Il programma immediato della rivoluzione in Occidente
Volere il futuro sarebbe troppo, ma nell'Occidente sviluppato il capitalismo è giunto ad un livello tale che, come abbiamo visto, contiene già in sé forme di attività senza scambio mercantile e senza concorrenza, non volte, insomma, al conseguimento del massimo profitto, attività in genere svolte dallo Stato, ma anche da gruppi organizzati di volontari ecc.
In una riunione tenuta a Forlì nel 1952, Bordiga abbozzò un elenco di misure che la rivoluzione proletaria potrà affrontare in un contesto capitalistico maturo. Si tratta dell'unica volta in cui egli esplicita i provvedimenti fisici in un elenco peraltro molto succinto.
L'elenco rispondeva, più che alla decisione di scrivere un programma organico per la dittatura del proletariato, alla necessità di critica spietata dell'opportunismo. Quest'ultimo era ed è talmente invischiato nei meccanismi di accumulazione capitalistica, che confonde il proprio programma con quello dei borghesi utilizzando i parametri dell'attuale società per misurare il possibile benessere dei "cittadini", per adeguarne i comportamenti alla salvaguardia della "crescita", vale a dire dell'aumento del Prodotto Interno Lordo, o, fatto più recente e molto indicativo, alla responsabilità di fronte al comportamento dei "mercati", fenomeno moderno del parassitismo implicito nella proliferazione di capitale fittizio.
I punti del "programma", nove in tutto, sono esplicitamente scritti per ridicolizzare e coprire d'infamia la genìa politica stalinista e, anche se non sono mai stati sviluppati, sono sufficienti per capire la vera portata di una rivoluzione vittoriosa in un'area geografica che non sia alle prese con fasi arretrate di sviluppo. Ne riportiamo un telegrafico commento che integra i concetti con argomenti attinti dal lavoro complessivo di Bordiga:
1. Disinvestimento. Si tratta di applicare positivamente la critica marxista del "dominio del lavoro morto sul lavoro vivo", cioè di invertire il rapporto fra la massa della produzione utile al capitale e quella utile alla vita degli uomini.
2. Innalzamento dei "costi di produzione". Fino a quando esisterà mercato e moneta, quindi salario, la rivoluzione dovrà modificare l'attuale rapporto fra lavoro necessario e pluslavoro, cioè fra salario e plusvalore, anche attraverso
3. Una drastica riduzione del tempo di lavoro, almeno alla metà delle ore attuali. La drastica riduzione del tempo di lavoro per Bordiga non è solo una meta da iscrivere nel programma immediato della rivoluzione, ma un richiesta perenne del movimento proletario anche nella sua attività quotidiana contro il capitalismo (attività sindacale). "Il
4. Piano di "sottoproduzione". Il punto è alquanto provocatorio perché in esso si parla di riduzione forzosa dei consumi che sono indotti artificialmente dalle necessità intrinseche dell'accumulazione capitalistica. Si tratta dell'esatto contrario di ciò che oggi come ieri qualunque opportunista predica verso la classe operaia esortandola a lottare per una impossibile società borghese del benessere.
5. Rottura dei limiti di azienda. L'anarchia della produzione è una delle cause maggiori di spreco. Non solo la produzione sociale si scontra con l'appropriazione privata dell'azienda, ma questa ha limiti territoriali, problemi di distribuzione, di approvvigionamento e di conoscenza dei consumi finali, problemi che possono essere risolti da una conoscenza organica centrale che sovrintenda ad un piano di distribuzione delle materie prime, della forza lavorativa e dei consumi in generale.
6. Fine delle contraddizioni fra le età dell'uomo. Questa è una delle contraddizioni più infami delle società di classe e del capitalismo in particolare. La comparsa della famiglia patriarcale, della proprietà privata e dello Stato, poi della produzione sociale capitalistica, ha portato ad una progressiva mercificazione non solo delle attività umane ma dell'uomo stesso. La forza lavoro è una merce come le altre, ma anche l'infanzia, la vecchiaia e la malattia sono tradotte in denaro sonante dalla società capitalistica.ssa famiglia tenderà a cambiare la sua attuale natura.
7. Fine della contraddizione fra le aree urbane e il resto del territorio. Le mostruose concentrazioni abitative dovranno incominciare ad essere drasticamente ridimensionate e la popolazione ridistribuita. In parte ciò sta già avvenendo, ma in modo del tutto capitalistico, cioè gli abitanti vengono espulsi dai centri cittadini per far posto ad uffici e attività commerciali. La popolazione non si redistribuisce sul territorio ma si concentra in aree periferiche minori, con dispendi enorme di energia per i trasporti pendolari, giunti in alcune parti del mondo sviluppato a limiti assurdi. D'altra parte alcune aree un tempo abitate vengono abbandonate e il precedente habitat, meno disumano, viene perduto a favore delle nuove concentrazioni.
8. Abolizione della divisione del lavoro. Tutti i punti del programma immediato sono realizzabili in contesto di capitalismo maturo, ma non tutti possono avere effetti da un giorno all'altro. Una delle situazioni più dure a morire sarà la differenziazione fra lavori che oggi sono ritenuti di natura diversa. Il carrierismo e la corsa a posizioni di prestigio, fenomeni che assumono forme degeneri in tutti gli ambienti, sono solo un aspetto della divisione del lavoro. Mentre sarà relativamente agevole far scomparire la differenza sociale fra lavoro intellettuale e lavoro manuale, già oggi mescolati attraverso certi utilizzi del cosiddetto tempo libero, sarà più difficile eliminare il concetto stesso che il lavoro intellettuale sia di livello superiore al lavoro manuale. La realizzazione di ciò non potrà che avvenire attraverso l'impostazione dei primi anni di vita e di esperienza, dove le attività di studio e lavorative di ogni tipo saranno armonicamente distribuite.
9. Abolizione dell'informazione mercificata. Uno dei compiti fondamentali della rivoluzione, com'è naturale, è di impadronirsi dei sistemi di informazione della società. In questo senso non si tratta soltanto di gestire direttamente il mondo della scuola, della televisione, della stampa, dello spettacolo, dell'intrattenimento, che cambierebbero semplicemente di mano. Una televisione statale non è diversa da una televisione privata se interviene soltanto un fattore di "gestione". Si tratta, se la rivoluzione ha veramente vinto e quindi ha già operato un profondo cambiamento nelle aspettative sociali, di rivoluzionare anche quel mondo, dato che nella sua totalità è "fatto" di materiali che provengono direttamente dall'ideologia dominante e dalla conseguente sovrastruttura sociale.
Il problema del programma immediato della rivoluzione per le aree a capitalismo maturo è strettamente collegato alla differenza che passa fra l'utopia e il comunismo. Molte delle premesse del programma esistono già, pronte per essere liberate dalle catene che impediscono il loro esprimersi.
"Ogni moto presente è per i deterministi un dato che non si può negare. Ma solo i comunisti apportano il dato di rappresentare l'avvenire del movimento, ossia della classe lottante, e lottante per sopprimere le classi".
Per Bordiga e per il movimento in cui ha militato e ha rappresentato il programma della società futura è un dato del presente. Ridotta all'essenziale, è questa la vera differenza fra un utopista e un rivoluzionario comunista. Ed è anche per questo che Bordiga non ha mai scritto un programma dettagliato della rivoluzione futura.