COMPONENTI OPTOELETTRONICI

 

Generalità

In un sistema di telecomunicazioni a fibra ottica assumono grande importanza i componenti optoelettronici, cioè quei componenti che trasformano energia elettrica in energia radiante e viceversa.

Osservando la fig. 1 si rileva che in trasmissione si ha il componente optoelettronico trasmettitore denominato sorgente mentre in ricezione si ha il componente optoelettronico ricevitore denominato rivelatore.

Il primo è un trasduttore elettro ottico, cioè un dispositivo che, se attraversato da corrente elettrica, irradia energia elettromagnetica compresa principalmente fra l'infrarosso (l » 2 m m) e l'ultravioletto (l » 0.3 m m).

Il secondo è un trasduttore ottico elettrico, cioè un dispositivo che, se eccitato da onde elettromagnetiche comprese nella gamma sopraindicata, varia le sue prestazioni elettriche. Per spiegare il loro principio di funzionamento è necessario fare riferimento alla teoria atomica ed alle proprietà dei materiali semiconduttori.


Sorgenti optoelettroniche

Le caratteristiche fondamentali di una sorgente optoelettronica impiegata in un sistema di comunicazione a fibra ottica sono le seguenti:

  1. Emissione particolarmente efficiente nelle tre finestre di trasmissione di una fibra ottica;

  2. Profilo geometrico adeguato per avere un ottimo accoppiamento sorgente-fibra;

  3. Affidabilità e costo tali da rendere il sistema a fibra ottica competitivo con quelli attualmente esistenti.

La teoria atomica afferma che:

Un atomo eccitato è in uno stato instabile nel senso che dopo un certo tempo ritornerà allo stato fondamentale a contenuto energetico minimo, eventualmente con passaggi intermedi attraverso stati di eccitazione a contenuto energetico sempre minore in cui gli elettroni occupano livelli energetici sempre più bassi. L'atomo in ognuno di questi passaggi emette energia pari alla differenza energetica e 2 - e 1 fra i due livelli. Questa energia può essere emessa sotto varie forme. Una sorgente optoelettronica deve emettere soprattutto energia raggiante cioè fotoni. In questo caso è

e 2 - e 1 =hf

(1)

ove:

e 2 ed e 1 sono i contenuti energetici dei livelli superiore ed inferiore interessati dal passaggio in esame; h = 6.62 10-34 Joule*sec è la costante di Planck; f è la frequenza della radiazione emessa.

Figura 17

Fig. 17 Meccanismi di iterazione fra radiazioni e materia nei trasduttori optoelettronici

Questo tipo di interazione radiazione materia è denominato emissione spontanea di un fotone (vedi fig.17a).

Un esempio di emissione spontanea si ha nei materiali semiconduttori quando ha luogo la ricombinazione elettrone lacuna. In questo caso i livelli 1 e 2 appartengono rispettivamente alla banda di valenza ed alla banda di conduzione del semiconduttore.

Infatti se un elettrone di conduzione di un atomo eccitato passa nella banda di valenza ricombinandosi con una lacuna, si ha una emissione di energia, e g, corrispondente all'energy gap fra le due bande di valenza e di conduzione.

Tale energia può essere ceduta:

Una sorgente ottica dovrà cedere energia soprattutto sotto forma di fotoni; ricordando la relazione l il loro contenuto energetico è:

e g =hf=hc/l

(2)

ricavando la lunghezza d'onda l . si ha

l = hc /e g=1.24//e g

(3)

Da un esame delle due relazioni precedenti si può affermare che la lunghezza d'onda della radiazione emessa è legata all'energy gap, e g, e quindi al materiale semiconduttore ed al relativo drogaggio.

In un diodo a semiconduttore si può ottenere la ricombinazione polarizzando direttamente la giunzione: la corrente di diffusione che ne deriva è ottenuta da elettroni che diffondono nel semiconduttore di tipo P e da lacune che diffondono nel semiconduttore di tipo N; si ha quindi una notevole probabilità di ricombinazione elettrone lacuna. Un parametro molto importante per una sorgente optoelettronica è l'efficienza quantica, definita come il rapporto tra i fotoni generati ed i portatori inviati nel dispositivo. L'arseniuro di Gallio (GaAs) è un materiale semiconduttore con efficienza quantica molto elevata, superiore a quella del Germanio e del Silicio.

Le sorgenti optoelettroniche disponibili attualmente sono i diodi LED ed i diodi LASER.

Diodi LED

La parola LED è un acronimo che vuol dire Light Emitting Diodes, cioè Diodi Emettitori di Luce. Questi diodi riescono ad immettere in fibra una potenza ottica di 10 ¸ 100 m W (ovvero -20 ¸ -10 dBm). In essi si produce energia raggiante per il fenomeno della emissione spontanea; (fig. 17a) come già detto, per ogni ricombinazione elettrone lacuna si ha l'emissione di un fotone, quindi in un materiale semiconduttore l'insieme delle ricombinazioni produrrà un gran numero di fotoni in tutte le direzioni e di caratteristiche differenti; ne risulta una radiazione costituita da una serie di treni d'onda di durata limitata che si sovrappongono senza alcuna relazione di fase fissa: si parla in tal caso di radiazione incoerente. È importante fare una precisazione: in generale i materiali che emettono radiazioni di una certa lunghezza d'onda sono anche in grado di assorbirle. Pertanto una parte della radiazione emessa verrà riassorbita nel diodo stesso per effetto della rottura di un legame covalente con il conseguente passaggio di un elettrone dalla banda di valenza alla banda di conduzione (fig. 17b ). La parte rimanente che arriva sulla superficie di separazione con l'aria, subisce i fenomeni di rifrazione e riflessione; inoltre essendo l'indice di rifrazione del materiale semiconduttore maggiore di quello dell'aria si avrà anche il fenomeno della riflessione totale.

Figura 18

Fig. 18 Rifrazione, riflessione parziale e totale fra semiconduttori ed aria

Dall'esame della fig. 18, si ricava che solo i raggi che incidono sulla superficie di separazione semiconduttore aria con un angolo minore dell'angolo limite, a 1L vengono rifratti e quindi possono uscire dal diodo LED ed essere utilizzati. La radiazione uscente è una piccola parte della radiazione totale prodotta all'interno del diodo LED.

Si prendono ora in esame due tipi di diodi LED: il diodo omogiunzione ed il diodo a doppia eterogiunzione.

Diodo LED omogiunzione: è una semplice giunzione PN costituita da arseniuro di Gallio, Ga As, e di drogaggio uniforme (fig. 19).

Figura 19

Fig. 19 Diodo LED omoginzione ed il suo accoppiamento con il nucleo della fibra ottica

L'emissione del diodo è relativa ai soli raggi "r" della fig. 18 ed è superficiale come si può osservare dalla fig. 19: è pertanto denominato SLED acronimo di Surface emitting LED, diodo LED ad emissione superficiale. Per avere un buon accoppiamento sorgente fibra è necessario che la zona di emissione della radiazione non sia maggiore della superficie del core. Questo risultato è ottenuto praticamente usando per il diodo LED omoginzione, la struttura di Burrus, indicata nella fig. 20 in cui si nota una mascheratura eseguita con SiO2. Si riduce in tal modo la zona di iniezione della corrente e quindi la zona di emissione dei fotoni.

Figura 20

Fig. 20 Diodo SLED a struttura di Burrus

Inoltre mediante attacco chimico si scava nel semiconduttore di tipo N, in modo da avvicinare molto (10 m m) la fibra alla zona di giunzione in cui viene emessa la radiazione spontanea. Infine il tutto è bloccato con una resina epossidica avente lo stesso indice di rifrazione del nucleo della fibra.

Diodo LED a doppia eterostruttura (DH: Double Heterostructure) od a struttura epitassiale. La fig.21 rappresenta schematicamente tale struttura, costituita da un sottile strato epitassiale debolmente drogato, ad esempio di tipo N, interposto fra due zone fortemente drogate di tipo P+ ed N+; quella di maggiore spessore costituisce il substrato; nell'esempio di figura la zona N+. Le zone fortemente drogate e quindi ad alta conducibilità diminuiscono la dissipazione di potenza, la zona centrale a bassa conducibilità permette di raggiungere tensioni inverse più elevate. I materiali utilizzati sono: per lo strato epitassiale l'arseniuro di Gallio, GaAs, che ha una energy gap e g = 1,43 eV; per le due zone esterne l'arseniuro di Gallio ed Alluminio, AlGaAs, ha una energy gap e g = 1,95 eV. Si è già visto che per ottenere la ricombinazione e quindi l'emissione spontanea di fotoni è necessario applicare al diodo una tensione diretta.

Figura 21

Fig. 21 Diodo ELED a doppia eterostruttura e suo accoppiamento con il nucleo della fibra ottica

Nel caso del diodo in esame l'emissione spontanea avviene soltanto nella zona del GaAs in quanto la sua energy gap è minore. In definitiva l'eterostruttura limita la zona di emissione. Inoltre avendo l'arseniuro di Gallio un indice di rifrazione maggiore di quello del Al Ga As, la radiazione è guidata dentro il primo, rimanendovi confinata. Anche in questo caso un'opportuna mascheratura ridurrà la zona di iniezione della corrente. In definitiva in questi diodi si ottiene un doppio confinamento elettrico ed ottico che permette di realizzare elevate proprietà direttive. Sono pertanto in posizione intermedia fra i diodi SLED ed i diodi LASER.

Per l'accoppiamento diodo fibra, come si osserva dalla figura, l'emissione del diodo è laterale o di spigolo; si dice pertanto che il diodo ha una struttura ELED (Edge emitting LED), diodo LED ad emissione laterale. Con i composti ternari sopra indicati si realizzano LED che emettono in prima e seconda finestra; per realizzare LED che emettono in terza finestra si devono usare composti quaternari realizzando strutture con una regione In Ga As P confinata tra due zone P In.

Per migliorare l'accoppiamento sorgente fibra, oltre ad utilizzare nella fabbricazione dei diodi le strutture sopra descritte, si può anche:

Diodi LASER

La trattazione seguente ha l'obiettivo principale di fornire i concetti di base per la comprensione del funzionamento fisico dei diodi Laser. La parola LASER è un acronimo che vuoi dire Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation cioè Amplificazione di luce per Emissione Stimolata di Radiazioni. I diodi LASER riescono ad immettere in fibra una potenza ottica di 1-10 mW (ovvero O + 10 dB m). Recentemente sono stati prodotti diodi LASER da varie diecine di mW. In essi si produce energia raggiante principalmente per il fenomeno della emissione indotta o emissione stimolata (fig. 17c): ciò accade quando un atomo in stato di eccitazione interagisce con un fotone stimolante avente una energia hf eguale ad uno dei salti quantici dell'atomo del materiale: ne deriva la diseccitazione dell'atomo e la conseguente emissione stimolata di un fotone che si aggiunge al precedente ed è ad esso identico, avendone le stesse caratteristiche cioè frequenza e quindi energia, velocità, direzione, fase e polarizzazione.

Usualmente per caratterizzare questo comportamento si dice che il fotone prodotto è coerente con il fotone stimolante. Il fotone stimolato può a sua volta stimolare l'emissione di altri fotoni interagendo con altri atomi eccitati. Si può concludere che un sistema di atomi eccitati interagendo con una radiazione coerente, cioè costituita da un insieme di fotoni aventi tutti le stesse caratteristiche, è indotto a diseccitarsi emettendo fotoni identici a quelli stimolanti (emissione stimolata). Per effetto della emissione stimolata si ottiene in definitiva un'amplificazione della radiazione coerente. Questo fenomeno viene denominato effetto Laser che vuol dire appunto Amplificazione di Luce per Emissione stimolata di Radiazioni. Poiché l'emissione stimolata diminuisce il numero di atomi eccitati, è necessario fornire continuamente energia al sistema per far passare nuovi atomi dallo stato di riposo a quello di eccitazione per mantenere l'emissione stimolata. Questa fornitura di energia è denominata pompaggio. All'equilibrio termico la concentrazione N2 degli atomi eccitati è minore di quella N1 degli atomi nello stato di riposo. In queste condizioni l'emissione stimolata è trascurabile. Il pompaggio incrementa N2 rispetto ad N1; quando si raggiunge la condizione N2 > N1, denominata inversione di popolazione, si ottiene un'amplificazione per effetto Laser, il materiale in tali condizioni viene definito materiale amplificatore o attivo, in quanto attraverso il pompaggio fornisce energia alla radiazione elettromagnetica coerente. Per aumentare l'amplificazione della radiazione coerente, nei dispositivi laser si usano due specchi fra loro paralleli e perpendicolari alla direzione di propagazione dei fotoni. Questi specchi riflettendo la radiazione elettromagnetica ne permettono più passaggi. Schematicamente un laser è quindi costituito da un materiale attivo, m, posto fra due specchi S1 ed S2 (vedi fig. 22).

Figura 22

Fig. 22 Struttura di un diodo laser ove : m materiale attivo; S1 specchio parzialmente riflettente; S2 specchio totalmente riflettente.

I due specchi costituiscono una cavità risonante ottica, nel senso che selezionano quella radiazione coerente che, dopo un percorso completo di andata e ritorno nel materiale attivo, presenta la stessa fase. Ne risulta quindi che ad ogni passaggio si ha un incremento della radiazione. Se inoltre l’inversione di popolazione raggiunge un ben determinato valore di soglia tale da compensare tutte le perdite del sistema, questo entra in oscillazione per la radiazione selezionata dalla cavità. Si può concludere che un laser è un oscillatore, cioè un amplificatore a reazione positiva che entra in oscillazione se sono verificate le due condizioni precedenti: concordanza di fase e piena compensazione delle perdite. Per poter utilizzare l'oscillazione laser, una parte di essa deve uscire all'esterno: ciò si ottiene rendendo uno dei due specchi parzialmente riflettenti.

Nei laser a semiconduttori cioè nei diodi LASER, l'inversione di popolazione si ottiene drogando fortemente sia il semiconduttore N che il P, mentre la corrente di iniezione fornisce l'energia di pompaggio necessaria per mantenere l'inversione. Se sono verificate anche le due condizioni sopra descritte relative alle perdite ed alla fase, si innesca e si mantiene l'oscillazione LASER.

Queste condizioni e particolarmente la seconda possono essere verificate per più frequenze, quindi il diodo Laser può avere diversi modi o frequenze di oscillazione sempre compresi in una larghezza spettrale molto piccola. Al variare della lunghezza della cavità e del tipo di materiale usato, variano le frequenze della radiazione emessa. La cavità risonante ottica è spesso realizzata con la struttura FABRY-PEROT (fig. 23). È sostanzialmente la costituzione di un diodo LED a doppia eterostruttura o eterogiunzione in cui, per ottenere l'inversione di popolazione, si è aumentato pesantemente il drogaggio del semiconduttore e quindi la probabilità di occupazione dei livelli energetici relativi alla banda di conduzione. Per disporre di diodi LASER a funzionamento continuo è necessario ridurre la potenza e quindi la corrente entrante nel dispositivo. Ciò si ottiene riducendo, come è indicato in fig. 23, la superficie di contatto ad una sola striscia centrale di larghezza 3¸ 20 m m ottenuta aprendo, con processo fotolitografico, una finestra su di uno strato isolante di SiO2.

Figura 23

Fig. 23 Diodo laser a struttura Fabry-Perot

Gli specchi, necessari per l'ottenimento dell'oscillazione, possono anche essere ottenuti dalle superfici terminali del diodo stesso in quanto sono molto diversi gli indici di rifrazione del semiconduttore e dell'aria. Naturalmente 'una delle due superfici è parzialmente riflettente in modo che una parte della radiazione può uscire all'esterno, come indicato in fig. 23, ed essere utilizzata. Sempre in fig. 23 sono indicati i materiali necessari per ottenere dei diodi LASER funzionanti in prima e seconda finestra.

Figura 24

Fig. 24 tipico spettro di radiazione di un diodo laser multimodale

In un tipico diodo LASER del tipo indicato nella fig. 23 che opera in Prima finestra ad 850 nm, possono essere eccitati da 10 a 20 modi ciascuno di larghezza 0,02 nm (fig. 24); in quanto la distanza fra due modi vicini è di Circa 0,2 nm ne risulta una larghezza spettrale complessiva di 2¸ 5 nm e quindi molto ristretta; ciò è conseguenza della coerenza della radiazione LASER.

Esiste anche il diodo LASER DFB (Distributed Feed Back) che ha un solo modo di oscillazione (laser monomodale).

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Fig. 25 Spettro di radiazione di un diodo LED e di un diodo laser

In quanto il diodo LASER è una sorgente ottica coerente ha uno spettro di radiazione quasi monocromatico; in fig. 25 è fatto un confronto fra gli spettri di radiazione di un diodo LED e di un diodo LASER: quindi in una fibra ottica eccitata da un diodo LASER è molto ridotta la dispersione cromatica. Inoltre, sempre per la coerenza del diodo LASER, la sua emissione è estremamente direttiva e concentrata: quindi in una fibra ottica eccitata da un diodo LASER è molto elevata l'efficienza di accoppiamento (relazione 5) ed è molto ridotta la dispersione modale. In quanto entrambe le dispersioni sono molto basse, è molto ridotta l'interferenza di intersimbolo (fig. 12), quindi gli impulsi non si deformano: ne deriva una trasmissione a banda molto larga.

Figura 26

Fig. 26 Caratteristica di un diodo Laser 1 zona di emissione 2 zona di emissione stimolata

In fig. 26 è riportata la curva caratteristica della potenza ottica trasmessa in funzione della corrente di eccitazione. A bassa corrente il diodo LASER ha un'emissione spontanea come il diodo LED; sopra un determinato valore di corrente denominata corrente di soglia, la potenza aumenta più rapidamente e si ha una emissione stimolata essendosi originato l'effetto LASER. Come si vede dalla sopraddetta figura, la radiazione LASER è influenzata dalla temperatura.

Confronto tra il diodo LED ed il diodo LASER

La tabelle 1 sintetizza quanto descritto in precedenza, mettendo a confronto il diodo LED ed il diodo LASER Dall’esame si può dedurre quanto segue:

l (m m) 0.85 1.3
Larghezza spettrale (nm)

LED

LASER

30

2

100

10

Larghezza di banda utilizzabile (MHz)

LED

LASER

50

1000

50

1000

Perdite di accoppiamento (dB m)

LED

LASER

10

4

10

4

Affidabilità (vita in ore)

LED

LASER

107

106

106

105

  Tabella 1

vantaggi: semplice, di costo e di consumo ridotto, di lunga vita;

svantaggi: bassa potenza d'uscita; essendo una sorgente ottica incoerente ha:

  1. Grande larghezza spettrale e quindi elevata dispersione cromatica;

  2. Una emissione poco direttiva e quindi elevate perdite di accoppiamento con la fibra ottica. E pertanto consigliabile l'accoppiamento con fibre di grande diametro di core cioè fibre multimodo; ne deriva una sensibile dispersione modale;

vantaggi: alta potenza d'uscita; essendo una sorgente ottica coerente ha:

  1. Piccola larghezza spettrale e quindi bassa dispersione cromatica;

  2. Una emissione molto direttiva e quindi modeste perdite di accoppiamento con la fibra ottica. È pertanto consigliabile l'accoppiamento con fibre a piccolo diametro di core, cioè fibre monomodo; ne deriva una bassa dispersione modale;

  3. Per quanto sopra rilevato, la banda di trasmissione utilizzabile è molto ampia;

svantaggi: piuttosto costoso, di medio consumo, sensibile alla temperatura; una vita media inferiore a quella dei LED.

Ancora un'ulteriore considerazione: nella modulazione digitale ci sono elevate velocità di trasmissione e segnali a fronti ripidi; è necessaria quindi una elevata banda di modulazione. E pertanto consigliabile il diodo LASER.

Nella modulazione analogica è necessaria una linearità nella caratteristica potenza ottica d'uscita - corrente d'ingresso per un'ampia dinamica di segnale; è consigliabile l'uso del diodo LED in luogo del diodo LASER che ha una caratteristica poco lineare.


Rivelatori optoelettronici

Le caratteristiche fondamentali di un rivelatore optoelettronico impiegato in un sistema di comunicazione a fibra ottica sono le seguenti:

  1. Efficiente conversione nelle tre finestre;
  2. Basso rumore, elevata affidabilità e basso costo, tali da rendere un sistema a fibra ottica competitivo con quelli tradizionali attualmente esistenti.

Come rivelatori optoelettronici si usano i fotorivelatori o fotodiodi. Tali dispositivi, realizzati con materiali semiconduttori Ge, Si, In Ga As ed In Ga As

sono sostanzialmente delle giunzioni PN polarizzate inversamente. La conversione di energia raggiante in energia elettrica avviene per effetto dell'assorbimento (fig. 17b). Il meccanismo è il seguente: se una radiazione, costituita da fotoni aventi un contenuto energetico hf = hc/l maggiore dell'energy gap, e g del materiale semiconduttore, incide sulla giunzione si hanno rotture di legami covalenti con creazione di coppie elettrone lacuna e quindi si ha una fotoconduttività. La corrente elettrica che ne deriva si sommerà alla debole corrente elettrica di oscurità che circola nel diodo anche in assenza di radiazione incidente (è auspicabile che sia lineare il legame tra causa, radiazione incidente, ed effetto, fotocorrente).

I rivelatori optoelettronici disponibili sono attualmente i diodi PIN ed i diodi a valanga APD.

DIODI PIN

La parola PIN è un acronimo che vuol dire Positive Intrinsic Negative . In fig. 27 è riportata la struttura di un diodo PIN epitassiale, in cui si osserva la regione N poco drogata e quindi ad alta resistività (regione intrinseca) interposta fra due regioni P+ ed N+ fortemente drogate. Nella regione intrinseca, per effetto del basso drogaggio, si allarga fortemente la zona di svuotamento, soggetta al campo elettrico generato nella giunzione. Per tale ragione le cariche generate per assorbimento sono fortemente accelerate e quindi il processo di rilevazione è più rapido.

Figura 27

Fig. 27 Diodo PIN a struttura epitassiale

L’accoppiamento aria – PIN genera, a causa della grande differenza degli indici di rifrazione, una forte riflessione dei fotoni. Tale inconveniente viene ridotto fortemente deponendo sulla zona P+ uno strato di materiale (ad esempio SiO2 o Al2O3) con un indice di rifrazione intermedio fra quello dell’aria e quello del materiale semiconduttore.

DIODI APD

La parola APD è l’acronimo di Avalanche Photo Diode. Anche in questo caso i fotoni entranti danno origine alle coppie elettroni lacune, ma con i diodi APD la tensione di polarizzazione inversa applicata è elevata, solo leggermente al di sotto della tensione di rottura inversa. Tale condizione porta ad una moltiplicazione a valanga dei portatori di carica. Infatti, gli elettroni generati dall’iterazione con la radiazione incidente acquistano un’elevata energia e quindi sono in grado di creare, per impatto, nuove coppie di elettroni lacune. Il fenomeno è rigenerativo e produce un’elevata corrente. Il diodo APD presenta, rispetto al diodo PIN, i seguenti vantaggi e svantaggi:

VANTAGGI

SVANTAGGI

 

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