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Mi ha veramente
colpito, anche se non sorpreso, come Bendis sia riuscito a trattare
con così tanta delicatezza una 'patata bollente' come l'autismo
(anche se qui si parla di una sua forma lieve e temporanea). Questo è
infatti un argomento quantomeno inconsueto per il mondo del fumetto mainstream
USA, troppo spesso accusato di essere freddo, superficiale, teso solo a
mostrare eroi ed eroine muscolosissimi e le loro super-scazzottate. Il
rovescio della medaglia è che quest'opera può, ahimè,
avvalorare quelle critiche! Qui, infatti, di cazzotti neanche l'ombra.
Anzi, mi correggo, giusto un'ombra... E i supereroi? Certo, ci sono un
cameo di Peter Parker e continue citazioni |
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di tutti gli
altri eroi Marvel...
ma Devil, il titolare della testata, è un personaggio assolutamente
secondario ed accessorio. I protagonisti della storia sono il suo
amico-confidente Ben Urich, giornalista del Bugle, e Timmy, un bambino
in stato catatonico figlio di un ex-avversario del rosso mascherato. Urich
viene a sapere che questo bambino, che si esprime 'a fumetti', è
rimasto traumatizzato quando suo padre, l'Uomo-Rana, è scomparso
durante uno scontro con Devil. Questo è tutto quello che c'è
da sapere se siete interessati all'azione. La ricerca della verità
su questa faccenda è il pretesto per un'analisi sulle difficoltà
dei rapporti padre - |
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-figlio, sul significato
etico della parola "giustizia" e, soprattutto, sul peso che il senso di
colpa può assumere in determinate circostanze. Per questo la storia
non si sviluppa come un classico 'whodunnit', non è cioè
una ricerca dell'assassino (che infatti ci viene ampiamente suggerito,
anche se non svelato). Ma è proprio qui che riscontro una grande
dote di Bendis,
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il quale riesce
a mantenere alto il livello d'attenzione dilatando a piacimento i tempi
della narrazione e riuscendo così a mettere in risalto aspetti e
risvolti che con altri ritmi (magari quelli veloci, più tipici degli
'action comics') sarebbero diventati poco più che dettagli al limite
dell'inside-joke.Qui entra in ballo anche la parte grafica dell'opera,
in quanto Bendis sembra costruire il suo tessuto narrativo proprio in funzione
dello stile pittorico e stratificato di David Mack. Bendis e Mack
riescono in questo senso a creare una struttura sinfonica a più
voci, dove la narrazione procede non a blocchi ma a 'layer', a strati appunto.
E' questa una tecnica |
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prevalentemente
grafica, e non stupisce che Bendis, pur non essendo dotato dello strepitoso
talento figurativo di Mack, sia anche un bravo disegnatore che sopperisce
alle sue carenze a livello di tratto proprio con narrazioni di questo tipo.
Testo e disegni, quindi, sono indissolubilmente legati, tanto che spesso
è difficile capire dove finisca l'uno e dove cominci l'altro, quanto
sia stato messo da Bendis e quanto da Mack. Ma la profondità di
questo procedimento narrativo non si limita a questo. I disegni del bambino
(ma anche le storie che racconta) diventano essi stessi fondamentali nello
sviluppo della storia, ed è anzi a loro |
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delegato (grazie
anche alla mediazione della 'versione dei fatti' di Devil) il compito di
mantenere intatto il sottile filo narrativo che lega tra loro gli elementi
del plot.
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E' come se
Bendis ci suggerissse che a lui non interessa narrare questa storia...
ed infatti lo fa fare (virtualmente) a qualcun altro. Poco importa, quindi,
se la trama è semplice-semplice ed assolutamente prevedibile. E'
vissuta da un bambino e raccontata da un bambino, il giornalista (Urich)
si limita a riportarla... e Bendis (con Mack) ad assemblarla. L'unico a
cui la storia di supereroi importa veramente, e per cui sono veramente
importanti i supereroi, è Timmy. Urich invece, oltre ad un articolo
da prima pagina, trova risposte e conferme, ma soprattutto rinnova |
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la fiducia e la
stima per l'uomo che si cela dietro alla maschera cornuta; mentre Bendis
e Mack riescono a proporci un lavoro bello e toccante, che si distingue
per la sua profondità, delicatezza ed originalità... vi sembra
poco per un fumetto Marvel?
marzo 2002 |