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Lunga Intro (OT) Tutto ciò che scrivo in questo piccolo sito, dato che “mi ostino” (?!) a non trovare collaboratori/trici, è frutto di pensieri e riflessioni estremamente personali: emotive ma anche, perché no, un po’ tecniche. In fondo leggo fumetti da quasi  37 anni… Questo numero così impressionante –37 anni!- non è, beninteso, garanzia di nulla. Si può leggere per 37 anni e restare ignoranti. Ma i visitatori e le visitatrici di FUMETTIdiCARTA,  pochi e poche ma leali, sanno bene che qui si parla di fumetti da un punto di vista prevalentemente emozionale. Questo scritto-recensione sarà però ancor più particolare; qui mi metto personalmente in gioco, rischiando (come sempre) di mio: non sono un “esperto”, ma proprio minimamente!, di ciò di cui sto andando a scrivere e voi, spero, a leggere. Avete lo stesso voglia di continuare? Allora andiamo avanti! Comprai il mio primo albo Marvel nel 1970: era un numero dell’Uomo Ragno, precisamente il numero 2; era la mitica Era della Corno, la casa editrice milanese che portò i supereroi Marvel in Italia. Poi venne Devil, i Fantastici Quattro e infine Thor. Me ne nutrivo, letteralmente; andavo male a scuola perché “leggevo troppi fumetti”. In realtà leggevo e rileggevo sogni e racconti fantastici che Qualcun Altro aveva trasposto in vignette apposta per me. Pane e Marvel. Dopo un certo numero di anni il materiale proposto, disordinatamente, dalla Corno divenne scadente ai miei occhi; cominciai a leggere per abitudine, a disaffezionarmi a quegli eroi che vedevo sempre meno eroi e ai loro mutandoni colorati. Li mollai, senza un rimpianto. Altri più interessanti fumetti si erano affacciati al mondo e stimolavano la mia mente avida di avventura. Poi i supereroi Marvel scomparvero dalle edicole italiane, ma io non me ne accorsi, li dimenticai. Addirittura un pochino mi vergognai di aver fatto tanti sogni ad occhi aperti grazie a quei giornaletti che tanto scandalo avevano provocato nella mia famiglia, non certo particolarmente tollerante riguardo le mie letture fumettistiche (e le mie letture in genere). Ma basta con l’autobiografia, ché non sono ancora così famoso da potermene permettere una! Vent’anni dopo, seduti su una panchina in una delle più belle piazze della mia città, un’amica mi disse “Sai che escono di nuovo gli X-Men?”. E fui di nuovo preso dal vortice, così, d’improvviso, senza nulla che avesse potuto preannunciarmene l’imminenza. Fu l’Era della Star Comics, della Play Press, della Max Bunker Press  e della Comic Art. Di nuovo sognavo a occhi aperti… Furono anni pieni di colori sgargianti e di edizioni disordinate, di diritti malgestiti e in mano a mille editori diversi, eppure era bello arricchire il mio edicolante coi miei acquisti altrettanto disordinati, malgestiti, felici. Poi cavalcando su un asse d’argento, o forse d’oro, giunse Marvel Italia e dopo un po’ arrivarono, di nuovo (davvero: tutto è ciclico) le delusioni: i fottuti e maledetti crossover, l’invasione, gli orologini di plastica in omaggio con X-Force (se non ricordo male…). Mollai tutto, di nuovo. Contento di farlo, quasi orgoglioso: la MITA m’ispirava antipatia, con quell’aria da multinazionale col naso all’insù; gli ex-editor simpatici e affabili, disponibili, sensibili, si trasformavano magicamente, come tanti piccoli re mida, in nuovi editor arroganti, saccenti, altezzosi, antipatici neo-editor/direttori/presidenti o sa il cazzo cosa. Tutto ciò che aveva una tuta colorata addosso cominciò a ispirarmi un’antipatia viscerale, senz’altro esagerata e spesso immotivata. Non facevano altro che fare il loro lavoro, cioè cercare il profitto. Io continuavo a fare il mio: il lettore. Ma di altro genere. Oh, stavolta non mi avranno più, sono cresciuto. Eppoi c’era Sandman, Alan Moore, il fumetto indipendente, quello autoprodotto… chi diavolo aveva più bisogno dei supereroi della Marvel?!...

Ritorna il sense of wonder o forse non se n'è mai andato. Ho chiesto consiglio agli amici del forum della MITA: procùrati F4 dal 200 in poi -mi hanno detto-, è il punto ideale per chi non conosce i Fab Four o per chi li ha abbandonati da tempo e vuole riprenderne la lettura. Consiglio ac-
cettato, al punto che lo ripropongo a voi. Carlos Pacheco, amatissimo
autore spagnolo, si occupa di testi e disegni (moderni ma fortunatamente non Image-oriented) e la caratte- rizzazione del Favoloso Quartetto e del loro mondo è quanto di meglio si possa ricordare: drammatica, anti-realistica e prospetticamente audace come un albo di supereroi deve essere. Mantengo i miei dubbi 
sul fatto che un neo lettore possa orientarsi così agevolmente tra riferimenti che hanno 40 anni di vita, ma tant'è: da qualche parte bisogna pur incominciare. Per un neo-adepto, invece, la goduria è notevole: Diablo, Gargoyle, la Zona Negativa... Ribadisco ancora una volta che non c'è bisogno di creare nuovi marvelversi per 12enni per scrivere avventure appassionanti (ogni riferimento alla linea Ultimate è volutissimo): ripescare vecchi villains, situazioni mai completamente risolte, dar loro un'ottica moderna nel segno della gloria passata; forse è proprio questa la ricetta vincente per svecchiare eroi con 40 anni di maledetta/amata continuity alle spalle. Puro divertimento ed innocua evasione: nessun messaggio sociale, niente destrutturazione del
supereroe, scazzottate in cui la vittoria non è sempre data per scontata (ricordiamoci sempre la sospensione dell'incredulità), villains sempre più cattivi, una Donna Invisibile più potente che mai, i vecchi litigi che sfiorano l'omoerotismo tra la Torcia e La Cosa e molte sorprese. Non sono diventato improvvisa- 
mente un neo-fanatico di supereroi, non mi sogno di paragonare l'imparagonabile (ABC di Alan Moore...); semplicemente mi sono divertito da matti a leggere le nuove avventure dei Fantastici Quattro e ho avuto la fortuna di ricominciare da un ciclo di storie -che ahimé terminerà tra poco meno di un anno con l'abbandono di Pacheco- particolarmente azzeccato, al punto che aspetto con ansia l'uscita del prossimo numero. Che volete, un po' il fatto che sono un sentimentale, un po' il fatto che gli FQ mi mancavano (soprattutto La Cosa), parecchio effetto nostalgia ed ecco che sono qui a parlar bene di un prodotto Marvel. Da qui a Marvel-Zombie ce ne passa. Un paragone, invece, che mi è sorto spontaneo è stato  quello col primo ciclo delle storie dei FQ dell'(attualmente) odiatissimo John Byrne, probabilmente uno degli 
autori di fumetti più antipatici e presuntuosi che esistano al mondo: negli anni '80 Byrne si rese responsabile di una serie di avventure del Quartetto che riportarono la testata ai massimi vertici di gradimento. Leggere quelle storie era godimento puro e una delle cose migliori di quel Byrne era che riprendeva, con coraggio e fantasia, vecchie trame e sottotrame mai completamente risolte, magari anche apparentemente banali e partendo da esse portava nuova linfa avventurosa a un gruppo di supereroi dalle potenzialità virtualmente infinite. Ma torniamo al presente. Si sa che gli albi Marvel hanno sempre delle serie comprimarie che affiancano i titolari della testata: in attesa di conoscere "la serie" che terrà compagnia ai lettori dei FQ in un prossimo futuro, ci siamo gustati nel frattempo DOOM, una mini di 3 con protagonista il Dottor Destino, nemesi storica del favoloso Quartetto -oltreché uno dei personaggi più amati dell'intero universo Marvel-, ad opera di Chuck Dixon ai testi e Leonardo Manco ai disegni. Né infamia né lode, un'avventura ambientata nel Rinasciverso con un Destino privo della sua armatura e che deve fare affidamento esclusivamente 
sulla sua arma più potente e terribile: il suo cervello. Caruccia, niente più. Interessante intuire, finalmente, il volto orribilmente sfigurato del malvagio tiranno di Latveria (una delle curiosità che mi assilla da quasi 30 anni...), disegni cupi e ambientazioni alla Mad Max. Sufficiente. Dopo la conclusione della mini di Destino, dal numero 203, è iniziata invece una mini intitolata BIG TOWN, con Steve Englehart ai testi e Mike McKone e altri ai disegni (Eduardo Alpuente, Randy Elliott ecc. ecc.). Del primo, che so non essere troppo amato dai fan italiani, ricordo invece un bel ciclo dei Fantastici Quattro (gli albi in questione sono già impacchettati per il trasloco, quindi non sono in grado di citarveli, sorry) che mi aveva appassionato. Del disegnatore invece confesso la mia ignoranza, ma non credo entrerà mai nella mia personale Top Twenty... 
La storia è ambientata, al solito, in un Marvelverso alternativo, nel quale Reed Richards, il leader dei FQ, ha donato al mondo le sue conoscenze tecnologiche nella speranza utopica di creare un mondo perfetto. Anche in questo mondo, invece,esistono i criminali, la povertà, i tradimenti, le zone malfamate e blablabla. I supereroi sono affiancati da squadre di polizia dotate di poteri artificiali. Lo spunto iniziale è dato dal fidanzamento ufficiale della Torcia con una certa Sally: da lì in poi si sviluppa una trama che non ho ancora avuto modo di comprendere, ma che non riesce proprio ad appassionarmi. Detta proprio fuori dai denti, il primo commento che mi è venuto in mente dopo la lettura dei primi capitoli di BIG TOWN è stato: beh, speriamo finisca presto! Si resta, insomma, in attesa di un degno comprimario "cosmico" che affianchi le avventure ufficiali del Quartetto, anche per avere la soddisfazione di pagare l'albo per intero, non so se mi spiego... Buon (puro) divertimento!
Orlando Furioso

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ottobre 2001