Sopravvento dei pruriti individualistici

Dal 1945 al 1952 Bordiga lottò per una selezione delle forze che confusamente si richiamavano alla Sinistra "italiana" storica. Tale selezione si operò attraverso una dolorosa spaccatura, ma nei primi anni '60 i problemi si ripresentarono: il partito non riusciva a realizzare l'unione di teoria, organizzazione e azione. Metodi democratici sopravvivevano, anche se non apertamente, tra i compagni, mentre il difetto di dottrina e volontà si manifestava attraverso l'assorbimento di dottrina e volontà altrui, come descritto in Proprietà e Capitale già citato. Nel 1961 fu pubblicata sul giornale la bozza di un lavoro sul partito, nel quale veniva posto l'accento in particolare sull'organizzazione comunista come prefigurazione di caratteristiche proprie della società futura. Si trattava di una bozza imperfetta scritta da un gruppo di compagni francesi, piena di difetti e con un ricorso ossessivo alla parola tedesca Gemeinwesen per indicare il superamento delle vecchie categorie organizzative.

Fu per Bordiga un modo per saggiare quanto fossero superate le vecchie concezioni del centralismo democratico, una sonda, come l'avrebbe chiamata, per sentire la febbre del partito. La febbre era alta, in effetti.

La lezione del 1952 era stata così poco digerita che una quantità di militanti, forse la maggioranza del partito, dette vita ad una discussione interna sulle questioni di organizzazione, specialmente in collegamento con il problema dell'attività e della sua famigerata "efficacia".

I pochi documenti e lettere rimasti dimostrano come Bordiga si infuriasse di fronte allo scempio. Sotto il suo controllo, l'organo di partito uscì con una valanga di materiale documentario "per le tesi sulla questione di organizzazione del partito", tesi che peraltro non scrisse mai, dato che lasciarono il posto a tesi sulla concezione organica del partito in relazione alla storia e alla maturità degli eventi, coerentemente con l'indicazione sempre sostenuta di superare la necessità delle regole statutarie.

Carenza di dottrina e di volontà si erano dunque trasformate in assorbimento di altrui dottrine e altrui volontà. Da una parte, l'incomprensione della natura del partito rivoluzionario di oggi e quindi il legame alla vecchia concezione terzinternazionalista; dall'altra il rifiuto del partito perché terzinternazionalista. Non sappiamo se nelle intenzioni di Bordiga la succitata valanga di materiale dovesse arginare entrambe le opposte concezioni logico-formali del problema dell'organismo partito, ma purtroppo egli, o meglio, il partito nel suo insieme, non riuscì nell'intento.

Vi sono dei temi che assumono un'importanza fondamentale nella vita di partito e nelle discussioni interne. Sono temi, come la questione del partito, la questione sindacale, la questione dell'indifferentismo, che possono rimanere in sottofondo e scatenare polemiche e lotta su aspetti secondari, veri catalizzatori che provocano la reazione chimica senza parteciparvi, fino a che esplodono, venendo alla luce del sole quando ormai si sono formati schieramenti e spaccature.

La discussione fra chi sostiene cose diverse basandosi sugli stessi testi considerati sacri e immutabili degenera in lotta distruttiva in quanto il testo di riferimento viene stiracchiato secondo la logica delle tesi cui lo si vuole far aderire, mai il contrario. Si tratta di un errore ricorrente nel movimento marxista e particolarmente combattuto da Bordiga. Esso è perfettamente conosciuto ed è per questo che il marxista lotta contro l'individualismo, l'interpretazione soggettiva del testo scientifico, l'elaborazione personale dei fatti reali.

Questi processi mettono in discussione la stessa teoria scientifica della conoscenza e negano l'epistemologia marxista: non è un caso che Origine e funzione abbia rappresentato uno dei testi chiave su cui schierarsi. Esso è un appassionato appello alla negazione del personalismo nel partito, quindi della elaborazione soggettiva dei grandi temi della storia, dell'economia e del movimento sociale. Non è un caso neppure che gli stessi estensori del lavoro siano caduti nella loro soggettiva interpretazione del marxismo, da cui hanno derivato una prassi ben distante dalle loro stesse premesse. La stessa cosa è successa ai detrattori, che sono andati ben distante dall'applicare una prassi coerente con quella dell'Internazionale Comunista non degenerata che difendevano.

Da una parte il ragionamento logico che scaturiva dalle premesse, pur corrette, di Origine e funzione era: siccome le tre Internazionali sono fallite a causa del loro imperfetto funzionamento organico e siccome l'unico funzionamento organico può essere garantito dalla Gemeinwesen umana, allora pretendiamo la realizzazione di tale comunità sociale come garanzia di funzionamento organico, come forma di organizzazione che anticipi la società futura.

Dall'altra era: siccome il nostro tentativo di funzionamento organico si è dimostrato un'utopia irrealizzabile, allora ritorniamo al buon vecchio centralismo democratico (naturalmente in edizione riveduta e corretta).

Il primo ragionamento si presentava qual era, senza fronzoli e teorizzazioni di copertura, quindi meno pericoloso e subdolo: chi impersonava la teoria della Gemeinwesen lasciò l'organizzazione in quegli anni. Teorizzando comunità umane prefiguranti la società futura ebbe una sua orbita solitaria da percorrere senza fare troppi danni.

Il secondo si manifestava in tutta la sua gravità circondandosi di ogni possibile teorizzazione presa a prestito, opportunamente rivista col linguaggio della Sinistra, dallo stalinismo e dall'esperienza democratica dell'Internazionale degenerata. Questo secondo ragionamento si dimostrò carico di conseguenze più del primo. Le posizioni "terzinternazionaliste" si dimostrarono tanto tenaci da rimanere latenti per lunghi anni nel partito fino a prendere il sopravvento, prima ancora della morte di Bordiga, e portare alla distruzione dell'organizzazione.

L'allontanamento dalla teoria su basi attivistiche provoca il maggiore paradosso logico: la divergenza non è di principio perché vi è una formale e rispettosa aderenza ai sacri testi, quindi la discussione che fa divergere gli interlocutori si fonda sulla tattica da applicare in un momento dato. Ma proprio la Sinistra fece notare che è sulla tattica che si scivola prima che sulla teoria. Teoria e azione non sono separabili, quindi non è possibile essere d'accordo sui princìpi e non sulla tattica da adottare nelle varie fasi di sviluppo esistenti nelle diverse aree geografiche.

Ma la situazione materiale impone che la tattica applicabile sia una sola; quindi il risultato finale, il cortocircuito logico, giunge alle sue estreme conseguenze: nasce la lotta politica fra tendenze che propugnano in effetti la stessa tattica mascherandola con teorizzazioni diverse.

Questa è l'origine materiale, per esempio, dell'endemica divisione delle organizzazioni che si richiamano al movimento proletario, dai partiti ufficiali alla variegata schiera dei gruppi più o meno conosciuti, nonostante la sostanziale identità democratica negli intenti e nei metodi che li accomuna quasi tutti. Divisione che, se non spiegata materialisticamente, cioè anche con l'influenza dell'ideologia borghese nei processi della conoscenza, viene fatta risalire alla litigiosità dell'uomo o a qualche difetto innato nella specie umana.

Per questo i veri marxisti insistono sull'uso della dialettica più che su quello della logica, sull'importanza dell'assimilazione della teoria, sulla negazione dell'individualismo che porta a credere nelle possibilità di elaborazione attraverso il solo cervello personale. Il cervello è un organo materiale che, come l'individuo che lo porta, è in relazione con il mondo che lo circonda e da esso è plasmato più di quanto possa plasmare, quindi il "pensiero" è un fatto biologico sociale, mai un fatto personale.

Bordiga insiste fino a quando ha senso insistere: nessuna forma statutaria può garantire che nel partito vengano assimilate e applicate queste semplici regole, se vogliamo chiamarle così. Occorre ripeterle, ma non come giaculatorie senza senso; occorre viverle, assimilarle attraverso il lavoro, il passaggio delle consegne da una generazione all'altra, la dialettica della separazione da chi imbocca altre strade. Si tratta comunque di una battaglia controcorrente immane, dato che non di persone si tratta ma di ideologia dominante, di teoria borghese della conoscenza, la quale pone l'individuo all'origine dei fatti con il suo libero arbitrio, la sua anima, la sua mente e tutto il resto.

Bordiga non si spaventa della difficoltà né si flette di fronte alla nuova apparente sconfitta che si aggiunge alle altre. Il partito non lo capisce, non assimila la sua lezione, non sa fare a meno della sua tutela. Nel 1966 lancia l'ultimo appello: imparate a fare a meno del Grande Capo, del nome famoso. Si tratta di un supplemento alle Tesi di Napoli. La sua attività pubblica si riduce quasi a zero, anche se continua a ricevere i compagni che lo tengono al corrente della situazione.

Nel 1969 è colpito gravemente da una trombosi. Nel 1970 accetta per la prima volta di rilasciare un'intervista. Ha un colloquio preliminare con il giornalista che ne trae spunto per formulare le domande. Bordiga chiede che queste vengano presentate per iscritto e risponde parimenti per iscritto. Il testo è di una chiarezza cristallina. Vi si rivendica tutta una vita di militante inflessibile. Il giornalista elenca le accuse ormai storiche degli avversari. Il vecchio rivoluzionario, lucidissimo nonostante la paralisi, detta alla moglie: "Trovo gradita la definizione di settario e veridica quella di non essere mai stato duttile e capace di lasciarmi suggerire evoluzioni elastiche dal mutevole avvicendarsi delle situazioni politiche e dei rapporti di forza tra le classi sociali". Quando si aderisce al movimento rivoluzionario, "non si riducono o rappresentano le classi come categorie concrete per riprodurne la dinamica e il gioco antagonistico ma piuttosto come concetti astratti, riferiti a fatti sociali sperimentali". L'aver abbandonato questo metodo sostituendolo con il concretismo, ha portato a tutti i tradimenti conosciuti dal movimento. "Uno schematismo dottrinario fermamente trasmesso e ritrasmesso tra i vertici e la base, costituisce un connotato insostituibile nella vita del partito".

Bordiga rivendica a sé, come qualità positive, le accuse di settarismo, di dogmatismo, di astrattismo che dal 1910 al 1970 gli hanno rivolto i non settari, i non dogmatici, i concretisti che hanno precipitato il proletariato nel disastro controrivoluzionario: nega dialetticamente la negazione del marxismo e quindi ne compie l'affermazione. È il suo testamento politico, l'ultima riaffermazione dell'invarianza del marxismo. Poche settimane prima della sua morte, Terracini va a trovarlo. Non lo vedeva probabilmente dal 1926. "Fu un incontro strano", dice, "mi ripeté le cose che avevo già sentito dire da lui nel 1922, nel 1923, nel 1924. Mi accorsi che non aveva spostato di una virgola le sue convinzioni, la sua mentalità, la sua impostazione di pensiero".