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Chi
era l'incomparabile Astrea, colei per la quale circolava l'anonimo distico
colei che uno storico vittoriano (Dorian) definì "una semplice puttana, che danzava in mezzo alla sporcizia" e che uno dei suoi biografi attuali (Woodcock) chiama "la Saffo inglese"? Poeta, scrittrice-[3], drammaturga, traduttrice di lavori letterari e scientifici (conosceva le lingue francese, italiana e spagnola), Aphra Behn è una voce assolutamente singolare nel panorama letterario dell'epoca in cui visse, nonché l'autrice più prolifica e famosa del suo tempo, ad eccezione del poeta John Dryden. Aphra
è la prima donna inglese che scrive per denaro, guadagnandosi l'appellativo
di "poetessa prostituta" proprio perché vende il suo ingegno anziché
il suo corpo.
Ella stessa dirà di scrivere "per il pane" ma anche per la gloria, "per la mia parte mascolina, per il poeta che c'è in me". Come
autrice di teatro, ella non agì diversamente da come aveva agito
Shakespeare, riesumando intrecci e storie già esistenti e manipolandoli
con il proprio genio sino a trarne degli ottimi lavori teatrali; come scrittrice,
indagò in modo originale e spregiudicato le classi sociali, la politica,
i rapporti tra i sessi e tra le razze.
Una
menzione speciale va fatta per Oroonoko,
or the royal slave, basato sulla sua permanenza nella colonia olandese
del Suriname.
Si tratta infatti del primo romanzo "abolizionista" e traccia uno dei primi esempi della figura del "nobile selvaggio" in letteratura. Aphra scrive questo testo in tono colloquiale, dialogando di continuo con il lettore, assicurandolo di essere stata presente ai fatti e fornendogli una quantità impressionante di dettagli su tutto ciò che cade sotto il suo sguardo, dal paesaggio agli ornamenti che i personaggi indossano. Il principe schiavo
parla attraverso l'io narrante femminile: la posizione da outsider
di Aphra nella società in cui vive le conferisce l'autorità
necessaria a dare voce ad un altro "diverso"; la schiavitù non è
criticata in modo diretto, ma la figura di Oroonoko è ritratta in
modo così positivo rispetto alle figure dei colonizzatori da non
lasciare adito a dubbi.
Come
poeta, Aphra introdusse nei classici temi della poesia arcadica note di
un erotismo allegro e sfacciato, nonché un sano umorismo: memorabile
a questo proposito è la lirica "The Disappointment" ("La Delusione",
scritta nel 1680), ove si narra della furia d'amore del pastore Lisandro,
deciso a possedere la bella vergine di nome Clori che invano lo prega di
desistere. Il pastore insegue la fanciulla sino a che riesce a farla prigioniera:
Clori sviene, è distesa ed inoffensiva ai suoi piedi, Lisandro si
toglie di furia i vestiti per consumare lo stupro... e l'impotenza non
glielo permette:
"Ma
oh, quale dio maligno cospira
Alle
scrittrici della fine del diciassettesimo secolo, i contemporanei ascrivevano
una "naturale" abilità nel trattare d'amore, ma esigevano al tempo
stesso che nei loro lavori non entrasse l'erotismo né qualsivoglia
"sconcezza" (come quella appena menzionata...).
Alle
donne viene richiesto di deliziarsi con gli amori romantici, ma di mantenere
rigidissimi standard "morali": nella prefazione alla commedia Sir Patient
Fancy (1678) così Aphra risponde alle critiche che in questo
senso le erano venute proprio da altre donne:
Ciò
che Aphra qui contesta con forza è l'equivalenza "donna/natura"
e le appare particolarmente crudele che chi più soffre di tale mistificazione
la usi per attaccarla. Certamente la gamma di significati che Aphra aveva
a disposizione per i termini "natura" e "naturale" era ben diversa dalla
nostra; i tempi in cui ella vive sono tempi di transizione ad una nuova
concezione cosmologica, ove la rappresentazione della natura passa da "madre"
benevolente e generosa (iscritta in un ordine immutabile d'origine divina)
a "macchina" governata da leggi conoscibili, in qualche modo "avversaria"
nel resistere al proprio svelamento: qualcosa da controllare, sezionare
e sfruttare.
Questo
non elimina la tradizionale equivalenza suddetta, ma se la natura è
ora ritratta come una femmina sotto l'attenta osservazione maschile e da
tenere costantemente sotto controllo, è difficile non notare come
Aphra Behn, in tutti i suoi lavori, sfidi apertamente l'idea che l'identità
femminile sia finita, conoscibile e suscettibile di essere fissata in ruoli.
Quando
Aphra mette in scena donne che corrispondono all'ideale dell'epoca, unendo
amore romantico e rigida moralità, ne mina immediatamente la pretesa
di "unico modello", affiancando ad esse altre donne che oltrepassano i
confini di questo ideale.
Le
sorelle Florinda ed Helena e la cortigiana Angelica Bianca ne sono un esempio
in The rover (lavoro basato sostanzialmente
sull'intreccio di Thomaso, or the Wanderer di Thomas Killigrew,
1654). Qui la prima, promessa sposa ad un uomo che non ama, non si permette
pubblicamente la benché minima espressione autonoma di desiderio,
la seconda che sta per entrare in convento dichiara spensieratamente di
essere molto interessata a trovare "una qualche matta compagnia che
la distolga dalla devozione".
Angelica,
da par suo, spiega che è diventata una prostituta d'alto bordo perché
Quando Angelica si innamora di uno dei suoi clienti, e lo trova falso come tutti gli altri, rimpiange ciò che gli ha donato: un "cuore vergine". Tutti i ruoli sono "innaturali",
pare dirci Aphra Behn: sapere che una donna è una fanciulla sottomessa
come Florinda, una suora come Helena o una prostituta come Angelica non
ci dice in realtà nulla sulla loro "natura" né può
circoscrivere l'intera gamma dei loro sentimenti.
La
maggioranza dei lavori di Aphra sono tesi all'indagine del desiderio: chi
vuole e che cosa vuole, e perché, e quali sono gli ostacoli che
gli/le impediscono di ottenere ciò che vuole.
Nell'esplorare
il desiderio Aphra riconosce e narra tensioni etero ed omosessuali; intravede
un ruolo "omosociale" nella rivalità fra maschi per la conquista
sessuale della stessa donna; tratteggia i modi in cui il travestimento
o la mascherata complicano e destabilizzano le relazioni fra i sessi.
Nel giro dei "begli ingegni" che bazzicavano la Corte ed il teatro, Aphra aveva conoscenza diretta di almeno un paio di nobildonne che amavano vestirsi da uomo: la più famosa era Hortense Mancini, nipote del Cardinal Mazzarino; una donna estremamente affascinante dalla fluente capigliatura corvina e dagli occhi che cambiavano colore a seconda della luce del giorno. Al di là della sua bellezza, Hortense era conosciuta come una fanatica giocatrice d'azzardo, una provetta tiratrice con la pistola ed un'eccellente spadaccina... ed anche per gli incessanti pettegolezzi che circolavano sulla sua amicizia amorosa con la figlia illegittima (una dei tanti!) del Re Charles II, Anne of Sussex, di sedici anni più giovane di lei. La
scarsità di notizie biografiche attendibili su Aphra non ci permette
di dire chi furono le donne della sua vita, ma dalle
sue stesse parole possiamo desumere che ella non negò il desiderio
lesbico in se stessa.
Per questo, e per la "mostruosità" del suo genio (una donna così poco femminile da guadagnarsi la vita scrivendo!), Aphra Behn fu insultata per tutta la vita, additata come "cattivo esempio" subito dopo la morte, ignorata o svilita come autrice per tre secoli. Un
redattore anonimo della "Sunday Review" così scriveva di lei alla
fine dell'Ottocento:
Una recente biografia della scrittrice inglese
Cronologia di Aphra Behn - a cura di Maria G. Di Rienzo 1640
- Anno di nascita di Aphra. La versione più accreditata (vi sono
molte controversie tra gli storici a questo proposito) la vuole figlia
di Bartholomew Johnson ed Elisabeth Denham e battezzata il 14 dicembre
a Harbledown, vicino a Canterbury.
1663 - Viaggia con la famiglia alla volta della colonia inglese nel Suriname. Il padre morirà durante il viaggio in nave. L'anno successivo, in maggio, Aphra ed i suoi parenti faranno ritorno a Londra. 1664 - Possibile data del matrimonio di Aphra con un mercante d'origine olandese chiamato Behn. Resterà vedova nel 1665. C'è anche chi sostiene, vista l'impossibilità di reperire dati sulle nozze e sul marito, che esse furono inventate di sana pianta da Aphra per darsi un'aura di rispettabilità. 1666
- In luglio, Aphra raggiunge Anversa (in Belgio) al servizio, come spia,
di Re Charles II. Il suo nome in codice era "Astrea" e le rimase come soprannome
e pseudonimo per tutta la vita: i suoi contemporanei ci aggiunsero l'aggettivo
"incomparabile".
1667 - Ritorna a Londra in primavera, pesantemente indebitata. 1668 - Non essendo in grado di pagare i suoi debiti, Aphra viene condannata alla prigione. Non sappiamo dove fu incarcerata, né per quanto e neppure chi raccolse il denaro per permetterle di uscire di galera. 1670 - Debutta come autrice di teatro: la commedia The forced marriage ("Il matrimonio imposto") viene rappresentata al Duke's Theatre riscuotendo un immediato successo. Venne replicata per sei sere successive, provvedendo l'autrice dell'incasso di due rappresentazioni: per costume dell'epoca, il guadagno di ogni "terzo giorno" di spettacolo era dovuto all'autore. 1671/1681
- Le rappresentazioni dei numerosi lavori teatrali di Aphra si susseguono
consacrandola autrice di successo; per lo più sono commedie, ma
c'è anche una tragedia (Abdelazer, 1676).
1682
- Like father, like son e The city heiress, una satira scatenata
alla vita londinese, vengono rappresentati al Dorset Garden Theatre.
1683/1684 - Vengono pubblicati la sua raccolta di poesie Poems upon several occasions ed il romanzo epistolare Love letters between a nobleman and his sister, che affronta il tema dell'incesto. 1685
- Viene pubblicata una seconda raccolta di poesie, Miscellany.
1686
- La commedia The lucky chance va in scena
al Theatre Royal in Drury Lane.
1687
- Va in scena la farsa The Emperor of the Moon.
1688 - Vengono pubblicati i racconti "The fair jilt", "Agnes de Castro" (ove è esaltato l'amore fra la protagonista e la principessa portoghese Constantia) e Oroonoko, or the royal slave: il primo romanzo che affronta il tema dello schiavismo dal punto di vista delle vittime. 1689
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Altri due racconti pubblicati: "The history of the nun" e "The lucky mistake".
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Note
[1] Edito originariamente su "Babilonia". [2] Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé, Newton Compton, Roma, p. 63. [3]
Ecco la bibliografia in italiano delle opere di Aphra Behn:
La traduzione di due sue poesie omoerotiche si trova qui.
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