Le micorrize

Sono associazioni simbiontiche che si instaurano tra radici di molte piante e funghi del sottosuolo (dal greco: mykos: fungo e rhiza: radice).
 
Benché se ne senta parlare troppo poco, è il tipo di simbiosi più diffuso in natura: più del 90% delle specie vegetali in condizioni naturali risulta micorrizato.
Addirittura, sono stati trovati resti fossili che confermano l’esistenza delle endomicorrize già 450 milioni di anni fa, contemporaneamente all’apparizione dei vegetali sulle terre emerse. Si ritiene che siano state fondamentali nel processo di colonizzazione dei continenti, e a tutt’oggi sono ancora necessarie per la vegetazione contemporanea. Tuttavia negli ambienti antropizzati (campi coltivati e verde urbano) le micorrize sono spesso assenti oppure presenti in forma molto ridotta, molto probabilmente a causa dell’inquinamento chimico dei terreni.
 
L'esistenza della simbiosi micorrizica fu notata per la prima volta nel 1883 da Gibelli presso L'Orto Botanico di Torino, ma fu B. Frank che nel 1885 definì micorriza questa struttura. I caratteri di queste micorrize così come li ha individuati Frank consistono di una sorta di rivestimento, o mantello, costituito da un intreccio ifale, che include o riveste le ultime terminazioni radicali. Frank notò che queste strutture sono sempre presenti nei sistemi radicali delle piante in ambienti naturali. Successivamente furono individuati due tipi di micorrize: le ECTOMICORRIZE, caratteristiche della maggior parte delle latifoglie e delle conifere, dotate di un mantello fungino esterno ricoprente l’apice radicale, e le ENDOMICORRIZE, a più ampia diffusione (anche tra le specie erbacee), non dotate di un mantello fungino esterno, ma presenti anche all’interno delle cellule.
 
Le ectomicorrize interessano un numero relativamente limitato di specie vegetali (per lo più piante arboree forestali) ed un elevato numero di specie fungine.
Al contrario, le endomicorrize interessano il 90% dei vegetali, ed un numero limitato di specie fungine (classe Zygomicetes).

ENDOMICORRIZE

ECTOMICORRIZE

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SEZIONE DI APICE RADICALE

ECTOMICORRIZE
 
Sono le micorrize tipiche dei tartufi e dei porcini, comparse sulla terra probabilmente intorno a 150 milioni di anni fa.
Sono così definite perché il fungo non penetra mai all’interno delle cellule dell’ospite. Le ife fungine formano come uno spesso strato attorno alle radici, detto mantello o micoclena. Colore, spessore, morfologia del mantello possono variare a seconda delle specie Dal mantello le ife si insinuano tra le cellule della corteccia radicale, formando un intreccio intercellulare, il reticolo di Hartig. A seconda dell’ospite questo reticolo può essere più o meno sviluppato, e raggiungere il cilindro centrale (conifere) oppure limitarsi ai primi strati cellulari della corteccia (latifoglie). Sempre dal mantello si diparte una fitta rete di ife esterne e cordoni miceliari che si estendono notevolmente nel suolo circostante, e in condizioni appropriate possono produrre strutture riproduttive (carpofori: es. tartufi e funghi)
Generalmente la radice micorrizata risulta profondamente trasformata: la crescita è bloccata e si biforca, e assume una forma coralloide. Il mantello fungino spinto dalle radichette secondarie non si rompe, ma si estende entrando in attiva proliferazione cellulare, inglobando le nuove radici laterali. Nella radice micorrizata scompaiono i peli radicali.
Queste micorrize sono essenzialmente formate da circa 4–5.000 specie fungine appartenenti agli Ascomiceti e Basidiomiceti, e sono presenti nelle piante forestali (latifoglie e conifere).
 
ENDOMICORRIZE ARBUSCOLARI
 
Sono così definite perché, a differenza delle ecto, il fungo penetra all’interno delle cellule dell’ospite, mentre mancano di un mantello fungino esterno (si parla di funghi VAM). La comparsa di queste micorrize sulla Terra si suppone risalga almeno a 400 milioni di anni fa, sono perciò più antiche e più affermate delle ectomicorrize.
 
Le spore che si trovano nel terreno germinano in presenza di radici ospiti per effetto degli essudati radicali. Si sviluppano fino a raggiungere la radice stessa, e la colonizzano penetrando sia attraverso gli spazi intercellulari sia direttamente nelle cellule. Il fungo si diffonde così attraverso le cellule corticali, senza invadere mai il cilindro centrale e le cellule dell’apice radicale.
All’interno delle cellule le ife si diramano a formare delle strutture ramificate, gli arbuscoli, responsabili degli scambi nutrizionali tra i due simbionti: la pianta cede i carboidrati eccedenti prodotti attraverso la fotosintesi, il fungo a sua volta cede i sali minerali assorbiti dal suolo circostante. Gli arbuscoli hanno vita breve: dopo pochi giorni infatti degenerano. Un’altra struttura prodotta dalle ife fungine è la vescicola, rigonfiamento tondeggiante inter o intracellulare, organo di accumulo di granuli di grasso con funzione di riserva.
Le spore formate dai funghi AM sono asessuali, e si formano dalle ife vegetative.
Parecchi studi dimostrano che, seppur la radice non subisce variazioni morfologiche notevoli come avviene per le ectomicorrize, l’apparato radicale risente della presenza del fungo AM: possono infatti variare il grado di ramificazione e le dimensioni delle radici stesse, fino ad aumentare d centinaia di volte.
 
Formano endomicorrize arbuscolari circa 130 specie di funghi appartenenti all’ordine delle Glomales (Zygomiceti), e interessano molte piante erbacee, ortive, da frutto, forestali e tropicali, indice di mancanza di specificità. Si trovano anche presso le Pteridofite e Epatiche. In ambiente asfittico non esistono.
 
Esistono altri tipi di micorrize: le micorrize delle ericacee, le ectoendomicorrize (arbutoidi o monotropoidi), le endomicorrize delle orchidee (si  tratta di particolari micorrize endotrofiche, essenziali anche per la germinazione del seme che può avvenire solo in presenza di una infestazione di ife fungine). 
 
FISIOLOGIA DELLE MICORRIZE

 
Non solo la morfologia della pianta ospite viene modificata dall’instaurarsi della micorriza, ma anche la fisiologia risulta profondamente alterata.
 
Brevemente, la pianta ospite cede al fungo zuccheri e vitamine, mentre il fungo assorbe e trasferisce alla pianta gli elementi minerali. Infatti lo sviluppo considerevole delle ife extramatricali nel terreno permette di esplorare un volume di suolo notevolmente maggiore di quanto può fare la singola radice, anche lontano dalla zona di assorbimento della radice stessa, aumentando notevolmente la quantità di sostanze nutritive raggiungibili. Non solo, ma le micorrize sono in grado di solubilizzare e quindi assorbire le forme organiche o minerali presenti nel suolo in composti insolubili, non direttamente utilizzabili dalle piante, cambiando quindi radicalmente il conto agronomico della disponibilità degli elementi nutritivi nel terreno.
Il maggior assorbimento di sali minerali dal suolo (P, N, Ca, K, Fe, Mg, Cl, Zn, Cu) modifica l’equilibrio e la composizione dei nutrienti nei tessuti della pianta con conseguenze sulla resa fotosintetica che viene aumentata e sulla ripartizione del fotosintetato tra radice e parte aerea della pianta. Il 20% del C totale assimilato dalla pianta può essere trasferito al fungo. 
Tutti questi mutamenti di assorbimento e distribuzione dei nutrienti portano ad un cambiamento dell’essudazione radicale, e l’aumentato flusso di C verso il suolo mediato dalle micorrize è importante per l’ecosistema, e può essere considerato un altro dei benefici dovuto alle micorrize. Anche il ritorno di sostanza organica al suolo viene incrementato con la micorrizazione, accompagnato anche da un maggior rilascio di N, P e K.

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