Wolverine: Origini - La collina (parte I di III) - Marvel miniserie 42, 48 pp a colori. Testi di Paul Jenkins, disegni di Andy Kubert

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testo zippato

Sono molti i motivi che spingono a scrivere una recensione. Il più banale può essere il denaro. Ma vi assicuro che non è il mio caso (e ci mancherebbe che qualcuno pagasse per le fesserie che riesco a scrivere...). Oppure si può scrivere sull'onda di una storia che è particolarmente piaciuta, cercando di trasmettere ad altri l'emozione provata. Si può pure recensire in maniera ipercritica, tentando di farsi un nome nel settore
con la fama dello spietato, di quello che la sa lunga e che non si fa fregare. O, come nel mio caso, si può scrivere spinti dall'invidia. Invidia verso il genio creativo che riesce a dare vita alle storie che vorrei scrivere, che vorrei saper scrivere, ma che mi dovrò limitare a leggere. Quindi invece di farsi dominare dalla frustrazione, perchè non trasformare tale energia in un atto ugualmente creativo? Dopo questa insulsa 
premessa, se non ve ne siete già andati, probabilmente vi starete chiedendo cosa abbia suscitato in me tale sentimento. Ma li leggete i titoli degli articoli? Li mettiamo apposta perchè uno sappia di cosa si parla nel pezzo... Origini. Titolo ambiguo, generalmente associato ad un punto di partenza. In questo caso invece si tratta di un punto di arrivo, culmine di una storia decennale incentrata su uno dei personaggi più 
ontroversi del parco Marvel. Sì, sto parlando del mutante peloso, quello con gli artigli da fare invidia a Freddy Krueger. Nato come avversario di Hulk in un suo improbabile scontro con Wendigo, il piccolo Wolverine si è fatto strada nel corso degli anni diventando forse il simbolo degli uomini X, certamente uno degli elementi più rappresentativi. Dominato dal contrasto tra l'istinto bestiale e la razionalità dell'uomo saggio, Logan (questo il suo vero nome o almeno presunto tale) ha vissuto un'infinità di avventure editoriali nelle quali si è a più riprese approfondito il suo passato, nel tentativo di aumentarne lo spessore. Per volontà stessa però del suo secondo padre (Chris Claremont, che lo ha adottato sulle pagine degli X-Men), le sue origini non sono state mai narrate, in quanto considerate elemento centrale del fascino del personaggio (personalmente trovo sia un giochetto che il grande Chris ha poi ripetuto un po' troppe volte... basti pensare a Rogue, Gambit, ed un'infinità di supercattivoni la cui provenienza risultava quantomeno dubbia...). Come forse saprete però, da qualche tempo a questa parte le regole del gioco in casa Marvel sono cambiate, ed il grande capo Joe
Quesada ha fortemente voluto che si ponesse fine a questo mistero pluriennale. Quello che ho in mano è l'albo che racchiude i primi due episodi della miniserie di 6, probabilmente la prima di una serie di due o magari di una trilogia che esplorerà le varie fasi del passato di Logan. Per rispetto di coloro che non l'hanno ancora letta eviterò ogni riferimento concreto alla storia, soffermandomi solamente sull'approccio adottato dallo scrittore e sul valore complessivo che attribuisco al risultato. Logan è il personaggio dal passato più oscuro e più ricco di accenni e richiami che il parco Marvel abbia mai conoscito. La tentazione di svelare tutti i particolari del passato del personaggio, di tracciare un complesso progetto di continuity tale da soddisfare i fan più esigenti dev'essere stata molto forte. Fortunatamente però Jenkins non è caduto in questo tranello, ed ha rinunciato a creare una storia dalle troppe pretese (o paradossalmente priva di esse?). Tutto l'albo è un interessante racconto di stampo non supereroistico, infarcito di chiari riferimenti alla letteratura inglese dell'800. E proprio in onore di tale dotta fonte la narrazione è particolarmente ricca, impreziosita da un'attenta introspezione dei diversi personaggi e da un'affascinante 
caratterizzazione di  luoghi e situazioni. Un plauso in tal senso va pure al disegnatore, un Andy Kubert in grandissima forma, che mi ha ricordato nelle atmosfere quel suo special dei Nuovi Mutanti di qualche anno fa, disegnato sui testi di Peter David, intitolato "Rahne delle due terre". L'atmosfera è (per una volta) di stampo non nettamente cinematografico, rinforzata in tal senso dalla presenza di un io narrante il cui punto di vista 
ci conduce attraverso le varie fasi della storia. Chiaro esempio di un utilizzo saggio delle didascalie (lontano dalle pesanti ripetizioni del Claremont più recente). L'integrazione di testi e disegni raggiunge un notevole livello di sinergia, sintomo di quanto sia stata curata la realizzazione di questa miniserie sulla quale la Marvel sembra puntare particolarmente.
Certamente la scelta di raccontare una storia nuova che getterà probabilmente più ombre di quante ne rischiarerà (tecnica narrativa vecchia ma sempre efficace) farà storcere il naso a qualcuno... soprattutto dopo l'intensa campagna promozionale a sostegno di tale evento, che prometteva di svelare definitivamente le origini, appunto, del mutante artigliato.
D'altro canto però la particolare aria che si respira in queste pagine arricchisce il personaggio di Logan di una nuova valenza, ne approfondisce la psicologia, aumentando (se possibile) il fascino naturale di un soggetto così fortemente carismatico. Ammetto mio malgrado di non aver ancora letto gli episodi successivi della miniserie, quindi non mi è possibile dedurre dove l'autore voglia andare a parare, cosa svelerà e cosa lascerà celato nei prossimi episodi... ma dalle premesse posso affermare che il risultato complessivo sarà quanto meno una piacevole lettura, al di là della sua valenza come retroscena del personaggio di Wolverine.
L'edizione italiana, che raccoglie in gruppi di due le sei originali storie, è probabilmente la soluzione editoriale migliore: mantiene il fascino dei colpi di scena finali dei singoli episodi, pur non diluendo eccessivamente la narrazione (è noto che noi italiani siamo abituati a tempi di pubblicazione ben diversi da quelli originali). Per i più esigenti sottolineo che questi albi continuano l'interessante esperimento Marvel di colorare direttamente le matite, saltando la fase di inchiostrazione. Nello specifico i colori attribuiscono ai disegni un effetto di "pittura a olio", dando appunto l'impressione di trovarsi a fissare un dipinto d'epoca, soprattutto nella rappresentazione degli affascinanti paesaggi. Tale tecnica però sembra dare
risultati non del tutto soddisfacenti per quanto riguarda i dettagli, in particolare quelli in secondo piano, che talvolta risultano sfocati e poco definiti. L'espressività dei volti invece, non vincolata dall'effetto uniformante delle chine, guadagna nettamente in varietà ed incisività. Riassumendo si tratta di una storia affascinante, dal sapore non di certo classico, che dà il meglio di sè se gustata non in funzione della sua valenza narrativa (ovvero svelare le origini del mutante più famoso della Marvel), ma come semplice storia al di là della fin troppo schematica limitatezza dell'opprimente continuity. Un piccolo tocco di letteratura a fumetti, sinonimo di quanto autori come Jenkins possano avere qualcosa da dire anche su personaggi così fortemente appesantiti come quelli della casa delle idee. Sintomo che forse, anche nella casa delle tradizioni, qualcosa sta veramente cambiando...
Nat

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luglio 02