dell'infanzia.
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Gli Stati parti riconoscono che i fanciulli mentalmente
o fisicamente handicappati devono condurre una vita piena e decente, in
condizioni che garantiscono la loro dignità, favoriscano la loro autonomia ed
agevolino la loro attività partecipazione alla vita della comunità.
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Gli Stati parti riconoscono il diritto dei fanciulli
handicappati di beneficiare di cure speciali ed incoraggiano e garantiscono,
in considerazione delle risorse disponibili, la concessione, dietro richiesta,
ai fanciulli handicappati in possesso dei requisiti richiesti, ed a coloro i
quali ne hanno la custodia, di uno aiuto adeguato alle condizioni del
fanciullo ed alla situazione dei suoi genitori o di coloro ai quali egli è
affidato.
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In considerazione delle particolari esigenze dei minori
handicappati, l’aiuto fornito in conformità con il paragrafo 2 del presente
articolo è gratuito ogni qual volta ciò sia possibile, tenendo conto delle
risorse finanziarie dei loro genitori o di coloro ai quali il minore è
affidato. Tale aiuto e concepito in modo tale che i minori handicappati abbiano
effettivamente accesso alla educazione, alla formazione, alle cure sanitarie,
alla riabilitazione, alla preparazione al lavoro ed alle attività ricreative
possono beneficiare di questi in maniera atta a concretizzare la più concreta
integrazione sociale ed il loro sviluppo personale anche nell’ambito
spirituale e culturale.
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In uno spirito di cooperazione internazionale, gli Stati
parti favoriscono lo scambio di informazione pertinenti delle cure sanitarie
preventive e del trattamento medico, psicologico e funzionale dei minori
handicappati, anche mediante la divulgazione di informazioni concernenti i
metodi di riabilitazione ed i servizi di formazione professionale, nonché l’accesso
a tali dati, in vista di consentire agli Stati parti di migliorare le proprie
capacità e di allargare la loro esperienza in tali settori. A tal riguardo, si
terrà conto in particolare delle necessità dei paesi in via di sviluppo.
Mio fratello si chiama Roberto ed è affetto dalla Sindrome di Down. Ha 14
anni e solo ora comincia a capire e a rendersi conto di essere diverso dagli
altri..
Ma lui non è "diverso" soltanto capisce le cose un po’ più
lentamente di noi..
Alcuni ragazzi lo prendono in giro e lo ritengono incapace di fare le cose e
per questo io credo che i suoi diritti così non vengono rispettati. Se gli
altri agiranno così egli si convincerà veramente di essere diverso e di non
sapere fare nulla.
Secondo me il vero "diverso" è chi vive chiuso nella propria
presunzione e nel proprio egoismo.
Io gli voglio bene e mi trovo bene con lui e soprattutto non ho vergogna che
sia mio fratello.
Gioco con lui, ma quando esco con le mie amiche lui dice alla mamma "
Perché Ilaria ha le amiche e io non ho nessuno e devo stare sempre da
solo?" e mia madre per consolarlo gli risponde "Ci sono io per
te!". Spero proprio che con il tempo trovi degli amici.
Ilaria
I portatori di handicap nella scuola
"L’Italia è stato il primo Paese Europeo a promuovere
l’inserimento dei portatori di handicap nella scuola comune.
Per molto tempo la sola risposta data al problema dei bambini
o degli adolescenti con difficoltà a scuola è stata la loro sistemazione in
strutture specializzate, classi o istituti la cui funzione era quella di
rispondere ai loro bisogni specifici, ma che spesso presentavano tutti gli
svantaggi derivati dall’essere comunque delle strutture che finivano per avere
un carattere discriminativo.
Con la legge 118 del 1971 e poi ancora con la legge 517 del
1977, il principio dell’integrazione scolastica viene considerato, in Italia,
un obiettivo sociale a garanzia del diritto di uguaglianza.
Dal 1971 ad oggi molte cose sono state fatte, su molte si
deve ancora lavorare affinché si possa assicurare ai portatori di handicap un
livello di vita migliore, in termini sia medici sia educativi.
In particolare, il diritto all’integrazione scolastica dei
portatori di handicap garantisce:
Il diritto alla frequenza nella scuola dell’obbligo;
Il diritto all’insegnante di sostegno;
La riduzione del numero di alunni nella classe in cui è
inserito un portatore di handicap.
La recente legge quadro 104 del febbraio 1992 sull’assistenza,
l’integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate, dimostra, in
questo senso, la volontà italiana di percorrere la linea dell’integrazione e
di continuare a lavorare nella prospettiva di garantire ai disabili l’emancipazione
dalle differenze e la compensazione degli svantaggi.
La legge 104/1992 mette bene in evidenza la necessità di
raccordo tra gli operatori USL, il personale scolastico specializzato e non, lo
psicopedagogista, i familiari, affinché interventi mirati, attraverso una
programmazione didattica individuale ed integrata, risultino efficaci per un
recupero effettivo del disabile. Inoltre, per evitare che il portatore di
handicap, inserito nella scuola comune, venga "relegato" all’esclusiva
competenza dell’insegnante, il comma 6 dell’articolo 13 della legge 104/92 ,
sancisce la contitolarità dell’insegnante di sostegno. Ciò significa che s’intende
promuovere nelle classi una reale cooperazione ed un lavoro comune tra l’insegnante
di sostegno, perché si possa parlare non solo di inserimento dei disabili nella
"scuola di tutti", ma di reale integrazione.
Talvolta, infatti, l’intervento dell’insegnante di
sostegno, in mancanza di strutture, di sussidi, di strumenti operativi, di
disponibilità ambientali, può insistere soprattutto sugli aspetti di sviluppo
della socialità e della capacità di interagire produttivamente con i coetanei,
può privilegiare i processi di acquisizione della consapevolezza di sé che
consentano al portatore di handicap livelli di vita autonoma e senso di
responsabilità. Del resto non se ne vuole qui sminuire l’importanza: sono
funzioni irrinunciabili che accrescono il controllo cognitivo sulla realtà
concreta..
Il rischio, però, è che venga trascurato l’aspetto di
coltivazione e di cura delle risorse cognitive esistenti, che non venga prestata
la necessaria attenzione al potenziamento delle abilità intellettuali, che, non
accantonate ma sollecitate, possano moltiplicare le capacità comunicative e
creative delle persone e permettere notevoli progressi nell’acquisizione, nell’organizzazione
e nel consolidamento della conoscenza.
A questo proposito si deve comunque tener presente che, per
quanto riguarda i tempi di apprendimento, sebbene varino a seconda della natura
dell’handicap, si avranno generalmente dei tempi più lunghi rispetto ai
risultati degli altri bambini e maggiori difficoltà nei processi di
apprendimento, può valorizzare le capacità e le qualità di chi sta
raggiungendo tappe importanti del proprio sviluppo, rispettandone tempi e modi
mettendo in evidenza le caratteristiche positive ed i progressi effettuati.
In questo modo il bambino si sentirà rassicurato, avrà più
fiducia nelle proprie forze e potrà acquisire una buona immagine di sé.
In conclusione, i vantaggi derivanti dall’integrazione dei
disabili nella scuola comune sono molteplici.
Il bambino con handicap può raggiungere risultati a cui
forse era un tempo difficile pensare. Inoltre il contatto con gli altri, l’incontro
con modelli di comportamento normali, stimolerà il suo sviluppo, sia sul piano
del linguaggio che dell’autonomia. Nella maggior parte dei casi gli altri
bambini dimostreranno nei suoi confronti un interesse sincero ed affettuoso,
grande solidarietà e disponibilità.
Le sollecitazioni e gli stimoli positivi provenienti dai
compagni avranno spesso un effetto benefico sul rendimento complessivo. Gli
altri bambini impareranno a conoscerlo, ad interpretare i messaggi, a capire le
sue necessità emozionali ed affettive ed aiuteranno a far vivere vostro figlio
in modo equilibrato ed in armonia con gli altri.
Ci sembra comunque importante sottolineare la necessità che
i genitori collaborino con i responsabili dei servizi sanitari ed educativi e
che seguano una linea d’intervento unitaria che scaturisca da un accordo e da
un reciproco rispetto di ruoli e competenze."
(Da "E’ nato un bambino down" , AAVV)
Il problema dell’handicap coinvolge tutta la società, non
solo quelli che sono a contatto con i bambini o le persone che sono in
difficoltà.
Non dobbiamo dimenticare, prima di ogni cosa, che la società
si deve organizzare in modo tale da offrire a tutti una possibilità e la stessa
dignità di ogni essere umano. Allora ecco che sono necessarie delle leggi che
organizzino la vita sociale, in modo tale da non escludere i portatori di
handicap dalla vita della società. In Italia sono già state attuate alcune
leggi che inseriscono nelle scuole , negli uffici, nei luoghi del tempo libero,
i portatori di Handicap. Sono state fatte anche leggi che in questi ultimi anni
stanno eliminando barriere architettoniche per far si che ogni Handicappato
abbia la libertà di entrare e uscire dagli uffici pubblici, salire e scendere
dai mezzi di trasporto, dai marciapiedi alle strade. Queste sono scelte di
civiltà di una nazione che considera gli uomini uguali. Ma oltre a tutte queste
cose c’è bisogno di una grande sensibilità da parte di ognuno di noi verso
tutte le persone con Handicap.
Non basta la legge per aiutare chi è in difficoltà,
dobbiamo essere tutti noi ogni giorno in ogni momento, in ogni occasione, a dare
a chi è meno fortunato di noi la forza per vivere da uomo.
Il nostro atteggiamento non deve essere mai di compassione ma
di amore.
L’amore ci avvicina agli altri e ci aiuta a capire i
dolori, le sofferenze, a comunicare gioia e solidarietà. Quello che noi
facciamo a queste persone non deve essere sentito come un peso ma come un atto d’amore
che ogni essere umano fa nei confronti di un altro essere umano dotato della
nostra stessa dignità, dei nostri stessi desideri della nostra stessa umanità.
Aiutando gli altri aiuteremo anche noi stessi ad essere migliori ed essere più
uomini nel vero senso della parola.