Struttura economica e sociale della Russia staliniana
Per molti anni nel dopoguerra il proletariato guardò alla Russia come al paese dal socialismo realizzato. La cecità totale indotta dall'indottrinamento dei partiti falsamente comunisti e socialisti non lasciava intravedere ai proletari neppure un barlume della realtà sociale russa. Del resto la suddivisione dei vari paesi in blocchi, dovuta alla guerra fredda, si rispecchiava all'interno del proletariato, e la crociata in difesa dell'uno o dell'altro paradiso sociale portava anche a scontri fisici non soltanto con la polizia di Stato.
Anche all'interno del Partito Comunista Internazionalista del dopoguerra la questione russa non era per nulla chiara. E fu necessario scrivere una montagna di materiale per farne l'analisi dettagliata. Il pregiudizio più importante e che doveva essere subito demolito era quello comune a tutti i trotzkisti: prima c'era la classe fisica dei borghesi, adesso al loro posto c'è lo Stato; non sarà socialismo, ma non è neppure capitalismo; l'economia è capitalista, ma la concentrazione unica nello Stato la rende "diversa". Non si giungeva a dire, come Trotzky, che la burocrazia era la nuova classe capitalistica russa nello Stato operaio degenerato, ma ci si poneva l'insistente domanda: se in Russia c'è il capitalismo, dove si riscontra allora la nuova classe borghese o che cosa la sostituisce?
Bordiga incominciò con il dimostrare che il capitalismo non ha più bisogno di capitalisti, come già dimostrarono Marx ed Engels, il primo nel Capitale e il secondo nell'Antidühring. Esiste il capitale senza capitalisti nella forma di capitale finanziario, nella raccolta bancaria che rappresenta la concentrazione di tanti piccoli capitali o quote di plusvalore o quote di salario che non trovano occupazione nella società. Il capitalista utilizza questi fondi non suoi, può addirittura intraprendere un'attività senza capitali affatto, semplicemente utilizzando questa raccolta sociale. Complementare all'esistenza del capitale senza capitalisti è l'esistenza dei capitalisti senza capitale, basta analizzare a fondo, all'interno del capitalismo più avanzato, le forme di appalto, concessione ecc.
Il fenomeno russo non dimostra quindi una particolare nuova struttura economica. Essa si compone di tutte le categorie capitalistiche: plusvalore, denaro, salario, merce, moneta ecc. Tanto basta per l'analisi marxista.
La difesa dell'esistenza di queste categorie, in una società definita socialista che deve lottare contro l'accerchiamento, ha inevitabili conseguenze sul piano sociale e politico. Come si comporterà il capitalismo russo nei confronti della classe operaia internazionale? Interverrà a difesa delle eventuali insurrezioni proletarie o contribuirà a schiacciarle, dato che si proclama nemica del capitalismo ma oggettivamente agisce a fianco dell'imperialismo americano nell'ONU?
Bordiga, come al solito, prima di rispondere insegna agli interlocutori come si formula una domanda in modo marxista. Che senso ha interrogarsi sulle possibili azioni della Russia basandosi soltanto sulla natura della sua economia e sull'esistenza o meno della classe borghese? Quello che manca è un movimento proletario internazionale che influisca anche sulla Russia. Oggi abbiamo il contrario, è lo Stato russo che influisce sul movimento internazionale.
Quindi la realtà economica russa e l'azione dello Stato russo si valutano a partire dalla dinamica dei fatti che hanno portato a questa situazione: rivoluzione d'Ottobre, ripiego di Lenin sulla NEP, vittoria dello stalinismo, confusione tattica internazionale, influenza dello Stato russo sugli altri partiti, Guerra Mondiale con partecipazione del proletariato a difendere l'alleanza antifascista, scioglimento dell'Internazionale, frottola del socialismo in un solo paese.
La Russia sarà dalla parte della rivoluzione se essa dovesse scoppiare in Occidente? Dipende. Non decide la natura capitalistica o socialista o ibrida delle sue particolari realizzazioni in quanto nazione. Decide la sua collocazione internazionale dopo la storia di quarant'anni e decidono soprattutto i suoi interessi come Stato, perché è stato abbandonato l'internazionalismo proletario.
Rispondendo a un compagno di partito prima della scissione del '52, Bordiga ripropone la domanda sotto forma di triade, come se esistessero le condizioni massime per la rivoluzione: l'economia in trasformazione; il partito comunista e l'Internazionale; lo Stato rivoluzionario.
Domanda unica ma posta in senso dinamico: marciano le tre condizioni nel senso "giusto", cioè verso la rivoluzione mondiale?
Risposta per il periodo dal 1917 al 1920: sì-sì-sì.
Risposta per il periodo dal 1921 al 1922: no-sì-sì.
Risposta per il periodo dal 1922 al 1926: no-no-sì.
Risposta dal 1926 in poi: no-no-no.
Risulta evidente che non c'è un legame diretto e meccanico tra le tre condizioni della triade. La risposta può dare varie combinazioni, tutte plausibili e "giuste". Del resto, come controprova, era già successo nella storia, dice Bordiga. Durante la Rivoluzione francese il paese più progredito del mondo in senso capitalistico era l'Inghilterra e non c'era nessun pericolo di involuzione feudale. Ma la politica dei partiti inglesi era antigiacobina e reazionaria, non meno di quella delle aristocrazie austriaca e russa. E la politica estera dello Stato inglese? Pure controrivoluzionaria, sia contro la Convenzione che contro l'esercito napoleonico, applicatore delle riforme giacobine. La risposta quindi anche in questo caso non è univoca ma è: sì-no-no.
"Ho voluto stabilire che il sì o il no sul processo economico interno non determina di per sé, solo, automaticamente, le altre due risposte. L'insieme delle tre risposte dipende dall'avere inteso tutto il quadro storico internazionale, marxisticamente, dialetticamente".
Ciò significa che indipendentemente dalla natura dell'economia e dall'esistenza di classi più o meno borghesi all'interno della Russia, la politica generale del suo Stato è determinata dalla dinamica storica che ne ha fatto un elemento economicamente più avanzato che nell'epoca zarista, ma politicamente controrivoluzionario nei confronti del proletariato.
Bordiga non dice che le questioni parziali non siano importanti, ma che non sono utili per chiarire ai proletari quale necessariamente è e sarà la politica russa. L'esempio viene portato alle sue estreme conseguenze considerando in parallelo due serie, una dei tipi economici e l'altra dei rapporti politici di potere.
Prima serie: capitalismo di libera concorrenza e aziende personali; capitalismo monopolistico; capitalismo finanziario parassitario; dirigismo statale generalizzato; capitalismo di Stato.
Seconda serie: democrazia parlamentare; totalitarismo imperialistico; potere proletario rivoluzionario; potere proletario degenerante; potere proletario degenerato del tutto.
Sarebbe arbitrario, comunque fossero precisate le serie, metterle in relazione tramite il collegamento dei singoli elementi. Le due serie non formano una corrispondenza biunivoca, come si direbbe in matematica e "ogni tipo della prima serie può nel tempo x e nel luogo y coincidere con ogni altro tipo della seconda serie".
Può esistere la dittatura proletaria perfettamente comunista nel paese x se esistessero ancora settori privati, addirittura anche se vi fosse tutta l'economia ancora capitalistica. Ma potrebbe sussistere benissimo la dominazione borghese anche con vasti settori di economia statizzata o addirittura comunistica: quando qualcosa brucia i pompieri spengono l'incendio senza che nessuno paghi direttamente la fattura per il servizio, e ricevono il loro sostentamento anche se non vi sono incendi.
A questo proposito va ricordato che la corresponsione di salario sottintende comunque e sempre economia capitalistica, perché il plusvalore non è che la conseguenza di ciò. In altra sede Bordiga dimostra che lo spreco sociale di plusvalore non è tanto dovuto all'esistenza dei capitalisti ma a quella del capitalismo. Se per esempio nel mondo la giornata lavorativa è, poniamo, di dieci ore, al capitalista va all'incirca mezz'ora, all'operaio, se tutto va bene, all'incirca tre ore e allo spreco capitalistico le altre sei ore e mezza. Eliminando i capitalisti con il capitalismo di Stato, si evita quella mezz'ora: non è un grande risultato.
L'imposizione rivoluzionaria del capitalismo in Russia invece è un grande risultato storico, malgrado Stalin. Ma la permanenza del salario e soprattutto la mancanza di accumulazione agraria (trasformazione accelerata dei prodotti agricoli in merci) hanno prodotto l'arretratezza sociale russa, che si accompagna a buone performaces tecniche nell'industria pesante e buoni tassi di accumulazione nelle aree urbane industriali. Oltre che produrre per l'autoconsumo e il comunque miserabile arricchimento personale, il colcos ha mantenuto la barbarie sociale della famiglia legata alla terra, dei contatti limitati, del possesso del maiale e della gallina, dell'orto privato, insomma, di tutta la meschinità della produzione alimentare privata nell'ambito ristretto della parentela ("La forma gallinesca del colcosianesimo").
Bordiga era sicuro: questi rapporti spezzeranno la menzogna dello Stato socialista, del socialismo in un solo paese. La Russia non reggerà al confronto del dollaro e dei mercati internazionali. Non appena i suoi tassi decrescenti di sviluppo saranno alla pari con il resto del mondo, allora avverrà la grande confessione. Con il riconoscimento che l'obiettivo è il capitalismo pieno saranno buttati alle ortiche non solo Stalin e la sua "dittatura", ma anche il marxismo e Lenin, con grande vantaggio per la rivoluzione futura, che potrà riappropriarsene senza la tutela mostruosa della deviazione moscovita.