche se ciò determina la conseguenza che il
ricorrente era venuto a trovarsi in posizione non più di vertice. Quello che
conta è che il ricorrente ha comunque mantenuto mansioni congrue rispetto al
suo inquadramento, nessun rilievo potendo essere riconosciuto al fatto che
egli sia venuto a trovarsi in posizione subordinata rispetto a quella di un
neoassunto con qualifica superiore. L'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001,
a differenza dell'art. 2103 c.c., infatti, impone nei confronti del
prestatore di lavoro pubblico il mantenimento delle mansioni per le quali è
stato assunto o di quelle “considerate equivalenti nell'ambito della
classificazione professionale prevista dai contratti collettivi”, senza dare
rilievo a quelle in concreto svolte.
Svolgimento
del processo
D. A.
conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Avezzano il Comune di
Capistrello, suo datore di lavoro, per sentirlo condannare al risarcimento
dei danni conseguenti a demansionamento e mobbing. Il Tribunale, con
sentenza del 18 gennaio 2005, respingeva il ricorso.
Su appello
del lavoratore la Corte d'appello di L'Aquila, sezione lavoro, con sentenza
del 16 febbraio 2006 - il cui dispositivo veniva corretto con successivo
decreto - respingeva l'appello, compensando le spese dei due gradi di
giudizio.
Osservava
il giudice di secondo grado che il lavoratore aveva lamentato di essere
stato privato delle sue mansioni di capo dell'Ufficio tecnico comunale,
configurando la vicenda in termini di demansionamento affiancato da
mobbing nei suoi confronti. A seguito della riforma del pubblico
impiego, però, doveva ritenersi in facoltà dell' ente pubblico modificare
l'assegnazione dei propri dipendenti nei posti in organico; nel caso
specifico, il Comune di Capistrello aveva mantenuto il posto di tecnico
ricoperto dal D., istituendo nel contempo un posto di tecnico laureato al
vertice del medesimo settore, con la conseguenza che il ricorrente era
venuto a trovarsi in posizione subordinata. Tale modifica, però, non era da
reputarsi illegittima, perché l'appellante aveva conservato “mansioni
congrue rispetto al suo inquadramento”, senza che risultasse alcuna prova di
un motivo illecito nell'istituzione del nuovo posto di vertice. Quanto
all'asserito mobbing, la Corte abruzzese affermava che era totalmente
mancata ogni prova sul punto.
Avverso la
citata sentenza propone ricorso per cassazione il D., affidato a due motivi.
Resiste il Comune di Capistrello con apposito controricorso, contenente
ricorso incidentale condizionato; entrambe le parti hanno presentato
memorie.
Motivi
della decisione
Col primo
motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 52
del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.,
per avere erroneamente affermato che nel lavoro pubblico privatizzato
sarebbe ammissibile ed insindacabile una variazione di mansioni anche lesiva
della specifica professionalità del lavoratore, purché si tratti di mansioni
appartenenti al medesimo livello di inquadramento. Osserva al riguardo il
ricorrente che - secondo il disposto del citato art. 52 - il lavoratore deve
essere assegnato alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle
considerate equivalenti nell'ambito della classificazione prevista dai
contratti collettivi; non tutte le mansioni comprese in un certo livello di
inquadramento sono "equivalenti", ma solo quelle per le quali sia stata
compiuta un'apposita valutazione. La sentenza impugnata, quindi, dovrebbe
essere cassata per l'errore di diritto in cui è incorsa, non essendosi posta
il problema di accertare in concreto l'equivalenza tra le mansioni
effettivamente svolte dal lavoratore e quelle per le quali il medesimo era
stato assunto.
Col secondo
motivo di ricorso il D. censura la sentenza per l'omessa (o comunque
insufficiente) motivazione consistente nell'aver affermato, senza alcuna
motivazione, che l'appellante aveva conservato mansioni congrue rispetto al
suo inquadramento, ossia senza tener conto del fatto che sul punto c'era
disaccordo tra la tesi del medesimo ricorrente e quella del Comune
convenuto.
Il Comune
di Capistrello, invece, dopo aver contestato tutte le affermazioni contenute
nel ricorso, censura in via incidentale la sentenza di secondo grado, per la
sola ipotesi in cui vengano ritenuti fondati i motivi del ricorso
principale. Osserva la parte che la variazione dell'organico disposta dal
Comune - dalla quale aveva tratto origine il presunto demansionamento del D.
e l'intera vicenda processuale - era stata da quest'ultimo impugnata davanti
al Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo che, con sentenza in
forma semplificata, passata in giudicato, aveva respinto il ricorso. Per
pacifica giurisprudenza, il giudice ordinario non può disapplicare atti
amministrativi la cui legittimità sia stata accertata in via definitiva dal
giudice amministrativo; nel caso specifico, la Corte d'appello avrebbe
errato nella parte in cui ha omesso di rilevare che, per poter valutare il
merito della domanda, essa avrebbe dovuto superare il vincolo del giudicato
amministrativo, cosa evidentemente non consentita.
Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei due ricorsi, ai sensi
dell'art. 335 c.p.c..
I motivi
del ricorso principale sono entrambi infondati.
La sentenza
qui censurata, infatti, con una motivazione succinta ma tuttavia
sufficiente, ha accertato che nel caso in esame il Comune di Capistrello
aveva effettuato una modifica dell'organico comunale in virtù della quale
l'odierno ricorrente - prima capo del settore tecnico - si è trovato ad
essere in posizione non più di vertice in conseguenza della creazione ex
novo di un posto di tecnico laureato. A seguito di tale modifica -
pacificamente riconosciuta legittima dal TAR per l'Abruzzo, con sentenza
definitiva - il D. ha comunque mantenuto mansioni congrue rispetto al suo
inquadramento, nessun rilievo potendo essere riconosciuto al fatto che egli
sia venuto a trovarsi in posizione subordinata rispetto a quella di un
neoassunto con qualifica superiore. L'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, a
differenza dell'art. 2103 c.c., infatti, impone nei confronti del prestatore
di lavoro pubblico il mantenimento delle mansioni per le quali è stato
assunto o di quelle “considerate equivalenti nell'ambito della
classificazione professionale prevista dai contratti collettivi”, senza dare
rilievo a quelle in concreto svolte.
Me consegue
che - anche omettendo di tener presente il vincolo costituito, nei confronti
del giudice ordinario, dal giudicato amministrativo circa la legittimità del
mutamento dell'organico del Comune - l'impugnata sentenza ha dato conto in
modo sufficiente delle ragioni per le quali il ricorrente non ha subito, in
effetti, alcun demansionamento.
Allo stesso
modo, la Corte d'appello ha accertato che il ricorrente non ha fornito
alcuna prova in ordine al contestato mobbing, con una verifica congruamente
motivata e, come tale, insindacabile in sede di legittimità.
L'infondatezza del ricorso principale comporta l'assorbimento del ricorso
incidentale condizionato.
Attesa la
natura della controversia, la Corte ritiene di compensare integralmente le
spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Riunisce i
ricorsi, rigetta quello principale, dichiara assorbito quello incidentale e
compensa integralmente le spese di lite tra le parti.