eureka pocket n. 17 - maggio '74 -
Editoriale Corno
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Non sempre i fumetti ai quali si
è più affezionati coincidono con i Capolavori Assoluti della
Storia del Fumetto. Esiste, grazie al cielo, un’individualità e
una soggettività che tengono conto solo fino ad un certo punto dei
“canoni stabiliti” da critica, pubblico e dati di vendita; ed è
proprio questa parte più emotiva e sensibile che vive a livello
profondo il rapporto coi fumetti che hanno cambiato (almeno una parte)
della nostra vita. E allora ognuno e ognuna di noi ha i pro- |
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pri capolavori degni della massima importanza
per il ruolo di apertura verso nuovi mondi espressivi e artistici che,
in un particolare momento della vita, questi fumetti hanno avuto: come
degli spartiacque che delimitano un prima e un dopo. Che sia il primo giornalino
letto
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dell’Uomo Ragno, la prima striscia
dei Peanuts o di Mafalda, il primo manga sfogliato, la “prima volta” con
Alan Moore… A secondo dell’età e della propria storia di lettore/lettrice
di fumetti, ci saranno senz’altro delle opere, conosciute dalle masse o
underground che siano, che occupano un posto particolare nel cuore. Nel
cuore di chi scrive, tra miriadi di fumetti letti e riletti, amati, vissuti
e perduti, ce n’è uno che occupa l’angolo più triste: GUMMER
STREET, di Phil Krohn. I lettori un po’ più attempati
forse ricorderanno queste strisce pubblicate negli anni ’70 su Eureka,
mensile diretto da Luciano Secchi, patron dell’Editoriale Corno: la casa
editrice milanese cui si devono molti capolavori del fumetto italiano quali
ad esempio Kriminal, Satanik, Gesebel, Dennis Cobb,
Alan
Ford, oltre alle prime edizioni italiane dei supereroi Marvel. Eureka,
nelle sue molte e non sempre fortunate vite |
editoriali, ha avuto il merito
di far conoscere al pubblico italiano molti autori che altrimenti sarebbero
rimasti appannaggio esclusivo degli americani o chi per essi.
Proprio sulla gloriosa rivista fecero
la prima comparsa le malinconiche (è un eufemismo!) strisce di Phil
Krohn, raccolte poi in questo volumetto da 700 lire ancora reperibile –perlomeno
qui a Torino- in molte bancarelle di libri e fumetti usati.
Certo, mi riesce difficile comprendere
come sia possibile che qualcuno si voglia sbarazzare di questo gioiellino…
forse un poco accurato repulisti del solaio, o forse l’eccesso di tristezza
che la lettura di GUMMER STREET può provocare, può avere
indotto incauti lettori a volersene disfare. Phil Krohn racconta con partecipato
(e crudele) sarcasmo la vita quotidiana degli abitanti di Gummer Street,
la strada emblema di un quartiere periferico bianco di una grande città
americana (probabilmente Philadelphia, città d’origine dell’autore).
Povera gente ingobbita da problemi e frustrazioni, senza più sogni
o speranze, aliena- |
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ta in gesti e pensieri sempre uguali
che conducono soltanto a spegnere la luce prima di dormire (in solitudine)
con la crudele certezza che domani sarà uguale o, più probabilmente,
peggiore. Certo: messa giù in questo modo a chi potrà mai
venir voglia di leggere un’opera così depressiva?!? Eppure… GUMMER
STREET è così pieno di poesia urbana, di umanità,
di malinconia, che non può non attrarre la nostra parte più
segretamente disperata, non foss’altro che per paragonarci ai personaggi
delle strisce di Krohn e poter così affermare:
“Io Non Sono Così!”.
Né mai vorremmo esserlo.
GUMMER STREET è un’opera che
ci costringe a metterci a confronto con le brutture e le false speranze
della vita, con l’assenza di sogni e motivazioni; ma proprio (anche) qui
sta la sua forza e il suo “messaggio”: guardare, pensare, per modificare
il destino e prendere la vita, per quanto è possibile, nelle proprie
mani; sentire il tempo che scorre e riempirlo consapevolmen- te di
occasioni di gioia; fare in modo che fiori e speranze nascano e crescano
nella GUMMER STREET di ognuno di noi, alla faccia di chi ancora crede che
i fumetti siano roba da bambini.
Orlando Furioso
- Riportiamo un estratto dalla prefazione di Maria Grazia
Perini al volume
Fantasticherie e Realtà di Gummer Street.-
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(…) Phil Krohn può essere considerato
il poeta della strada, un Leopardi del duemila che, ancor giovane com’è,
ha riposto nel cassetto tutte le sue speranze e afferma con amarezza: “credo
che la vita sia più una condanna che un’occasione e qualsiasi piacere
e felicità che ne possano derivare, passano in secondo piano di
fonte alla sfortunata mancanza di ogni significato”. E quindi anche
lui, ne siamo certi, prenderebbe a consolare un bimbo “dall’essere nato”.
Il poeta quindi della solitudine, quello che forse più di altri
si sente vicino agli incapaci ed ai falliti senza però dir loro
nemmeno
una parola di speranza perché ne conosce l’inutilità;
i suoi personaggi, come lui stesso afferma, non hanno una divina provvidenza
che li guidi ed il loro destino è quello di nascere, vivere una
vita di ben scarso significato ed infine di morire del tutto dimenticati.
(…) Ma Gummer Street con i suoi chiari significati di denuncia ad un mondo
che ha completamente dimenticato le alternative più umane ed accettabili,
è morta. (…) Vogliamo riportarvi le righe di un lettore diciassettenne
che, come molti altri, rimpiange questa striscia: “ (…) Potete
obiettarmi finché lo volete, ma da quando su Eureka il posto per
Gummer Street non c’è più, è vuoto. (…) La satira
amara, il riconoscimento netto e chiaro dei valori dell’uomo, erano così
ben determinati in Gummer Street che un tipo come me era capace di soffrirci
insieme, di constatare sempre più chiaramente di quanto tutto quello
che ci circonda sia così inutile, così sbagliato, così
privo di senso. I patimenti, le sofferenze e le angherie di tutti gli interpreti
di Gummer erano anche i miei ed io mi rispecchiavo in loro e trovavo in
essi quel po’ di consolazione che andavo cercando.” …
settembre 2001 |