(settembre
2005). Stavolta parliamo di
sindaci e di centri commerciali. E del disinvolto
rapporto che nasce tra queste due partner. Che pare si
amino molto. In tutta la Padania, da Vercelli fino a
Treviso. Ogni tanto, gli acerrimi nemici di questa
convivenza (i commercianti) escono sulle pagine dei
giornali per sciorinare numeri allarmistici. Parole
tante, fatti pochi. E quei pochi parlano solo di soldi
(tanti) incassati dai comuni. Grottesco: su un centro
commerciale da decine di migliaia di metri quadrati il
più delle volte la parola spetta a un Comune di
1000 abitanti che già è tanto se ha
quattro impiegati messi in croce. Facile bocconcino per
chi tiene le redini della grande distribuzione. Gli
ultimi 15 anni è sono stati un trionfo, specie
nell'hinterland.
Prima almeno c'era la Regione
chiamata a decidere per superfici superiore ai 400
metri quadrati, Poi non più, a parte piani di
sviluppo che non contano nulla. E così ci si
è mangiato territorio. C'è una logica in
tutto questo? Sì, quella dei capitoli di
bilancio gonfiati con gli oneri.
E la gente? Quelli che vanno nei
centri commerciali sono contenti, i cittadini dei
Comuni che li ospitano pure perchè se il loro
sindaco non è stato proprio un imbranato, con un
po' di piazze lastricate di qua, qualche rotonda di
là, feste e manifestazioni varie (finanziate con
entrate Ici e oneri, a secondo dei casi), il voto alla
fine glielo ridanno.
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