di Winick
– McKone - su: X-TREME X-MEN, mensile, brossurato, colore
- Panini Comics
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A prescindere da tutto quel che
ci è stato detto sinora, i mutanti non sono tutti temuti
e odiati dal mondo che hanno giurato di proteggere. Questo, per il semplice
fatto che non tutti si trovano sullo stesso mondo. Si tratta sempre del
pianeta Terra, ma il Multiverso Marvel (e quello mutante in particolare)
è composto di infinite dimensioni alternative, in cui un evento
accaduto in momenti o con modalità diverse modifica in bene o in
male l’intero corso della storia. Naturalmente, un homo superior
reietto che per dieci anni ha vissuto in un campo di concentramento, avrà
una filosofia, un modo di pensare e di agire ben diverso dall’X-Man nato
in un’epoca di tolleranza ed eguaglianza per tutti, e se questi due dovessero
trovarsi a combattere uniti, sarebbe interessante vedere che attriti ci
sarebbero, che sensazioni proverebbero ed in che modo si porrebbero di
fronte alla stessa situazione. Ecco, Exiles nasce proprio da questo
presupposto: cosa succederebbe, se si mettesse insieme un gruppo di X-Men
provenienti da linee temporali profondamente diverse da quella del Marvel
Universe ufficiale e si fornisse loro il medesimo scopo, ovvero riparare
le “falle” nella struttura del |
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del tempo per salvare il proprio
futuro? Judd Winick ha appena cominciato a rispondere al pubblico
italiano con il primo episodio della serie, pubblicato dalla Panini su
X-Treme
X-Men, che questo mese è anche oggetto di campagna promozionale,
visto che il prezzo è di un solo euro (tralascio i miei commenti
sulla cosa, perché non è il posto né il momento per
parlarne, ma è stata gestita malissimo). Quando cominciai a sentir
parlare della serie, mesi fa, temetti che sarebbe stata una cosa da appassionato
degli X-Men di lunga data, un po’ come certe collane dei primi anni ’90
dove ogni tre vignette c’era un riquadro in basso a destra che indicava
dove andarsi a cercare le storie a cui si riferivano i personaggi. La mia
idea era supportata dalle news che leggevo in rete, dove si parlava di
protagonisti che sarebbero stati delle “vecchie conoscenze” dei lettori
di X-Men, affermazione che faceva presagire un ampio ripescaggio di figure
minori e sconosciute ai più, operazione peraltro contraria al Quesada-pensiero,
che mira a scrollarsi di dosso il pesante fardello rappresentato da quarant’anni
di continuity in favore di storie che siano comunque coerenti con essa,
ma che siano anche facilmente |
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avvicinabili dal lettore occasionale
o dal neofita, che non riesce a sentirsi coinvolto se non capisce
nulla di quello che legge (chi non proverebbe in egual modo smarrimento
e noia, in quelle condizioni?). Per fortuna, avevo frainteso: i componenti
del team di Exiles sono effettivamente già noti a chi legge le storie
dei mutanti da molto tempo, ma non sono le stesse versioni del Marvel Universe
ufficiale, e quindi conoscerne la caratterizzazione originaria non è
essenziale, a meno di non volersi sbizzarrire a fare il gioco delle similitudini.
Quel genio del marketing che è Quesada, quindi, ha colpito ancora:
ha fatto contenti gli esigenti True Believers, che potranno andare
a rileggersi la storia in cui compare per la prima volta Mimo e -nei casi
più ossessivi- controllare se aveva il pizzetto tagliato nello stesso
modo, ed ha contemporaneamente messo in commercio un fumetto a sé
stante, perfettamente autoreferenziale e fruibile anche dall’ultimo arrivato
(quale sono io, ad esempio). Da quel poco che abbiamo potuto vedere della
serie qui in Italia, tutto promette bene: lo sceneggiatore non è
mai troppo prolisso nelle didascalie ed è in grado di sintetizzare
le informazioni |
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necessarie al lettore per capire
ciò di cui si sta parlando lasciando al penciler, Mike McKone,
il compito di aggiungere un significato in più al tutto trasponendo
le parole in immagini. Inoltre, Winick dimostra sin da subito di aver capito
a cosa deve prestare attenzione, per evitare che la sua narrazione diventi
lenta e ripetitiva, e riesce persino a riassumere le vicende di vita di
ogni personaggio senza perdersi in flashback poco realistici o in monologhi
al limite della recitazione. Anche la distribuzione delle parti della storia
non è male e, sebbene sia un po’ schematizzata, è arricchita
dalla discreta capacità dell’autore di trasmettere emozioni: all’inizio
c’è l’incontro casuale di tutti i characters, confusi più
che mai; immediatamente dopo, sopraggiunge un personaggio che spiega agli
astanti il motivo per cui sono tutti riuniti, pur lasciando alcuni punti
in sospeso ed altri particolari sottaciuti; da qui, comincia l’azione:
Blink ed i suoi compagni arrivano nel punto dove si è verificata
l’anomalia temporale, e proprio dopo aver finito la missione… c’è
il colpo di scena delle ultime due pagine, che non anticipo perché
immagino che chiunque legga questa recensione per farsi un’idea sulla serie
non voglia sapere come va a finire il primo numero… |
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I dialoghi, vero punto di forza
dello sceneggiatore, sono freschi, velati di ironia e sufficientemente
credibili nonostante l’atmosfera fantascientifica della serie, i cui cardini
sono -come già detto- dimensioni alternative e distorsioni temporali:
uno stile a metà tra l’iperrealismo di Bendis, i cui personaggi
sono quasi vivi grazie alle sole loro parole, e l’originalità di
Peter David, un vero maestro nel suo mestiere. Winick non è ancora
al livello di nessuno dei due, ma i suoi personaggi già trasudano
vitalità (il linguacciuto e creativo Morph ne è l’esempio
calzante) e possiamo ben sperare in un’evoluzione interessante delle sue
capacità, peraltro sviluppatesi esponenzialmente anche solo dalla
miniserie di Blink a oggi (anche perché all’epoca lui scriveva solo
i testi, lo sceneggiatore era Lobdell). A tal proposito, c’è
da ricordare che quella storia pressoché inutile era il prologo
dichiarato alla collana dedicata agli Esiliati, sebbene l’unico punto di
contatto tra le due cose sia la protagonista mutante dal colorito violaceo,
che nel quarto ed ultimo episodio della sua mini viene misteriosamente
teleportata in un deserto, e lì si ritrova all’inizio di Exiles
#1. Sicuramente non indispensabile e, |
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considerando anche quant’era tediosa
ed insulsa suddetta quadrilogia, la Marvel avrebbe potuto risparmiarsela
e risparmiarcela, magari utilizzando una sola pagina all’interno del primo
episodio della nuova serie per un flashback (qui l’avrei sopportato e supportato)
che spiegasse in che modo Clarice fosse sopravvissuta alla distruzione
del suo mondo, noto ai lettori di vecchia data come l’Era di Apocalisse.
Per quanto riguarda la parte grafica, McKone ha un tratto sottile ed essenziale
e, proprio per questo essere poco votato ai dettagli, il suo stile risulta
abbastanza piatto se si prova a pensare agli stessi disegni senza colori
che evidenzino luci ed ombre, ma è in ogni caso un buon matitista,
piuttosto sopra la media e piacevolmente particolare, nell’era successiva
al modello Image, caratterizzato da bruti muscolosi e donne prosperose
un po’ ovunque, che venivano a minare le peculiarità artistiche
di chi illustrava in maniera più singolare. In sostanza, Exiles
si presenta come un fumetto godibile e piacevole, magari non indispensabile
ma interessante e destinato a migliorare, visti i presupposti. Non per
nulla, del resto, la più famosa rivista americana di comics, Wizard,
l’ha insignita del riconoscimento di “Miglior serie esordiente del 2001”.
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settembre ‘02 |