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ALAN MOORE E LA CONTINUITY
I. TRE INDIZI
Un importante aspetto di Supreme è la sua somiglianza con Superman, tanto grande che fa supporre che si tratti di qualcosa che va ben oltre l’omaggio da parte di Alan Moore; basta citare fra le infinite coincidenze che accomunano i due personaggi il pericolo che corre Supreme quando è a contatto col supremium/kriptonite, la presenza della fortezza della solitudine, dell’arcinemico Darius Dax (il cui nome ricorda palesemente Lex), del supercane, della città in miniatura… I punti di contatto sono troppi per non pensare che Moore abbia scritto le avventure di un eroe che è Supreme solo di nome ma che di fatto è Superman e come tale va letto. Fin dalle prime pagine di Supreme ho immaginato (senza nessuno sforzo) che il costume dell’eroe fosse in realtà rosso e blu con una esse sul petto anziché rosso e bianco. Anche quello che sto per scrivere si appoggia su questa fantasia. Il primo episodio di Supreme di Alan Moore ha per protagonisti mille Supreme diversi fra loro per qualche dettaglio insignificante o per particolari macroscopici, però in qualche modo imparentati, tutti con qualche caratteristica che rende ciascuno il riflesso della stessa idea, rielaborata in modi sempre nuovi e diversi.
Fra tutti i Supreme risalta quello impulsivo, muscoloso e con lo sguardo cupo, il tipico eroe anni ’90, il modello di superuomo più recente e giovane, spaesato in mezzo ai suoi attempati ‘gemelli’. Il nuovo eroe, dopo una scazzottata con gli altri Supreme (niente di particolare: per i supereroi è l’equivalente della nostra stretta di mano…) viene accolto nel limbo, un luogo surreale in cui continuano a vivere le incarnazioni ormai superate di Supreme, dove riceve consigli e incoraggiamenti dai suoi simili prima di incominciare il suo ciclo di storie. 
Alan Moore decide di ambientare la prima storia nel limbo e di accantonare per un momento le battaglie e gli altri tipici intrecci narrativi perché vuole parlare di un argomento distante rispetto ai classici temi supereroistici, cioè dei padri adottivi, gli autori di fumetti, e del loro rapporto con i personaggi. I mille abitanti dell’immaginario limbo sono allo stesso tempo il medesimo personaggio ma anche totalmente distanti fra loro perché ciascuno è l’idea di Supreme filtrata attraverso penna e pennino di autori sempre diversi. 
Ciascun eroe albino è frutto del suo tempo, delle opinioni e mode predominanti nella società e delle tendenze in voga nel campo fumettistico (un esempio fatto proprio in Supreme da Moore: gli eroi cupi degli anni ’80), raccolte dall’autore e filtrate attraverso la sua cultura, sensibilità e conoscenza. Ogni Supreme è la versione che è stata pensata e donata al pubblico dagli artisti nel corso degli anni e la loro presenza nel limbo assieme a vecchi comprimari e palcoscenici talvolta superati e talvolta classici può essere interpretata come il ricordo che di loro serba Moore e che, grazie ai suoi nuovi fumetti, vuole riproporre in chiave moderna, restituendoli in una forma consona al suo gusto. 
Il limbo può essere visto come la rappresentazione della memoria e della mente dell’autore, il luogo in cui sono raccolte tutte le immagini del personaggio che lo hanno colpito, emozionato e segnato; il luogo in cui tutte le sue passate esperienze di lettore vengono prima immagazzinate e poi
rielaborate fino a giungere alla nascita di quel frutto che è il Supreme che dal numero 41 in poi sarà il protagonista della serie. Questa metafora può essere una delle chiavi per capire quale sia l’approccio di Moore ai personaggi che non sono creati da lui ma che hanno alle spalle un mosaico di storie scritte da altri autori con il quale gli scrittori successivi devono confrontarsi. In pratica è un problema di continuity… 
Si possono raccogliere altri indizi seminati nella serie. 
Il nuovo Supes riceve dallo scrittore un dono che lo contraddistingue dagli altri mille colleghi perchè Moore rende l’eroe cosciente di essere il protagonista non di un’avventura a fumetti ma di un discorso sui fumetti. Supreme infatti vive in prima persona, con un certo grado di consapevolezza, il cambio di stile dei disegni, il passaggio da un’epoca fumettistica ad un’altra, nelle primissime pagine del numero 41 della serie. 
L’eroe arriva nella sua città e percepisce realtà diverse che si sovrappongono: la città in cui era abituato a vivere scompare davanti ai suoi occhi, lo spazio si distorce attorno a lui e la realtà che lo circonda viene soppiantata da panorami e sfondi completamente nuovi. La novità stilistica, la prospettiva adottata da Moore, la direzione che desidera imprimere alla serie prende il sopravvento, si impone e finisce con il sostituire la città che era stata plasmata dal precedente autore con una completamente nuova. Supreme è in questo modo cosciente del fatto che qualcosa di impalpabile lo sovrasta ed è il suo arbitro.
La terza traccia (molto simile alla seconda, quasi gemella) è la consapevolezza di Supreme di vivere in un mondo che un poco alla volta si crea attorno a lui; nuovi particolari vengono riscoperti e aggiunti dallo scrittore e l’eroe vive queste novità come un uomo che è certo di trovare il vuoto dove metterà il piede e invece, sorprendentemente, si ritrova a camminare lungo un sentiero sicuro che conosce da sempre. 
Un esempio è il ricordo della sua controparte femminile; Supreme si rende conto all’improvviso che sua sorella ha avuto un contatto prolungato con il supremium che l’ha resa una superragazza con i capelli bianchi e i superpoteri. 
Come è avvenuto questo ricordo? 
Supreme ne ha preso coscienza tutto d’un tratto, inaspettatamente, e per un istante ha avuto la sensazione di apprendere qualcosa che prima non sapeva e mai aveva saputo; un istante dopo però si è comportato come se l’esistenza di una sorella/supereroina fosse un fatto indiscutibile, come se il ricordo durasse da sempre e non fosse mai stato messo in discussione.
II. AUTORE E PERSONAGGIO
Questo tipo di percezioni quasi mistiche che ha Supreme sono un regalo disinteressato da parte dell’autore oppure c’è un prezzo da pagare? Probabilmente c’è un prezzo. Che intenzione ha Alan Moore? Cosa vuole ottenere da questo ‘dono’?
Dietro al personaggio si può percepire la presenza dello stesso Moore, consapevole di operare dei cambiamenti nella vita di Supreme. Moore lo utilizza come una maschera che indossa nel tentativo di mostrare il suo modo di vivere il rapporto fra autore, opera e passato del personaggio. Supreme che scopre l’esistenza di Supremia è Moore che legge il vecchio fumetto di Superman, lo memorizza, lo pensa, lo seziona, lo vive e poi lo restituisce ai lettori in una forma tutta nuova e tutta personale. 
Gli indizi raccolti ci fanno capire che le vicende del personaggio già narrate dagli altri autori non sono un vincolo ineluttabile, una briglia che costringe Moore ad addentrarsi in sentieri già tracciati e battuti ma sono invece dei modelli che lo scrittore può decidere se accogliere o meno. 
Più che un passato del personaggio che si impone all’autore c’è un autore che ama il passato del personaggio e sceglie di raccoglierlo. L’autore che incomincia a scrivere le storie di un personaggio si trova davanti ad una tabula rasa perché, nonostante conservi nella sua memoria i ricordi di quanto è stato già scritto, deve ancora decidere quali elementi adotterà nelle sue nuove storie, quali ritiene più importanti, affascinanti, convincenti e quali invece è più opportuno accantonare.
Fino a che questa decisione non è presa lo scrittore si troverà a maneggiare un personaggio abbandonato a sé stesso, privo di un mondo di fantasia che possa ospitarlo, privo di un passato che ancora non esiste perché ancora non è stato determinato. 
Tutto ciò viene vissuto da Supreme in prima persona come si è visto in precedenza nella descrizione del secondo e del terzo indizio (cioè il ricordo di Supremia; non c’è solo questo comunque: un altro esempio è la momentanea amnesia che coglie l’eroe albino quando giunge nel suo paese natale).
Sia Supreme sia Moore partecipano della medesima scoperta: Supreme ricorda il suo passato poco per volta così come Moore glielo determina e glielo costruisce tassello dopo tassello. Per questo, come già ho anticipato, dietro a Supreme si nasconde Moore che cerca di spiegare quale sia il suo rapporto con le storie passate e in quale modo proceda nella costruzione del personaggio partendo dalle basi.
Questo modo di procedere fa capire che viene rifiutato quel modello di continuity secondo il quale le storie create nel corso degli anni da scrittori diversi formano un complesso narrativo
coerente ed omogeneo. Se così fosse Moore non si troverebbe davanti al problema di costruire in modo progressivo passato e ambientazione delle sue storie perché il passato esisterebbe già, Supreme non avrebbe bisogno di ricordarlo perché c’è sempre stato, perché Moore non avrebbe fatto altro che innestare le sue storie su un mosaico già tracciato e iniziato da altri che si impone all’autore fino al punto di dettare legge.
Moore non rigetta questo tipo di continuity perché disprezza i suoi predecessori (fare tabula rasa significherebbe in questo caso prenderne le distanze) oppure perché vuole avere meno vincoli (che necessariamente nascono se si vuole scrivere una storia che è coerente con quelle scritte da altri) a favore di uno spazio maggiore per la sua creatività. 
Dimostra innanzitutto di avere un grande rispetto per le storie classiche, collocando Supreme in un contesto che contiene richiami continui alle opere degli autori che si sono dedicati al personaggio prima di lui. Questo vuole dire che non c’è nessun tentativo di liberarsi di un passato scomodo a favore di una maggiore creatività. Anzi, il personaggio di Superman è stimolante proprio per il motivo opposto, perché le sue storie
sue storie sono una miniera di idee e invenzioni quasi inesauribile da cui attingere. 
In secondo luogo bisogna sottolineare che nel primo episodio Moore mostra un limbo, interpretabile come la sua memoria, in cui convivono centinaia di frammenti delle storie passate di Superman/Supreme. Il ricordo dei Superman degli altri scrittori è posto all’inizio della saga di Moore quindi può essere visto come il punto di partenza, il fondamento imprescindibile senza il quale sarebbe impossibile scrivere le proprie storie. C’è prima una documentazione, una ricerca dell’essenza del personaggio, dalla quale Moore non vuole prescindere e che è essenziale per la nascita delle sue nuove storie.
                                   LUIGI SIVIERO
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settembre '03