Porrei una semplice domanda ai
nostri Lettori: andreste in spiaggia a farvi il
bagno sapendo che le acque in cui vi mettete a mollo
hanno visto in tempo non lontani, morire centinaia di
persone? Oppure fareste delle belle passeggiate o
prenotereste cenette in locali caratteristici sapendo
che nei dintorni giacciono scheletri di ignare vittime,
vostri connazionali?
Se Auschwitz o Treblinka fossero
state stazioni balneari, voi credete che gli Israeliani
vi si sarebbero recati per trascorrere allegre vacanze?
Certo che no!
Di cosa stiamo parlando? Della
Croazia, una delle mete più gettonate degli
Italiani. Non a torto, certo: è vicina,
soprattutto per chi arriva dalla Padania, è a
buon mercato e i suoi albergatori e ristoratori non
taglieggiano ancora i turisti come fanno i colleghi
italiani, con la scusa dell'euro.
Però… c'è un
grandissimo problema.
Io, in Croazia, anzi, per la
precisione, in Istria, ci sono stato. Mi attirava quel
vago ricordo d'Italia che ancora si conserva in questa
terra che è di cultura veneziana, ma
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che la Storia (e anche l'Italia,
che si gettò a capofitto, in maniera
falliomentare, nella Seconda Guerra mondiale)
finì col consegnare a Sloveni e Croati. Ebbene,
lì non ci tornerò più per fare la
"vacanzella" estiva. In Istria e in Dalmazia
ci si va per ricordare la Storia, per piangere i morti,
non per farci il bagno. Chissà quanti tra i
turisti del nostro Paese che in estate affollano quelle
spiagge sono consapevoli dei terribili segreti che
serba quella terra? Chissà quanti hanno pensato
che gli albergatori, i negozianti, i cittadini che
incrociano per le strade potrebbero essere figli o
nipoti degli assassini delle foibe? Chissà
quanti sapranno che le case che costoro abitano erano
degli istriani, fiumani o dalmati fino al 1947? A
Dignano, vicino Pola, dove c'è la più
forte comunità italiana, sui muri si leggono
ancora scritte del tipo "Viva Stalin",
"Slavi e italiani tutti fratelli". Una beffa!
Ma sono ancora lì. Sì, oggi c'è un
po' di bilinguismo, il Tricolore sventola dai balconi
dei Municipi, però il disagio resta. Ripeto: lo
vedreste un israeliano andare in
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vacanza a Treblinka? Difficile.
E' vero: la colpa fu di Tito, del
"comunismo", magari anche di qualche Potenza
europea che doveva farla pagare all'Italia (leggasi
Francia…). Ma Josip Broz è morto da 25
anni. La Jugoslavia non c'è più da 15.
Ma non una targa, non un cartello, a ricordo
delle Foibe e degli italiani assassinati. Le
Autorità di Zagabria e di Lubiana, tacciono.
Anche lo sterminio degli ebrei
ebbe un colpevole nel Nazismo, però Willy Brandt
fece il gesto simbolico di inginocchiarsi nel Ghetto di
Varsavia: era la Germania che si umiliava.
Non mi risulta che le
Autorità croate e slovene abbiano fatto
altrettanto. Se la colpa è
"solo" del Comunismo, che problema ci
sarebbe? Invece, nulla. Allora sorge un dubbio: forse
perché il Comunismo, scava scava, con le Foibe
c'entra ben poco? Forse perché quello che
avvenne dopo il 1943 era solo quella pulizia etnica
intentata dalle popolazioni slave minoritarie contro
gli Istriani di lingua italiana accusati tutti di
essere fascisti, e assassinati nelle foibe o costretti
a diventare
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esuli? Una sorta di
anticipazione di quanto avvenne, negli anni '90, in
Slavonia, nella Krajna, in Kosovo?
La Germania, un po' di targhe le
ha messe in giro. I Governi delle neonate Croazia e
Slovenia, no. Nulla. Anzi: i nostri governi sono stati
così "intelligenti" da non provare
nemmeno a rinegoziare Osimo dopo la fine della
Jugoslavia, nel 1991. E noi li foraggiamo anche con le
nostre vacanze.
No, in quelle terre non si
deve andare a prendere in sole. Non ci si fa il
bagnetto con gli amici sullo Yacht, sulle coste di
Zara, sapendo che in quelle acque limpidissime furono
affogati migliaia di zaratini legati con il fil di
ferro. Vivi. In Istria si va solo a pregare
e a commemorare. Come a Redipuglia, o a El
Alamein. O alla Risiera di San Sabba.
Sperando che un giorno nelle
"Turistcke zajedne", le Autorità
croate e slovene inseriscano anche percorsi legati alle
Foibe e a agli altri luoghi che videro quel
piccolo/grande dramma dimenticato e oggi ricordato (a
forza) solo perché c'è una legge dello
Stato.
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