NAPOLEONE
# 37 - Il mio nome è Nessuno
di Carlo Ambrosini
e Pasquale Del Vecchio - Sergio
Bonelli Editore
Napoleone
è perplesso quando ascolta Odelia Lorenzi descrivere il sito archeologico
che contiene la prima parola che sia mai esistita. La bella ragazza infatti
se ne esce con trovate da eroina dei fumetti d’avventura che sono si suggestive
ma poco probabili sulla bocca di una seria archeologa. "Sono convinta
che il mistero si possa svelare solo stando sul posto davanti a quei segni",
"Mio
padre asseriva che si trattasse di un varco. La parola è una chiave…
C’è qualcosa oltre la roccia, un’altra dimensione, forse…" (pag.
32).
Di primo acchito
si può pensare che Carlo Ambrosini, che aveva presentato
tutt’altri temi nelle pagine precedenti, avesse inserito questo dialogo
solo per giocare oppure per aggiungere una chiave di lettura imperniata
sull’avventura in modo da rendere più leggeri i toni dell’albo.
Le parole di Odelia hanno forse uno scopo diverso, servono per capire per
quale motivo il Cardinale è interessato al sito funerario. Le conoscenze
che Odelia e il Cardinale hanno della tomba e della parola incisa sulla
pietra provengono dalla stessa fonte, il padre di Odelia, quindi si può
ipotizzare che i due abbiano idee simili sulla natura dell’enigma. |
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Troverebbe
in questo modo conferma l’opinione di Napoleone secondo il quale il Cardinale
non si trovava al seguito della compagnia mineraria per arricchirsi grazie
al platino ma per altri scopi (pag. 86: "immagino supponesse di poter
accedere a chissà quale ricchezza").
Il tentativo
di accedere a chissà quale ricchezza è probabilmente l’errore
commesso dal Cardinale, accecato dalla curiosità di scoprire il
segreto che nasconde la prima parola e di conseguenza privo dell’atteggiamento
necessario per contemplarla. |
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Riduce ad
oggetto un mistero che può essere intuito ma che è destinato
ad essere avvolto dall’ombra, a comparire ma allo stesso tempo a rimanere
sfumato e impalpabile… La prima parola e il suo segreto diventano qualcosa
che è in tutto e per tutto uguale al platino che cerca la compagnia
mineraria. Un qualche bene da osservare, toccare, descrivere, classificare
e infine depredare.
La punta del
demolitore si spezza contro l’iscrizione rocciosa allo stesso modo delle
opinioni fallaci che si infrangono contro la dialettica…
Anche Napoleone
è sfiorato dalle stesse tentazioni che catturano irrimediabilmente
(?) il Cardinale. |
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Si ritrova
prigioniero quasi volontario (volontario perché il luogo della prigionia
è il suo inconscio, quindi la permanenza nella cella dipende solo
da lui) in una stanza sospesa nell’infinito. Nel frattempo (e di riflesso)
le sue idee, Lucrezia, Caliendo e Scintillone, sono bloccate nel loro mondo
da un ispettore che vorrebbe soffocare la fantasia per dare spazio ad una
razionalizzazione, una schematizzazione, una misurazione.
Napoleone
potrebbe scegliere di rimanere chiuso nella stanza; potrebbe così
trovarsi in un ambiente circoscritto, ben delineato e delimitato, |
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quindi perfettamente
conoscibile in tutti i suoi angoli. In questo modo deciderebbe di credere
solo in ciò che è appannaggio dei sensi, che può essere
toccato, visto. Le sue parole diventerebbero solo delle etichette perfette
per catalogare ogni singolo mattone della prigione ma incapaci di catturare
(o almeno tentare di farlo) l’essenza che dietro a quei mattoni si nasconde.
Si priverebbe però di ciò che è insondabile, di quel
principio che viene raffigurato come il mondo delle idee abitato dai suoi
tre spiriti. |
Apparentemente
ciò non accade e, come vuole la tradizione, l’eroe prevale sul suo
arcinemico. L’albo infatti si chiude con un domandare, domandare, domandare,
atteggiamento totalmente opposto a quello del Cardinale che voleva solo
trovare al più presto e poi pretendere di fermarsi.
LUIGI SIVIERO
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ottobre
2003 |