Articolo 28 della Convenzione Internazionale dei diritti dell’infanzia

  1. Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo all’educazione, ed in particolare, al fine di garantire l’esercizio di tale diritto gradualmente ed in base all’uguaglianza delle possibilità:

  1. rendono l’insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti;

  2. incoraggiano l’organizzazione di varie forme d’insegnamento secondario sia generale sia professionale, che saranno aperte ed accessibili ad ogni fanciullo e adottano misure adeguate come la gratuità dell’insegnamento e l’offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità;

  3. garantiscono a tutti l’accesso all’insegnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in funzione delle capacità di ognuno;

  4. fanno in modo che l’informazione e l’orientamento scolastico e professionale siano aperti ed accessibili ad ogni fanciullo;

  5. adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono dalla scuola;

  1. Gli Stati parti adottano ogni adeguato provvedimento per vigilare affinché la disciplina scolastica sia applicata in maniera compatibile con la dignità del fanciullo in quanto essere umano ed in conformità con la presente Convenzione.

  2. Gli Stati parti favoriscono ed incoraggiano la cooperazione internazionale nel settore dell’educazione, in vista soprattutto di contribuire ad eliminare l’ignoranza e l’analfabetismo nel mondo e facilitare l’accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche ed ai metodi d’insegnamento moderni. A tal fine si tiene conto in particolare delle necessità dei paesi in via di sviluppo.

 

Da sempre il mio rapporto con la scuola è stato molto buono. I miei genitori mi iscrissero, in un primo momento, all’asilo nido dell’Istituto delle Suore Stimmatine, il risultato?: un disastro. La voglia di tornare a casa era tanta e dopo un mese la mia mamma dovette optare sui miei nonni che mi "alloggiavano" ogni mattina nella loro tranquilla casa. Fu così fino alla scuola materna mia prima vera "avventura" con la scuola. La nostra insegnante era suor Giovanna, suora dolce e garbata. Devo, però, confessare che ero un bambino sì calmo, ma abbastanza svogliato.

Ricordo che dei tanti disegni che coloravamo, molti li nascondevo sotto gli occhi della suora per portarli a casa e intanto lei appendeva alla parete i lavori degli altri senza accorgersene. Eccomi arrivare nella scuola dell’obbligo la cui prima tappa è la scuola elementare. Il 12 settembre 1992 ero emozionato nel salire al piano superiore dell’Istituto, quello che ospitava la scuola elementare. Una ragazza di 5° incaricata dalla direttrice mi accompagnò fino in classe. Mi aspettavo una maestra di mezza età, con i capelli un po’ imbiancati o tinti, con gli occhiali. E, invece, chi vedo? Una ragazza di 28 anni che indossava una giacca ‘casual’ e pantaloni a righe verticali. Ebbi il coraggio di dire –Buongiorno!- E andai a occupare il posto vicino a Paolo e Virgilio, due amici della scuola materna. La maestra Rosalba (questo era il nome dell’insegnante) ha avuto la "santa pazienza" di sopportarci durante i cinque anni. Altro momento clou furono gli esami di 5° elementare, ma, cosa più importante, fu il distacco irreversibile dall’elementare dove, piangere, era più che lecito. Intanto mi chiedevo: cosa mi aspetterà, perché? Queste erano le domande che mi ponevo.

A tutte queste domande ho trovato risposte positive nella scuola media che frequento, la "G. Di Biasio". Tutto è bello, perché a renderlo tale sono stati i miei compagni, i professori, i bidelli, il Preside oltre al personale di segreteria. Non posso neanche colpevolizzare la struttura della scuola dato che il personale specializzato si sta impegnando a "ristrutturare" l’edificio, anche se l’auditorium potrebbe essere più accogliente e le strutture sportive più efficienti. Faccio un esempio: al campo di tennis si potrebbe affiancare un campo di calcio o di basket ideale nella zona opposta all’entrata. E magari istituire dei rientri pomeridiani dove i ragazzi possano praticare spensieratamente i vari sport. Si tratta in ogni caso di ritocchi perché della scuola non posso proprio lamentarmi..
                                                                                      Alessandro

                                               Se i libri fossero…

Se i libri fossero di torrone
ne leggerei uno a colazione.
Se un libro fosse fatto di prosciutto
a mezzogiorno lo leggerei tutto.
Se i libri fossero di marmellata
a merenda darei una ripassata.
Se i libri fossero di frutta candita
li sfoglierei leccandomi le dita.
Se un libro fosse di burro e di panna
lo leggerei prima di andare a nanna.

Roberto Piumini

 

Salmo responsoriale(1) n 1,256 elevatoapigrecofratto2

..Ed Egli (2) ci giudicò
e trovò che troppo poco tempo
avevamo dedicato alle sudate carte…,
che nella nostra finitezza di scolari quattordicenni,
non avevamo saputo cogliere
i preziosi ammonimenti dei nostri precettori….,
che avevamo permesso
alla nostra subdola presunzione, che troppo vanta presunta erudizione,
alla cecità orgogliosa della nostra scienza, imbevuta di peccaminosa tracotanza,
alla futilità dei vizi terreni,
quali frivole uscite per il corso,
estenuanti partite a pallone,
interminabili imprese belliche virtuali
e peregrinose navigazioni su Internet,
di defraudare la Sacra Istituzione Scolastica, della degna importanza che le compete,
di oscurare la fede nel Testamento dei Testamenti:
il Libro Di Scuola,

che ramingo per la stanza,
senza fissa dimora,
fu sfogliato con malvagie intenzioni,
masticando irripetibili minacce e,
scoccata l’ora fatale dell’impegno mondano fu,
sacrilegio dei sacrilegi,
seppellito nell’angolo più remoto della libreria,
senza neanche degna cerimonia funebre

Egli ci giudicò e ci trovò colpevoli….

…..ci vediamo in appello (3)

TERZADI

(1) Responsoriale: in risposta allo scrutinio del I quadrimestre
(2) Egli: Nostro Consiglio Di Classe
(3) appello: termine di difficile interpretazione, probabilmente il suo significato è "secondo quadrimestre, o l’anno prossimo, o ancora l’altro, o l’altro ancora…"

La scuola oggi

La Repubblica Italiana con la Costituzione garantisce leggi a tutela dei cittadini e anche di noi ragazzi. Uno di questi è il diritto allo studio che prevede l’istruzione obbligatoria per bambini e ragazzi fino a 14 anni d’età. Dalla nostra esperienza possiamo tracciare una breve analisi sugli anni scolastici appena trascorsi ed esprimere un giudizio sulla scuola, per quello che ci ha dato e cosa potrebbe fare per metterci alla pari dei nostri "partners" europei.
La scuola è maestra di vita. Essa, infatti, è la nostra base di cultura e da essa non va disgiunta la socializzazione. Ma ciò non è tutto perché la scuola fa maturare il comportamento di ognuno, lo fa crescere, lo rende più responsabile e consapevole delle proprie capacità. Amplia le idee e allarga gli orizzonti raggiungendo il fine più importante: la crescita totale della persona. Certamente non si è partiti da questa situazione. Tanti anni sono passati da quel fatidico ’68 quando i ragazzi protestavano per le strade e nelle scuole contro il mal funzionamento delle istituzioni. Oggi le manifestazioni si svolgono più di rado ma ugualmente ci sono ragioni valide per contestare e fini precisi da raggiungere. Noi non possiamo lamentarci, certo, anche se i problemi esistono. Ora il governo attuale sta portando aria di rinnovamento
nel sistema scolastico di fatti la scuola media scomparirà presto; la nuova scuola si chiamerà scuola dell’orientamento e gli anni di studio saranno nove. Intanto le modifiche si stanno attuando solo al sistema e non alle strutture vere e proprie a nostro avviso le più bisognose di un 'restauro' completo o meglio di una modernizzazione. Si dovrebbero migliorare le strutture e adeguarle ai nuovi sistemi di sicurezza; inoltre, rendere più accoglienti le aule e introdurre finalmente in massa computer. Infine dare maggior impulso alle attività sportive, seguire l’esempio delle scuole inglesi che nella grande maggioranza possiedono piscine e campi da gioco.
Concludendo lo Stato cerca di investire soldi per la migliore qualità dell’istruzione ma un monito va lanciato alle famiglie affinché seguano con maggior costanza i figli indirizzandoli allo studio e gli vietino di svolgere lavori non adatti alla loro età come operai o inseriti nel traffico della prostituzione, in tal caso lo Stato prenderà seri provvedimenti, dalle multe alla prigione; dato che se si vuole un futuro promettente ci vuole prima di tutto una preparazione culturale. Perciò chi non va a scuola si troverà in difficoltà nella vita, mentre chi studia trarrà sicuramente soddisfazioni e benefici.

130000 banchi vuoti

Non risponderanno mai "presente" perché nessuno li chiamerà all'appello. Sono le migliaia di bambini italiani che non vengono neppure iscritti alla scuola dell'obbligo. E l’evasione scolastica è il primo sintomo del disagio della condizione dei bambini, premessa per il lavoro minorile o per altre forme di sfruttamento. Quanti sono fin da piccoli a disertare la scuola? Secondo il CENSIS sono 130000, considerano l’intero periodo della scuola dell'obbligo e fanno parte dei 250000 minori che lavorano. Soltanto stime, certo; ma un dato interessante si ricava dalle fonti ufficiali per la scuola elementare pubblica: qui mancano all'appello oltre 170000 bambini, come si calcola del confronto tra popolazione residente nata tra il primo gennaio 1986 e il 31 dicembre 1990(2778517bambini)e gli iscritti nelle cinque classi della scuola elementare nell’anno scolastico 1996/97 (2604830 alunni). La differenza, per l’esattezza, è di 173787bambini, dei quali, 80960 del Sud, 58541 del Nord e 34186 del Centro. Certo, molti dei 173mila mancano all’appello della scuola pubblica semplicemente perché si sono iscritti alla scuola privata. Ma la scuola privata (il cui peso alle elementari è nel complesso marginale) non può giustificare l’intera entità del fenomeno: infatti se al Sud si diserta la scuola pubblica più che al Nord, è difficile pensare che ciò sia dovuto ad una più forte presenza alla scuola privata. Non tutti i bambini iscritti, poi, finiscono col frequentare. Nell’anno scolastico 1996/97 per ogni 10000 bambini iscritti alle elementari, 7 a fine anno mancano per ragioni non dovuti a problemi di salute o trasferimenti, valore che sale a 27 bimbi ogni 10mila in Calabria. Se all’elementare il fenomeno resta marginale, la situazione si fa più grave nei tre anni delle medie, quando l’alternativa del lavoro è particolarmente forte. Qui ogni 10mila studenti si registrano 62 abbandoni, con forti differenze tra una regione e l’altra: si va dai 10 abbandoni ogni 10mila iscritti del Veneto ai 194 della Sicilia. In numeri assoluti (cioè ragazzi in carne e ossa) si tratta di 11075 abbandoni nelle scuole medie di tutta Italia nel 1996/97, con 4035 casi in Sicilia, 2628 in Campania, 1968 in Puglia e 1009 in Calabria, le quattro regioni dove il fenomeno è più diffuso. Un intervento capillare per il rispetto dell’obbligo agli studi in età minorile è stato chiesto dal senatore dei Verdi Athos De Luca al Ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer. Per De Luca toccherebbe ai presidi d’Istituto e ai circoli scolastici "seguire i bambini sul territorio di competenza con controlli e, quando necessario, denunce alle autorità". Per Albertina Soliani, sottosegretario alla Pubblica Istruzione, "l’abbandono scolastico è l’altra faccia del lavoro minorile. Ogni istruzione scolastica deve fare i conti con i suoi abbandoni: deve andare a cercare a casa i ragazzi."

                                                                               (La Repubblica, 8 gennaio 1998)

 

 Il profumo del fiore

Una volta, al centro di una grande pianura, c’era un paese chiamato Scoraggiamento, dove i bambini erano tristi perché gli adulti non li comprendevano.
Quando i bambini giocavano a correre, subito gli adulti intervenivano per controllare chi arrivava primo e prendevano in giro tutti quelli che perdevano.
Gli adulti di Scoraggiamento cercavano sempre di organizzare delle gare tra bambini e di metterli in competizione tra loro. I bambini così smisero di correre, di giocare, di saltare e ridere.
In quel paese solo i genitori di Jessica, una bambina di dieci anni che frequentava la quinta, erano orgogliosi della loro figlia; Jessica infatti a scuola riceveva sempre dei premi dagli insegnanti e dal direttore. Era la prima in tutto.
Jessica però non era una bambina contenta, perché era molto sola, doveva sempre faticare, non osava confidarsi con i compagni, temeva la loro invidia.
Un mattino di primavera i compagni di Jessica si ritrovarono nella scuola deserta e all’improvviso scoprirono che nel cortile era sbocciato uno strano fiore profumato.
Lo annusarono e accadde una cosa speciale, bella e importante: capirono che non era importante arrivare primi, bensì vincere lo scoraggiamento e cercare tutti uniti di migliorare e di imparare.
Decisero di invitare gli insegnanti, i genitori e tutti gli adulti del loro paese ad una grande gara di corsa allo stadio.
Il giorno stabilito, alla partenza, tutti i bambini si presero per mano formando una lunga catena e insieme tagliarono il traguardo.
Jessica e tutti gli adulti capirono il messaggio che avevano voluto dare loro con quel gesto, si alzarono in piedi e gridarono : "Evviva ! Che bello poter arrivare insieme, non essere soli a vincere".