SUPERGA, UN VIAGGIO NELLA MEMORIA.

Spogliando la vecchia agenda di viaggio, ho letto gli appunti che con mano tremante, ho tracciato in quelle pagine ormai ingiallite dal tempo, le mie impressioni su quello che è considerato il capolavoro tra i maggiori dell’architettura del Settecento, Superga è uno dei simboli più noti e significativi di Torino non solo per la sua importanza artistica ma anche per i ricordi storici e per la stessa posizione panoramica.

Quel lontano giorno di maggio del 1953, mi trovavo a Torino ed ero  stato appena dimesso dall’Ospedale Militare, dove ero stato ricoverato per l’asportazione dell’appendicite. Ero seduto davanti al Bar Centrale, in Piazza Castello, nel salotto buono di Torino, in quel locale che conserva ancora oggi le stesse caratteristiche di un tempo lontano. Quello era il “Caffè” preferito e frequentato dal grande statista piemontese Camillo Benso di Cavour e dagli altri membri del Governo Piemontese, che allora aveva sede a Torino, nel Palazzo Madama, sul lato destro, appunto, in Piazza Castello. Nella parete centrale della sala da pranzo,  fa bella mostra di sé un oleografia del tempo, che riproduce il grande politico.  Quel giorno ho girovagato per il centro storico della bella Torino. Forse, sarebbe meglio dire che mi ero concesso una giornata da turista, perché era la prima volta che visitavo quella meravigliosa città. Di Torino conoscevo soltanto Porta Palazzo, dove ha sede la Stazione ferroviaria, per essere transitato più volte, proveniente dalla bella Mondovì o da Cuneo, ove prestavo servizio, a partire dal 1947 al 1951 . Quel giorno, transitando sul ponte Vittorio Emanuele e la Gran Madre di Dio, nell’ammirare la  grande e meravigliosa collina che  mi stava di fronte, ho scoperto la superba Basilica di Superga. Oltre il Po, in quel tempo, vi era una funicolare che oggi non c’è più, con la quale ho raggiunto il complesso monumentale di Superga.

Isolata in vetta ad un colle che domina da lontano la città, la Basilica è visibile nelle giornate serene da ogni angolo del Piemonte come un punto di riferimento della storia piemontese e italiana.

E’ stata per me una esperienza unica. E’ stata l’opera d’arte più bella che aveva fino allora visitato. Quel giorno mi sono documentato sulla storia della Basilica ed ho tracciato alcuni dati sulla mia vecchia agenda, che oggi riporto su queste pagine:

“La nascita della Reale Chiesa di Superga si ricollega ad un avvenimento memorabile per il Piemonte: la battaglia del 7 settembre 1706. Quel giorno 34 mila tra Piemontesi ed Austriaci guidati dal Duca Vittorio Amedeo II e dal cugino viennese Eugenio di Savoia attaccarono e sconfissero sotto le mura di Torino 47 mila Francesi e Spagnoli che da quattro mesi assediavano la città.

La battaglia durò dalle dieci del mattino alle tre del pomeriggio: alla fine c’erano sul terreno tremila morti. Mentre l’esercito francese in rotta risaliva la valle di Susa, Vittorio Amedeo ed Eugenio di Savoia entravano trionfante in una Torino stremata e segnata dalle bombe ( un  diligente cronista ne contò 37 mila nei 117 giorni dell’assedio).

Ancora oggi il ricordo di quella giornata è vivo nel nome di Pietro Micca, il soldato - minatore biellese che si sacrificò facendo saltare una galleria della cittadella per sventare una incursione nemica.

La storia ci dice che nelle cinque ore della battaglia si era rovesciato l’equilibrio politico dì Europa. Non solo il Piemonte si sottraeva all’ingerenza di Luigi XIV, ma aveva termine il predominio francese in Italia. I francesi cedevano al Piemonte le terre alpine che possedevano al di qua dello spartiacque, e lo stato sabaudo si ingrandiva anche verso la pianura incorporando il Monferrato, l’Alessandrino, la Valsesia e la Lombardia. Nel 1713, al tavolo della pace  a Itrecht, Vittorio Amedeo II diventava re, coronando un antico sogno dei suoi antenati: gli veniva assegnato il trono di Sicilia, che gli sarebbe stato commutato pochi anni dopo in quello di Sardegna.

IL VOTO DI VITTORIO

AMEDEO.

Cinque giorni prima della battaglia Vittorio Amedeo ed Eugenio erano saliti al colle di Superga per osservare gli accampamenti degli assediati intorno alla città.

Sulla sommità del monte c’era una piccola chiesa del Mille quattrocento in cui si venerava una statua della Madonna delle Grazie sub pergolam ( di qui, secondo una tradizione, il nome di Superga). In ginocchio davanti a questa statua, il Duca di Savoia promise che se avesse ottenuto la grazia della vittoria avrebbe eretto in onore di Maria una chiesa straordinaria. Sette anni dopo, ritornando da Palermo dove era stato incoronato re, portava con sé a Torino Filippo Juvarra, che per un ventennio sarebbe stato l’eccezionale regista artistico della capitale del nuovo regno. A. Juvarra, “ Primo Architetto di Sua Maestà”, fu affidato subito l’incarico della grande chiesa promessa alla Madonna.

JUVARRA E SUPERGA.

Sulla nostra  agenda avevamo annotato quanto avevamo letto su di un opuscolo, che avevamo reperito su di una mensola nell’entrata della chiesa, che tracciava i primi “ pensieri” dell’architetto per la Basilica, che risalgono al 1715: sono rapidi schizzi nei quali vengono gettate d’impulso le idee iniziali dell’opera.

Il 17 aprile 1716 Juarra scrisse di suo pugno la prima “Istruzione”. Si trattava di abbassare la sommità della collina di quaranta metri per creare alla Basilica un piazzale sufficientemente ampio. Un centinaio di operai lavorò per circa un anno a questa fase preparatoria, nella quale sparì la preesistente chiesetta del Quattrocento, dove si era inginocchiato per pregare il re Vittorio Amedeo di Savoia.

Il 20 luglio 1717 venne posta la prima pietra della nuova chiesa. Calce e mattoni erano preparati direttamente sul monte. La sabbia veniva estratta dal Po. La pietra per le colonne e gli elementi ornamentali arrivava dalle cave di Gassino, faticosamente carreiggiata da Chieri o dallo sbarco fluviale della Madonna del Pilone.

Innalzato il tamburo nel 1722, la costruzione giunse al tetto nel 1724. Nel 1726 erano finite le principali strutture: la data è leggibile ancora oggi nell’interno, lungo  l’anello di base del cupolino. La chiesa si innalzava ormai con tutti i suoi 75 metri al di sopra dei 670 del colle, solitaria e spettacolare nello sconfinato panorama delimitato dalle cerchia delle Alpi e della pianura. Quella che si gode di lassù, è una vista mozzafiato, ove lo sguardo si confonde e si perde nell’infinito orizzonte, mentre la città stupenda di Torino, si potrebbe dire che è ai tuoi piedi.

Il frate Don Giacomo, che guidava i turisti nella visita del grande Tempio, ci ha riferito che  il 1^ novembre del 1731 la Basilica veniva aperta al culto.

TRA CLASSICO E BAROCCO

In quel tempo ero ancora a digiuno di ogni forma d’arte, non sapevamo distinguere il Classico dal Barocco o dal Gotico, come si dice comunemente parlando, la mia ignoranza nel campo dell’arte era totale  e pendevo dalle labbra del frate che faceva da Cicerone. In quella occasione ho appreso che l’Architetto Juvarra, che si era formato a Roma nutrendosi di architettura classica, si era ispirato per la grande cupola di Superga al modello di san Pietro: l’analogia infatti è sorprendente. Altri elementi derivati da San Pietro sono il tipo di pronao, la balaustrata, le lesene e capitelli corinzi.

Al contrario i campanili, agitati da un inquieto ed elegante movimento di linee, traforati e impreziositi dai pinnacoli e dai cupolini contorti,  come direbbe uno storico dell’arte, sono la “quintessenza del Barocco”. Oggi, noi abbiamo acquisito una certa conoscenza nell’arte, diremo che  quello è il più felice Juarra, al punto d'incrocio tra due mondi: quello classico come codice dello spirito e quello barocco come liberazione della fantasia.

Il tema della liberazione di Torino domina dall’altare maggiore: la Vergine con il Bambino accoglie le preghiere di un Savoia santo, il beato Amedeo IX, mentre sotto i  suoi piedi si svolge il feroce combattimento del settembre 1706.

L’altorilievo è di Bernardino Cametti, che scolpì anche quello dell’Annunciazione all’altare di sinistra, mentre sull’altare di destra Agostino Cornacchini rappresentò la Natività: tutti soggetti che rispecchiano la devozione di Vittorio Amedeo per la Vergine, alla quale la Basilica è dedicata.

Un ambiente a sinistra dell'altare maggiore custodisce alla pietà popolare il simulacro della Madonna di Superga: la stessa di fronte a cui si inginocchiò il Duca di Savoia la vigilia della battaglia. La statua in legno dipinto, aveva sostituito nel 1624, a cura del Comune di Torino, una antica effigie di cartapesta che i topi avevano rovinato rosicchiandone il volto, come si legge in un documento.

 AVANTI CLICK

 

DECADENZA E RINASCITA DI UN CAPOLAVORO

Sfogliando ancora le pagine ingiallite della vecchia rubrica, c’è una postilla che parla dei danni del tempo e della guerra che non hanno risparmiato Superga.  Infatti, quelli erano gli anni della rinascita del nostro Paese. In  quegli ultimi anni, che sono senz’altro da dimenticare, avevano raggiunto il limite di guardia: muri corrosi dal salnitro, coperture che lasciavano filtrare l’acqua, intonaci scrostati, cornicioni sbriciolati, infissi a pezzi, gradini mal ridotti e muri bucati dai proiettili delle mitragliatrici  delle incursioni aerea, durante i bombardamenti alla città di Torino. Non c’era distinzione tra queste mura bucate e gli edifici della città di Napoli, che avevamo a lungo osservato: entrambi, sono stati bersaglio della furia degli eventi bellici di una guerra non voluta. Per completare l’opera, ci ha pensato l’inciviltà, che aveva lasciato tracce pesanti sotto forma di scritte e graffiti. Sulle scalinate Juvarriane si improvvisavano di notte scorribande di teppisti con le motociclette e i fuoristrada.

LE TOMBE DEI RE

In un’altra occasione, molti anni fa, ci siamo ritornati  a Superga con il gruppo CAI di Mantova, e dopo la visita alla Basilica, abbiamo visitato il museo Egizio , il Palazzo Reale e la Tenuta di Caccia di  Stupinigi ed in fine il Museo storico del Cai di Torino. Ma ora cerchiamo di raccontare la visita alle tombe dei re, che nella mia prima  escursione, per mancanza di tempo, non avevo potuto visitare.

 Le tombe dei re, si trovano nel sottosuolo della Basilica dove c’è un’altra Superga e, come ha detto Adriana mia moglie: “ regalmente lugubre”, così l’ha definita ed infatti, aveva veramente ragione. Non aveva tutti i torti, perché oltre ad una Basilica, sapeva di un cimitero , appunto per re. Il mausoleo dei Savoia, che accoglie le salme dei re di Sardegna morti fra il compimento della chiesa e l’Unità d’Italia. Sono cinquantasei, fra i quali cinque re e otto regine.

Il primo non poteva essere che il fondatore stesso della Basilica, la cui salma però rimane per quarant’anni nella Cappella del Voto, prima che il sepolcreto di famiglia venisse realizzato per volere del nipote Vittorio Amedeo III. L’architetto fu Francesco Martinez, a sua volta nipote di Juarra.

All’ultimo re di Sardegna che veniva a morire era riservato sempre il sepolcro centrale. Ora vi riposa Carlo Alberto, al quale non toccò di essere spostato in un altro sarcofago, perché con il successore, Vittorio Emanuele II re d’Italia, Superga cedette il ruolo di mausoleo regale al Pantheon. Continuò invece ad accogliere i principi della dinastia, e così è anche ai giorni nostri.

Il frate che ci accompagnava nella visita al mausoleo, ci ha precisato che le regine riposano in una cripta minore. Un delicato monumento funebre scolpito da Pietro della Vedova ricorda la romantica figura di Maria Vittoria, che fu regina di Spagna per due anni, allorché il marito Amedeo Duca d’Aosta venne designato dalla Cortes a sedere sul trono iberico rimasto vacante.

Nella cripta degli infanti, tra i sepolcri di principi morti bambini, una semplice lapide annerita dal tempo, affida alla memoria dei posteri Maria Clotilde, figlia di Vittorio Emanuele II: una principessa infelice e pia al punto da essere considerata una santa.

IL PIU' BEL PANORAMA DEL MONDO

Leggendo l’opuscolo edito dalla Fondazione dell’istituto Bancario San Paolo di Torino, per la cultura, la scienza e l’arte, dal quale abbiamo attinto le notizie storiche della Basilica di Superga, abbiamo appreso che nel Settecento e nell‘Ottocento Superga fu meta obbligata nel tour degli stranieri in Italia, anche se la salita al colle non era impresa facile, perché fino al 1754 non esistette una vera e propria strada. Anche in seguito il viaggio in carrozza durava due ore, su un terreno così impervio che in alcuni tratti i viaggiatori erano costretti a scendere e proseguire a piedi.

Rousseau andò in estasi per il panorama. Vagando nel suo Voyage en Italie scrisse che non si poteva vedere nulla di più magnifico di Superga, Stendhal ammirò il paesaggio ma della Basilica disse “ non era un gran che”

Tempi difficili visse Superga durante la dominazione francese e il periodo repubblicano, quando i sanculotti torinesi tentarono di salire al colle per distruggere le tombe dei Savoia. Furono gli stessi Francesi ad impedirlo con la forza. Nel 1833 Carlo Alberto sostituì la Congregazione con una “Regia Accademia Ecclesiastica”, con numerosi allievi.

Affidata più tardi al Clero Palatino, Superga è passata dal 1966 all’Ordine dei Servi di Maria. Nel convento è rimasto un centro di studio e formazione religiosa, con lo Studentato Teologico Piemontese dell’Ordine.

Tra i tanti ricordi legati alla Basilica c’è una data tragica per lo sport italiano. Il  4 maggio del 1949 un aereo delle Aviolinee Italiane che riportava  da Lisbona la squadra di calcio del Torino si schiantò durante un temporale contro un muraglione: con i Campioni d’Italia, cinque direttori tecnici, tre giornalisti  cinque componenti dell’equipaggio. Quel luogo, il giorno della nostra escursione con il gruppo CAI di Mantova, è stato un luogo di meditazione e di preghiera. Ricordo che Adriana e altre “ caine”, hanno deposto un mazzo di fiori in memoria dei caduti sportivi.

Il colle di Superga era ed è il più bel panorama del mondo.