QUANDO IL GIALLO DIVENTA
FUMETTO!
Detective
Conan è un “anime” di discreto successo qui in Italia, trasmesso
ininterrottamente dal Maggio di quest’anno a cadenza bi-tri settimanale
(e per un certo periodo anche giornaliera) su Italia 1 alle 13:40 ovvero
l’orario di punta per questo genere di programmi, quotidianamente in concorrenza
e in alternanza con blockbuster come “All’arrembaggio” (urgh!) e
Dragonball (alla miliardesima replica ma sempre molto seguito), cavandosela
sempre egregiamente posizionandosi ogni volta tra i primi quattro programmi
più visti della rete con ascolti di oltre 2.000.000 di spettatori
(tanto per citare un esempio, venerdì 7 Dicembre 2002 ha realizzato
2.398.000 spettatori collocandosi al terzo posto tra i programmi più
visti della giornata). La serie tv, in onda in Giappone dal lontano 8 Gennaio
1996 e ancora in onda a tutt’oggi (pare), conta già numerosissimi
ep (ben oltre 270!!) e svariati special e film; tutto questo popò
di successo (sempre in Giappone sono sorti negozi specializzati dedicati
esclusivamente a Conan e alla vendita di materiale da detective, pupazzetti,
migliaia di gadegts e di poster sul personaggio e ovviamente moltissime
raccolte di episodi in videocassette e dvd) nasce dal |
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fortunato
manga originale di Gosho Aoyama “Meitantei Conan”, serializzato su “Shonen
Sunday”, testata di punta della Shogakukan, dall’ancora più lontano
1994, i cui volumi vendono ben oltre 1.000.000 di copie ad ogni uscita
(ultimo il 39° a Novembre 2002). Dall’autore il personaggio di Conan
eredita innanzitutto le passioni principali, ovvero il calcio (pare Aoyama
sia tifoso del Milan!) e ovviamente Sir Arthur Conan Doyle dal quale mutua
addirittura il nome da dare al suo personaggio ma anche il genere “giallo”
in toto, infatti il cognome di Conan è Edogawa preso nientemeno
che da RaNpo Edogawa, pseudonimo dietro il quale si cela il Conan Doyle
giapponese (nato nel 1894, scrisse nel 1923 un racconto poliziesco che
inviò all’unica rivista del settore e fu subito un successo; lo
pseudonimo è un omaggio ad Edgar Allan Poe che in giapponese viene
pronunciato Edogah Aran Poh. Per oltre 30 anni in patria ebbe un successo
quasi maggiore di Conan Doyle stesso, fino al 1965, anno della sua morte
con all’attivo 30 romanzi, parecchi saggi e racconti brevi sempre di e
sul genere giallo/poliziesco; personaggio centrale dei suoi romanzi era
un investigatore privato degli Anni ’20 chiamato Kogoroh Akechi, anch’esso
considerato alla stregua del più noto Sherlock Holmes. E Kogoroh |
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è
anche il nome dell’altro detective che compare in Detective Conan…e il
cerchio degli omaggi si chiude!). Aoyama mescola quindi sapientemente elementi
di comicità e del mondo del pallone (!) col thriller e con un’ambientazione
gialla, di quel giallo “classico” tipicamente britannico di cui Doyle fu
il capostipite (e citiamo anche la Christie perdiana!!), ovvero quella
del delitto “impossibile” (casi come quelli “della porta chiusa” qui fioccano
come il pane in numerose varianti), dell’indagine meticolosa per determinare
colpevole, movente e “modus operandi” (con interrogatori dei sospetti,
analisi del corpo della vittima e della scena del delitto) e la risoluzione
finale di fronte a tutti i protagonisti della vicenda con la ricostruzione/spettacolo
della scoperta del colpevole ad uso e consumo dei presenti, innocenti o
meno e semplici spettatori. Il protagonista, Shinichi Kudoh, è quindi
il classico detective autodidatta, outsider estemporaneo di un campo che
non dovrebbe essere il suo ma che invariabilmente tira badilate di letame
in faccia agli investigatori sulla carta più esperti appartenenti
alle polizie di tutto il mondo; dopo le barzellette sui carabinieri e le
figure barbine rimediate anche da |
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Scotland
Yard di fronte a Holmes (l’ispettore Lestrade), Poirot (l’ispettore Japp)
e pure Miss Marple (un numero imprecisato di sovrintendenti) ecco arrivare
finalmente il turno di quella giapponese con il tonto ispettore Megure.
A tutta prima neanche si direbbe, ma è chiaro che un rappresentante
della polizia che deve sistematicamente rivolgersi ad un giovane investigatore
diciassettenne per togliersi le castagne dal fuoco o è imbecille
o in pratica ruba lo stipendio; già, Shinichi, che viene presentato
come il più grande investigatore del Giappone (evviva la modestia!),
che oltre a risolvere casi ha come altro hobby quello del calcio (guardacaso)
e che soprattutto dopo aver risolto l’ultimo dei delitti nei quali era
incappato (un complicato omicidio compiuto a bordo di un vagone delle montagne
russe con tanto di decapitazione del
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malcapitato
in occasione del passaggio in un tunnel) girando per il Luna Park si imbatte
in due loschi individui vestiti di nero che decide di inseguire insospettito,
finendo fatalmente per imbattersi in qualcosa che non doveva vedere. I
due misteriosi uomini in nero dovevano infatti incontrarsi per concludere
un ricatto ai danni di un non meglio precisato dirigente di una ditta implicata
in un traffico d’armi; scoperto mentre assisteva alla transazione viene
tramortito ma invece di essere eliminato immediatamente, cosa che avrebbe
potuto attirare la polizia ancora lì nei paraggi per l’omicidio
di poco prima, gli viene fatto bere un potente veleno sintetizzato dal
fantomatico “sindacato” cui i malviventi fanno capo i cui effetti però
non sono ancora stati testati sull’essere umano. Ed è così
che incredibilmente quello strano veleno ha un effetto ancora più
strano su Shinichi trasformandolo inaspettatamente in un bambino di 8 anni
(10 a voler largheggiare)!! Superato il momento di smarrimento iniziale
il “piccolo” Shinichi cerca di raggiungere l’unico a cui può rivolgersi
ovvero il professor Agasa, simpatico nonnino (molto arzillo e sveglio)
di mestiere “inventore” (delle invenzioni più assurde e disparate,
alla Archimede Pitagorico tanto per intenderci) amico della famiglia Kudoh |
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(il
padre scrittore di gialli, curiosa coincidenza, e la madre attrice, sono
entrambi all’estero). Convinto con un certo sforzo di essere il vero Shinichi
anche se in versione ridotta, ecco che la situazione s’impenna (!) con
l’arrivo di Ran, amica/eterna fidanzata (in realtà sono “fidanzati”
alla giapponese, ovvero nessuno dei due osa guardare in faccia l’altro
senza arrossire anche solo accennando all’argomento) del nostro protagonista
e da lui mollata al Luna Park per dedicarsi alle sue pericolose (e stavolta
fatali) indagini. Venuta a cercare l’amico finisce invece per imbattersi
in questo “amore” di bambino che, essendo presi alla sprovvista, viene
spacciato per un lontano parente di Shinichi (che ha dovuto assentarsi
per misteriosi impegni altrove) e che al momento di dire come si chiama
non può fare a meno di ispirarsi ai primi romanzi che trova nel
folto scaffale alle sue spalle (l’enorme biblioteca “gialla” di Shinichi)
e il gioco è fatto, Conan Edogawa è appena nato! Consultandosi
freneticamente col dottor Agasa entrambi giungono alla conclusione che
la cosa migliore è che Conan vada ad abitare, almeno per un po’,
da Ran così da poter cercare di indagare sui misteriosi uomini in
nero che l’hanno ridotto “ai minimi termini”, grazie anche al fatto che
il papà di Ran, Kogoroh Mohri |
(solo
Goro nella versione tv), è anche lui di professione detective con
tanto di agenzia investigativa. Oltretutto, i misteriosi individui appartenenti
all’altrettanto misterioso “sindacato” alla scoperta che Shinichi non è
veramente morto potrebbero venire a cercarlo per completare la loro opera
ed è quindi meglio se per un po’ il piccolo Conan cambi aria. E
con questo incredibile ma anche divertente presupposto che prende l’avvio
il manga di Detective Conan, nei quali si alternano i casi di omicidio
più disparati sui quali viene chiamato proprio Goro a dare una mano
dato che Shinichi è in pratica scomparso (è altrove a risolvere
casi importanti si dirà talvolta), ad altri in cui si accenna a
qualche particolare sui misteriosi uomini in nero o in cui viene esplorato
il rapporto di Shinichi/Conan con la “fidanzata” Ran (che già dopo
un tot di puntate vorrebbe giustamente anche rivederlo, non sapendo, l’incauta
ragazza, che il successo della serie ha spostato molto in avanti il fatidico
momento in cui i due potranno finalmente riabbracciarsi) ad altri ancora
in cui Conan si ritrova a risolvere casi di omicidio nientemeno che con
i suoi nuovi compagni di scuola (elementare) ovvero il grosso Gunta, il
secchione Mitsuhiko e la bellina Ayumi che insieme decidono di fondare
un club di piccoli detective (un bel gruppetto non c’è che dire).
Di quando in quando abbiamo anche l’occasione di assistere al ritorno del
vero Shinichi (giusto il tempo di risolvere un caso e farsi vedere un istante
dalla sua preoccupatissima spasimante per poi ritornare rimpicciolito a
causa di un curioso effetto collaterale di un alcolico bevuto per sbaglio
durante un’influenza…embè…che avete da guardare, a me sembra una
spiegazione più che ragionevole!) e/o alle sue sfide con un altro
giovane investigatore pure lui parecchio presuntuoso e pure lui intenzionato
a fregiarsi del titolo di “più grande detective giapponese”!
Al
di là del target “basso” dei protagonisti la serie è tutt’altro
che infantile, i casi cioè non sono assolutamente all’acqua di rose
anzi, gli omicidi sono spesso dei più efferati, con morti sparati,
decapitati, accoltellati, avvelenati, impiccati e chi più ne ha
più ne metta (e non fanno eccezione anche i casi che risolve coi
suoi piccoli amici); la serie è scritta con brio, con parecchie
battute divertenti a cesellare le situazioni anche più drammatiche,
dosate sempre e comunque con attenzione e mai fuori luogo. I “gialli” stessi
poi sono costruiti con mirabile abilità, non avendo nulla da invidiare
a quelli del ben più famoso Conan Doyle cui l’autore si ispira con
tanto entusiasmo, motivo principale a mio avviso dell’eclatante successo
cui la serie gode ancora oggi. Unico neo se vogliamo è la versione
tv; dovendosi dilatare virtualmente all’infinito a causa dell’enorme successo
diviene sempre meno credibile vedere in continuazione un bambino che sistematicamente
si aggira sui luoghi dei delitti più sanguinolenti solo perché
al seguito di Ran e Goro (con tanto di poliziotti che rispondono pazientemente
ai suoi vari quesiti ogni volta), così come diventa troppo abusato
il trucco finale che gli consente di risolvere ogni caso ovvero sparare
un dardo soporifero da un orologio con tanto di mirino e imitare la voce
di qualche adulto grazie ad un modulatore posto nel papillon |
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(entrambe
invenzioni del quanto mai opportuno dottor Agasa). Quasi sempre si tratta
di Goro, talvolta invece basta regolare il papillon e stordire chiunque
capiti a tiro, Ran, una sua amica, il primo scemo che passa ed adagiarlo
poi con nonchalance su una sedia a capo chino mentre lui nascosto sotto
a un tavolo o ad una scrivania risolve l’ennesimo complicatissimo caso.
Oltretutto con tutti i dardi soporiferi che si è beccato nel didietro
Goro a quest’ora dovrebbe essere perennemente addormentato…non che normalmente
si noti molto la differenza… Stupisce anche il fatto che tutti gli facciano
i complimenti per aver risolto (nuovamente) un caso e lui non faccia altro
che ridere divertito e contento anche se non si ricorda nulla (aaaah, le
lusinghe…). Al di là di qualche sbavatura quindi e tenendo conto
che la serie tv è già di per sè meno “spinta” del
manga (sia per un certo tipo di battute che di scene un po’ osè,
con quasi sempre Ran
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come
protagonista) e che risente anche di alcune ulteriori censure nell’edizione
italiana (ma chi l’avrebbe detto) dovute al pubblico cui si pensa (erroneamente)
indirizzata (leggasi, poveri e indifesi bambini) e all’orario del primo
pomeriggio in cui va in onda, il manga è molto più brillante
e vario che non la piatta, monotona e ripetitiva (al confronto) serie animata,
che rimane comunque molto interessante (i casi sono sempre intriganti e
ben congegnati anche se probabilmente non proprio tutti tratti dal manga
e quindi farina del sacco di Aoyama), per cui la versione originale diventa
un must a tutti gli effetti in grado di riservare colpi di scena a ripetizione
e tanto divertimento. Peccato che dopo la sfortunata versione della Comic
Art (terminata col fallimento della casa editrice alla fine del 2000) ora
il manga di Conan sia approdato alla Kabuki per una nuova e integrale riedizione
fatta con tutti i crismi; peccato si, perché sebbene annunciato
per Febbraio 2002 è poi via via slittato lungo tutto l’anno fino
a giungere ad Ottobre dove “pare” sia stato avvistato alla sola manifestazione
di Lucca, mentre nelle fumetterie a tutt’oggi ancora non s’è visto
(fine Dicembre). Ultime notizie lo danno in dirittura d’arrivo entro breve,
inutile dire che questo umile recensore non vede l’ora! tetsuyatsurugi
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dicembre
'02 |