Autonomia e risarcibilità del danno morale da ingiuriosità e lesione
dell’immagine, cumulabile con il biologico
Cass. sez.
lav. 30 dicembre 2011, n. 30668
Risoluzione
rapporto di lavoro - Licenziamento illegittimo - Danno non patrimoniale -
Lesione di natura psico-fisica - Natura ingiuriosa del licenziamento - Voce
ulteriore di danno.
Se da un
lato non può considerarsi ammissibile il ristoro in forma separata di una
serie differenziata di danni tra loro collegati quale il danno biologico da
malattia o infortunio e quello morale da sofferenza per la stessa
malattia/infortunio, dall’altro non può considerarsi violazione del
principio di non duplicazione la scelta del giudice di riconoscere somme
diverse in caso di licenziamento illegittimo, l’una per il danno psicofisico
(biologico e morale connesso) e l’altra per l’autonomo danno morale
conseguente al carattere ingiurioso e lesivo dell’immagine riscontrabile nel
provvedimento espulsivo.
Infatti con la recente sentenza del 12 settembre 2011, n. 18641, la
Cassazione si è pronunciata sulla risarcibilità del danno morale,
considerando quest'ultimo come appartenente ad una categoria autonoma e
distinta dal danno biologico, entro l'ampio genere del pregiudizio non
patrimoniale; i giudici, ribadiscono che il profilo morale del danno non
patrimoniale è autonomo e non può certo considerarsi scomparso "per
assorbimento" all'interno dell'onnicomprensivo danno biologico tabellato.
Deve,
pertanto, ritenersi ragionevolmente che nessuna limitazione è consentita
nella liquidazione del danno biologico, morale ed esistenziale comprovato in
ciascun giudizio.
Svolgimento
del processo
La Corte di
Appello di Roma, con sentenza del 21.8.2009, in riforma della decisione di
primo grado ed in parziale accoglimento del gravame proposto da ferme le
statuizioni di cui alla sentenza non definitiva già emessa, condannava
ulteriormente la RAI al pagamento, in favore del predetto, della somma di
euro 22.205,09, oltre interessi dalla sentenza al saldo, per danno biologico
e danno morale, nonché alla metà della somma suddetta in relazione al
parziale accoglimento del motivo riguardante il risarcimento dei danni
conseguenti a licenziamento ingiurioso.
Rilevava la
Corte territoriale che era stata dimostrata la sussistenza del danno alla
salute dedotto dal ricorrente e che lo stesso era stato quantificato dal CTU
in misura pari all'8% a titolo di danno biologico permanente ed a 40 gg. a
titolo di biologico temporaneo; aggiungeva che non era fondato il gravame
quanto alla richiesta di ulteriore risarcimento per il periodo già coperto
con la condanna risarcitoria conseguente alla disposta reintegrazione e che
dovevano ritenersi sussistenti i presupposti per ritenere il carattere
ingiurioso e vessatorio del licenziamento ed il conseguente pregiudizio
subito dall'appellante, risarcibile con il pagamento di una somma pari alla
metà di quella liquidata a titolo di danno biologico e morale.
Avverso
detta decisione propone ricorso per cassazione la Rai s.p.a., affidando
l'impugnazione a due motivi.
Resiste,
con controricorso, il F. il quale ha depositato memoria illustrativa ai
sensi dell'art. 378 c.p.c.
Motivi
della decisione
Con il
primo motivo la Rai s.p.a. deduce la violazione e la falsa applicazione
degli art. 360, 1 comma, nn. 3 e 5, c.p.c., censurando la decisione nella
parte in cui aveva ritenuto il carattere ingiurioso del licenziamento,
atteso che era stata data comunicazione della cessazione del rapporto di
lavoro alla stampa solo dopo l'avvenuto licenziamento del (...),
vicedirettore della Testata Giornalistica sportiva, e che le modalità di
irrogazione del provvedimento erano state assolutamente normali, onde doveva
considerarsi erronea la sentenza che aveva considerato tale pregiudizio
presunto.
Rileva,
poi, la illegittima duplicazione di voci di danno attribuite dalla Corte
territoriale in favore del dipendente. Con specifici quesiti, formulati ai
sensi dell'Cassazione a S.U. n. 26973 del 2008, che stabilisce che il danno
non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisioni in
sottocategorie variamente etichettate e se, una volta riconosciuto il danno
biologico e morale ad un lavoratore illegittimamente licenziato, sia
legittimo il riconoscimento di danno patrimoniale da licenziamento
ingiurioso, ancorché una delle condizioni per tale riconoscimento, e cioè la
lesione dell'integrità psico-fisica, sia stata già risarcita nel danno
biologico; se, infine, le modalità di irrogazione del licenziamento del F.
secondo la procedura disciplinare abbiano un carattere vessatorio e lesivo
della dignità del lavoratore .
Con il
secondo motivo, la società ricorrente denunzia la violazione e la falsa
applicazione degli 'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.
Rileva che
il danno alla salute è stato liquidato complessivamente senza alcuna
indicazione delle singole somme per danno biologico e morale, non essendo
precisato neanche se il danno sia stato liquidato in base alle tabelle in
uso. Censura, quindi, la mancata indicazione dei criteri utilizzati, con
conseguente errore di omessa motivazione ed osserva che nulla era stato
richiesto a titolo di danno morale, essendo stata avanzata genericamente
richiesta di liquidazione del danno alla salute, con conseguente vizio della
decisione impugnata per ultrapetizione.
Infine,
lamenta che la liquidazione del danno morale rappresenta duplicazione
risarcitoria e che, peraltro, manca la personalizzazione dello stesso.
Formula, all'esito della parte argomentativa, quesiti riferiti alla mancata
specificazione delle somme riconosciute a ciascun titolo, in violazione
degli 188 disp. att. c.p.c. ed alla configurabilità di un vizio di omessa
pronunzia, riproponendo, con gli ulteriori quesiti, la questione della
duplicazione delle poste risarcitorie.
Quanto alla
prima delle censure, relativa alla erroneità della decisione con riguardo
alla ritenuta natura ingiuriosa del licenziamento, non risulta adeguatamente
indicato il fatto controverso e decisivo con idonea prospettazione del
momento di sintesi, che consenta di ritenere sussistente il vizio
denunziato. Deve, poi, ribadirsi il principio secondo cui è libero il
giudice del merito di attingere il proprio convincimento da quelle prove o
risultanze di prova che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione
del proprio convincimento, essendo sufficiente, al fine della congruità
della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il
convincimento nell'accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato
attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti considerati
nel loro complesso, pur senza una esplicita confutazione degli altri
elementi non menzionati o non considerati: come, nella specie, è di
certo avvenuto per la sentenza impugnata.
Non
sussiste, comunque, il vizio di motivazione denunciato dal ricorrente,
poiché la sentenza in esame appare congruamente motivata ed immune da vizi
logico-giuridici con riferimento a quanto statuito in base all'esatta
applicazione della normativa di legge ed alla corretta valutazione delle
risultanze processuali, non essendo consentito al ricorrente sollecitare
unicamente un rivisitazione delle risultanze probatorie che conduca ad una
interpretazione delle stesse più favorevole al ricorrente.
Nello
specifico la ingiuriosità del licenziamento è stata desunta da elementi
complessivamente valutati, attinenti all'intrinseca vessatorietà del
provvedimento e non solo alla risonanza successiva data alla misura
espulsiva dagli organi di stampa e al carattere nazionale che aveva assunto
la notizia: ciò si desume dalla rilevanza attribuita anche alla mancata
preventiva consultazione del Comitato di Redazione ai sensi dell'art. 34
ccnl, con ciò evidenziandosi il mancato rispetto di procedura prevista a
tutela del lavoratore.
Per il
resto, i motivi possono essere trattati congiuntamente per l'evidente
connessione delle questioni che ne costituiscono l'oggetto.
Con la
recente sentenza del 12 settembre 2011, n. 18641, la Cassazione si è
pronunciata sulla risarcibilità del danno morale, considerando quest'ultimo
come appartenente ad una categoria autonoma e distinta dal danno biologico,
entro l'ampio genere del pregiudizio non patrimoniale; i giudici,
ribadiscono che il profilo morale del danno non patrimoniale è autonomo e
non può certo considerarsi scomparso "per assorbimento" all'interno
dell'onnicomprensivo danno biologico tabellato.
La modifica
del 2009 - sostiene la Cassazione - delle tabelle del Tribunale di Milano -
che la Corte, con la sentenza n. 12408/2011 (nella sostanza confermata dalla
successiva pronuncia n. 14402/2011) ha dichiarato applicabili, da parte dei
giudici di merito, su tutto il territorio nazionale - in realtà, non ha mai
"cancellato" (contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente) la
fattispecie del danno morale intesa come "voce" integrante la più ampia
categoria del danno non patrimoniale: né avrebbe potuto farlo senza violare
tra l'altro un preciso indirizzo legislativo, manifestatosi in epoca
successiva alle sentenze del 2008 delle stesse sezioni unite, dal quale il
giudice, di legittimità e non, evidentemente non può in alcun modo
prescindere in una disciplina di sistema che, nella gerarchia delle fonti
del diritto, privilegia ancora la diposizione normativa rispetto alla
produzione giurisprudenziale (cfr. Cass. n. 18641/2011 cit.).
Dopo che
con altra sentenza del 30.6.2011,
n. la
Cassazione (richiamando la sentenza della Cassazione a S.U.n. 26973/2008)
aveva pure "ribadito" la presenza nell'ordinamento del danno esistenziale
(come "pregiudizio al fare aredittuale determinante una modifica
peggiorativa da cui consegue uno sconvolgimento dell'esistenza e in
particolare delle abitudini di vita con alterazione dei modo di rapportarsi
con gli altri nell'ambito della comune vita di relazione, sia all'interno
che all'esterno del nucleo familiare"), deve ritenersi ragionevolmente
che nessuna limitazione è consentita nella liquidazione del danno biologico,
morale ed esistenziale comprovato in ciascun giudizio.
Ciò
premesso, deve ritenersi in linea con la giurisprudenza di questa Corte
la decisione impugnata che, valutando l'autonomia dei titoli risarcitori in
riferimento ad una sostanziale diversità del tipo di pregiudizio scaturito
dalla lesione dell'integrità psico-fisica determinata dal licenziamento e
dell'ulteriore pregiudizio sofferto per il carattere ingiurioso dello
stesso, ha, dapprima, proceduto alla liquidazione del danno biologico e di
quello morale, rapportati alla percentuale di invalidità permanente dell'8%
e di quella temporanea pari a 40 GG. accertate dal Ctu, e ha, poi, proceduto
alla determinazione del danno morale rappresentato dal pregiudizio,
autonomo, discendente dal carattere ingiurioso del licenziamento.
Né può
ritenersi che in relazione a tale ulteriore posta risarcitola, il giudice
del merito abbia proceduto a nuova liquidazione del danno scaturito dalla
lesione delle integrità psico-fisica, evidentemente già risarcito e non
suscettibile di duplicazione risarcitoria, dovendo ritenersi che i
termini della decisione siano quelli di attribuire un risarcimento di un
ulteriore danno morale, non connesso alla malattia accertata, ma conseguente
appunto alla sofferenza patita per il carattere ingiurioso della sanzione
espulsiva, quantificato esso solo avendo quale parametro di liquidazione
l'importo già attribuito ad altro titolo.
Ogni
ulteriore questione risulta pertanto assorbita dalle considerazioni che
precedono, dovendo ribadirsi, quanto alle censure relative alla mancata
puntuale esplicazione dei criteri di liquidazione adottati, il principio già
espresso da questa Corte in numerose pronunzie, secondo il quale il giudice,
nel procedere alla liquidazione del danno biologico, deve fare ricorso al
criterio equitativo (Cass. 11039/2006).
Inoltre,
poiché il danno biologico ha natura non patrimoniale, e dal momento che il
danno non patrimoniale ha natura unitaria, è corretto l'operato del giudice
di merito che liquidi, come nella specie, il risarcimento del danno
biologico e morale in una somma omnicomprensiva, posto che le varie voci di
danno non patrimoniale possono venire in considerazione in sede di
adeguamento del risarcimento al caso specifico, e sempre che il danneggiato
abbia allegato e dimostrato che il danno biologico o morale presenti aspetti
molteplici e riflessi ulteriori rispetto a quelli tipici (cfr., in tal
senso, Cass. 9.12.2010 n. 24864, Cass. 28.3.2011 n. 7064).
Deve,
conseguentemente, disattendersi la censura relativa alla mancata
specificazione delle somme riconosciute a ciascun titolo.
Il ricorso
va, pertanto, respinto e, per il principio della soccombenza, le spese del
presente giudizio cedono a carico della ricorrente, nella misura liquidata
in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio,
liquidate in euro 40,00 per esborsi, euro 2.500,00 per onorario, oltre spese
generali, IVA e CPA.