di Art Spiegelmann
Einaudi – Stile Libero, Lire 24.000; 291 pag., b/n, brossurato
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"Mickey Mouse è l’ideale più penoso mai esistito… 
(…) un parassita lurido e coperto di sporcizia, 
il maggior portatore di batteri del regno animale, 
non può costituire il tipo ideale di animale… 
Basta con la brutalizzazione giudaica della gente! 
Abbasso Mickey Mouse! Indossate la svastica!" 
(da un articolo di giornale, Germania, metà anni Trenta)

cover Perché parlare ancora di MAUS di Art Spiegelmann? Il primo e più importante motivo: non è mai inutile parlare della Shoà, il cosiddetto "Olocausto", anche per non lasciare spazio a infami teorie "revisioniste" sullo sterminio degli Ebrei durante la II guerra mondiale. L’occasione per riparlarne da un punto di vista editoriale è che di questo magnifico Fumetto è da poco uscita un edizione economica per Einaudi. Sappiamo che la Casa Editrice torinese si sta dando un po’ da fare per quanto riguarda i Fumetti (Topolino Noir, Mattotti ecc.), sappiamo anche che si è fatta alcune clamorose cappelle (storie attribuite a Walt Disney (!) in copertina del bellissimo volume di Tito Faraci e AA.VV.), ma siamo comunque contenti che case editrici serie comincino finalmente a occuparsi di Fumetto. Noi naturalmente consideriamo serie anche le Case Editrici di Fumetti, in specie alcune di esse (Magic Press in primis), ma si sa che è e sarà
lungo a morire il pregiudizio che accomuna i Fumetti a prodotti editoriali scadenti, privi di una propria dignità artistica e non adatti a essere accomunati ai Libri Veri. Mi spiace sempre moltissimo quando ci si autoesclude dalla fruizione di un qualunque prodotto artistico, o di espressione creativa: "non guardo cartoni animati", "non leggo fumetti" "non leggo fumetti giapponesi" "non guardo film di fantascienza" ecc., perché la vita è breve e in questo modo ci si perde un sacco di buona roba. Certo non ci si può interessare di tutto, e i gusti di ognuno/a sono sacri, ma esistono alcuni prodotti, anzi Capolavori, che dovrebbero essere letti/visti/ascoltati (non parlo solo di Fumetti, ci mancherebbe!) dal maggior numero di persone possibile, perché sono bellissimi in un senso quasi assoluto, perché
fanno riflettere, arricchiscono chiunque li legga/guardi/ascolti, ognuno ne può trarre qualcosa, di bello o di brutto che sia. Uno di questi Capolavori è proprio MAUS di Art Spiegelmann, Autore naturalizzato americano (vive a New York e insegna alla School of Visual Arts della stessa città), nato in Svezia nel 1948. MAUS è il racconto che il padre di Art – Vladek, Ebreo polacco sopravvissuto ai campi di sterminio – fa a suo figlio, disegnatore di Fumetti assetato di radici, di storia familiare e in conflitto tra modernità e tradizioni ebraiche, pieno di quel senso di colpa ereditato dai sopravvissuti, "come se essere sopravvissuti fosse male", come se questo poter parlare da sopravvissuti togliesse in qualche modo la parola a chi non potrà mai più parlare, i Non Sopravvissuti. MAUS non è un’Opera noiosa, sono 
io che  –talmente colpito, commosso, arrabbiato- non riesco a parlarne con quell’alone di leggerezza che si dà per scontato (?) nella recensione di un libro a Fumetti…
La narrazione è veloce e scorrevole, "piacevole" (che fatica usare certi termini, dato il contesto), si divorano le pagine con la consolazione di sapere che almeno Vladek, il padre, è sopravvissuto –la madre, Anja, pur scampata all’Olocausto si toglierà la vita nel 1968-, i disegni sono meravigliosi e all’interno del libro abbiamo una prova tangibile della maturazione artistica di Art Spiegelmann: viene, infatti, riprodotto un breve racconto a Fumetti fatto dall’Autore per una rivista americana underground degli anni ’60-’70, racconto che, 
per inciso, sconvolge il padre di Art e la sua nuova moglie, Mala (che grande parte avrà per tutto il libro). Ho apprezzato moltissimo anche la nuova traduzione di Cristina Previstali che ha fatto un grosso e bel lavoro, frutto di sue ricerche personali, per farci apprezzare al meglio la particolare parlata di Vladek e degli Ebrei dell’Est. Così come ho apprezzato l’assenza di ideologie precotte o di autocompiacimenti (mentre sarebbe stato forse legittimo trovarcele…). Un libro a Fumetti di una bellezza incredibile, uno dei più belli mai prodotti.
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Orlando Furioso

febbraio 2001