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Biografia tratta da "Universo" - Istituto Geografico De Agostini - Novara.

Albert Einstein

Fisico teorico (Ulma, Germania 1879- Princeton, Stati Uniti 1955). Fondatore della teoria della relatività * , alla quale è legata la grandissima fama che circonda il suo nome.

Figlio di un piccolo industriale, E. segui studi regolari nella città natale fino a 15 anni, pur trovando noiosi e inutili i metodi scolastici allora in uso e manifestando una precoce inclinazione per la matematica e la geometria. Nel 1894, in seguito a difficoltà economiche, la sua famiglia si trasferi' in Italia e il giovane Albert la segui' poco dopo; a sedici anni fu mandato in Svizzera a completare i propri studi: dopo un anno di preparazione nella scuola di Aarau, entrò al Politecnico di Zurigo. Diplomatosi nell'autunno del 1900 e trascorso un breve periodo ad insegnare in piccole scuole, nel 1902 E., avendo nel frattempo ottenuto la cittadinanza svizzera, si impiegò all'Ufficio federale dei brevetti di Berna e sposò Mileva Maritsch, una ungherese sua collega di università dalla quale ebbe due figli, Hans Albert e Eduard, e dalla quale si separò amichevolmente nel 1914, quando si trasferi' a Berlino.

Il periodo trascorso come impiegato all'Ufficio brevetti di Berna fu probabilmente il più fecondo per l'attività scientifica di E., e l'anno 1905 vide venire a maturazione i frutti di lunghe riflessioni; fu in quell'anno, infatti, che gli Annalen der Physik pubblicarono scritti fondamentali del giovane scienziato che già negli anni precedenti ave- va collaborato alla rivista. Il primo conteneva la enunciazione della teoria quantistica dell'effetto fotoelettrico * -è curioso notare che ufficialmente il Premio Nobel nel 1921 fu assegnato ad E. per questo lavoro -e il secondo, dal titolo assai poco clamoroso di Elettrodinamica dei corpi in movimento, era la prima enunciazione dei principi della teoria della relatività ristretta.

In quello stesso anno E. ebbe un incarico nell'Università di Zurigo, dalla quale nel 1910 si trasferi' a Praga, allora sotto il dominio austro-ungarico. Nel 1912 E. tornò a Zurigo come professore del Politecnico trattenendovisi fino al 1914, anno in cui, per interessamento di Max Plank si trasferl a Berlino, dove rimase per quasi un ventennio ricoprendo la cattedra di fisica dell'Accademia prussiana delle Scienze e succedendo (1914) a Van't Hoff nella direzione del Kaiser Wilhelm Institut. A Berlino E. sposò la cugina Elsa, che gli fu fedele compagna.

Negli anni tra il 1905 e il 1907, benchè i suoi studi fossero rivolti prevalentemente allo sviluppo della teoria della relatività, egli diede contributi fondamentali in altri campi della fisica teorica: enunciò la teoria quantistica dell'effetto fotoelettrico, la teoria dei moti browniani* e la teoria quantistica dei calori specifici, argomenti ripresi poi negli anni successivi.

L 'importanza di questi lavori è tale da giustificare il giudizio di molti fisici secondo i quali se anche E. non avesse mai scritto una riga sulla relatività, gli altri suoi lavori sarebbero bastati ad assicurargli un posto di grande rilievo nella storia della fisica.

Alla generalizzazione della teoria della relatività e alla connessione fra fenomeni gravitazionali e moti accelerati ( equivalenza fra massa gravitazionale e massa inerziale, * dinamica) E. dedicò a Zurigo, Praga e Berlino gran parte della propria attività, traendo dalle ipotesi fondamentali deduzioni quantitative che potessero essere verificate sperimentalmente: affermò la necessità che i raggi luminosi delle stelle si incurvino passando in prossimità del Sole (1911), diede una interpretazione di alcune irregolarità del moto di Mercurio, che non trovavano spiegazione nel. l'ambito della meccanica newtoniana (1915), spiegò teoricamente lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali. Frutto di oltre dieci anni di riflessioni fu la pubblicazione (1916) della teoria della relatività generale. Questa fu l'opera che E. stesso giudicava come il proprio maggior contributo al pensiero scientifico; in varie occasioni egli ebbe a dire che la teoria della relatività ristretta sarebbe stata enunciata anche senza di lui, poichè essa era nell'aria, mentre assai più difficilmente qualcuno avrebbe pensato, in assenza di clamorosi fatti sperimentali, a rimettere mano alla teoria della gravitazione che pareva definitivamente sistemata da Newton. Per far questo occorreva invero la straordinaria penetrazione intellettuale di E. e la sua grande indipendenza di giudizio. L'opera che occupò prevalentemente la mente di E. per quasi trent'anni fu il tentativo di elaborare una teoria unitaria generale del campo che unificasse la teoria del campo elettromagnetico e di quello gravitazionaIe; benchè questo sforzo di elaborazione teorica non sia giunto a risultati conclusivi, esso resta pur sempre uno dei punti più alti raggiunti dal pensiero scientifico di tutti i tempi.

Il lavoro sul problema che più lo appassionava e che assorbì quasi interamente la sua attività negli ultimi anni della sua vita, non impedì ad E. di intervenire attivamente nelle discussioni sulle questioni fondamentali della fisica moderna, con contributi di grande valore. Accanto all'attività di ricerca scientifica egli svolse un'importante azione nel campo della storia delle scienze, della discussione filosofica sui fondamenti della scienza e della divulgazione scientifica attraverso conferenze, articoli, voci di enciclopedia sulla relatività e opere quali Ueber die spezielle und die allgemeine Relativitatstbeorie, gemeinver- standlicb (la edizione 1917; prima traduzione italiana Sulla teoria speciale e generale della relatività, 1921), The Evolution of Pbysics (1938) scritto in collaborazione con Leopold lnfeld ( traduzione italiana L'evoluzione della fisica, 1948).

Costrettovi dalle persecuzioni razziali antisemitiche dei nazisti, E. lasciò nel 1932 la Germania, stabilendosi prima in Belgio e successivamente negli Stati Uniti d'America, a Princeton, all'Istituto di Studi Superiori. Nel 1936 E. fu colpito dalla perdita della moglie che gli era stata amorevole compagna; assunse nel 1940 la cittadinanza americana. Uomo semplice e profondamente gentile fu del tutto incurante di ogni esteriorità e formalismo e queste qualità umane ebbero parte non trascurabile nel cattivargli la simpatia del grande pubblico. Di animo sensibile, ebbe un vero amore per la buona musica e fu egli stesso eccellente suonatore di violino.

La portata filosofica dell'opera di E. è stata ed è grandissima; la radicale modificazione dei concetti di spazio e di tempo introdotta dalla teoria della relatività comporta implicazioni filosofiche di vasta portata. L'eliminazione dal dominio della fisica - e per riflesso da quello più generale della filosofia - dei concetti di uno spazio e di un tempo assoluti, ha costituito una vera rivoluzione del pensiero scientifico. Secondo Newton i fatti si svolgono in un quadro immutabile, costituito da uno spazio e da un tempo assoluti; E. capovolge letteralmente questo punto di vista: secondo la teoria della relatività non ha senso parlare di spazio e di tempo se non in relazione ai fenomeni che vi si svolgono. Per accedere ad un punto di vista così rivoluzionario occorreva una straordinaria libertà di pensiero che permettesse di rovesciare concetti che per due secoli erano stati i pilastri della fisica: E. dimostrò di possedere questa libertà ed il coraggio intellettuale di attaccare alle fondamenta un edificio scientifico, il prestigio del quale derivava da grandiosi successi. Benchè le sue idee abbiano prodotto profondi e rivoluzionari mutamenti nelle basi del pensiero fisico, ed egli fosse tutt'altro che un conservatore, E. fino ai suoi anni estremi ha perseguito l'ideale che fu proprio della fisica classica: dare della realtà - considerata esistente oggettivamente, indipendentemente dalla nostra osservazione - una descrizione concettualmente semplice, sostanzialmente deterministica, nella quale per ogni fenomeno si potesse stabilire un chiaro rapporto fra causa ed effetto. Tale impostazione non è condivisa dalla maggior parte dei fisici contemporanei che, fondandosi sui principi della teoria quantistica, ritengono che gli eventi che si svolgono su scala atomica non sono singolarmente conoscibili in modo completo (* complementarità, principio di-; indeterminazione, principio di- ). Questa profonda divergenza di ideali scientifici, che fece respingere ad E. generalizzazioni che egli riteneva arbitrarie della teoria quantistica della quale pure è stato uno dei fondatori (portandolo a un certo isolamento ), è chiaramente espressa nella risposta che egli dà ad una raccolta di scritti dei maggiori fisici pubblicata in onore del suo settantesimo anniversario. A proposito della teoria quantistica egli scrive: " Ciò che non mi soddisfa in questa teoria, in linea di principio, è il suo atteggiamento verso ciò che mi sembra essere lo scopo programmatico della fisica stessa: la descrizione completa di ogni situazione reale individuale) che si suppone possa esistere indipendentemente da ogni atto di osservazione o di verifica ". Profondo fu il dramma scientifico di E., che dopo aver dato un apporto decisivo alla teoria quantistica ne vide assumere come definitivi alcuni aspetti che egli considerava come parti provvisorie di una più vasta teoria organica alla quale lavorò - quasi isolato tra i fisici - durante gli ultimi decenni della sua vita.

Cospicuo e ricco di risonanza fu l'impegno sociale e civile di E.; i suoi ideali furono la giustizia, la tolleranza fra gli uomini, il rispetto per l'uomo, l'opposizione alla guerra e ad ogni violenza e ad essi egli si mantenne fedele nella vita privata e nelle prese di posizione pubbliche. Nel 1914 rifiutò di firmare il manifesto degli intellettuali tedeschi che mirava a giustificare l'aggressione tedesca contro il Belgio, si adoperò per tutelare gli Ebrei e per ridar loro una patria in Palestina, protestò contro la violenza nazista e non lesinò gli sforzi per dare aiuto ai perseguitati dalla ferocia hitleriana. Tale era l'uomo cui nel 1939, quando ormai dilagava l'oppressione nazista in Europa, si rivolsero Fermi *, Szilard * e Eugene Wigner * per chiedergli di sollecitare con la sua autorità l'appoggio del presi. dente Roosevelt al progetto per la preparazione della bomba atomica. La scelta per E. fu drammatica: continuare a negare ogni appoggio a qualsiasi iniziativa bellica correndo il rischio che i Tedeschi arrivassero per primi al possesso della terribile arma o rinunciare a idee affermate per decenni. La necessità di opporsi alla minaccia del dominio nazista sul mondo indusse E. a rompere gli indugi e a scrivere la storica lettera che diede il via ai piani per la produzione della bomba atomica statunitense. Per dieci anni, dal 1945, data della distruzione atomica di Hiroshima e Nagasaki, fino alla sua morte, E. mise tutto il proprio prestigio al servizio della causa dell'impiego pacifico dell'energia atomica. E il suo dramma, dramma di uomo alieno da ogni violenza che si trovò ad essere il padre della bomba atomica, non solo per aver enunciato la famosa equazione che stabilisce l'equivalenza fra massa ed energia, base teorica di tutte le ricerche nel campo dell'utilizzazione dell'energia nucleare, ma per essersi direttamente impegnato perche' si ponesse in atto la costruzione della bomba, è ben comprensibile ad ogni persona di giusti sentimenti.

 

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