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Nome della rivista Argomento di Nome della rivista Argomento
di
Go! Arlequins
(n.0 Lug.1995)
Alberto Nucci
Go! Metal Shock
(A. XI n.199 Set.1995)
Gianni Della Cioppa
Go! Thunder
(A. 4 n.27 Mar.1997)
Lucio Mazzi Go! Flash
(A. XIII n.99 Apr.1997)
Andrea Bertamino
Go! Metal Shock
(A. XIII n.241 Giu.1997)
add Go! Psycho
(Lug.1997)
Gianni Della Cioppa
Go! Arlequins
(Set.1997)
Alberto Nucci Go! Nobody's Land
(Incerto - Set.1997)
Luigi Seviroli
Go! Big Bang
(n.23 Nov.1997)
Aymeric Leroy Go! Keyboard
(Dic.1997)
Dan Barrett
Go! Big Bang
(n.33 Dic.1999)
Aymeric Leroy Go! Il Mucchio Selvaggio
n.383 Feb.2000
Gianni Della Cioppa
Go! Arlequins
(A.XI n.27 Feb. 2000)
Cesare Salvani
Go! Ciao
(A.1 n.3 Apr.2000)
Mario Giammetti

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Viola's gallery
Arlequins - Lug.95
I DFA sono di Verona e propongono un jazz-rock sinfonico gradevole e piuttosto ben fatto. Non si pensi di essere di fronte al gruppetto che ha ascoltato un paio di volte la Mahavisnu Orchestra cercando poi di arrabattarsi a scimmiottarla: il quartetto veronese non lesina spunti interessanti, spesso addirittura aggressivi quando la chitarra si sposta su sonorita' piu' pesanti. Proprio la chitarra detta legge in un gruppo che possiede la formazione classica degli ensamble rock, a parte il cantante, ma le tastiere spesso si limitano ad intessere tappeti di sottofondo od a sottolineare il gran gioco della sezione ritmica e della sei corde. L'ascolto dei 6 brani strumentali non e' per niente impegnativo ne' riservato agli eletti di questo genere musicale; in effetti i DFA sono un gruppo rock che suona jazz, senza l'ausilio di strumenti a fiato o contrabbasso, facendolo anche in modo molto personale ed interessante. Non v'e' molto di piu' da dire: raccontare i brani uno per uno, con tutte le loro mille sfaccettature sarebbe un'impresa assai ardua

(Alberto Nucci)

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Viola's gallery
Metal Shock - Set.1995
Nome e titolo enigmatici per questo quartetto di Verona che si cimenta in una rilettura competente degli stilemi jazz/prog, cari ai Gong di Pierre Moerlen. Sonorità del passato quindi, caso quasi incredibile se si focalizza la giovane età: dei musicisti. In evidenza la tastiera di Roberto Tommasini, tenue e filamentosa a seconda delle esigenze, ma anche la chitarra di Silvio Minella offre un buon contributo, con le sue aperture melodiche. Sei i pezzi proposti, ben registrati ed avvolti in una bella confezione. Spiccano "Collage", "Panther" con squarci distorti, "Space Ace Man" e la song-track, anche se alla distanza la mancanza del cantato finisce con il pesare sulla fluidità: del prodotto

(gdc)

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Viola's gallery
Thunder - Mar.1997
Il progressive italiano non è (mai) morto. Solo che per trovarlo bisogna scavare e scavare, battere i negozietti scalcinati, vere miniere di prelibatezze sonore per pochi eletti e, insomma, trasformarsi in detectives della suite. Troppo per un momento musicale in cui impera l'usa e getta, il fast food musicale, la pappa cotta e già masticata di quello che passano le radio. Così questo CD ( e chissà quanti altri) passerà inosservato ai più. Peccato perchè il gruppo veronese oltre ad avere dalla sua un'abilità strumentale notevolissima (che comunque in questo genere è data per scontata), gode anche di non poche felici intuizioni che riescono sempre a riscattare gli echi (inevitabili?) dei grandi maestri (Gentle Giant e Banco in testa). Brani lunghi come di prammatica ma, miracolosamente, mai noiosi (se si è un minimo sintonizzati con questo genere musicale). Una citazione d'obbligo per Trip on metro. Buon esordio, insomma.

(L.M.)

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Flash - Apr.1997
Spettacolare quartetto nostrano che manifesta una preparazione tecnico/compositiva entusiasmante, le cui sonorità proposte seguono i canali di un prog rock forte, profondamente influenzato dal jazz, una sorta di versione heavy dei bolognesi Deus Ex Machina, forse meno cervellotici, ma non per questo più lineari. Il grande uso di Hammond B3 e di chitarre distorte potrà far trovare loro estimatori anche fra i lettori di "Flash" dalle vedute più ampie, mentre chi ha già apprezzato la sopracitata band bolognese non faticherà a collocare i D.F.A. fra i propri beniamini, trovando nelle liriche in lingua madre un atout vincente per una migliore fruibilità. Attenzione ai passaggi fra Area e King Crimson posti nell'opener "Work Machine" e nella strumentale "Space Ace Man", capaci di attirare l'ascoltatore in un gorgo di note che si rincorrono, si incastrano senza timore di annoiare. Complimenti vivissimi.

(ABe)

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Metal Shock - Giu.1997
Ottimo cd d'esordio per questo quartetto veronese, che si era già contraddistinto in passato con il demo "Trip On Metro", tra l'altro recensito su queste stesse pagine. Il gruppo scaligero ci offre sessanta minuti di musica ad alto livello sia compositivo che esecutivo e certo non si discute sulla perizia tecnica dei quattro musicisti, che spesso si divertono in passaggi ostici ed intricati senza scadere in tecnicismi fini a se stessi. Dal punto di vista stilistico, i D.F.A. ci rimandano alla migliore tradizione del rock progressivo egli anni '70, soprattutto ai Gentle Giant ed ai King Crimson, non disdegnando influenze fusion e funky; rispetto al demo d'esordio i brani risultano poi levigati negli arrangiamenti e certamente più godibile grazie all'innesto di parti cantate dal batterista Alberto De Grandis e dal tastierista Alberto Bonomi. Dei sei brani presenti nel cd, mi preme citare "Work Machine", che dopo un inizio degni degli anni Settanta più acidi si sviluppa in uba parte più melodica ed atmpsferica, dagli arrangiamenti di tastiera davvero voncenti. Il brano migliore, a mio avviso, è sicuramente "Pantera - La Sua Anima", in costante bilico tra territori prog-rock, jazz, fusion; notevole è la cura delle dinamiche e dei tempi composti che permette ad ogni singolo strumento di essere messo in risalto al momento giusto, senza far perdere coerenza all'intero pezzo. Davvero magico è il finale per chitarra acustica e flauto che varrebbe da solo l'acquisto del disco. Un gruppo che merita tutta la vostra attenzione.

(add)

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Psycho - Lug.1997
E' quasi imbarazzante l'elevato standard qualitativo di questi DFA, autori di un debutto bellissimo che riflette immagine jazz rock senza escludere nulla, dal prog evoluto alle dimostrazioni di una tecnica strumentale matura ed al servizio della musica. Disco convincente, che resta pur sempre un debutto e quindi un punto di partenza verso nuovi e sconosciuti universi artistici.

(Gianni Della Cioppa)

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Arlequins - Set.1997
Avendo già ospitato un paio di numeri fa il demotape di questa band veronese, sono rimasto abbastanza sorpreso, in modo piacevole devo dire, trovandomi già alle prese con un loro CD e soprattutto constatandone il notevole miglioramento che andrò ad esporre all'inclito pubblico. Innanzi tutto, facendo un passo indietro, c'è da ricordare che i DFA erano (sono...) autori di un jazz-rock progressivo piuttosto elaborato, dalle influenze un po' Holdsworth, un po' Weather Report. Con questo CD due novità importanti sono state introdotte nella loro musica: un tastierista, Alberto Bonomi, che porta un dote un bel set di tastiere e synth, compresi i canonici Hammond e Mellotron. In secondo luogo sono state aggiunte delle parti cantate ove in passato la proposta era solo strumentale. Il tutto è ovviamente accaduto senza che il gruppo perdesse un grammo dell'energia che già trasudava dal nastro precedentemente analizzato, anzi acquistandone forse una dose ulteriore, quasi che l'essere usciti per la nuova etichetta dei Deus Ex Machina avesse fatto sì che avvenisse una trasfusione di grinta e ruvidezza mutuata dal combo bolognese. Il risultato è un qualcosa che si avvicina abbastanza ai migliori Minimum Vital, ma che si differenzia da essi appunto per la carica e l'aggressività di certe situazioni, non sconfinanti nel puro hard, ma capaci di caricare l'ascoltatore come pochi gruppi che suonano questo genere sanno fare. I 6 brani sono piuttosto lunghi ed elaborati, con una punta di oltre 16 minuti per la splendida "la via", cui affianco per bellezza le più brevi, ma intense, "Collage" (davvero quasi hard...) e "Space ace man". Si, insomma... in conclusione, avete capito chequesto non è un disco consigliabile solo a chi ama sonorità jazzate o canterburiane, trattandosi di un grande album di Progressive sinfonico, prima di tutto!!

(Alberto Nucci)

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Nobody's Land - 1997
Ottimi questi D.F.A., gruppo nostrano che propone una miscela esplosiva da alto tasso trogressivo in cui convogliano influenze che vanno da un jazz-rock romantico modello Anglagard e Gentle Giant, a momenti tipicamente P.F.M. Il tutto filtrato in modo molto personale e colorato dall'intenso lirismo espressivo del mellotron di Alberto Bonomi. Le tinte sono oniriche ed oscure, fratturate da esplosioni espressioniste di forte intensità emotiva. I brani presenti in "Lavori in corso" sono 7 (ance se le note di copertina ne segnalano soltanto 6), tutti di ottimo livello. Vi segnalo la splendida ed acustica "Trip on metrò" con inserti di flauto e tastiere davvero da brivido. Poi la frammentata e crimsoniana "Space Ace Man" caratterizzata dagli eccellenti ricami della chitarra di Silvio Minella. "La Via" (ben 16'19") è immensa e misteriosa, un vero e proprio must per gli estimatori del prog targato anni '70. I D.F.A., oltre ad essere tecnicamente dotati, sono indubbiamente una band da tenere d'occhio e questo cd è assolutamente da avere. L'album, inoltre, segna il debutto della neonata etichetta "Scolopendra" di Bologna. Se il buon giorno si vede dal mattino...

(Luigi Seviroli)

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Big Bang - Nov.1997
I gruppi italiani sono senz'altro da lodare per il loro grande contributo alla rinascita del progressive rock degli ultimi anni, ma bisogna anche riconoscere che, in molti casi, la tecnica strumentale non è all'altezza della buona volontà espressa. Questo non è necessariamente un problema nel caso di bands sinfoniche - un genere nel quale la tecnica non è così importante -, ma lo diventa quando la musica aspira ad un livello di complessità più alto: una capacità strumentale insufficiente può causare disastri.

Non dovrebbe sorprendere il fatto che il primo disco dei D.F.A. sia uscito per l'etichetta Scolopendra, recentemente creata dal cantante dei Deus Ex Machina, Alberto Piras. C'è infatti una indiscutibile somiglianza tra il sestetto di Bologna ed il quartetto veronese, soprattutto nella sconcertante facilità con la quale entrambi i gruppi suonano la loro musica che, pur esendo molto esigente dal punto di vista tecnico, non è mai dimostrativa ed è sufficientemente diretta dal punto di vista emozionale da condurre al puro piacere uditivo.

Coloro che trovano la musica dei Deus Ex Machina troppo esuberante o dissonante si rassicurino, i D.F.A. fanno molta attenzione a rimanere sempre melodici ed accessibili. Il loro album potrebbe quindi sembrare meno profondo od estremo dal punto di vista emozionale, ma può invece raggiungere un pubblico più vasto. Non sto parlando di compromesso commerciale, al contrario. Infatti il mix di complessità ed accessibilità ottenuto dai D.F.A. è molto difficile da raggiungere.

E nel rispetto di quanto appena affermato, è da lodare il fatto che la maggior parte del materiale offerto nel disco sia puramente strumentale. Le parti vocali, a dire il vero, non sono il punto di forza dei D.F.A., al contrario dei DEM. Infatti sono state aggiunte solo recentemente alla musica del gruppo e non sembra essere stata una buona scelta in quanto la dimensione strumentale dei brani è assolutamente autosufficiente. Il fatto che il secondo brano, "Collage", termini con un eloquente "shut up your fucking mouth!"... seguito da quasi 30 minuti interamente strumentali (salvo un piccolo intervento vocale), è sta ad indicare che probabilmente il gruppo condivide parte delle mie perplessità.

Queste parti strumentali sono una costante delizia: ricche, variegate, colorate, divertenti e piacevoli... La finezza degli arrangiamenti sottolinea la complementarietà quasi osmotica dei quattro musicisti. Mi preme sottolineare che la principale forza creativa dei D.F.A. è il batterista e co-fondatore del gruppo, Alberto De Grandis. Brillantemente supportato dal tastierista Alberto Bonomi, entrato nel gruppo per ultimo, egli ha creato delle basi ritmiche così solide che consentono la fioritura di qualsiasi creatività compositiva.

L'intuito melodico dei D.F.A. non è mai sacrificato in favore di un jazz-rock certamente gratificante ma assolutamente sterile, nel loro modo di suonare c'è ancora una spontaneità sufficiente ad emozionare l'ascoltatore. Certo gli arrangiamenti condizionano molto, al punto che la libertè individuale è limitata, ma il risultato raggiunge lo scopo: musica che riempie sia l'intelletto che il cuore.

Non sarebbe leale etichettare i D.F.A. come il "simpatico fratellino dei Deus Ex Machina". La loro musica prende sicuramente meno rischi e non è perfettamente levigata (principalmente dal punto di vista del canto), ma bisogna anche dire che ai DEM fu necessario un tempo molto più lungo per ottenere il grado di musicalità che questa band ha raggiunto nell'arco di un solo disco. Basti dire che il futuro dei D.F.A. sembra essere dei più promettenti!

(Aymeric Leroy)

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Keyboard - Dec.1997
Rockers progressivi che prendono il cuore. Questa superba band italiana segue le orme dei Gentle Giant e degli Yes senza imitarli. "Lavori in corso" si evidenzia per i suoi brani complessi e pieni di energia che mi hanno catturato nei primi dieci secondi e non mi hanno più lasciato andare. Questo è probabilmente il mio disco preferito degli ultimi tre anni.

(Dan Barrett)

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Big Bang - Dic.1999
La notizia è arrivata poco prima dell'uscita di questo numero. 1500 copie di Duty Free Area sono state vendute in poche settimane! Formidabile, vero?!? La portata di un simile risultato, in un lasso di tempo così breve, deve suscitare il più vivo entusiasmo di tutti coloro che hanno ascoltato il fantastico secondo album dei DFA. Talento e riuscita commerciale (beninteso rapportata al genere progressivo) riusciranno in futuro a gestire bene tutto ciò? E' comunque una buona prospettiva quella di vedere la preparazione delle formazioni progressive ricompensata regolarmente.
Il successo del quartetto italiano testimonia sicuramente la loro ascesa al rango di formazione di primo piano, e la musica e' ormai destinata non più ad una frangia di pubblico progressivo, ma a tutti gli amanti del buon gusto.
Con il loro primo album "Lavori in corso", DFA avevano già suscitato un grande entusiasmo. Riunendo una tecnica impressionante ed una competenza negli arrangiamenti ben oltre la media, la musica dei DFA poteva apparire come una variante dei loro compartioti Deus Ex Machina più facilmente accessibile. Un collegamento reso inevitabile anche dal fatto che il disco uscì per la Scolopendra, un'etichetta creata dal cantante della formazione bolognese, Alberto Piras
Questa parentela un po' insistente, rinnovata su Duty Free Area nel quale Piras canta un brano, non ha più ragione di esistere. Lo stile proposto dai DFA non può più essere definito in relazione a quello di altri gruppi. E se condividono con i DEM un gusto evidente per l'elaborazione di architetture armoniche sofisticate e di ritmiche complesse nelle strutture delle loro composizioni, per contro i DFA tengono costantemente l'attenzione rivolta alla melodia ed alla fliudità del loro discorso.
Di fatto i 50 minuti di Duty Free Area si ascoltano talmente in fretta che, una volta terminato il disco non si ha che un unico desiderio: riascoltarlo! Bisogna dire che la sua struttura è stata pensata molto bene. Il nocciolo duro è costituito da tre lunghi brani (da 8 a 11 minuti), è la logica continuazione della ricchezza tematica e di quell'arte di concatenazioni che aveva meravigliato su "Lavori in corso". I quattro strumentisti di donano con cuore gioioso, sia che la sezione ritmica ammicchi ad un "groove jazz-rock", sia che la chitarra e le tastiere (dalle sonotirà dal sapore analogico, come è giusto che sia) si destreggino tra volate solistiche e parti di accompagnamento con un raro senso della complementarietà. Ed il tutto senza mai perdersi per strada, grazie ad un continuo rinnovamento melodico.
Prima di questo nocciolo duro, i DFA propongono un lungo brano strumentale, "Escher", che che segna per il quartetto un'incursione davvero inaspettata verso un progressive planante ed ipnotico che richiama gli Ozric Tentacles. Il tastierista Alberto Bonomi ha manifestamente desiderato allargare la gamma delle sue sonorità creando un tuorbillion di sintetizzatori che, aggiunti ad un duo basso-batteria a ruota libera, fornisce la base per le intense digressioni chitarristiche. Arieggiando così la loro musica, i DFA hanno fatto di oiù che diversificare il loro discorso musicale, hanno fornito all'album un'entrata ideale, attraente ed accattivante. E utilizzano questa strategia di decompressione anche alla fine dell'album, proponendo "Malia", conclusione delicata magnificamente purificata dalla voce di Giorgia Gallo.
Parliamo giustamente dell'aspetto vocale, per constatere che i DFA l'hanno gestito al meglio, limitandolo allo stretto necessario, visto che le composizioni strumentali totalizzano da sole 26 minuti, e nelle altre il cantato e' presente in piccola percentuale. Alberto Bonomi ed Alberto De Grandis questa volta hanno cantato in un solo brano, e sono anche apparsi piuttosto a loro agio, i rimanenti due brani sono stati affidati alle voci di Alberto Piras ("Esperanto") e Giorgia Gallo ("Malia").
Con Duty Free Area hanno quindi corretto quelle poche sbavature presenti in Lavori in corso, ma hanno fatto anche molto di più: utilizzando in modo ottimale il loro considerevole potenziale, ed allargando abilmente il campo delle loro esplorazioni stilistiche, il quartetto italiano lascia la categoria delle formazioni (molto) promettenti per entrare di diritto nella cerchia dei migliori gruppi del momento. E' ormai imperdonabile non essere a conoscenza di un simile talento.

(Aymeric Leroy)

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Mucchio Selvaggio - Feb. 2000
Sono passati più di due anni dal debutto dei veronsei DFA: un esordio targato Scolopendra, etichetta legata ai Deus Ex Machina (una delle band più originali e con un notevole seguito in America) della quale si sono purtroppo perse le tracce. Siamo nel campo del rock progressivo, ma non aspettatevi sinfonie stile Genesis prima maniera: qui il termine progressivo ha un senso reale, la musica è spinta dal jazz-rock, le partiture strumentali hanno netto predominio su quelle cantate e quando la voce è in primo piano assume un ruolo rilevante, perchè in mano ad ospiti significativi. In "Esperanto", per esempio, è proprio il cantantte dei DEM, Alberto Piras, a prestare il proprio talento con un'intrepretazione poliglotta (con sovrapposizioni, tra gli altri, di italiano, inglese e spagnolo), così come in "Malia" a spiccare è la voce leggiadra di Giorgia Gallo.
Jazz-rock, si diceva, sulla scia di creature ibride ma affascinanti, come Brand X, Gong o Dixie Dreggs, dove la tecnica è sublime; ma nei DFA anche il linguaggio assume una musicalità scorrevole, che fa di "Ragno", "Escher" e "Caleidoscopio" tabulati sonori di altissimo livello. Il pubblico per questo tipo di suono è esiguo ma esiste: il problema sta nell'atteggiamento antipromozionale dell'etichetta ligure, che non pubblicizza in nessun modo il proprio catalogo. Ed è un vero peccato, perchè in dieci anni di lavoro la Mellow ha sponsorizzato diversi gruppi di qualità. Compresi questi DFA.

(Gianni della Cioppa)

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Arlequins - Feb. 2000
E' una piacevole sorpresa ritrovare in forma, a tre anni dal suo sorprendente debutto, il quartetto veronese, così desideroso di stupire ancora gli ascoltatori con le sue stereoscopiche immagini sonore. Più che nel primo album emergono a più riprese rimembranze transalpine che ci conducono verso i Minimum Vital (senza la loro componente folk) e l'elettronica garbata dei Pulsar. Ma paragoni del genere sono senza dubbio limitanti: questi sono solo alcuni degli ingredienti che si amalgamano in modo equilibrato nella pozione sonora dei DFA. Nel calderone ribollono fluttuazioni jazzistiche, tortuosi arabeschi avanguardistici, intarsi sinfonici. Oltre che per l'originalità, quest'album si lascia apprezzare per l'ottimo lavoro di produzione (cosa di non comune riscontro nell'attuale panorama italico) che dona profondità ai suoni espressi in modo corposo ed avvolgente. Da segnalare la partecipazione di Alberto Piras: il suo modo di cantare, così caro a Stratos, ben si adatta ai labirintici sentieri percorsi dalla band che tuttavia non si rivela mai ostica e spigolosa come i Deus. Affascinante per le cangianti tinte ed i giochi di fantasia il lungo brano (11:26) Il "ragno", con la sua parte centrale in cui il gruppo pare dar spazio all'improvvisazione. Una collaborazione che secondo me potrebbe avere seguito è quella con la cantante Giorgia Gallo, la cui duttile ed affidabile voce dona splendore alla soft e sognante "Malia". Un bell'album, curato nei dettagli, in cui nulla sembra essere frutto del caso.

(Cesare Salvani)

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Ciao - Apr. 2000
Formatisi agli inizi degli anni '90 su iniziativa di Alberto De Grandis (batteria) e Luca Baldassari (basso), i DFA realizzarono un demo nel 1995 seguito, dopo l'ingresso di Alberto Bonomi alle tastiere, dall'album Lavori in Corso del 1997 , che ottenne buone recensioni e consenti' una discreta attivita' live affiancando, fra gli altri, i mostri sacri Banco e Orme. Questo secondo album conferma le buone potenzialita' del gruppo. Lo strumentale iniziale, Escher, che si apre con una base di tastiere e percussioni programmate, e' indicativo dell'apertura mentale del gruppo allorche' subentra una batteria suonata; la musica cambia e, grazie anche all'incedere ipnotico del basso ed alle incursioni della chitarra elettrica di Silvio Minella, approda a lidi fusion e perfino space, con stacchi poliritmici di indubbio interesse. La piu' tranquilla Caleidoscopio ci ricorda alcuni episodi dei Perigeo e, quando entrano le voci, la PFM degli esordi, mentre con la pazzoide Esperanto, cantata dalla voce ospite i Alberto Piras (Deus Ex Machina), sembra di riascoltare i Gentle Giant. Quanto esposto dovrebbe far capire che ci troviamo di fronte ad un gruppo che non ha paura di osare ed esplorare aree meno accessibili. L'augurio (e l'invito) e' di proseguire su questa strada senza ricercare facili quanto effimeri consensi.

(Mario Giammetti)

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