Le bizzarre
avventure di Jojo nn. 1-100; Action 1-94, 100-105; (con Action 100 inizia
la sesta serie chiamata “Stone Ocean”)
STAR
COMICS
Cos’è
Jojo?
Il punto d’incontro del fumetto americano e di quello giapponese, se amate
le definizioni altisonanti, un interessante manga d’azione se preferite
le definizioni spicciole. Ad ogni modo si tratta di un piccolo fenomeno
sotto vari aspetti, tanto da renderlo un caso a sé difficilmente
assimilabile ad altri prodotti della stessa fascia. Ma cominciamo dall’inizio.
Cosa hanno in comune Jonathan Joestar, Joseph Joestar, Jotaro
Kujo, Josuke Higashikata, Giorno Giovanna e Jolyne
Kujo? Forse per un occidentale proprio nulla, ma per un giapponese
una caratteristica interessante: nei loro nomi compare due volte lo stesso
ideogramma leggibile “jo”. Oltre a questo, come rivelano alcuni
cognomi comuni, tutti i succitati personaggi fanno parte dello stesso albero
genealogico. Ed attraverso quasi cento anni, hanno tutti ereditato il soprannome
“Jojo”.
La storia di questa simpatica famiglia parla di un antico manufatto azteco
dagli incredibili poteri dal quale prende via una rivalità
esasperante che porterà i vari discendenti della dinastia Joestar
a combattere il male incarnato di volta in volta da famelici vampiri, alteri
esseri immortali e da quant’altro partorito dalla fervida mente di |
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Hiroiko
Araki… Ma se le prime due serie rimangono piuttosto convenzionali,
forse vicine al ben noto Hokuto no Ken per l’enfasi dimostrata nelle
scene di lotta e per l’attenzione dedicata alle arti marziali, nella terza
l’autore introduce il tema che forse più di ogni altro ha reso tanta
fortuna a questa serie, ovvero lo stand. Cos’è lo stand?
E’ la manifestazione dell’energia psichica di una persona, generalmente
latente, che solo pochi fortunati possono evocare. Esso ha un legame vitale
con il suo proprietario, spesso ne esprime caratteristiche caratteriali
o attitudini, e si presta ad essere usato in combattimento come arma micidiale.
Ma lo stand non è solo un simpatico pupazzo da usare per fare a
pugni: ognuno di essi ha proprie peculiarità che lo rendono unico
ed imprevedibile, rivelandosi una risorsa strategica fondamentale per l’esito
di uno scontro. Senza poi dimenticare che ogni danno inferto ad uno stand
si riflette istantaneamente sul corpo del suo proprietario. Araki gestisce
questo manga come un grande film d’azione, senza dimenticare elementi importanti
come la caratterizzazione dei vari personaggi, anche se talvolta la dimensione
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propriamente
umana delle loro vite viene messa decisamente in secondo piano. La particolarità
del manga comunque, oltre alla sua sorprendente longevità (dieci
anni di pubblicazione, un vero record per l’Italia, anche se un risultato
decisamente meno sorprendente per il paese del sol levante…) è la
suddivisione della storia in diversi archi narrativi, vere e proprie serie
nella serie. Partendo dalla fine dell’800 infatti, i vari salti temporali
(caratterizzati ognuno da un differente protagonista/membro della famiglia),
ci hanno fatto giungere lo scorso febbraio all’inizio della sesta serie,
ambientata nel 2011 (con finalmente una protagonista femminile…). Dopo
l’introduzione degli stand nella terza serie, il manga ha assunto una forma
pressoché stabile, caratterizzata cioè dalla formazione di
un gruppetto di eroi che si contrappone al malvagio di turno e che tenta
nel frattempo di scoprire le origini di due antichi manufatti (un arco
e una freccia) dotati del potere di donare uno stand a persone che non
ne sono dotate per natura, ma solo se esse si rivelano abbastanza forti
da sopportarne il peso. Ciononostante l’autore è dotato di una fantasia
molto fervida e produttiva, capace di rendere interessanti e coinvolgenti
i vari scontri: fin dal suo esordio infatti, |
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questo
manga ha preferito non puntare sulla forza/abilità dei vari combattenti,
prediligendo l’attitudine strategica e la capacità di giocare il
proprio nemico, ricorrendo ad espedienti che vanno dal banale gioco di
prestigio alle complesse trappole psicologiche… La varietà degli
avversari e dei loro stand rende verosimile l’assurdo, stabilendo un precedente
vincolante nella mente del lettore che non riesce mai ad immaginare quale
piega prenderà il prossimo capitolo. Ma Jojo non è solo una
banale sequela di scontri: nella terza serie lo sfondo era un viaggio che
i protagonisti compivano dal Giappone fino all’Egitto, il che permetteva
all’autore di prendersi ampi spazi nell’approfondire culture e usanze locali,
nonché per rappresentare con impressionante fedeltà architetture
e paesaggi reali. Nella quarta invece tutta la vicenda era incentrata in
una città immaginaria di cui venivano descritti i minimi dettagli,
tanto che col procedere della storia luoghi ed edifici diventavano immediatamente
identificabili per il lettore quanto per i personaggi. Nella quinta poi,
per la soddisfazione dei lettori patrioti, tutta la vicenda era ambientata
in Italia, ed erano riconoscibili luoghi ed edifici esistenti, dal Colosseo
a Piazza San Marco. La sesta, ambientata nel futuro, si svolge |
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invece
in una prigione: è interessante notare come l’ambiente limitato
non freni l’autore, ma anzi lo stimoli a trovare nuove soluzioni creative.
Per quanto riguarda il tratto Araki è dotato di uno stile unico
nel genere e fortemente personale, che è cresciuto molto dall’inizio
dell’opera (dove le influenze di Hara erano presenti). Tutto il manga è
caratterizzato da un look molto particolare, da una maniacale cura per
i dettagli (soprattutto nell’abbigliamento, nel quale l’autore sfoga tutta
la sua eccentrica stravaganza), e da una generale predilezione per anatomie
contorte, pose al limite della fisica comodità che se all’inizio
possono incuriosire il lettore occasionale, ben presto diventano per i
vecchi aficionados il marchio di fabbrica della serie. E’ per altro vero
che Araki non ha uno stile netto e definito, tanto caro a molti dei lettori
di manga più moderni, e spesso le sue vignette appaiono caotiche
e frenetiche, tanto da necessitare una più attenta rilettura per
afferrare chiaramente i vari passaggi (dimenticatevi la linearità
di una narrazione “alla Dragonball”, in pratica). Per quanto riguarda la
sesta serie, quella attualmente in corso, il plot parla della ingiusta
carcerazione di Jolyne Kujo per |
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un
reato che non ha commesso, e la vede costretta in una prigione inquietante
nella quale viene a conoscenza della sua eredità stand e del glorioso
passato dei suoi familiari. Quando poi il padre finisce vittima del misterioso
avversario che sembra tirare i fili della vicenda, Jolyne decide di iniziare
una dura battaglia per salvare il genitore ferito e per sventare i misteriosi
piani del suo nemico. Il manga è una piacevole variazione sul tema
del fumetto d’azione, lontano dalla standardizzazione dei più noti
predecessori (Saint Seya ad es.), attento nei particolari e coinvolgente
nei suoi differenti aspetti. Intendiamoci: non si tratta di certo di un
fumetto intimistico o di una viscerale metafora dell’evoluzione del genere
umano. Ma condannare l’opera solo per il genere a cui appartiene, tacciarla
di superficialità solo per non essere spiccatamente “intellettuale”
(termine fin troppo spesso usato a sproposito e che finisce per assumere
connotazioni opposte a quelle originarie), equivarrebbe a premiare una
standardizzazione che non è di certo auspicabile. La fusione di
atmosfere supereroistiche con ambientazioni esotiche e tematiche esoteriche
rende il |
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prodotto
un interessante racconto d’azione, coinvolgente ed affascinante, capace
di lasciare il lettore col fiato sospeso in attesa di ciò che avverrà
nell’episodio successivo. E se è vero che i vari stacchi narrativi
con relativa sostituzione dei protagonisti diminuiscono l’approfondimento
dei vari personaggi, tutto ciò contribuisce ad aumentare la varietà
complessiva dell’opera. Lo stile grafico dell’autore rimane invece una
grossa incognita: c’è chi lo ama e c’è chi lo odia. Le sue
soluzioni sono talmente personali e stravaganti da rendere insignificante
un giudizio lapidario, incapace di cogliere le varie sfumature del suo
lavoro. Personalmente ritengo Araki un autore capace ed espressivo, salvo
quando la tentazione di riempire eccessivamente le tavole ha il sopravvento
sull’immediatezza del disegno. In conclusione un manga stravagante ed originale,
diverso dal tradizionale manga d’azione, contaminato da qualche atmosfera
supereroistica, ed arricchito dalle trovate al limite dell’assurdo dell’autore.
Con evidenti limiti in termini di approfondimento delle caratterizzazioni,
che vengono in parte sacrificate in nome della spettacolarità dell’azione. |
Nat |
agosto
2002 |