V è un virus... ed io ne sono stato infettato. Alan Moore ha prodotto un'arma batteriologica dall'effetto devastante che si è rapidamente diffusa facendosi facilmente strada tra le maglie (assai cedevoli, a dire il vero) delle mie convinzioni in fatto di percezione, portando un attacco ai limiti del terrorismo psicologico all'apparato sensoriale. V prende i cinque sensi, li coinvolge e li stravolge tramite intricati riferimenti sinestetici e ne abbatte con una facilità disarmante le fittizie barriere divisorie, obbligandoli ad entrare completamente all'interno del suo mondo, così liricamente fantastico ma anche così drammaticamente realistico. Una volta che V entra in azione non si può più fare nulla... solo lasciarsi trasportare in un'esperienza lucidamente allucinatoria ed allucinata in cui il '"lungo, immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi"' perde il suo status di citazione 'colta' divenendo una vera e propria cifra stilistica, peraltro assai spontanea e per nulla forzata. Il coinvolgimento è totale, la sensazione di disagio è grande, la convinzione di trovarsi di fronte a qualcosa che è davvero limitativo definire 'una storia' cresce di pagina in pagina. Inizialmente mi sono un po' preoccupato nell'udire nelle mie orecchie le diverse voci dei personaggi con tanto di musichette di sottofondo e canzoncine da varietà di second'ordine. Mi sono sorpreso nell'accorgermi che le mie mani erano mosse dal desiderio irrefrenabile di toccare le belle e suggestive tavole di David Lloyd, magari per cercare di asciugare una lacrima sul viso di una bambina impaurita o di abbracciare una persona a cui improvvisamente sentivo di voler bene come a me stesso. Ho dubitato della mia salute mentale annusando il sentore di una rosa appena recisa, ed i mie dubbi sono aumentati quando girando una pagina il mio volto è stato sferzato da una folata di vento marino dal forte aroma di sabbia e di iodio. Ho pensato ad un qualche improvviso malanno fisico quando, deglutendo, un vago ma intenso sapore amarognolo mi ha pervaso la bocca, ed ho davvero temuto il peggio vedendo quello che leggevo prendere forma intorno a me come all'interno di un programma di realtà virtuale. Ma più proseguivo la lettura e più mi rendevo conto che tutto quello che mi stava succedendo non dipendeva da me. Nessuno aveva intriso di LSD gli angoli del mio volume, e non ero certo stato preda di una qualche non meglio identificata malattia di origine psicosomatica. Era solo V che faceva il suo dovere... con lucida e scientifica meticolosità. La bocca, le mani, gli occhi, le orecchie, il naso... tutti, in rapida sequenza, sono preda della folle ed apparentemente irrazionale missione di V. La testa cerca in ogni modo di combatterlo, ma per farlo ha a disposizione solo pochi indizi, peraltro messi lì da V stesso per confonderla ancora di più. Ma non c'è niente da fare. Il piano di V è troppo ben congegnato e sviluppato perchè la testa possa tentare di combatterlo. Le regole fasciste e repressive che in tutti questi anni ha imposto all'organismo per cercare di disciplinarlo nel nome della razionalità vengono prima messe in discussione e poi cominciano a crollare una sull'altra, come parti di una gigantesca figura preparata con le tessere di un mistico domino. Cadendo una ad una, provocano una reazione a catena che finisce per realizzare sul pavimento dell'anima un disegno nuovo ed inaspettato, in apparenza così caotico e privo di senso... ma in realtà così compiutamente definito. L'anarchia sensoriale prende il sopravvento come unica cura all'inaridimento delle fonti di approvvigionamento mediatico. Un concetto estremamente soggettivo di Giustizia riporta agli entusiasmi adolescenziali per tutto ciò che è personale ed individuale. L'odio congenito verso ogni tipo di omologazione trova nuovi eccitanti stimoli per esprimere finalmente la sua furia iconoclasta. La maschera, solo la maschera rimane... ma dietro ad essa tutto cambia. Solo alla fine ho capito che V è un virus, diciamo così... 'buono'. Solo alla fine ho capito che tutti i violenti traumi procuratimi erano a fin di bene... il mio bene. Solo alla fine ho capito che Alan Moore si è fatto veggente e si è infiltrato nella mia coscienza per combattere quei preconcetti che mi portano a considerare l'esperienza artistica come puro divertimento, bellissima nella sua inutilità e del tutto distaccata da ogni implicazione con la realtà che mi circonda. Solo alla fine ho capito che V ha vinto e che ora, nella mia vita, non è più il Fato a comandare. Alla fine, e solo alla fine, ho capito che l'Inghilterra ero io... e forse tutti noi. L'unica cosa che mi dispiace di tutto ciò (e che mi lascia nelle narici quell'inquietante retro-odore di cui parlavo) è che io non c'entro nulla. Ha fatto tutto V... ha fatto tutto Alan Moore. E' questo che odio dei Capolavori... io posso solo 'leggerli'. Fallo anche tu, Daniele... non te ne pentirai. Ti abbraccio Andrea P.S. Se hai voglia, rileggi questa Email dopo aver letto V. Il senso cambia... credimi.
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