Per
giungere fin quassù in questa valle sperduta fra le montagne è stata una
esperienza bellissima, specialmente in questo periodo estivo, che è tutto verde
e lussureggiante. Questa cittadina preromana che è immersa fra montagne e
colline di castagneti, faggeti e piante di vario tipo, abbiamo attraversato
tutta la Val Padana, partendo dalla brumosa e bellissima campagna
mantovana,
toccando la periferia di Crema e la campagna cremasca, dove sorgono il
borgo di Bagnolo Cremasco, Vaiano Cremasco e verso Nord Treviglio e Caravaggio,
tutti luoghi a noi noti, che ci videro, molti anni fa, quale comandante di
quelle stazioni carabinieri. Abbiamo costeggiato, si fa per dire,
dell'hinterland milanese,
con le sue immense pianure, il mare d’erba ondeggiante ad ogni alito di
vento, di manzoniana memoria. Ovunque, abbiamo visto una Val Padana
bellissima e ricca di messe; campi di grano maturo che brillava sotto i
primi raggi del sole di giugno. E’ veramente un paradiso terrestre, con i suoi
infiniti filari
di pioppi e campi coltivati a granoturco e a cereali. Superato la grande
Milano, abbiamo raggiunti i campi specchianti delle risaie, con le sue
caratteristiche cascine e più oltre le colline verde della Val Sesia.
Eccoci,
dopo un lungo ma piacevole viaggio alle porte di Varallo, anticamente Varale o
Varade, è situata ai piedi del Monte Rosa, al centro della Valsesia, a metri
450 sul livello del mare, e conta 7600 abitanti.
Parlando
di Varallo Sesia, come ci accingiamo
di fare, il nostro pensiero corre immediatamente al Sacro Monte, che
osserviamo con una certa curiosità e anche con un certo rispetto dal centro di
Varallo: Esso si
eleva maestoso
verso il cielo sopra quella rupe immersa nel verde dei boschi. E’ un
monumento dove l’arte e la fede strette in un indissolubile connubio
tramandano l’originalità dell’opera al visitatore.
Questo
meraviglioso complesso si estende per un ampio spazio immerso nel verde della
natura aspra e selvaggia, costituito da anni in riserva naturale. Prima di
salire su quella rupe che sa di santità e di rispetto, abbiamo voluto visitare
il centro storico di Varallo. Ma basta girare nel vecchio borgo per capire i
segreti più nascosti di Varallo: sono le piccole piazzette, le vie strette, i
bassi archivolti, le facciate delle case, i loggiati, tutti quei particolari,
che solo l’occhio tecnologico dell’obiettivo della cinepresa o della
macchina fotografica sanno fissare sulla pellicola. Ma, fino ad oggi, ritengo di
avere ancora una
mente lucida, che potrei definire fotografica ed è sufficiente osservare
una cosa, un
particolare o una visione, perché rimanga impressa dentro di me. Ecco perché
non mi servo quasi mai di questo strumento
tecnologico molto importante, per documentare le cose.
Ritornando
al borgo antico di Varallo, possiamo dire che la sua fondazione risale a età
remotissima, probabilmente preromana. Posta al centro della valle, Varallo
divenne naturalmente il capoluogo di tutta la Valsesia. E’ sede di numerosi
monumenti d’arte e di fede di pregevolissima fattura, a partire dalla Chiesa
di san Marco affrescata da Giulio Cesare Luini intorno al 1562. Di grande
rilevanza è poi la Chiesa di Santa Maria delle Grazie in cui è custodito il
vero gioiello dell’arte del ‘500: la parete affrescata da Gaudenzio Ferrari
nella quale sono rappresentate in 21 quadri la nascita, la vita e la morte
del Redentore con soluzioni cromatiche e plastiche di grandissima
importanza.
L’ORO
TRA I MONTI.
Incominciamo
col dire che Varallo è sovrastata dal Sacro Monte fondato dal frate francescano
Bernardino Caimi alla fine del 1400. In questo luogo ove altra gente avrebbe
costruito un castello o un borgo fortificato per difesa, come hanno fatto i
Savoia nella vicina Valle d’Aosta, i valasesiani hanno creato la loro massima
espressione artistica e religiosa: il Sacro Monte di Varallo.
Concepito
come una “nuova Gerusalemme”, come abbiamo detto sopra, venne ideato da
Padre Bernardino Caimi e costruito grazie all’opera dei maggiori artisti
valsesiani. L’ideale città sacra, si compone di 50 cappelle che riproducono,
con dipinti e statue a grandezza naturale, la Passione e morte di Gesù Cristo.
La storia di questo Sacro luogo, ci è stato illustrata, con profusione di
particolari dalla
nostra guida, signora Giulia di Varallo: una signora non più giovane, piccola e
minuta di statura, ma molto preparata nell’illustrare quei luoghi che sanno di
santità, ma che a volte, raramente, si rendeva anche simpatica. Ella parlava,
parlava continuamente con una certa enfasi, in modo vivace e appassionato di
esprimere tutte le sue conoscenze che si vogliono mettere in particolare
evidenza. Sembrava una bambina che recitava a memoria la sua prima poesia di
natale. Alla fine della sua esposizione chiara, ordinata e concisa, le abbiamo
chiesto se ci dicesse anche il suo cognome, ma era
alquanto riservata e non
lo ha ritenuto opportuno rivelarlo. Tutto ciò, per noi, non ha
alcuna importanza, era solo per completare
la sua presentazione. Dopo questo inciso, ritorniamo a Padre Bernardino,
che al ritorno della Terra Santa, si propose di ricostruire e rievocare i luoghi
santi, ripercorrendo le varie fasi della vita del Salvatore. L’intero
complesso, costituito da cappelle votive, in parte affrescate e in parte
popolate di statue, lignee , di gesso, di terracotta o di cartapesta alla cui
realizzazione hanno lavorato artisti della fama di Gaudenzio Ferrari, del
Tabacchetti, del Tanzio da Varallo e degli altri fratelli d’Enrico.
Varallo,
capoluogo storico e culturale della valle, merita, oltre al Sacro
Monte, la conoscenza del suo caratteristico impianto urbanistico
settecentesco, all’interno del quale sono custoditi gli altri gioielli
artistici, quali la scenografica Collegiata di S. Gaudenzio e il Palazzo dei
Musei che ospita la ricca Pinacoteca e il Museo Calderini di Scienze Naturali.
L’interno della Chiesa di Santa Maria delle Grazie è dominata dalla stupenda
Parete Gaudenziana, con il ciclo di affreschi sulla vita e passione di Cristo,
capolavoro di Gaudenzi Ferrari.
L'AMBIENTE
Abbiamo
constatato che il Sacro Monte è stato edificato su di una soglia rocciosa,
posta alle pendici del Monte Tre Croci sulla sinistra idrografica del Fiume
Sesia allo sbocco della Valle Mastallone: Questo terrazzo naturale, che
rappresenta l’antico livello del fondo vallivo, successivamente inciso dai
ghiacciai quaternari e dalle acque del sesia, è posto a 600 metri di quota e
sovrasta il centro storico di Varallo (450 metri sul livello del mare) . Esso è
un balcone panoramico da dove si domina tutta la bassa valle Sesia fino al Monte
Fenera, e, verso nord / ovest, parte del tratto intermedio con, sullo sfondo il
Monte Rosa. E’ stato un vero peccato non poterlo ammirare nella sua splendida
bellezza. Tutto ciò non è dipeso da noi, ma dalla nuvolaglia biancastra che lo
copriva.
Per
raggiungere il santuario, a bordo del nostro torpedone, abbiamo percorso una
strada carrozzabile; una strada stretta, tortuosa e con
tanti tornanti, che sale quasi ripida verso la meta. Una piccola squadra
che componeva il nostro gruppo, ha preferito raggiungere il Sacro Monte a piedi.
E’ stata un’ottima idea per sgranchirsi le gambe dopo un lungo viaggio in
pullman. Avrei preferito anch’io salire a piedi fin lassù, ma ho voluto
visitare il vecchio borgo di Varallo. Essi, hanno percorso un piccolo sentiero a
gradoni attraverso i boschi di castagni e faggete, che in poco tempo gli ha
consentito di raggiungere alla “ Nuova Gerusalemme”, permettendogli di
ammirare un meraviglioso paesaggio.
Apprendiamo
che un tempo erano state ampiamente diffuse le culture a terrazzi ( orti e
frutteti, vigneti che, per l’abbandono sono ora occupate da boscaglie di
invasione con robinia, latifoglie e noccioli. Castagneti da frutto crescono
ancora sui terreni più fertili; cedui di rovere e roverella con sorbo montano,
bagolaro, brugo su
quelli più poveri e rocciosi. Tiglio, frassino, ciliegio, acero di
monte, carpino bianco, variamente mescolati costituiscono la struttura dei
boschi originali. Quelli, specialmente che germogliano attorno al Santuario,
oltre ad un po' di pace danno riposo e frescura. La nostra comitiva, alla fine
dell’escursione alle innumerevoli cappelle, ha approfittato
per riposare le loro membra stanchi e ripararsi dalla calura, si, perché,
è stata una giornata caldissima anche sopra il Sacro Monte.
IL VERDE- IL ROSA- L'ORO
Varallo
si è presentata al nostro sguardo come una cittadina quieta e suggestiva che
alterna scorci medioevali soprattutto nel vecchio centro, nelle contrade di via
Alberganti, via Avelli, via G. Ferrari, via Orgiazzi. I nomi di queste contrade
li abbiamo elencate una ad una sul nostro taccuino di viaggio, perché non
volevamo dimenticare nulla di questo simpatico borgo medioevale. Le sue strade,
il grigio dei vecchi edifici e delle case, i suoi vicoli e vicoletti e le basse
colline verdi, ci ricordavano moltissimo i borghi marinari della nostra
meravigliosa Liguria, soltanto che a Varallo non c’è il mare, ma
ci sono le montagne che si specchiano nel suo tranquillo fiume,
nell’ombra dei boschi, nei muschi, nei prati. Quello è un verde naturale, a
volte fin troppo ostentato, come lo ha
definito Adriana mia moglie, mentre noi aggiungiamo, che è un verde che
si coglie appieno sia salendo la valle principale, che la Valsesia, la val
Mastellone, la val Sermenza, la valle di Valduggia e di Cellio.
ROSA...
E’ IL MONTE.
Rosa
è il nome del Monte, ma di rosa si riempie il cielo
nei tramonti d'inverno e di rosa riverberano le tracce degli sci sulle
alte nevi d’estate.
“L’oro
che per cinque secoli si è cercato nelle miniere di Alagna, oggi si trova nelle
anime della gente valsesiana, con la sua storia, l’arte, il folkore. Dorati
sono i riflessi che il sole pomeridiano rimanda dai mosaici sulla facciata della
Basilica al Sacro Monte. Dorati sono gli altari di un barocco fiorito e
realizzati da generazioni intere di artisti valsesiani, dorati sono in puncetti
lavorati dalle donne valsesiane, ma dorati dal tempo sono anche gli antichi
legni delle case walser nell’alta valle.
L’uomo
e la natura quindi; eterno confronto di ogni terra. Ma che il Valsesia ha
trovato un compromesso impagabile, e noi padani, si, perché anch’io
che vivo in questa terra da
moltissimi anni, mi considero ormai un padano, siamo saliti fin quassù,
in questo nostro pellegrinaggio, per scoprire di persona tutte queste bellezze
che l’uomo e la natura ha creato, per tutta l’umanità.
NON
SOLO VERDE.
Valsesia:
é la valle più verde d’Italia. Per rendersi conto che questo non è solo uno
slogan fortunato è sufficiente percorrerla una volta sola, come abbiamo fatto
noi. Da Varallo ad Alagna, una serie infinita di quinte e costoni boscosi
preludono al Monte Rosa. E non un solo tornante interrompe la continuità della
strada che percorre agevolmente la valle, tenendosi a poca distanza dal fiume.
Quindi non solo la più verde, ma anche la più comoda per arrivare in
pochissimo tempo ed in ogni stagione ai piedi della seconda montagna d’Europa.
Buona
parte del merito è del lavoro, lento e possente, del grande ghiacciaio che
durante l’ultima glaciazione occupava tutta la valle fino alle porte di
Borgosesia.
La
Valsesia propriamente detta, comprende la valle principale, chiamata Val Grande,
la Val Sermenza, o Val Piccola, la Val Mastellone e una nutrita serie di vette
minori.
Parlare
della Val Sesia, ci induce a pensare al Monte Rosa, perché il massiccio del
Monte Rosa, che s’innalza lungo il principale spartiacque alpino al confine
tra l’Italia e la Svizzera a culmine a 4633 m. Nella Punta Dofour, deve il suo
nome non al colore che assume al crepuscolo, bensì al termine “Rosa”, che
deriva da “roises”, nome usato dagli antichi abitanti per indicare i
ghiacciai - corre la storia non solo alpinistica della montagna, dalle
immigrazioni Walser del VIII secolo, alla ricerca della “ Valle perduta” nel
1700, fino alla conquista, avvenuta nel 1842, della più alta punta valsesiana
da parte dell’allora parroco di Alagna, don Giovanni Gnifetti. Sulle nevi sono
rimasti i segni di passi regali, quelli di Margherita di Savoia, e di passi di
futuri papi, quelli di Mons. Achille Ratti, ma anche di tantissimi pionieri
dell’alpinismo.
Oggi
l’approccio al Monte Rosa è facilitato dalla funivia che da Alagna sale a
Punta Indren, a 3260 metri. In una delle vette maggiori del Rosa, la Punta
Gnifetti a 4559 metri; sorge, appunto, la Capanna Margherita, il rifugio alpino
più alto d’Europa, intitolato alla regina che volle raggiungere questa vetta;
La salita al rifugio si snoda in un ambiente glaciale non privo di insidie:
valide scuole di guide sono sorte in queste vallate proprio per accompagnare i
numerosi escursionisti a godere indimenticabili suggestioni alpine.
L’ORO
DEL PASSATO.
La
Civiltà Walser.
Un
altro tesoro, che la Valsesia condivide con le vicine vallate, è la
civiltà Walser.
Ai
piedi del Monte Rosa vive, da oltre 7 secoli, una comunità di lingua tedesca
originaria dell’alto Vallese, ma che qui ha gelosamente mantenuto una cultura
che si esprime nel linguaggio, nelle tradizioni e soprattutto nelle architetture
che fondono il sapiente uso del legno e della pietra con la capacità di
organizzazione sociale ed economica del territorio.
Ho
parlato con la nostra guida a lungo sulla civiltà dei Walser e su mirabili
villaggi di Alagna ed in particolare quelli di Otro, raggiungibili solamente a
piedi, con poco più di un’ora di ripido cammino. Ma anche in altre località,
in particolare modo a Rima e Rimella, è ancora possibile osservare le
testimonianze di una civiltà senza confini, certamente la più importante
dell’intero arco alpino.
In
fine, l’esperta, mi ha raccomandato, se un giorno dovessi andare in quei
luoghi di montagna, di non dimenticarmi di visitare due piccoli musei, ricavati
in antiche abitazioni, che possono maggiormente aiutarmi a conoscere i Walser; a
Pedemonte di Alagna, ben inserito nel villaggio e sapientemente ordinato e a
Rabernardo di Val Vogna, in panoramica posizione.
Nel
parlare del “ Rosa”, abbiamo
compreso chi sono i Walser. Sono uomini della montagna, che vivono
felicemente in questa meravigliosa Vallata del Sesia, dove noi oggi, in questa
giornata luminosa di giugno, dalla brumosa Valle Padana, siamo giunti fin quassù,
in quest’angolo di pace e meditazione , dove l’occhio può spaziare
all’infinito
in quest’orizzonte senza fine. Sicuramente, possiamo benissimo definire
questo luogo, un angolo del paradiso terrestre. In questa bellissima vallata il
tempo sembra che si sia fermato ai primi anni del Medioevo, ce lo testimoniano i
villaggi e i paesini ,
le chiese e le numerose cappelle sparse e barbicati sul Sacro Monte , e
poi, ci sono le caratteristiche case che presentano ancora costruzioni Walser (
basamento in pietra, massiccio uso del legno e ampi ballatoi). La storia ci
dice, che in questa vallata, abitarono
e abitano a tutt'oggi, uomini delle montagne diversi per cultura e lingua
del Walser. Questi
gruppi di montanari provenienti dal Vallese, si insediarono nelle valli Anzasca,
Sesia e di Grassoney. Era gente di lingua tedesca e svizzera in cerca di nuovi
pascoli che aveva oltrepassato con i suoi armenti impervi passi di montagna. I
Walser si fermarono nelle parti alte delle valli evitando per lungo tempo
contatti con le popolazioni locali. In questo modo si formarono numerose colonie
che sono sopravvissute nei secoli fino ai giorni nostri, conservando in parte i
tratti tradizionali della loro cultura. Tra le numerose borgate e paesini
barbicati sui pendii.
Bisogna ricordare uno degli esempi più tipici dell’architettura di
questi montanari, è Alagna Valsesia. Mi sembra, se non erro, che si trova anche
il Museo Walser, che raccoglie testimonianze dell’operosità e del carattere
originale della cultura di questa gente.
L’ORO
DELLA TRADIZIONE.
Artigianato,
costumi e tradizioni hanno casa a Borgosesia, nel Museo del Folklore Valsesiano
e a giugno trovano festa a Varallo, nella rassegna dei costumi valsesiani. Se
invece del 23 giugno, fossimo venuto il 24, cioè il giorno successivo, avremmo
assistito a questa bellissima festa. Forse è stato meglio così, perché con
quella confusione
che c’è in quei giorni di festa
a Varallo, non avremmo goduto della pace e della bellezza
dei luoghi. Potremmo dire che il centro storico era tutto per noi,
eravamo l’unico gruppo di turisti che si aggirava per le vie e viuzze del
borgo antico.
La
nostra accompagnatrice,
signora Tina, che vive a Campitello, ma che è nata
e cresciuta a Varallo, ci ha riferito che è una bellissima festa e che
un posto d’onore lo merita il “puncett”, antica arte delle trine e
dei pizzi, oggi rivalutata da apposite scuole e dal Muso del Puccetto di Fobello,
dove si possono ammirare anche gli “ scufogn” o “ scapini”, ovvero le
pantofole in stoffa.
Ma
la tradizione artistica valsesiana continua oggi anche con il ritorno della
tessitura a mano, della lavorazione e intaglio del legno e della pietra ollare:
si tratta di una varietà di pietra grigio - verdognola e facilmente sfaldabile,
usata per fabbricare vasi, pentole, oggetti ornamentali e anche il “
finto marmo” di Rima, tradizionale tecnica decorativa diffusa in tutta Europa
da artisti rimesi.
La cucina ripropone i piatti poveri come ingredienti, ma ricchi della fantasia innata dalla gente valsesiana: sono un esempio le “miacce”, semplici crespelle di farina, farcite poi a piacere con salse, marmellate o miele, naturalmente valsesiano. Un posto d’onore merita la “toma”, il tipico formaggio delle valli valsesiane, prodotto negli alpeggi e nei moderni caseifici. A questa festa dei Costumi Valsesiani, alla quale partecipano delegazioni dei numerosi comuni della vallata, con i tradizionali costumi del folclore locale, tipizzando anche le varie fasi della vita delle comunità. Una delle tradizioni più radicate della cultura varallese è il Carnevale che, retto dalle due maschere sovrane Marcantonio Carlaée e la Cecca, ripropone ogni anno una serie di appuntamenti tradizionali..
Salendo
fin quassù, abbiamo appreso
una pagina della storia del nostro meraviglioso Paese che ancora non
conoscevamo, ma soprattutto abbiamo ammirato
questi luoghi incantati, queste valli immerse nella natura aspra e
selvaggia e nello stesso tempo meravigliosa. Però, il motivo principale, é un
altro: siamo saliti fin quassù, per partecipare al mini pellegrinaggio della
“ Nuova Gerusalemme”, e anche per
trascorrere una giornata serena in questo luogo di fede, con gli amici
Campitellesi, alcuni dei quali hanno inteso festeggiare la loro festa,
la festa
della classe del 1936.
Ma
oggi, ricorre anche un’altra festa, ricorre il genetliaco del sottoscritto,
infatti, nel piccolo borgo aspromontano di Cosoleto, veniva alla luce un bambino
al quale hanno posto il nome di Diego. Del mio compleanno non ho fatto parola
con nessuno, abbiamo brindato in compagnia dell’autista, che ci ha fatto
l’onore di sedersi al nostro tavolo. I compleanni, secondo me, non andrebbero
mai festeggiati, perché ogni anno che passa è un pezzo della giovinezza che se
ne va, ma è anche vero che
“la giovinezza non è un dato anagrafico, è uno stato dell’anima, è
una condizione dello spirito”. Ci sono persone che sono ancora giovani
anagraficamente, ma sono vecchi dentro, perché non sono felici, non si sono
realizzati nella vita, ma tutto questo non fa
per me.
Pasolini
si accorse che erano sparite le lucciole; sono anni che non vedo partire o
arrivare le rondini. E’ stato subito domani e tutto è passato molto in
fretta.
presente
e del passato,
per vivere intensamente una giornate in armonia, senza preoccupazioni in
quel luogo meraviglioso, in quel luogo mistico. In questo contesto storico -
letterario, non ho
inteso citare nessuno di questi amici, perché voglio che ogni
partecipante si identifichi da solo e dirà, se qualche volta leggerà queste
modeste pagine, a Varallo Sesia, in quel luogo di pace, in quella vallata alpina
incontaminata e ricca di cultura e tradizione, c’ero anch’io.
La
nostra giornata si è conclusa con la celebrazione della Santa Messa vespertina,
ufficiata per noi mantovani, dal
Rettore
del Sacro Monte e nell’omelia, il sacerdote ha
inteso ricordare la bella Mantova, la Cattedrale di San Lorenzo, il
Palazzo Ducale e la stanza degli Sposi. Forse quelli, erano rimembranze lontani,
ricordi della sua giovinezza, oppure di quando era seminarista.
All’uscita
di quella meravigliosa
Chiesa, illuminata di quello splendido barocco fiorito, ancora una volta ho
voluto salutare, da quel balcone panoramico della grande rupe che abbraccia in
un solo sguardo il borgo antico e la meravigliosa valle con il fiume della vita
che scorreva luccicante come un grande serpente nella placida valle. Provai una
grande leggerezza d’animo e mi resi conto che il fiume e la grande catena
delle meravigliose montagne, con al centro il Monte Rosa che faceva capolino
da dietro una nuvola bianca, entrambi volevano vedermi sereno e
sorridente nel giorno del mio genetliaco.
Mi
sentivo leggero, con la mente lontana dal resto del mondo, in pace soprattutto
con me stesso e con tutta l’umanità lassù nella “ Nuova Gerusalemme”. Ad
un certo punto della mia contemplazione, sembrava che il fiume e la cerchia di
montagne mi dicessero:
“
Ama tutta la creazione di Dio, il tutto in ogni
Granello
si sabbia. Ama
ogni foglia, ogni
Raggio
della luce di Dio. Ama gli animali:
Dio
ha dato loro la vita. Non turbarli, non tormentarli,
Non
privarli della loro gioia.
E
il sole? Insistetti con il fiume.
“Il
sole illumina il giorno, scalda la terra e il cuore, matura i frutti, ma rimane
lontano nel cielo e noi lo possiamo osservare solo al tramonto; come pure il
Monte Rosa. Rosa è il nome della grande montagna che adesso è di fronte a te,
ma di rosa si riempie il cielo nei meravigliosi tramonti
in tutte le stagioni e di rosa riverberano le tracce
del passato e del presente: Uomini impavidi e coraggiosi lo hanno
percorso in lungo e in largo, per trovare un po' di pace, per trovare un po' di
loro stessi , come del resto hai fatto tu oggi, salendo sul Sacro Monte “.
L’uomo
e la natura quindi: eterno confronto di ogni terra.
IL
COMMIATO.
Noi,
cioè io e Adriana mia moglie,
ci riteniamo persone socievoli che cerchiamo e gradiamo la compagnia
degli altri, e per questi motivi partecipiamo alle varie escursioni. Siamo
amanti della montagna e della natura in particolare, ma non disdegniamo le gite
culturali, visitando città e borghi antichi come quello di Varallo Sesia.
Andiamo sempre alla ricerca del passato, laddove affondano le nostre radici
della fede. Come ha detto il Santo Padre Giovanni Paolo II, quando è salito sul
Sacro Monte: “ Come non ricordare il Sacro Monte di Varallo con le sue
molteplici ed ammirevoli cappelle risulta una meditazione esteticamente e
spiritualmente efficace, del mistero della Redenzione”.
Anche
questa volta, come è successo in
altre occasioni,
era mio desiderio di intrattenere gli amici Campitellesi, con un breve
discorso augurale, con una mia personale
riflessione
sull’amicizia e su quante verità vi sono in un sorriso o in una
stretta di mano .
Ma
dopo una attenta considerazione, ho compreso che non era opportuno disturbare la
comitiva, non volevo distoglierli dalla gioia del lauto pranzo,
in quel locale raffinato del ristorante del Pellegrino sul Sacro Monte, e
poi, sono sicuro, come succede quasi sempre in queste feste, che non ti stanno a
sentire e alla fine non sanno di che cosa ai parlato, e allora è stato meglio
così. Il discorso che avrei voluto tenere, e che qualcuno del gruppo si
aspettava, che io lo pronunciasse, è il seguente:
“
QUANTE VERITÀ' VI SONO IN UN SORRISO
O
IN UNA STRETTA DI MANO”
“Forse
voi, miei cari amici, non avete mai fatto caso, ma è una cosa molto importante,
come ci insegna la sociologia, saper leggere questi valori sul sorriso di una
persona o su di una stretta di mano.
Molti
studiosi, sociologi
e criminologi, si sono soffermati su questo argomento, e ci hanno suggerito il
modo di comportarci con questa categoria di persone.
Il
sociologo Francesco Alberoni,
così scrive: “ Diffidate di chi ride sempre. Diffidate di chi non ride
mai. L’uomo prova emozioni diverse: gioia, dolore, sorpresa, paura,
disappunto, rabbia, collera, rancore oppure simpatia, tenerezza, amore. Il suo
volto, i suoi occhi, la sua mimica, i suoi gesti ci comunicano questi sentimenti
e questi atteggiamenti senza che se ne accorgano. E noi impariamo prestissimo a
leggere e a ricavarne informazioni indispensabili per la nostra vita di
relazione”.
Il
bambino scruta il volto della mamma per capire se è arrabbiata con lui per la
marachella che ha compiuto e capisce cosa pensa prima
ancora che abbia parlato. E,
quando ha paura, basta un abbraccio, un gesto rassicurante, per fargli
capire che non c’è pericolo. Ma altrettanto importante è il linguaggio non
verbale nella vita adulta. Già solo dal modo in cui l’altro vi da la mano
potete capire moltissimo del suo carattere, se si tratta di persona aperta o
chiusa, generosa o avida, sincera o falsa. Ci sono persone che vi porgono solo
la punta rigida delle dita, altre che vi affidano una mano molliccia e
sfuggente, altre che vi stringono con forza esagerata. Il primo non vuole avere
rapporti con voi e non potrete
mai fidarvene, l’altro ha un carattere debole e indeciso, il terzo è
probabilmente generoso, ma maldestro. La capacità comunicativa del volto, dei
suoi micromovimenti, è mille volte maggiore. Se uno si lascia andare, si
presenta agli altri come un libro aperto. Per questo tutti noi impariamo a
controllare, sia pure poco, la nostra mimica. Il giocatore di poker non ride e
assume il volto di pietra per non far trapelare i suoi sentimenti, come pure il
giocatore di tressette, che è un gioco da muti. Se li esprimesse come potrebbe
fare un bluff? Ma non ride mai nemmeno
l’uomo con mentalità persecutiva, l’uomo che passa il suo tempo a
immaginare le mosse degli avversari e tendere loro tranelli. E’ costantemente
controllato, misurato, cerimonioso. Ecco perché bisogna diffidare di questo
tipo di persone, perché il loro volto è una maschera che occulta le vere
intenzioni e consente loro di colpire alla sprovvista.
Pensateci
un momento, vorreste vivere con una persona che ha sempre il volto nascosto da
un passamontagna? Ma anche il sorriso costante, la perenne cordialità
costituiscono una maschera pericolosa. Il sorriso, la cordialità sono
contagiosi. Inducono in noi un atteggiamento di fiducia, di simpatia, ci fanno
abbandonare i sospetti e le difese. Quando sono spontanei costituiscono una
gioia dello spirito e aprono la porta all’amicizia. Però, quando siamo
spontanei, sorridiamo solo a certe persone. Inoltre lasciamo che il nostro volto
esprima anche tutte le altre nostre emozioni. Invece chi ha, come espressione
fissa, il sorriso e la cordialità, spesso li usa per nascondere il suo animo
malvagio e i suoi inganni.
Nel corso della mia lunga carriera militare, al servizio del nostro
Paese, quale tutore della Legge, con il grado di Maresciallo
comandante
di stazione Carabinieri, ho avuto modo di conoscere un personaggio di
questo tipo, che tutti giudicavano simpaticissimo. Poi, una volta, mi è
capitato di osservarlo, mentre
faceva una riunione di lavoro. Sono rimasto di sasso. Era un’altra
persona: brutale, volgare, autoritaria. In seguito l’ho studiato
più approfonditamente e mi sono accorto che, quando pensava non ci
fossero testimoni,
era un vero nazista con i suoi dipendenti più deboli.
Quindi,
non fidiamoci dei volti stereotipati, cerchiamo persone che esprimono
sinceramente, con la loro mimica e la loro gestualità, ciò che sentono
veramente, che sono trasparenti e sincere. Solo fra queste, quando mostrano un
cuore buono e puro, scegliamo i nostri amici. Perché l’amicizia, quella con
la “A” maiuscola, è una cosa molto importante, una cosa seria, come del
resto lo é anche la fiducia.
Quando
sei in un grave pericolo, quando stai affrontando una crisi, un amico non viene
a dirti “ dammi questo, dammi quell’altro”. Non viene a esigere un suo
diritto. Non viene autoelogiarsi, non viene a chiederti una carica. Non ti pone
condizioni, non intriga contro di te per avere dei vantaggi, non ti fa dei
ricatti. Nel momento in cui affronti una crisi e sei in pericolo, un vero amico
ti domanda solo di che cosa hai bisogno, come può esserti utile, cosa può fare
per te. Cerca di capire il tuo problema per trovare la soluzione migliore.
Migliore dal tuo punto di vista. Non dal suo.
Le
situazioni di crisi sono
come un filtro, un setaccio dell’amicizia. Aiutano a distinguere senza
ombra di dubbio, i veri amici da tutti quelli che non lo sono, anche se hai con
loro relazioni amichevoli, buoni rapporti o che sono semplici colleghi,
conoscenti, persone simpatiche, e, infine, ipocriti e invidiosi che fingono di
volerti bene.
Ricordiamoci
che l’amicizia è un sentimento morale. Fa la sua comparsa molto presto, fin
dalla fanciullezza. Ma se l’amico ci inganna o ci abbandona nel momento del
bisogno, l’amicizia si spezza
e non si riaggiusta più. Possiamo perdonare, ma è finita per sempre.
Amici
carissimi, vi prego di volermi scusare, se
vi ho intrattenuti così a lungo su questo argomento, ma non era mia
intenzione di sottrarre molto tempo alla vostra festa, alla festa della vostra
classe. Quindi, viva
questa bella compagnia, che anche per un solo giorno, abbiamo messo da
parte i nostri problemi, le nostre sofferenze e i nostri dolori, per trascorrere
una giornata diversa, una giornata meravigliosa fra queste bellissime montagne,
al cospetto della “ Nuova Gerusalemme”. Alziamo i calici e brindiamo a tutti
noi, brindiamo all’amicizia, a quella amicizia vera con la “A” maiuscola.
Grazie di tutto e, arrivederci alla prossima gita culturale e luculliana come
questa, in questo luogo di pace e di
serenità.
RIFLESSIONE.
Concludiamo
con un ‘altra citazione del Santo padre Giovanni Paolo II, tratta dal discorso
tenuto al Sacro Monte di Varallo il 3 novembre 1985. Egli così lo definisce
questo luogo di pace:
“.....
Ma è a questo Sacro Monte di Varallo che San Carlo era particolarmente
assiduo.
Lo
aveva denominato “ Nuova Gerusalemme”, e ogni qualvolta gli fosse possibile
vi trascorreva giornate o nottate di raccoglimento”.
Si,
è vero, la parola giusta è appunto: “ raccoglimento”, perché il
“presente del presente è l’intuizione diretta”.
Non esiste luogo migliore dove l’uomo possa trovare se stesso e la
gioia di vivere e dove possa capire, comprendere immediatamente, senza bisogno
di ragionamento o di riflessione il mistero della vita.
Per
me quel giorno,
è stato subito domani e tutto è passato molto in fretta, perché il
tempo, come ha detto
Sant'Agostino: “ Se possiamo farci un’idea del tempo, quel solo punto
si può chiamare presente che non si può suddividere in particelle, per quanto
piccolissime. Ma quel punto trasvola così rapidamente dal futuro al passato da
non avere estensione alcuna di durata. Risulta però che il futuro e passato non
esistono. I tre tempi sono piuttosto il presente del passato, il presente del
presente, il presente del futuro. Il presente del passato è la memoria, il
presente del presente è l’intuizione diretta, il presente del futuro è
l’attesa”.
In
quella giornata calda di giugno passeggiammo tra le cappelle del Sacro Monte e
tra i fiori di un tranquillo giardino, il giardino della fede; una coppia di
novelli sposi si abbracciava con tanta dolcezza mentre il fotografo cercava di
fermare il tempo, fissando la loro
immagini sulla pellicola ai bordi della fontana che zampillava l’acqua
della vita, stormi d’uccelli sparivano dietro i boschi di castagni dai fiori
chiari e le foglie verdi, il verde della speranza che non muore mai.