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Fisico, astronomo e matematico inglese (Woolsthorpe,
Lincolnshire, 1642- Kensington, Londra 1727). Orfano di padre già alla
nascita, frequentò fino a 12 anni la scuola pubblica di Grantham, indi
il Trinity College di Cambridge dove consegui nel 1665 il grado di
baccelliere. Nei due anni successivi, essendo chiuso il College per
un'epidemia di peste, N. restò in casa; furono anni estremamente
fecondi di intuizioni, di idee e teorie, sviluppate più tardi ( teoria
dei colori, gravitazione universale, chimica). Nel 1667 rientrò a
Cambridge come" minor fellow " e nel 1668 consegui il
dottorato; nel 1669 il suo maestro, il matematico Isaac Barrow, lasciò
la propria cattedra ( detta lucasiana perche' istituita con fondi
lasciati da H. Lucas) perche' N. la potesse occupare. La cattedra
lucasiana prevedeva un'ora di lezione alla settimana e quattro ore di
udienze agli studenti e lasciava perciò a chi la occupava molto tempo
per le ricerche e gli studi professionali. Nei venti anni trascorsi come
professore a Cambridge la vita di N. non ebbe mutamenti di rilievo:
furono anni interamente dedicati alla scienza, prima all'ottica, poi
alla gravitazione universale. Nel 1687 furono pubblicati i Philosophiae
naturalis principia mathematica, fondamento della meccanica e di
tutta la fisica classica, che fu influenzata da quest'opera per almeno
due secoli. |
Nel 1688 N. iniziò la sua
attività politica essendo stato eletto dalla Università deputato al
Parlamento convocato da Guglielmo di Orange. Tra il 1691 e il 1694 N.
attraversò un periodo di grave collasso nervoso dovuto probabilmente
all'intensità del lavoro compiuto per l'elaborazione dei Principia e
aggravato dal dolore per la morte della madre (1689) e - stando a quanto
si desume da numerose fonti - dal dolore per l'incendio del suo
laboratorio (1691), nel corso del quale furono distrutti i suoi
apparecchi e numerose carte. Su questa base rea- le si fonda la diceria
della demenza di N., dice- ria rinfocolata da nemici invidiosi ma non
corrispondente ai fatti: molte delle lettere che N. scrisse in quel
periodo dimostrano una lucidità di mente che fa escludere l'alienazione
mentale del loro autore.
Nel 1696 divenne ispettore e nel 1699 direttore della
Zecca, come risultato delle sue ricerche di chimica e di metallurgia;
nello stesso anno divenne membro della Academie des Sciences. Nel 1701
lasciò la cattedra di Cambridge. Dal 1703 alla morte fu presidente
della Royal Society. Negli ultimi anni la sua attività scientifica fu
ridotta e in sostanza si riassume nella preparazione della seconda
edizione dei Principia, insieme col matematico Cotes; si dedicò
invece a problemi teologici e storici e a un'opera sulla cronologia
dell'antichità.
Verso il 1725 la salute di N., che era stata sempre
solidissima - benche da bambino egli fosse assai gracile -, cominciò a
declinare ed egli si trasferi' a Kensington, allora sobborgo di Londra.
Il 28 febbraio 1727 pote ancora presiedere una seduta della Royal
Society, ma la sera stessa ebbe una crisi di calcolosi dalla quale non
si riprese. Mori nella notte fra il 20 e il 21 marzo e fu sepolto
con grandi onori nell'abbazia di Westminster.
L'opera scientifica di N. riguarda in particolare tre
campi: la matematica, la fisica (in particolare l'ottica e la meccanica)
e l'astronomia (come applicazione dei principio della meccanica). Nel
campo della matematica N. è ricordato per lo sviluppo in serie del
binomio e per quello che egli chiamò il calcolo delle flussioni. Il
calcolo delle flussioni è il calcolo attualmente chiamato
infinitesimale, di cui N. fu l'ideatore. La flussione è la funzione
oggi chiamata " derivata rispetto a un variabile ", che N.
chiamava " fluente ".
Nel campo della fisica, l'ottica e la meccanica sono
per N. in primo piano. Le ricerche di ottica sono raccolte in tre libri
intitolati Opticks, scritti in massima- parte fra il 1675 e il
1687. Nel primo libro N. si occupa della riflessione, della rifrazione e
della dispersione della luce. Per la riflessione vengono seguite le
leggi dell'ottica geometrica; nello studio della rifrazione e della
dispersione, quindi della natura dei colo- ri, l'opera di N. fa fare un
balzo in avanti alle nozioni del tempo. Si deve a N. la nozione che a
ciascun colore corrisponde un diverso indice di rifrazione e che la luce
bianca del Sole può essere decomposta nei sette colori dello spettro
mediante prismi, e che pure mediante prismi adatti i sette colori
possono essere sintetizzati riformando la luce bianca. A N. si devono
inoltre le prime esperienze di diffrazione con lamine sottili di
spessore variabile (* diffrazione) in luce bianca e monocromatica e le
esperienze note come anelli di Newton. A questo punto, di fronte ai
citati fenomeni, N. deve affrontare il problema della scelta fra la
teoria ondulatoria, sostenuta da Hooke, e la teoria corpuscolare.
Dopo alcuni dubbi contenuti in una memoria del 1672,
egli diviene un convinto fautore della teoria corpuscolare. Secondo il
modello di N., la luce è costituita da particelle estremamente piccole,
scagliate dalla sorgente con altissima velocità in tutte le direzioni;
la velocità sarebbe crescente (anziche' decrescente, come è in realtà)
con la densità del mezzo, e le particelle costituenti la luce sarebbero
attratte dalle particelle costituenti il mezzo; le dimensioni delle
particelle " luce " sarebbero descrescenti dal rosso al
violetto, e durante il loro moto esse farebbero vibrare le particelle
del mezzo, quindi anche del- l'etere, della cui esistenza in alcune
parti della sua opera N. mostra peraltro di dubitare.
La propensione di N. per la teoria corpuscolare, in
ottica, è dovuta alla parte fondamentale della sua opera, che è la
meccanica, la quale ebbe da lui l'assetto " classico ". I
principi di N. sono contenuti nel trattato Philosophiae naturalis
principia mathematica ( 1687), le cui successive edizioni furono
pubblicate nel 1713 e nel 1726. L'opera si inizia con la definizione di
massa come " quantità di materia che si misura dalla densità e
dal volume presi insieme " : tale definizione risulta peraltro
viziata, poiche' la massa è definita in funzione della densità, cioè
l'attuale massa volumica (l'ostacolo sarà superato da G. Duhamel nel
1845, con la definizione di massa come rapporto fra forza e
accelerazione).
N. definisce quindi, con Galileo, la forza come causa
di mutamento dello stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, quindi
introduce la nozione di forza d'inerzia centripeta; come esempio di
forza d'inerzia centripeta N. introduce la nozione di forza di gravità
e misura tale forza mediante l'accelerazione, chiarendo quindi l'attuale
nozione di peso. Alle definizioni N. fa seguire le tre note leggi della
meccanica: d'inerzia, di proporzionalità fra forza e accelerazione, di
azione e reazione. Il passo successivo, che portò N. dalle leggi della
meccanica alla legge della gravitazione universale, non fu semplice e
tuttora permangono dubbi sulla priorità dell'enunciazione della legge
(in base alla quale la forza attrattiva esistente fra due corpi è
proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale
al quadrato della distanza) fra N. e Hooke, il quale la enunciò nel
1680 in una lettera a N. (precedente quindi la prima edizione dei Principia);
ma N. sostenne che la legge era a lui nota da circa 20 anni. Da
quanto precede N. dedusse le leggi del moto dei pianeti, della Luna, dei
satelliti di Giove e di Saturno, e ciò costituisce il suo contributo
all'astronomia. In particolare, N. dimostrò che la forza attrattiva fra
due sfere è eguale a quella che si ottiene concentrando le masse delle
due sfere nei rispettivi centri.
La nozione di gravitazione di N., ossia di azione
istantanea (cioè con velocità infinita) a distanza, fu criticata dai
contemporanei, in particolare da Leibniz e dai cartesiani, per il suo
carattere dogmatico e occulto. Tale doveva rima- nere, finche' Maxwell e
Einstein sostituirono l'azione a distanza con la nozione di campo
gravitazionale, con velocità di propagazione finita e pari a quella
della luce nel vuoto.
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