IL  GARDA: TRA BELLEZZA E STORIA.

 Primo Luglio 2001.

 In questo contesto letterario, il lettore, se un giorno un lettore ci sarà, può notare che passiamo con molta facilità dal sacro al profano: da quello spirituale dei luoghi del Sacro Monte e a quello terreno e meraviglioso del Lago di Garda, ma entrambi i luoghi sono opera dell’intuizione dell’uomo e del creato. Entrambi  fanno parte del creazionismo che la filosofia e la dottrina religiosa spiegano l’origine  della madre Terra con l’intervento creatore di Dio o di un altro essere o principio superiore. Con questa definizione non intendiamo scrivere un trattato filosofico e neppure commentare una pagina del vangelo, ma per introdurre il nostro discorso su un luogo  bellissimo, che è appunto il Lago di Garda.

Ecco, siamo giunti dal piccolo borgo di sapore medioevale di Campitello, per cercare di trascorrere una giornata diversa in questa località benedetta da Dio e dagli uomini. Grazie all’Ente Valle, che ha organizzato questa gita culturale  ed escursionistica sul lago, dando la possibilità   a questa  cerchia omogenea di  cittadini  di rivedere o di scoprire per la prima volta queste bellezze naturali creati dalla natura milioni di anni fa.

Quando siamo giunti nella cittadina  Rivierasca di Peschiera del Garda, il sole era già alto nel cielo e illuminava la pittoresca cittadina, situata nella  all’estremità sud - orientale del Lago dove defluisce il fiume Mincio. La fortezza con i pesanti bastioni, le alte mura e i profondi fossati che la circondano donano alla bella cittadina un aspetto importante ed austero.  Il suo grande porto era anch’esso illuminato dal sole e le barche si specchiavano nelle acque  tremoli dell’antico  porticciolo circondato  su tre lati da vetusti edifici, creando una rapida successione di immagini, di sensazioni che si combinavano liberamente e creavano effetti fantasiosi, irreali e bizzarri: insomma, una fantasmagoria di colori.  Essendo un appassionato della pittura, ho definito quell’immagine una meravigliosa tavolozza, dove in ordine cronologico vi sono situati  una gamma di colori propria di un pittore.

La Storia.

E’ nostra abitudine, quando approdiamo  in una località rinomata come Peschiera del Garda, è di tracciare un profilo storico dei luoghi. Incominciamo dicendo che le vicende storiche di  Peschiera, come dimostrano i reperti palafitticoli rinvenuti nelle numerose campagne di scavi iniziate nell’Ottocento, si perdono nella preistoria. In epoca romana esisteva già con il nome di “ Rilica” e fu sede di una scuola per navigatori. Testimonianze storiche ricordano il soggiorno di Caio Mario, che si insediò nella Rocca nel periodo in cui combatté contro i Cimbri (101 a. C.) L’importanza strategica del porto fecero centro conteso nei secoli: nell’849 il naviglio di Peschiera fu distrutto dai Veronesi e dai Veneziani. Nel tempo appartenne agli Scaligeri (1409), ai Gonzaga (1441), a Venezia (1584 -1659). Nel 1530, Carlo V di ritorno dell’incoronazione di Bologna soggiornò a Peschiera dal 20 al 21 aprile ricevendo l’omaggio dei Veneziani. Sotto la serenissima, su disegni di Guidobaldo della Rovere e del Sammichele, la cittadina fu ingrandita e fortificata. Nel giugno del 1796 Napoleone vi stabilì il suo quartiere generale. Dopo Campoformio, la fortezza passò  all’Austria. Da  ricordare durante il Congresso di Vienna, il soggiorno di Alessandro I di Russia, del Granduca di Toscana , del re di Napoli. Ulteriormente fortificata dopo l’armistizio di Villafranca, rimase all’Austria fino al 1866, diventando con Verona, Mantova e Legnano una delle quattro piazzeforti del famoso Quadrilatero. Nella fortezza di Peschiera re Vittorio Emanuele III decise l’8  novembre 1917, di resistere ad oltranza sulla linea del Piave.

L’impatto con la cittadina di Peschiera, è stato con le truppe napoleoniche, che rievocavano l’assedio della fortezza del 1801 tenuta dagli austriaci, mentre  i primi raggi del sole illuminava in parte le stradine medioevali. I Bar del lungolago e del centro storico erano  affollati di turisti nazionali e stranieri. Le stradine e gli incroci del borgo antico, erano affollate da curiosi, che erano giunti per assistere appunto all’eccezionale avvenimento. Oltre duecento comparse ridavano vita all’episodio della famosa battaglia napoleonica.

Come abbiamo detto sopra, oltre 200 “ renactors” fin da ieri mattina si trovavano accampati al di fuori e dentro le mura arilicensi. Altri si sono aggiunti nel pomeriggio. Replicanti accorsi dalla Francia, Austria, Germania, Inghilterra, Polonia, Repubblica Ceca e dal Piemonte per la rievocazione dell’assedio francese alla fortezza austriaca di Peschiera, del quale ricorre, oggi   I^ luglio il bicentenario.

Così scrive Alvaro Joppi, sull’Arena di Verona di oggi Domenica I luglio: “ Sono arrivate molte più persone di quante ci aspettavamo, fa presente lo storico Giorgio Capone che è presidente del Centro di documentazione storica la Fortezza, “ tutte appartenenti a organizzazioni militari d’epoca che fanno  capo ad un’associazione sorta, in Inghilterra nel 1982, allargatosi poi in quasi tutti i paesi d’Europa, e da ultimo anche dal nostro paese, tanto da contare oltre 3 mila iscritti”. Gente acculturata, collezionisti che hanno investito anche decine di milioni in armi storiche iscritte per lo più ad associazioni di Tiro a segno ad “ avan carica”, impegnate  a riproporre e far vivere la vita militare del periodo non solo napoleonico o austriaco”. Tutto rigorosamente secondo lo stile dell’epoca dalle tende alle divise alle armi, ma non ai mezzi di comunicazione. Come abbiamo potuto constatare, una di queste sentinelle, vestita a tutto punto con l’uniforme che rispecchiava l’armata napoleonica, era dotato da un telefonino dell’ultima generazione, per comunicare con il resto della truppa e con il campo base. Un particolare questo, che se vogliamo, stonava con il  contesto storico. Ma questo é il progresso  e le innovazioni del nostro tempo e della nostra Epoca.

La ricostruzione fedele della vita degli accampamenti dei bivacchi con militari intenti a lavare o rammendare calzini e divise strappate, a preparare e pulire fucili, a cucinare e distribuire il rancio; pronti ad eseguire gli ordini militari al suoni di tamburi e pifferi. In quest’ottica la battaglia fuori delle mura con sortita ieri pomeriggio degli austriaci sfociata in combattimento, seguita da un incontro di parlamentari delle due parti, con proclamata tregua e austriaci che si sono ritirati entro le mura mentre i francesi hanno raggiunto il loro campo. Un regime di tregua,  come ci ha spiegato la sentinella che abbiamo incontrato nei pressi del Bar, che é sito all’angolo del porto, e che stava armeggiando con il telefonino, che  ha riportato i soldati di entrambe le parti in libera uscita per la città mentre nei campi alla luce dei bivacchi si è cantato fino ad ora tarda. Battaglia che è stata ripresa nelle prime ore di stamani con il piazzamento delle batterie dei francesi che proseguirà con i duelli d’artiglieria nel pomeriggio e intervento di una lancia austriaca a remi dotata di cannoncino che appoggia le truppe dall’acqua ( fossato). Il tentativo dei francesi di forzare la porta verrà respinto dagli austriaci.

Quindi, un revival di quanto storicamente avvenne il 16 gennaio 1801 ( 26 nevoso anno IX) quando appunto a chiudere la battaglia e sospendere “l’impeto della guerra nell’imminenza del suo scatenarsi attorno alla fortezza” arrivò l’armistizio di Treviso. Presenti alla rievocazione storica, promossa dalla Pro loco in collaborazione con il centro di documentazione storica la Fortezza, e realizzata con l’intervento dell’Associazione Storica Vivente di Milano e del Comitato di coordinamento dei Gruppi di ricostruzione storica militare italiani, anche replicanti di alcuni gruppi italiani in divisa austriaca e piemontese, nonché francese e cisalpina.

Nelle edicole della cittadina, facevano bella mostra e ristampate per l’occasione anche due stampe d’epoca dell’assedio, il giornale storico e un annullo postale relativo all’evento.

 Vi erano molti escursionisti, richiamati dall’insolito evento, e fra questi anche alcuni Campitellesi, che abbiamo assistito  alla sfilata di alcuni reparti per le vie della cittadina Rivierasca e allo svolgimento della vita militare all’interno di un piccolo accampamento, fuori delle mura.

Noi escursionisti, ci siamo trovati così per caso fra quella folla che assisteva a tale rievocazione storica, non lo sapevamo neppure. Ci siamo fermati nella Piazzetta antistante il Porto, soltanto per degustare una buona tazza di caffè, nel Bar Centrale, in attesa dell’imbarco .

L’imbarco.

Sulla Banchina del Porto, era in attesa la vetusta nave G. Zanardelli, che fu varata nei Cantieri di Peschiera nel 1903. Questa nave, come  la sua gemella “ Italia”, hanno una storia particolare. Nel periodo della Grande Guerra 15/18, sono state assegnate alla CRI e trasformate in  Ospedale Militare galleggiante. Originariamente sono nate  come navi a vapore e, successivamente sono state trasformate e dotati di motore Diesel. Quello che abbiamo notato, è che non sono munite dall’elica, ma da due ruote laterali, come i famosi battelli fluviali del Mississippi, che il cinema americano ci ha fatto vedere in tanti film, che raccontano la storia dell’America.

La G. Zanardelli, non è un battello qualsiasi, ma è un’opera d’arte galleggiante  che rispecchia l’arte Liberty: detto di uno stile e di un gusto sviluppatosi tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, che ricercava in tutti i campi artistici linee morbide e raffinate, ispirate a quelle che formano piante e fiori; detto anche stile floreale.

I BERRETTINI VERDI.

Per le strade della cittadina Rivierasca, sulla panchina e sulla tolda dell’imbarcazione, la squadra escursionistica dei campitellesi si distingueva dagli altri turisti, per il loro copricapo di colore verde, che la capogruppo, signora Cesarina Mischieri, aveva distribuito appena scesi dal torpedone. La folla dei vacanzieri ci guardava incuriositi e, per un momento, ci aveva scambiato per affiliati al movimento politico di Bossi, ma  appena letto la scritta sopra la visiera - Ente Valle  Campitello - sono ritornati ad assumere l’atteggiamento di sempre, di una folla anonima e indifferente che incontriamo tutti i giorni, specialmente nelle grandi città.

Mentre ci avviavamo verso il molo, una signora bionda di bell’aspetto, che camminava al nostro fianco, ci ha chiesto: “ Voi con il cappellino verde  appartenente a quelli del Carroccio?” No, signora, veniamo da Mantova. “Allora non siete del partito di Bossi?”  No, signora, siamo del partito della pagnotta. La signora si è scusata, ha sorriso ed ha proseguito oltre.

Siamo sul ponte del battello che sta costeggiando le sponde placide  di questo meraviglioso lago, un lago che tutto il mondo ci invidia, per la sua meravigliosa bellezza. La giornata è meravigliosa e i numerosi escursionisti sono entusiasti di trascorrere una giornata diversa, una giornata serena, ammirando le bellezze paesaggistiche di questi luoghi incantevoli. La maggior parte degli escursionisti che fanno parte del nostro gruppo di Campitello, capeggiati dalla signora Cesarina Mischieri,  è salita per la prima volta su di un battello, e molti altri hanno scoperto il grande Lago, ma come tutte le cose, c’è sempre una prima volta. Incominciamo col dire che questi luoghi: definiti luoghi da favola, sono stati celebrati da poeti,  scrittori e pittori.

 Il Lago di Garda, è un comprensorio unico al mondo sotto il profilo naturalistico, storico ed artistico. Al turista offre bellezze sempre nuove da  scoprire: paesi dal fascino antico e moderni centri di fama internazionale. La varietà delle sue sponde, la ricchezza della vegetazione, il clima, le molteplici testimonianze di una civiltà passata - tutta la zona del Garda è disseminata da monumenti insigni da vedere e da godere - e poi c’è la cordialità della sua gente, fanno di questo Lago, oltre che un’isola mediterranea nota in tutto il mondo: un'isola felice.

Leggiamo in una pubblicazione  specializzata alcune notizie molto interessanti, che delineano la natura di questi luoghi. Prima di tutto, c’è l’azione moderatrice della grande massa d’acqua che determina una temperatura media assai felice che è di 10 - 11 gradi. Noi che viviamo nella grande Valle Padana, non siamo abituati a queste bellezze e soprattutto a questo clima, ma  a convivere con la nebbia insidiosa per moltissimi mesi all’anno, tanto che qualcuno ha scritto che i padani, la nebbia ce l’hanno inserita persino nel loro DNA, mentre sulle sponde di questo Lago rare sono appunto le formazioni nebbiose. La minor piovosità si registra d’inverno, la massima nel mese di ottobre.

 In questa nostra escursione, fra l’altro, abbiamo constatato che il clima mite favorisce una vegetazione varia che conferisce alle sponde un aspetto tipicamente mediterraneo. Tutto questo, per noi non è una novità e neppure la prima volta  che facciamo questo viaggio lacustre  a bordo di una nave da crociera come questa, ma ci siamo stati altre volte e potremmo dire che conosciamo ogni approdo ed ogni villaggio che sorge sulle rive del Lago. Ogni volta che saliamo sul ponte di un battello e ammiriamo il suo stupendo paesaggio, ci sembra sempre la prima volta, perché c’è sempre qualche cosa da riscoprire. Quello che ci fanno ricordare la Costa Viola e le coste della Old Calabria, sono appunto i pendii che sono dominati dal verde argento degli ulivi, ai quali fan contrasto il verde cupo dei cipressi che svettano sulle colline, segnando il ritmo dei fondali. Queste piante chiassose, alte e affusolate che cercano di bucare il cielo, mancano nella vegetazione della mia bella e vecchia Calabria. Noi da quelle parti, siamo abituati di vederle soltanto nei lunghi viali delle vecchie ville medioevali o lungo i viali  dei  cimiteri, forse perché danno un senso di  mestizia per chi entra  e di pace per chi riposa nell’eterno sonno. Queste bellissime piante dalle foglie di un verde cupo, oltre che nel Garda, li troviamo nella verde e meravigliosa Toscana , che  delimitano i casolari  e ingentiliscono i crinali delle colline. Fra le specie tipiche dei climi caldo asciutti: troviamo l’Agave americana, la Yucca della California, le culture di agrumi e i famosi limoni del Garda, di Limone, Riva e Campione. Come abbiamo avuto modo di constatare anche in altre occasioni, questi ultime coltivazioni, sono all’origine di un decadimento visibile anche all’occhio del turista più frettoloso; lo testimonia la geometria dei piloni vuoti che soprattutto si possono scorgere da Maderno a Riva.

E’ confermata  quasi  ovunque la presenza della macchia mediterranea e anche della presenza di altre piante: l’alloro, il leccio, il rosmarino, la filirea, l’alaterno; per non dire dalla ginestra, dell’oleandro, e di cento e cento  specie di fiori che ornano le distese dei giardini e delle meravigliose ville situate su tutte le sponde del dolce Lago. Sulle sponde a sud e ad oriente del Lago, abbiamo ammirato gli interminabili filari di vigneti che costituiscono un pregevole motivo paesaggistico, testimoniano un’attività antica. Da sempre si è saputo che i vini gardesani sono squisiti e rinomati. Anche Plinio il vecchio, come del resto fecero altri scrittori Romani, scrissero pagine memorabili sulla bontà di questo nettare, che lo definirono il “nettare degli dei”.

Siamo sempre sulla tolda del battello ad osservare le bellezze di questo meraviglioso lago e dei suoi incantevoli paesaggi che si susseguono uno all’altro, ma ci viene spontanea la domanda: ma quale è stata la formazione di questo bacino? Questa domanda  ci è stata posta  dall’amico Pierino Ghizzi, mentre eravamo seduti nella sala da pranzo del battello e aspettavamo che ci venisse servito il pranzo, e con parole nostre, come del resto facciamo sempre, abbiamo cercato di esaudire la sua curiosità dicendogli:

 “ Caro Pierino, come tu sai, la branca della geografia e della geologia che studiano questi fenomeni, ci vengono in aiuto e ci dicono che la formazione di questo immenso bacino si fa risalire all’epoca dei grandi sommovimenti epirici da cui ebbero origine le Alpi e le Dolomiti. Nel Pliocene una grande massa di calcari del monte Baldo sprofondò, creando un enorme solco, successivamente ampliato, all’inizio dell’epoca quaternaria, dai ghiacci, i quali conferirono ai bordi -  soprattutto nell’alta sponda occidentale -  l’aspetto di fiordi e depositarono a sud un’enorme massa di detriti costituendo il più vasto anfiteatro morenico italiano, ritmata da serie di pittoreschi festoni collinari.

Da un studio informativo  del comprensorio gardesano , apprendiamo che il “Lago di Garda si trova a 65 metri sul livello del mare; ha una lunghezza, da Riva a Peschiera, di 51,600 km; ha una larghezza massima di 17,200; il perimetro è di 155 km.; la superficie di 389,98 kmq; la profondità massima (tra Muslone e Castelletto di Brenzone) è di m.346; la profondità media è di m.135”.

Tu, Pierino carissimo, che come vedo, in geografia e geologia non sei molto approfondito, ma non ti avvilire: non sei solo. Ti dirò, che il principale immissario del nostro meraviglioso lago, è il Sarca che uscendo presso Peschiera prende il nome di Mincio. Un scolmatore artificiale, a nord del lago, presso Torbole, convoglia nel Garda l’acqua del’Adige durante i periodi di piena. Le acque del  lago sono alimentate anche da numerosi torrenti oltre che da sorgenti sotterranee.

IL MINCIO.

Oh, si, pronunciando il nome di questo Fiume, ci rammentano bellissimi versi di Virgilio Marone, figlio prediletto della Val Padana, grandissimo poeta latino e padre delle Eneide . Grande fu la fortuna di Virgilio, specie nel Medioevo, che  gli attribuì doti di mago e di profeta, e ne fece, con Dante, il simbolo dell’umana saggezza. Egli  dedicò moltissimi versi e scritti  alla sua città natale: alla bella  Mantova.  Il Mincio, oltre che Virgilio, ci rammenta il Santuario delle Grazie e la nostra Mantova: un profilo basso, allungato, solo segnato dall’elevarsi d’alcune torri che si rinserrano quasi a protezione dell’alta cupola centrale che tutto domina; non colori bellissimi, ulivi argentati , agrumi e fiori di zagara come quelli che germogliano e fioriscono  nel Garda che colpiscono il  turista: un sottil velo di vapore ricopre tutto il panorama ed attenua e smorza ogni vivacità di tinta; il grigio domina su tutto, ma un grigio fatto di chiarezza, di trasparenza; la diresti una città d’argento. Un profilo  basso, allungato, appoggiato su di un tappeto di tenere canne il cui verde subito sfuma in giallo mollemente aurato, tappeto cui fan corona l’acque del Mincio che talvolta nel colore si rammentano d’essere state Garda, ma che più spesso hanno la mutevole luce dell’acciaio. Visione eminentemente virgiliana; e se volgi lo sguardo a mezzogiorno, e di là del ponte ferroviario vedi alzarsi timidi svettando per l’aria i primi pioppi del locus Virgilianus creatovi nel bimillenario di sua nascita,  vai ripensando i versi del grande poeta:

“......primus Indumeas referam tibi. Mantua, palmas

Et viridi in campo templum de marmore ponam

Propter acquam, tardis ingens ubi flexibus errat

Mincius, et tenera praetexit haurundine ripas”.

Lasciamo questi ricordi che ci colpiscono da vicino, perché parlano al cuore di ogni mantovano, ma noi oggi non siamo qui per parlare di Mantova, ma del Lago più bello del mondo: del Lago di Garda.

Il battello scivola lentamente sulle placide acque e il nostro sguardo non sa su  dove posarsi, che cosa guardare per primo. Siamo confusi di tanta bellezza e tanto splendore, tanto che gli occhi dei nostri amici campitellesi, splendono anch'essi di gioia, come del resto questa gioia è negli occhi di tutti gli escursionisti.

Dopo Peschiera, i villaggi sulla sponda destra si susseguono uno dopo l’altro, per primo ammiriamo Lazise: un pittoresco borgo ancora oggi circondato da antiche mura scaligere con torri merlate. Lazise che custodisce tanti ricordi del suo passato medioevale è ora meta di numerosi turisti attratti dal caratteristico borgo, che per la sua amena posizione è tra le località più belle del Lago. Subito dopo si presenta nella sua meravigliosa bellezza Bardolino, che è situato in una splendida posizione ai piedi di colline coperte di frutteti, ulivi e di estesi vigneti che producono vini rinomatissimi. La posizione aperta, il clima assai mite con le sue piccole spiaggette e le vele colorate che solcano il dolce lago.

Dopo poco  un’ora di navigazione, ecco di fronte a noi il magnifico golfo di Garda, dalle rive ampiamente arcuate è protetto a nord dalle pendici del Baldo, a sud dalla Rocca ed a est da basse alture moreniche. E’ un polmone di verde e di oliveti che nascondono ville favolose, mentre a tratti si vede la Gardesana che collega l’abitato con Punta S. Vigilio, una fra le più romantiche e celebrate località del Lago, meta frequentatissima, in ogni stagione, di turisti italiani e stranieri. Alla vista dell’antica chiesetta, situata proprio sull’estremità della Punta, ho tratto dalla tasca il blocchetto  e con mano tremante, per l’ennesima volta ho abbozzato un piccolo schizzo: un piccolo disegno appena accennato con poche linee a rapidi tratti preparatori per un eventuale  acquerello. Non potevo esimermi, quella visione mi aveva colpito ancora una volta, come del resto mi capita tutte le volte che ammiro quell’angolo meraviglioso di pace e di serenità.

Della cittadina di Garda, potremmo parlare a lungo, ma non siamo qui per scrivere un trattato di storia di questo paese, prima di tutto non ne siamo capaci, e poi non siamo storici o scrittori o studiosi di storia, ma semplice appassionati  della storiografia  del nostro meraviglioso Paese. Dalle nostre reminiscenze scolastiche, possiamo dire che  nella zona di Garda, vi sono tracce di insediamenti preistorici del periodo neolitico che sono state rinvenute nella Rocca. A testimonianza degli antichi abitanti di queste zone, vi sono anche incisioni rupestri rinvenute sopra S. Vigilio, che alcuni anni fa abbiamo visitato ed ammirato molto.

 Pagus Romano assunse grande importanza nel Medio Evo per il suo Castello, dopo che Carlo Magno lo elevò nel  768 a Contea. Da quel periodo Garda dà nome al Lago, precedentemente chiamato Benaco. La leggenda vuole che le nozze della prima delle regine barbara  del Carducci, Teodolinda, siano  avvenute qui. Nel 950 le regina Adelaide di Borgogna (altra regina barbara del Carducci) vedova di Lotorio, fu tenuta prigioniera nella Rocca da Berengario II; fuggita, grazie all’aiuto, dice la leggenda, da un pescatore e da un fraticello, si rifugiò a Canossa, sposando nella notte di Natale del 951 Ottone I di Germania, che condannò all’esilio Berengario. Sfogliando il vecchio libro della storia d’Italia, troviamo che Turisendo, feudatario della Gardesana: rinchiuso nella Rocca resistette per un anno (1162 -1163) all’assedio strettogli dal Barbarossa. La memorabile resistenza è ricordata anche dal Muratore: “ non restò città dell’Italia, di qua da Roma; che non piegasse il collo sotto i piedi del formidabile Augusto, a riserva della Rocca di Garda”. Le vicende della Rocca sono poi legate a quelle di Ottone di Wittesbach, fondatore della Casa di Baviesa ed al Vescovo Alberto di Trento, sino al 1209, quando Ottone IV, toltala al Comune la demolì. Tracce importanti lasciò il dominio della Repubblica veneta. Nel 1452 la Corporazione degli Antichi Originari acquistò, pagando 3075 ducati d’oro, i diritti di pesca; per pagare quella somma le donne si privarono dei loro gioielli. Rivivendo la storia del nostro passato prossimo, troviamo che non solo le donne di Garda si privarono dei loro gioielli, ma anche le nostre madri, dando alla Patria la loro fede nuziale.

 Storia e leggende di Garda sono state riassunte in celebri versi dal poeta Carducci.

Subito dopo la Punta S. Vigilio, ecco il borgo medioevale di Torri Del Benaco, un borgo fra i più caratteristici della riviera degli ulivi, posto ai piedi del monte Baldo - (meta delle nostre continue escursioni con gli amici del CAI di Mantova) - posto in una zona incantevole fra pini, oliveti e cedraie. Questo borgo antico, oltre  ad essere collegato con Riva del Garda, è collegato con Maderno, sulla sponda occidentale del Lago, con un servizio di traghetto per persone ed autovetture, che in passato, con Adriana mia moglie, abbiamo attraversato e ci siamo fermati  per una breve vacanza, una vacanza molto particolare, una vacanza celebrativa di una dolce ricorrenza.

La storia ci racconta che il borgo antico di Torri Del Benaco, i romani lo chiamarono “ Castrum Turrium” per le sue numerose torri. Nel Medio Evo, questo Borgo ebbe particolare importanza. Fu infatti capoluogo della “Gardesana del Lago” e sede del Consiglio generale, prima che tale Consiglio passasse a Garda. Stando seduti comodamente sulla tolda del battello, si possono ammirare i resti della castra romana che si trovano di fronte al porto e in Piazza della chiesa dove Berengario nel 1009, datò da Torri sei diplomi regi. Antonio della Scala fece ricostruire nel 1383 il grande maniero , di cui sopravvivono tre torri , fra cui una  romana, con altri interessanti resti.

Il viaggio  è proseguito in allegria e ammirazione da parte delle persone che componevano il gruppo dei campitellesi, che si crogiolavano al sole sedute sulle panchine. Il tempo passava così veloce, tanto che non facevi in tempo a memorizzare un paesaggio che un altro si presentava al nostro sguardo.  Meno male che c’era il capitano, che dalla sua cabina di comando, ci annunciava il prossimo approdo e nel fra tempo ci raccontava la storia dei luoghi.

Ecco Malcesine, bella più che mai, ci è apparsa illuminata da un raggio di sole appena spuntato da dietro una nuvola biancastra. La  sua  alta torre merlata, dominava il paese raccolto ai suoi piedi, mentre il suo piccolo golfo era punteggiato da affusolati ed alti cipressi. Anche questo Borgo, come gli altri paesi Rivieraschi che abbiamo superato, ha la sua storia. L’etimologia non è molto semplice a spiegarla: c’è chi vorrebbe che Malcesine sia derivato da Melissineum ( seno del miele), chi da Malcesine (luogo fortemente collocato). Certo è che nell’antichità Malcesine fu luogo fortificato, difeso da possente Rocca. La popolazione godette, in varie epoche, di autonomia: il vescovo di Verona, dopo il Mille, le riconobbe vari diritti e così Papa Eugenio III che permise agli abitanti di usare monete e misure proprie. Ma come apprendiamo, la storia di Malcesine è particolarmente legata alla dominazione Scaligera. Fu nel XII secolo che prese forma, su uno sperone a picco sulle acque in posizione panoramica. Se il turista fa attenzione, tutto questo lo può rilevare dalla posizione del castello che è appunto costruito su di uno spuntone di roccia, proprio a picco sulle acque del Lago. ( In passato, anche questo castello, come tante altre località della Riviera, fu motivo di studio, infatti, abbiamo dipinto diversi quadretti estemporanei, che poi nei brevi ritagli  di tempo che la nostra attività ci consentiva, ci cimentavamo con gli oli e le tele per dare corpo e consistenza a quei paesaggi, agli scorci di natura che ci hanno impressionato in occasione di un viaggio durante le  escursioni  domenicali). Rimanendo  nell’arte e nella letteratura, apprendiamo inoltre che nel tempo Malcesine ha ospitato vari personaggi illustri, a cominciare da Goethe che, passate le Alpi, iniziò il suo viaggio in Italia dal Lago di Garda. La mattina del 13 settembre 1786, il poeta visitò Malcesine ed in particolare il castello. Colpito dalla bellezza del maniero tracciò uno schizzo su un foglio. Il poeta attirò l’attenzione della gente che pensò ad una spia. Sembra che Goethe faticò non poco a dimostrare la sua identità. Il passaggio del poeta è oggi ricordato da un busto  e varie lapidi, fra cui una murata nella locanda comunale, subito a ridosso al Municipio, dove soggiornò. Quella lapide l’abbiamo letta anche noi in un’altra occasione.

Man mano che il vaporetto si avvicinava verso Riva, il fiordo si andava ristringendo sempre più,  andando a chiudere il cerchio nel piccolo porto tra Torbolele - Nago e Riva. subito a ridosso al Municipio, dove soggiornò. Quella lapide l’abbiamo lettaTorbole - Nago e Riva. Appena sbarcati nella suggestiva Piazza, con al centro la sua alta Torre di granito, il sole era nel suo massimo culmine ed il caldo si faceva sentire. I passeggeri appena sbarcati, si sono diretti verso i portici trecenteschi costruiti da Guglielmo de Frissoni da Como, per trovare un poco di frescura, ma subito dopo la marea umana ha raggiunto il polmone verde dei giardini. Alcuni si sono  rinfrescati con un buon gelato alla frutta, mentre altri con una dolce e fresca fetta di anguria.

 Sorpresa: Il gruppo degli anziani hanno scoperto uno di quei tipici trenini che portano a spasso gli anziani e i bambini. La signora Cesarina, ci ha proposto una mini passeggiata nella frescura attraverso l’ampio  ed ombreggiato giardino, per evadere dalla realtà con la fantasia e anche e soprattutto dalla calura.

POESIA

Tour

Amici coraggio / Sono sfiorite le rose di maggio, /adesso aspettiamo agosto /per andare /in nessun posto.

Tra poco / andiamo   su quel  trenino,/ dove ogni adulto diventerà un allegro bambino./ Troverà la gioia infinita,/ perché questa è la metamorfosi della vita. / Pensieri di oggi e di ieri. /Vivere dentro un paesaggio di alberi , di acqua e  di cieli.

Scende la sera, e il sole calando calando dall’alto del cielo presto si tufferà  dietro le colline moreniche di Desenzano e i suoi riflessi si poseranno sulle lucide onde del lago quasi addormentato. Ecco che lo sciame amante dei fiori, già sazio di dolce timo, rientra operoso ai bugni sapidi di miele: ma tutt'intorno, con quei rumori misti e confusi dei fori bordo, delle barche  e dei vaporetti, accompagnano i turisti  verso l’approdo. Il nostro vaporetto si è fermato nella baia di Garda, per fare scendere alcuni turisti, per poi proseguire per il porto di Peschiera. All’imprpvviso, come se fosse un meraviglioso delfino illuminato dal sole, è emerso dalle onde del lago impreziosite dai colori stupendi del tramonto: un motoscafo veloce si è messo a fare una serie di evoluzioni su se stesso e a torno al nostro battello, che con cambio di velocità e di direzione si e messo a girare a torno come impazzito. Quello era un  segno di saluto. A bordo vi erano due persone di bella presenza, che con enfasi e in modo vivace,  appassionati di esprimere con quel turisti, per poi proseguire  per il porto di Peschiera. All’improvviso, come se gesto un saluto e un sentimento o un’idea  che, in questi casi, si vuol  mettere in particolare evidenza.

Le loro mani  accennavano un segno di saluto,  che potevano significare un arrivederci a presto. Ma chi erano quelle persone che salutavano dal motoscafo con tanto calore? Mistero: non lo sappiamo  e  neppure vogliamo indagare oltre. Ai misteri dell’animo umano e a quelli della natura, aggiungiamo anche questo enigma e lasciamo agli eventuali lettori questa piccola realtà da indovinare.

 AVANTI CLICK