(...quando
toccare non è solo palpare...)
|
Se mi chiedeste
di spiegarvi perchè leggo manga, vi risponderei con una sola parola:
"Touch!". E non mi riferisco ad un invito più o meno esplicito
a tastare la mia virilità, bensì a quell'opera a fumetti
ormai storica di tale Mitsuru Adachi. Giunta per la prima volta
nel bel paese attraverso il tubo catodico, la serie televisiva "Prendi
il mondo e vai" ha deliziato pargoli e non di tutte le età con
le intense vicende di un trio di protagonisti difficile da scordare. Non
voglio soffermarmi a descrivere quali emozioni provochi in me riascoltare
quella sigla così ispirata, una delle migliori produzioni della
sempre cara Cristina D'Avena, piuttosto vorrei farvi capire quanto
quel cartone sia stato significativo. Fino ad allora i cartoni animati
in televisione avevano una distinzione ben segnata: o si trattava di produzioni
per maschietti desiderosi di violenza e vicende sportive al limite dell'impossibile,
oppure di drammatiche vicende amorose dagli esiti più nefasti rivolti
ad un non poi così limitato pubblico femminile. "Prendi il mondo
e vai" comparve negli anni '80 riuscendo nell'arduo compito di unire
entrambi i pubblici, facendo scoprire a chi pensava che i cartoni fossero
Jeeg
robot d'acciaio e poco più che forse non stava semplicemente |
prendendo
a calci i suoi neuroni passando quelle ore davanti alla tv. Nella sua edizione
televisiva questa è una storia che ha nobilitato il genere cartoni
giapponesi, permettendogli di aspirare ad una significatività che
la maggior parte della narrativa di formazione stenta anche solo ad avvicinare.
Nella sua versione originale, ovvero quella cartacea composta di ben 26
volumi, possiamo ritrovare tutta l'atmosfera di quella serie e forse anche
qualcosa in più. La vicenda prende il via da una coppia di fratelli
gemelli, fantasiosamente nominati Kazuya e Tatsuya che crescono
passando tutto il tempo con la loro coetanea vicina di casa, Minami.
Il carattere dei due ragazzi è diametralmente opposto: Kazuya è
il figlio ideale, educato, puntuale, impeccabile. Tatsuya è improduttivo,
inconcludente, svogliato: e |
|
|
proprio per
questo cresce all'ombra del fratello. Il baseball è l'elemento di
fondo della storia, in quanto sport praticato da Kazuya, attorno al quale
ruota la scansione temporale della vicenda. Lo scenario si complica quando
ormai giunti alla scuola superiore i tre cercando di chiarire il loro rapporto,
essendo ormai chiaro che entrambi i gemelli sono attratti dalla bella Minami.
Ma a chi darà il suo cuore la ragazza più bella della scuola?
Al perfetto ragazzo ideale od allo scapestrato fannullone? Prima che la
scelta possa compiersi, un evento drammatico ancora ben fisso nella memoria
di chi ha seguito la serie televisiva, costringe i protagonisti a rivedere
le proprie posizioni. Inizia quindi la fase "calda" del manga: ormai incapaci
di tornare indietro, alla semplice ingenuità dell'infanzia, i tre
dovranno affrontare il loro futuro equamente divisi tra il sogno di conquistare
il Koshien (meta ambita dalle squadre delle superiori, vero trampolino
di lancio per il professionismo nel baseball giapponese) e il desiderio
di scoprire quali |
|
siano i sentimenti
di Minami. Seppur imbastito su di una trama abbastanza ricorrente (il triangolo
con due vertici uno opposto all'altro), il pregio di questo manga sta nel
dosaggio sapiente di emozioni, veicolate dalle vicende sportive, dagli
incontri amorosi, dai timidi discorsi mai completati. Adachi dimostra in
questa sua opera una piena padronanza del media fumetto, nobilitandolo
al ruolo di "quasi cinema" nell'incisività delle scene. L'uso sapiente
dei silenzi, la ripetizione delle vignette, sono espedienti che evocano
nello spettatore-lettore un senso del ritmo estraneo al fumetto nel suo
uso più volgare. La storia di per sè coinvolgente è
impreziosita da quegli sguardi tanto espressivi nella loro semplicità,
in quei corpi che trasudano emozioni che non osano esprimere a parole.
Tutto il manga è permeato dalla sensazione che mentre si prosegue
nella lettura i protagonisti prendano via via forma e spessore, e mentre
loro cercano di "toccarsi" reciprocamente, il lettore si avvicina all'alienante
esperienza di toccare il personaggio, di fare proprie le sue percezioni. |
Ma il tutto
non avviene all'americana, tra scontri e supercriminali: ci sono solo tre
ragazzi che vanno a scuola, chiacchierano, vivono. Con questo non voglio
inneggiare alla superiorità dei manga sui comics: semplicemente
riconosco un'innegabile talento agli autori del sol levante che riescono
a costruire un fumetto senza roboanti palinsesti, parlando semplicemente
di vita quotidiana. Adachi (e Touch) su tutti. Emozionato
dall'evolversi della vicenda ricordo che una volta scrissi alla redattrice
della testata queste testuali parole: "Touch (e Adachi
in generale) non è solo un fumetto, è un modo di essere.
Un modo di intendere la vita. Le pause, i silenzi, le scene che strappano
un sorriso. I dolori, le tragedie, soffocati dentro persone che escono
dalle pagine che le imprigionano per rivivere in noi." Se possibile
credo ancora in quelle parole, le riconosco come mie ogni volta che sfoglio
questo manga. Ma non vi chiedo di credere a quello che dico: non ne sareste
in grado. |
|
|
Sto parlando
di emozioni che vanno talmente oltre la normale percezione che non possono
semplicemente essere comunicate a parole, elencate nell'ipotetico attivo
di un arido bilancio. Se volete provare qualcosa che cambi inesorabilmente
ogni vostro punto di riferimento, che vi spinga a tirare fuori il meglio
di voi stessi ed ad impegnarvi anima e corpo in ciò in cui credete,
precipitatevi a recuperare gli arretrati di questo manga, sicuri che non
ve ne pentirete.
P.S.:
se fossi così squallidamente inquadrato da utilizzare un sistema
di valutazione, non darei nessuna valutazione a questo manga. qualsiasi
voto, per quanto elevato, non sarebbe sufficiente.
|
Giugno 02 |