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Nel ripercorrere la storia e l’evoluzione
del fumetto americano, la prima cosa di cui ci si rende immediatamente
conto è la straordinaria quantità di albi di tutti i generi
e formati prodotti (in origine settimanalmente, poi mensilmente) in oltre
cento anni di storia da una vastissima moltitudine di case editrici. Il
fumetto nacque dalle vignette satiriche ottocentesche che apparivano sui
quotidiani ma si sviluppò decenni dopo (soprattutto con il genere
avventuroso) e precisamente a partire dal 1929: un periodo storico in cui
gli Stati uniti attraversarono una profonda e lunga crisi economica. Il
fumetto di avventura rappresentò un improvviso ed inaspettato mezzo
di evasione per la popolazione costretta a vivere in condizioni di grave
ristrettezza economica: un veicolo di fuga dalle preoccupazioni quotidiane
che, paradossalmente, segnò l’inizio di un ricchissimo business
in un periodo estremamente poco florido. Il fumetto d’avventura, dalla
sua nascita in poi, ebbe da subito sia una grossa diffusione sia una forte
spinta verso nuovi orizzonti, nuovi generi, primo tra tutti quello della
sci-fi accanto a quello dei supereroi. |
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La così detta Golden Age
degli anni ’30 e ’40, seguita poi dalla Silver Age degli anni ’50
e ’60 furono a dir poco epoche dorate ed irripetibili per la produzione
di fumetti, tanto per ragazzi quanto per adulti. Erano davvero tempi d’oro:
la fame di eroi ed avventure da parte dei lettori (la cui attenzione era
ancora lontana dall’essere assorbita da altri mass media come televisione,
computer, videogiochi ed Internet) sembrava insaziabile ed il mercato degli
albi a fumetti pareva realmente senza confini tanto che era ampio. Nelle
edicole, ma anche nei negozi, farmacie e drogherie, trovavano spazio albi
di tutti i generi e per tutti i gusti: dal western ai racconti di guerra,
dall’horror alla fantascienza, dalle storie sentimentali a quelle di cappa
e spada passando per i super eroi ed il pulp. |
A partire però dall’immediato
dopoguerra, il decennio tra il ’45 ed il ’55 vide la fine del fenomeno
dei fumetti horror e di quelli supereroistici, generi tra i più
venduti allora: le pubblicazioni di supereroi chiusero quasi tutte i battenti
(eccezion fatta per Superman e Batman) a causa della fine della guerra
e quindi anche dell’esaurimento sia della spinta bellico-propagandistica
di quei tempi sia del calo di interesse da parte del pubblico che non aveva
più la sensazione di minaccia incombente su proprio paese, esorcizzata
dalla lettura dei propri beniamini. Parallelo a questo fenomeno avvenne
(durante la famigerata caccia alle streghe del periodo maccartista degli
anni ’50) anche la fine delle testate horror, demonizzate da una crociata
puritana di genitori, psicologi e politici come diseducative e portatrici
di ideologia comunista e sovversiva. Tra i pochi rimasti, il genere di
fantascienza si consolidò parecchio e, dotato di una spinta propulsiva
maggiore rispetto ad altri generi, finì per occupare la maggior
fetta del mercato editoriale lasciando le altre pubblicazioni a dividersi
le briciole. Per oltre un decennio (praticamente fino alla metà
degli anni ’60 in cui ci fu il ritorno |
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dei supereroi) si assistette ad
una proliferazione di avventurieri cosmici, eroi spaziali, navi lucenti
a forma di sigaro, mondi lontani popolati da creature fantastiche, alieni
invasori, fanciulle esotiche e pistole laser… Tanti di questi personaggi
hanno segnato un’epoca e sono rimasti scolpiti nell’immaginario collettivo
ancora oggi: pensate a carachters come Flash Gordon, Buck Rogers,
Adam
Strange e, non ultimo per importanza, DAN DARE. Personaggio
storico del fumetto britannico, Dare fu uno dei pochi protagonisti di un
fumetto non americano a fare breccia ed avere successo nel panorama dei
comics americani, di solito impermeabili ad influenze straniere. In origine,
Dan Dare apparve al pubblico per la prima volta il 14 Aprile 1950 sul primo
numero del settimanale antologico a fumetti “Eagle”, incontrando immediatamente
un largo consenso da parte di migliaia di ragazzi inglesi. |
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I disegni di Frank Hampson (l’artista
più famoso al lavoro sul personaggio) lasciarono senza fiato i lettori
per il loro tratto incisivo, la ricchezza dei dettagli ed il realismo di
personaggi e paesaggi. Dan, tanto graficamente quanto narrativamente (merito
soprattutto dello scrittore Scott Murray), era “vivo” e reale, il suo carattere
ben definito tanto da essere immediatamente riconoscibile e perfettamente
giustificato per quanto riguardava le sue scelte ed i suoi comportamenti,
mai forzati bensì sempre naturali ed in linea con il suo ego. Forse
anche per questo suo aspetto “familiare” Dare ebbe un successo così
grande ed immediato tanto da essere esportato fuori dai confini dell’Inghilterra
ed entrare di diritto negli annali dei grandi personaggi dello spazio.
Come il celebre Flash Gordon, Dare era una sorta di intrepido cavaliere
del cosmo, anch’egli biondo, coraggioso ma, realisticamente, meno prestante
e più intellettuale del personaggio di Alex Raymond. Le similitudini
tra i due comunque sono pochissime: importante elemento di diversificazione
era il fatto che Dare non fosse un |
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guerriero o un avventuriero spaziale
bensì un astronauta, veterano di volo ed ufficiale graduato della
“Interplanetary Space Fleet” (Flotta dello Spazio Interplanetario) nonchè
astrofisico con tanto di laurea. Le sue avventure avevano SEMPRE un presupposto
scientifico ben preciso, che traeva spunto (geniale intuizione degli autori)
dalle ultime scoperte in tema di scienza e spazio rese note al pubblico,
le quali contribuivano non poco a dare una patina di realismo maggiore
rispetto agli altri fumetti di fantascienza. Lo stile ed il pregio dello
scrittore Murray consistevano nel concepire personaggi e situazioni appartenenti
al genere “fantastico” in una dimensione notevolmente realistica e tecnologicamente
coerente, anticipando sia il gusto che la tendenza della fantascienza moderna.
Le avventure di Dan Dare, infatti, pur essendo fantascientifiche non stravolgevano
la scienza ufficiale nei cui confronti gli autori si concedevano qualche
licenza solo in casi eccezionali: qualora si presentavano minacce cosmiche
sconosciute o nemici dotati di tecnologie sofisticatissime su cui venivano
forniti volutamente pochi |
elementi conoscitivi in maniera
da “solleticare” la fantasia e le ipotesi da parte dei lettori e stimolare
maggiormente la loro identificazione con i personaggi delle storie. Le
storie, inoltre, erano molto “parlate” senza però che i ricchi dialoghi
rallentassero il ritmo della narrazione: essi erano parte fondamentale
della costruzione della storia e rendevano l’episodio ancora più
realistico e coinvolgente. Importantissimo, per quanto riguardava l’aspetto
grafico, il fatto che il succitato disegnatore Hampson abbia dato uno stile
indelebile alla serie non solo per il suo |
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tratto preciso e per una vivida
immaginazione ma anche perché l’artista si ispirava, per i particolari
“tecnologici” e spaziali che disegna- va, ai modelli ed i prototipi areonautici
studiati dalla Nasa ed alle immagini del cosmo riprese da osservatori astronomici
e dai primi satelliti artificiali. Praticamente, prima di Dan Dare nessun
fumetto conteneva un esplosione di innovazioni fantascientifiche così
realistiche e riconoscibili, ancora oggi affascinanti da vedere. La marcia
in più di Dare rispetto ad altri fumetti era questa: il realismo.
Essa è una serie piena zeppa di dettagli e particolari, dei generi
più vari (tecnici, storici, geografici, perfino di moda) che contribuivano
a rendere estremamente labile il velo della così detta “Sospensione
dell’Incredulità”, tanto che più di un lettore si trovava
ad ipotizzare quello che aveva letto nel fumetto come realmente possibile
in futuro. Accanto e poi dopo la produzione degli episodi firmati da Murray
ed Hampson (discontinua, a cavallo del 1951 e 1959), altri artisti hanno
firmato i testi ed i disegni di Dare ma nel corso degli anni il fascino
del pilota della Flotta Spaziale (che anticipò anche di parecchio
tempo le tematiche di Federazione terrestre, alleanze di pianeti ed esplorazione
del cosmo immaginate da Gene Rodenberry su Star Trek) è rimasto
costantemente immutato, conquistandosi un esercito di ammiratori in tutto
il mondo.
Paolo Pugliese
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gennaio ‘03 |