Comunismo contro fascismo e antifascismo
Mentre tutti gli schieramenti politici ritengono che il fascismo rappresenti un cambiamento qualitativo nella forma del potere, Bordiga lo nega e mette in luce la continuità fisica del governo borghese con le nuove esigenze dell'esercizio del potere stesso. Si viene così ad aggiungere un altro elemento di divergenza all'interno del partito e con l'Internazionale.
Bordiga studia la natura del fascismo in un arco di tempo molto ampio, che va dalle prime manifestazioni aperte, politiche e violente in Italia nel 1919-20 fino al 1970, data del suo ultimo intervento pubblico poche settimane prima di morire.
La sua analisi del fenomeno fascista diventa inseparabile da quella di tutti gli altri fenomeni del capitalismo maturo almeno dal 1922, all'epoca del suo rapporto al IV Congresso dell'Internazionale Comunista. Egli risponde innanzitutto a Radek sulla interpretazione che questi dà dei rapporti fra PCd'I e fascismo. Radek (ma è la posizione dell'Internazionale) dimostra di dare un'interpretazione del tutto politica, cioè contingente, del fascismo. Nel criticare l'atteggiamento del PCd'I, gli rimprovera di voler rimanere un partito piccolo, elitario, dedito più alla sua organizzazione che alle grandi questioni politiche del momento.
Bordiga risponderà in altre occasioni che le grandi questioni politiche, la tattica, la strategia del partito non sono disgiunte dal ferreo possesso della teoria rivoluzionaria, e che le oscillazioni tattiche per un partito (ma questo valeva anche per l'IC) sono deleterie quanto una sconfitta sul campo.
Il fascismo, dice dunque Bordiga nel 1922, non è un fenomeno dovuto alla nascita e all'azione di un movimento politico particolare: è già presente in Italia almeno dal 1914-15, quando una parte della borghesia decide di entrare in guerra. I gruppi sono eterogenei, ma sono guidati dagli interessi della grande borghesia industriale, che ha in Salandra il suo esponente politico e che, prima di invocare l'intervento a fianco dell'Intesa contro Austria e Germania, aveva addirittura raccomandato una guerra contro di essa. Vi sono comunque anche gruppi repubblicani irredentisti, sindacalisti rivoluzionari e anarchici, radicali liberali. Nel rapporto successivo, al V Congresso dell'IC nel luglio 1924, Bordiga ribadisce che fu l'ala estrema, quella anarco-sindacalista ed estremista socialista rinnegata "a fornire al fascismo post-bellico il suo stato maggiore generale".
Il fenomeno fascista non si deve analizzare a partire dalle sue componenti politiche, anche se queste daranno l'impronta ai discorsi e ai documenti nell'azione quotidiana. La componente essenziale del fascismo è la borghesia industriale con il suo Stato. La smobilitazione postbellica, la riconversione industriale, il pericolo di una rivoluzione interna, pongono alla borghesia un "problema gigantesco. Essa non poteva risolverlo né dal punto di vista tecnico, né da quello militare mediante una lotta aperta contro il proletariato; doveva risolverlo dal punto di vista politico".
La borghesia fece dapprima delle concessioni al proletariato attraverso i ministeri liberal-riformisti di Nitti e Giolitti. Nello stesso tempo istituiva un secondo esercito, la Guardia Regia, che non era una polizia e nemmeno un esercito vero e proprio. E continuava a pagare gli ufficiali smobilitati che andavano ad istruire l'apparato militare fascista.
Ma perché la borghesia stava intraprendendo questa strada?
Una prima risposta è che voleva e doveva evidentemente evitare la rivoluzione. Il fascismo dunque prende come primo aspetto quello della guardia bianca controrivoluzionaria. Questo è un aspetto immediato, importante, ma non essenziale. Il fascismo non ha un programma specifico, non ha una sua ideologia, ma risulta dall'insieme delle ideologie della borghesia e delle classi medie che rappresentano la manodopera armata. Al momento (1922) si adagia perfettamente nel gioco parlamentare. Non rappresenta una "destra" della borghesia, bensì una unione di tutte le esigenze borghesi. Non vuole ideologicamente il predominio violento di una classe sull'altra, ma copia dalla democrazia borghese la massima collaborazione fra le classi. Quando i fascisti formularono un programma organico non inventarono nulla di nuovo, esposero semplicemente un miscuglio di istanze socialdemocratiche e riformiste, condite con un linguaggio un po' più demagogico di quello dei democratici. Il fascismo si è avvalso anche dell'esperienza rivoluzionaria russa, copiando ciò che gli serviva in fatto di organizzazione, disciplina, centralizzazione, partito unico di una classe.
L'essenza del fascismo, però, non è in questi suoi aspetti sovrastrutturali, anche se la borghesia ne ha bisogno perché rappresentano la giustificazione politica della controrivoluzione. La risposta che dà Bordiga al perché la borghesia stesse intraprendendo questa strada è che il fascismo è la struttura di ogni differente forma di governo borghese nell'epoca dell'imperialismo. L'imperialismo è la fase "suprema", cioè l'ultima. A questa fase corrisponde un modo di governo dei fatti economici e sociali determinato dalla maturità delle condizioni economiche. Non può essere un modo qualsiasi, né può essere un modo adeguato a periodi precedenti della storia del capitalismo. La fase suprema del capitalismo pretende una fase suprema del modo di governo. Il processo è irreversibile, quindi la nuova forma di dominio borghese è irrinunciabile da parte della borghesia.
Questa non è una "invenzione" bordighiana. L'analisi approfondita, seppure non ancora esplicita, della necessità del fascismo la troviamo in Lenin e precisamente nell'Imperialismo, fase suprema del capitalismo. Per Lenin l'aggettivo "supremo" ha lo stesso significato di "putrefatto" come egli spiega più volte. Il testo finisce con questa osservazione: l'imperialismo, cioè la putrefazione del capitalismo, è la fase suprema, cioè quella della socializzazione della produzione. Si tratta di capitalismo di transizione, cioè di capitalismo morente.
È per cercare di non morire che il capitalismo deve darsi questa estrema forma di dominio sintetizzata nella parola "fascismo", che Bordiga utilizza come un comodo riferimento dietro il quale vi è però una ricostruzione materialistico-dialettica del processo storico che porta al superamento del capitalismo. Egli non ha paura di affermare che il fascismo non è un ritorno indietro nella storia; che non rappresenta per il proletariato una sconfitta maggiore di quanto non la rappresenti la democrazia; che anzi, più sono moderni e semplificati i rapporti di classe, meglio è per la rivoluzione futura: "Per il movimento che avesse rigata la via diritta [il fascismo] sarebbe stato, come sarà [riconosciuto] un giorno, il regalo migliore della storia". Grande scandalo, naturalmente tra gli opportunisti, ma Bordiga non si scompone: tutto è già scritto per esempio nel 18 brumaio di Marx. Quando l'esecutivo borghese si erge contro il parlamento, con ciò stesso si isola di fronte alla rivoluzione che non avrà altri ostacoli da abbattere. Ma invece di gridare con Marx "ben scavato, vecchia talpa!", invece di prepararsi alla risposta armata contro la guardia bianca, l'opportunista ritorna vigliaccamente alla difesa della democrazia e del parlamento. Mentre la storia pone su di un piatto d'argento la semplificazione della via rivoluzionaria, l'opportunista la complica tornando a legami sociali precedenti. Il fascismo non è reazionario in sé più di qualsiasi altra aggiornata forma di governo borghese: esso lo diventa a causa della reazione antifascista che getta il proletariato nell'alleanza mortale con altri strati sociali in difesa della democrazia borghese: "Il risultato peggiore, per le sorti della classe proletaria, è l'entrata nel tronfio affasciamento antifascista della parte proletaria che aveva finalmente imboccata la via originale ed autonoma, sicché tutti, ognuno a modo suo, si sono rimessi a rifare lo sviluppo del primo Risorgimento. Merito, questo, controrivoluzionario, che pesa un secolo, se quello di Mussolini ha pesato un ventennio. Ma il secondo ha pesato in senso controrivoluzionario perché così l'hanno interpretato i maneggioni della politica opportunista".
Il fascismo ha usato violenza e assassinio né più né meno di quanto abbiano fatto i regimi precedenti o successivi, in Italia e altrove. Ma sarebbe sciocco moralismo fermarsi a considerazioni quantitative sulla violenza manifesta o potenziale confrontando le forme di governo. Invece è materialismo dialettico dimostrare che la violenza contro l'umanità non è dovuta alla forma fenomenica del capitalismo ma al capitalismo stesso.
Al V Congresso dell'IC, Bordiga offre già una spiegazione completa del fascismo nel suo lunghissimo rapporto. Ideologicamente, si è visto, il fascismo non porta nulla di nuovo, si limita a copiare ciò che gli serve da ciò che già esiste, a destra e soprattutto a sinistra. Ciò che di veramente nuovo introduce è una nuova organizzazione dello Stato, un unico partito borghese centralizzato, una poderosa organizzazione militare e sociale che coinvolge il proletariato stesso.
Nel 1924 Bordiga vede ancora una contraddizione mortale tra la necessità organizzativa e centralizzatrice dello Stato borghese e l'ideologia ultraliberista professata dai fascisti. Si tratta di una contraddizione tra il fascismo e chi lo impersona. Se le cose stanno così, dice Bordiga, non possono durare, "il fascismo è condannato al fallimento in forza dell'anarchia economica del capitalismo, malgrado il fatto che abbia preso saldamente in pugno le redini del governo".
Nel 1924 i fascisti sono effettivamente in crisi poiché non riescono a sfruttare la vittoria elettorale per rilanciare l'economia e ristrutturare completamente lo Stato. L'assassinio di Matteotti provoca una generalizzata ribellione operaia che sembra prefigurare la possibilità di una ripresa di classe. La previsione di Bordiga sul fascismo condannato al fallimento si riferisce all'apparato fascista e non al suo modo di governo, ed è dovuta al fatto che egli vive direttamente gli avvenimenti e non può sapere che di lì a poco il fascismo compirà il suo capolavoro: razionalizzerà l'intervento dispotico in economia, regolando da una parte l'anarchia capitalistica e dall'altra la tendenza naturale al monopolio. Viene ammortizzata la contraddizione fondamentale dell'anarchia produttiva e distributiva, ma viene anche combattuta la tendenza alla eccessiva concentrazione monopolistica, fattore di espropriazione e di limitazione del "libero mercato". Lo Stato acquisterà le aziende sofferenti a causa della concorrenza, le chiuderà o rinnoverà a seconda delle loro condizioni, quindi le restituirà al mercato. Verrà regolato il credito, verranno progettati ampi lavori pubblici.
A dimostrazione del fatto che l'economia volgare cerca solo a posteriori di dare una spiegazione ai fenomeni economici, Keynes razionalizzerà tutto ciò in un sistema teorico formale soltanto dodici anni dopo, cioè più tardi ancora delle prime applicazioni del fascismo tedesco. Del resto un fenomeno materiale, un'esigenza vitale del capitalismo non poteva rimanere un'eccezione: "Noi siamo del parere che il fascismo tenda in certo modo a diffondersi anche fuori d'Italia... In generale noi possiamo attenderci all'estero una copia del fascismo italiano che s'incrocerà con forme di estrinsecazione della ondata democratica e pacifista", dice Bordiga nel 1924.
Fascismo e ondata democratica e pacifista? I delegati europei, seduti a congresso, educati alla democrazia e al pacifismo devono aver pensato: questo è matto. I delegati russi non compresero e combatterono la Sinistra pagando a caro prezzo il loro errore. In Italia la socialdemocrazia tentò un patto di pacificazione con i fascisti e, ricevendone legnate in risposta, passò all'antifascismo parolaio. In Germania i socialdemocratici Scheidemann e Noske avevano già aperto la strada della repressione. Più tardi i plotoni di esecuzione staliniani eliminarono, dopo regolare e democratico processo, la vecchia guardia bolscevica. La sequenza continua con gli eserciti antifascisti in Spagna che uccisero più anarchici che franchisti, con il patto Hitler-Stalin e la crociata partigiana a fianco dell'imperialismo anglosassone.
L'accentramento politico ed economico fascista non era una novità in Italia. La destra storica che governò l'Italia dopo l'unificazione nazionale fu l'ultimo esempio di governo borghese liberista coerente. Ma fu già accentratrice e unificatrice delle spinte particolaristiche. Scomparve una volta per tutte nel 1876, quando fu vinta dalla sinistra borghese demagogica e parolaia, incapace di riformare il suo Stato. Il fascismo non fu un ritorno a situazioni pre-unitarie e pre-borghesi, fu invece fenomeno moderno capace di riforma; fu in realtà il realizzatore dialettico delle vecchie istanze del riformismo socialista.
Non aver capito questo, fu un disastro per il movimento operaio mondiale, che precipitò sotto l'influenza di un prodotto sociale peggiore del fascismo stesso: l'antifascismo piagnone e democratoide.
"Quando il primo esempio del tipo di governo totalitario borghese si ebbe in Italia col fascismo, la fondamentale falsa impostazione strategica di dare al proletariato la consegna della lotta per la libertà e le garanzie costituzionali nel seno di una coalizione antifascista manifestò il fuorviarsi totale del movimento comunista internazionale dalla giusta strategia rivoluzionaria. Il confondere Mussolini e Hitler, riformatori del regime capitalistico nel senso più moderno, con Kornilov o con le forze della restaurazione e della Santa Alleanza del 1815, fu il più grande e rovinoso errore di valutazione e segnò l'abbandono totale del metodo rivoluzionario".
L'antifascismo portò forze proletarie a massacrarsi, prima in Spagna poi nei paesi occupati dalle forze dell'Asse, non a favore della rivoluzione, ma a favore di due schieramenti statali borghesi contrapposti che mantenevano truppe regolari e irregolari sulla nota spese dei loro governi. Il partigiano quindi non fu in realtà un combattente rivoluzionario come a volte egli stesso credette in buona fede di essere, ma una nuova specie di soldato di ventura, un mercenario che, invece di ricevere denaro per le sue prestazioni, ricevette l'illusione di combattere per un ideale.
La sequenza storica del progresso sociale, nota Bordiga, non è: fascismo-democrazia-socialismo, dove il fascismo rappresenta un momento retrogrado rispetto alla democrazia. Nell'epoca dell'imperialismo il fascismo viene dopo la democrazia e la serie progressiva è dunque democrazia-fascismo-dittatura proletaria-socialismo. All'antifascista democratico e ipocrita egli dice ironicamente: se vuoi essere progressista nell'ambito del capitalismo, abbi il coraggio di essere fascista, altrimenti invece di proletari pronti alla rivoluzione fabbricherai "zimbelli dell'imbonitura americana, quando nella corsa al fascismo effettivo sotto l'etichetta della libertà gli anglosassoni avranno battuto i russi, a cui manca, più che quello dell'energia nucleare, il controllo del dollaro, sicché saranno forse comprati prima di essere sconfitti".