Articolo 28 della Convenzione Internazionale dei diritti dell’infanzia
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Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo all’educazione,
ed in particolare, al fine di garantire l’esercizio di tale diritto
gradualmente ed in base all’uguaglianza delle possibilità:
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rendono l’insegnamento primario obbligatorio e gratuito per
tutti;
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incoraggiano l’organizzazione di varie forme d’insegnamento
secondario sia generale sia professionale, che saranno aperte ed accessibili ad
ogni fanciullo e adottano misure adeguate come la gratuità dell’insegnamento
e l’offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità;
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garantiscono a tutti l’accesso all’insegnamento superiore
con ogni mezzo appropriato, in funzione delle capacità di ognuno;
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fanno in modo che l’informazione e l’orientamento
scolastico e professionale siano aperti ed accessibili ad ogni fanciullo;
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adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza
scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono dalla scuola;
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Gli Stati parti adottano ogni adeguato provvedimento per
vigilare affinché la disciplina scolastica sia applicata in maniera compatibile
con la dignità del fanciullo in quanto essere umano ed in conformità con la
presente Convenzione.
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Gli Stati parti favoriscono ed incoraggiano la cooperazione
internazionale nel settore dell’educazione, in vista soprattutto di
contribuire ad eliminare l’ignoranza e l’analfabetismo nel mondo e
facilitare l’accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche ed ai metodi d’insegnamento
moderni. A tal fine si tiene conto in particolare delle necessità dei paesi in
via di sviluppo.
Da sempre il mio rapporto con la scuola è stato molto buono.
I miei genitori mi iscrissero, in un primo momento, all’asilo nido dell’Istituto
delle Suore Stimmatine, il risultato?: un disastro. La voglia di tornare a casa
era tanta e dopo un mese la mia mamma dovette optare sui miei nonni che mi
"alloggiavano" ogni mattina nella loro tranquilla casa. Fu così fino
alla scuola materna mia prima vera "avventura" con la scuola. La
nostra insegnante era suor Giovanna, suora dolce e garbata. Devo, però,
confessare che ero un bambino sì calmo, ma abbastanza svogliato.
Ricordo che dei tanti disegni che coloravamo, molti li
nascondevo sotto gli occhi della suora per portarli a casa e intanto lei
appendeva alla parete i lavori degli altri senza accorgersene. Eccomi arrivare
nella scuola dell’obbligo la cui prima tappa è la scuola elementare. Il 12
settembre 1992 ero emozionato nel salire al piano superiore dell’Istituto,
quello che ospitava la scuola elementare. Una ragazza di 5° incaricata dalla
direttrice mi accompagnò fino in classe. Mi aspettavo una maestra di mezza
età, con i capelli un po’ imbiancati o tinti, con gli occhiali. E, invece,
chi vedo? Una ragazza di 28 anni che indossava una giacca ‘casual’ e
pantaloni a righe verticali. Ebbi il coraggio di dire –Buongiorno!- E andai a
occupare il posto vicino a Paolo e Virgilio, due amici della scuola materna. La
maestra Rosalba (questo era il nome dell’insegnante) ha avuto la "santa
pazienza" di sopportarci durante i cinque anni. Altro momento clou furono
gli esami di 5° elementare, ma, cosa più importante, fu il distacco
irreversibile dall’elementare dove, piangere, era più che lecito. Intanto mi
chiedevo: cosa mi aspetterà, perché? Queste erano le domande che mi ponevo.
A tutte queste domande ho trovato risposte positive nella
scuola media che frequento, la "G. Di Biasio". Tutto è bello, perché
a renderlo tale sono stati i miei compagni, i professori, i bidelli, il Preside
oltre al personale di segreteria. Non posso neanche colpevolizzare la struttura
della scuola dato che il personale specializzato si sta impegnando a
"ristrutturare" l’edificio, anche se l’auditorium potrebbe essere
più accogliente e le strutture sportive più efficienti. Faccio un esempio: al
campo di tennis si potrebbe affiancare un campo di calcio o di basket ideale
nella zona opposta all’entrata. E magari istituire dei rientri pomeridiani
dove i ragazzi possano praticare spensieratamente i vari sport. Si tratta in
ogni caso di ritocchi perché della scuola non posso proprio lamentarmi..
Alessandro
Se i libri fossero…
Se i libri fossero di torrone
ne leggerei uno a colazione.
Se un libro fosse fatto di prosciutto
a mezzogiorno lo leggerei tutto.
Se i libri fossero di marmellata
a merenda darei una ripassata.
Se i libri fossero di frutta candita
li sfoglierei leccandomi le dita.
Se un libro fosse di burro e di panna
lo leggerei prima di andare a nanna.
Roberto Piumini
Salmo responsoriale(1) n 1,256
elevatoapigrecofratto2
…..Ed Egli (2) ci giudicò
e trovò che troppo poco tempo
avevamo dedicato alle sudate carte…,
che nella nostra finitezza di scolari quattordicenni,
non avevamo saputo cogliere
i preziosi ammonimenti dei nostri precettori….,
che avevamo permesso
alla nostra subdola presunzione, che troppo vanta presunta
erudizione,
alla cecità orgogliosa della nostra scienza, imbevuta di
peccaminosa tracotanza,
alla futilità dei vizi terreni,
quali frivole uscite per il corso,
estenuanti partite a pallone,
interminabili imprese belliche virtuali
e peregrinose navigazioni su Internet,
di defraudare la Sacra Istituzione Scolastica, della degna
importanza che le compete,
di oscurare la fede nel Testamento dei Testamenti:
il Libro Di Scuola,
che ramingo per la stanza,
senza fissa dimora,
fu sfogliato con malvagie intenzioni,
masticando irripetibili minacce e,
scoccata l’ora fatale dell’impegno mondano fu,
sacrilegio dei sacrilegi,
seppellito nell’angolo più remoto della libreria,
senza neanche degna cerimonia funebre
Egli ci giudicò e ci trovò colpevoli….
…..ci vediamo in appello (3)
TERZADI
(1) Responsoriale: in risposta allo scrutinio del I
quadrimestre
(2) Egli: Nostro Consiglio Di Classe
(3) appello: termine di difficile interpretazione,
probabilmente il suo significato è "secondo quadrimestre, o l’anno
prossimo, o ancora l’altro, o l’altro ancora…"
La scuola oggi
La Repubblica Italiana con la Costituzione garantisce leggi a
tutela dei cittadini e anche di noi ragazzi. Uno di questi è il diritto allo
studio che prevede l’istruzione obbligatoria per bambini e ragazzi fino a 14
anni d’età. Dalla nostra esperienza possiamo tracciare una breve analisi
sugli anni scolastici appena trascorsi ed esprimere un giudizio sulla scuola,
per quello che ci ha dato e cosa potrebbe fare per metterci alla pari dei nostri
"partners" europei.
La scuola è maestra di vita. Essa, infatti, è la nostra
base di cultura e da essa non va disgiunta la socializzazione. Ma ciò non è
tutto perché la scuola fa maturare il comportamento di ognuno, lo fa crescere,
lo rende più responsabile e consapevole delle proprie capacità. Amplia le idee
e allarga gli orizzonti raggiungendo il fine più importante: la crescita totale
della persona. Certamente non si è partiti da questa situazione. Tanti anni
sono passati da quel fatidico ’68 quando i ragazzi protestavano per le strade
e nelle scuole contro il mal funzionamento delle istituzioni. Oggi le
manifestazioni si svolgono più di rado ma ugualmente ci sono ragioni valide per
contestare e fini precisi da raggiungere. Noi non possiamo lamentarci, certo,
anche se i problemi esistono. Ora il governo attuale sta portando aria di
rinnovamento nel sistema scolastico di fatti la scuola media scomparirà presto;
la nuova scuola si chiamerà scuola dell’orientamento e gli anni di studio
saranno nove. Intanto le modifiche si stanno attuando solo al sistema e non alle
strutture vere e proprie a nostro avviso le più bisognose di un 'restauro'
completo o meglio di una modernizzazione. Si dovrebbero migliorare le strutture
e adeguarle ai nuovi sistemi di sicurezza; inoltre, rendere più accoglienti le
aule e introdurre finalmente in massa computer. Infine dare maggior impulso alle
attività sportive, seguire l’esempio delle scuole inglesi che nella grande
maggioranza possiedono piscine e campi da gioco.
Concludendo lo Stato cerca di investire soldi per la migliore
qualità dell’istruzione ma un monito va lanciato alle famiglie affinché
seguano con maggior costanza i figli indirizzandoli allo studio e gli vietino di
svolgere lavori non adatti alla loro età come operai o inseriti nel traffico
della prostituzione, in tal caso lo Stato prenderà seri provvedimenti, dalle
multe alla prigione; dato che se si vuole un futuro promettente ci vuole prima
di tutto una preparazione culturale. Perciò chi non va a scuola si troverà in
difficoltà nella vita, mentre chi studia trarrà sicuramente soddisfazioni e
benefici.
130000 banchi vuoti
Non risponderanno mai
"presente" perché nessuno li chiamerà all'appello. Sono le migliaia
di bambini italiani che non vengono neppure iscritti alla scuola dell'obbligo. E
l’evasione scolastica è il primo sintomo del disagio della condizione dei
bambini, premessa per il lavoro minorile o per altre forme di sfruttamento.
Quanti sono fin da piccoli a disertare la scuola? Secondo il CENSIS sono 130000,
considerano l’intero periodo della scuola dell'obbligo e fanno parte dei
250000 minori che lavorano. Soltanto stime, certo; ma un dato interessante si
ricava dalle fonti ufficiali per la scuola elementare pubblica: qui mancano
all'appello oltre 170000 bambini, come si calcola del confronto tra popolazione
residente nata tra il primo gennaio 1986 e il 31 dicembre 1990(2778517bambini)e
gli iscritti nelle cinque classi della scuola elementare nell’anno scolastico
1996/97 (2604830 alunni). La differenza, per l’esattezza, è di 173787bambini,
dei quali, 80960 del Sud, 58541 del Nord e 34186 del Centro. Certo, molti dei
173mila mancano all’appello della scuola pubblica semplicemente perché si
sono iscritti alla scuola privata. Ma la scuola privata (il cui peso alle
elementari è nel complesso marginale) non può giustificare l’intera entità
del fenomeno: infatti se al Sud si diserta la scuola pubblica più che al Nord,
è difficile pensare che ciò sia dovuto ad una più forte presenza alla scuola privata. Non tutti i bambini iscritti,
poi, finiscono col frequentare. Nell’anno scolastico 1996/97 per ogni 10000
bambini iscritti alle elementari, 7 a fine anno mancano per ragioni non dovuti a
problemi di salute o trasferimenti, valore che sale a 27 bimbi ogni 10mila in
Calabria. Se all’elementare il fenomeno resta marginale, la situazione si fa
più grave nei tre anni delle medie, quando l’alternativa del lavoro è
particolarmente forte. Qui ogni 10mila studenti si registrano 62 abbandoni, con
forti differenze tra una regione e l’altra: si va dai 10 abbandoni ogni 10mila
iscritti del Veneto ai 194 della Sicilia. In numeri assoluti (cioè ragazzi in
carne e ossa) si tratta di 11075 abbandoni nelle scuole medie di tutta Italia
nel 1996/97, con 4035 casi in Sicilia, 2628 in Campania, 1968 in Puglia e 1009
in Calabria, le quattro regioni dove il fenomeno è più diffuso. Un intervento capillare per il rispetto dell’obbligo agli
studi in età minorile è stato chiesto dal senatore dei Verdi Athos De Luca al
Ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer. Per De Luca toccherebbe ai
presidi d’Istituto e ai circoli scolastici "seguire i bambini sul
territorio di competenza con controlli e, quando necessario, denunce alle
autorità". Per Albertina Soliani, sottosegretario alla Pubblica
Istruzione, "l’abbandono scolastico è l’altra faccia del lavoro
minorile. Ogni istruzione scolastica deve fare i conti con i suoi abbandoni:
deve andare a cercare a casa i ragazzi."
(La Repubblica, 8 gennaio 1998)
Il profumo del fiore
Una volta, al centro di una grande pianura, c’era un paese
chiamato Scoraggiamento, dove i bambini erano tristi perché gli adulti non li
comprendevano.
Quando i bambini giocavano a correre, subito gli adulti
intervenivano per controllare chi arrivava primo e prendevano in giro tutti
quelli che perdevano.
Gli adulti di Scoraggiamento cercavano sempre di organizzare
delle gare tra bambini e di metterli in competizione tra loro. I bambini così
smisero di correre, di giocare, di saltare e ridere.
In quel paese solo i genitori di Jessica, una bambina di
dieci anni che frequentava la quinta, erano orgogliosi della loro figlia;
Jessica infatti a scuola riceveva sempre dei premi dagli insegnanti e dal
direttore. Era la prima in tutto.
Jessica però non era una bambina contenta, perché era molto
sola, doveva sempre faticare, non osava confidarsi con i compagni, temeva la
loro invidia.
Un mattino di primavera i compagni di Jessica si ritrovarono
nella scuola deserta e all’improvviso scoprirono che nel cortile era sbocciato
uno strano fiore profumato.
Lo annusarono e accadde una cosa speciale, bella e
importante: capirono che non era importante arrivare primi, bensì vincere lo
scoraggiamento e cercare tutti uniti di migliorare e di imparare.
Decisero di invitare gli insegnanti, i genitori e tutti gli
adulti del loro paese ad una grande gara di corsa allo stadio.
Il giorno stabilito, alla partenza, tutti i bambini si
presero per mano formando una lunga catena e insieme tagliarono il traguardo.
Jessica e tutti gli adulti capirono il messaggio che avevano
voluto dare loro con quel gesto, si alzarono in piedi e gridarono : "Evviva
! Che bello poter arrivare insieme, non essere soli a vincere".
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