INTRODUZIONE

    L’opera si apre con la descrizione della tragica situazione di Firenze oppressa dalla peste. I morti per le strade, i lamenti, le urla, l’aria pesante rendevano la vita in città una continua sofferenza. Per questo motivo sette nobili ragazze (Pampinea, Neifile, Filomena, Fiammetta, Emilia, Lauretta ed Elissa) seguendo la proposta di Pampinea, decidono di fuggire dalla città e rifugiarsi in una villa in campagna dove pensano di trovare allegria e di scampare alla peste. Coinvolgono in questa impresa anche tre giovani nobili Filostrato, Panfilo e Dioneo. Così il giorno dopo giungono in questa bellissima casa con i loro servi e stabiliscono che ogni giorno venga eletto un re o una regina che gestirà a suo piacere la giornata. La prima regina è Pampinea che dopo aver dato disposizioni ai servi e agli amici decide che alla stessa ora per dieci giorni ognuno racconti una novella che dovrà seguire l’argomento proposto dal re o dalla regina della giornata. Il tema della prima è vario ed li primo ad incominciare è Panfilo.
 

 

PRIMA NOVELLA   (PANFILO)

    Il protagonista di questa novella, Ser Ciappelletto, è descritto da Boccaccio come “il peggior uomo che mai nascesse”. Egli è un falsario pronto ad utilizzare tutti i suoi mezzi per contorcere la realtà, un abile bugiardo e uno spietato disseminatore di litigi e contrasti all’interno di parenti e amici; assassino, bestemmiatore, traditore della Chiesa e della religione (che naturalmente non segue), ladro, ruffiano nei confronti di uomini e donne è, oltretutto, un accanito bevitore di vino: un uomo, quindi, non estraneo al peccato.Egli viene assunto da Musciatto Franzesi  per la gestione dei suoi intricati affari sparsi in innumerevoli regioni. Durante il suo viaggio, trova accoglienza in casa di due fratelli usurai e qui è vittima di un malore. I due proprietari sono timorosi delle ripercussioni che la diffusione della notizia della morte di un personaggio simile nella loro abitazione senza l’estrema unzione avrebbe comportato. Il loro dialogo, però, non sfugge a Ser Ciappelletto, che rassicura i suoi ospiti garantendo loro nessuna preoccupazione futura. Per questo, fa venire il più “santo” tra i parrochi, per una sua prima ed ultima confessione. Durante la visita del prete, Ciappelletto gli fa credere di essere un uomo perfetto, che non abbia mai commesso un peccato, quasi un santo. Il frate, stupito da una simile purezza, dopo la morte dell’uomo, raccoglie tutti i suoi fratelli in riunione con il solo obiettivo di lodare il defunto. Al funerale partecipa un gran numero di persone che, convinte che ciò che è stato detto riguardo il morto sia del tutto vero, adorano la sua salma proprio come se si trattasse di un individuo degno di essere beatificato ed adorato.

 

SECONDA NOVELLA   (NEIFILE)

    La vicenda ha per protagonisti due mercanti: Giannotto, cristiano e Abraam, ebreo. I due nonostante la differenza di religione sono legati da una profonda amicizia. Giannotto insiste a lungo con l'amico per convincerlo a convertirsi al cristianesimo, ma questo, anche se attratto dalle motivazioni dategli, rimane fedele alla sua religione fino a che un giorno comunica al cristiano che stava per compiere un viaggio a Roma per vedere da vicino lo stile di vita del Papa e del clero e che se ne fosse rimasto colpito si sarebbe fatto battezzare. Giannotto è ormai convinto che vedendo il comportamento vergognoso del clero Abraam si convinca per sempre a non accettare la sua religione. Infatti Abraam si accorge da subito della vita peccaminosa dei chierici e quando torna da Giannotto questo ha ormai perso la speranza nella conversione dell'amico. A sorpresa Abraam gli annuncia invece che nessuno potrà ostacolargli il battesimo perché proprio durante il proprio viaggio si è accorto che lo Spirito Santo è con il Cristianesimo e con nessuna altra religione, perché, pensa, solo in questo modo avrebbe potuto sopravvivere in mezzo a tanto peccato e ad accrescere di giorno in giorno il numero dei fedeli, nonostante coloro che hanno il compito di guidare il gregge facciano di tutto per disperderlo.

 

TERZA NOVELLA   (FILOMENA)

    Questa novella, narra che Saladino, sultano d'Egitto e di Siria, era molto ricco, potente e saggio ma ultimamente, stava affrontando una carenza economica. Siccome Saladino era una persona molto avara, cercò di rivolgersi all'ebreo Melchisedech con l'astuzia affinché riuscisse ad ottenere ciò che voleva con una parvenza di giustizia. Così fece venire Melchisedech che era un usuraio di Alessandria, e gli domandò quale tra la religione giudaica, quella saracena e la cristiana, secondo lui fosse quella vera. Melchisedech però, oltre ad essere un fedele dell'ebraismo, era anche molto astuto e capì subito che con una sua risposta poteva andare contro il sultano. A questo punto l'usuraio, siccome doveva per forza dare una risposta, gli raccontò una novelletta che esprimeva un paragone. Infatti questa novelletta raccontava che un uomo ricco possedeva una pietra preziosa e che alla sua morte la doveva dare in eredità a un figlio che doveva essere molto fedele e responsabile. Questa pietra preziosa fu tramandata per molte generazioni fino a quando, un discendente non sapeva a chi dei tre figli dare la pietra preziosa, poiché erano tutti e tre meritevoli dell'eredità. Così fece rifare due copie perfette della pietra autentica da un abile orefice. Alla sua morte, ognuno dei tre figli ricevette un anello e lo prese per vero, ma non si poté scoprire mai quali dei tre figli avesse ricevuto la pietra autentica. Tutta questa novella servì per far capire al sovrano che come l'eredità dell'uomo ricco era toccata a chissà chi fra i tre figli, ancora oggi non si poteva sapere quale, tra le tre religioni prevalenti, fosse quella autentica. Questa novella si conclude bene: Saladino ammirò l'intelligenza di Melchisedech e gli disse francamente la verità. L'ebreo prestò i soldi che servivano al sovrano. Saladino gli restituì poi l'intera somma, aggiunse grandissimi doni e lo fece diventare suo amico.

 

QUARTA NOVELLA   (DIONEO)

    Un frate, colpito dalla bellezza di una giovane ragazza, decide di condurla nella sua cella dove i due, attratti l’uno dall’altra, si sollazzano. Il frate capisce di essere scoperto dall’abate, decide perciò di uscire lasciando la porta della sua cella aperta per far cadere anche l’abate nella colpa. Il superiore, inizialmente scandalizzato dal peccato, non appena vede la ragazza nella cella del frate, viene subito pervaso anche lui da desideri peccaminosi: cede alla tentazione e li soddisfa. Il frate lo coglie sul fatto e non può venire condannato da colui che ha commesso lo stesso peccato. Così la cosa rimase nascosta, e la fanciulla continuò a frequentare tutti e due.

QUINTA NOVELLA   (FIAMMETTA)

    La marchesa di Monferrato , partito il marito per la terza crociata, si trova ad affrontare le attenzioni del re di Francia Filippo Augusto. Questo aveva sentito parlare della marchesa come una donna bellissima e, senza averla mai vista, se ne innamorò. Per questo si fece invitare da lei a pranzo. La donna accettò lietamente l’invito e ordinò che venissero radunate e cucinate tutte le galline del luogo. Il re fu ricevuto con calore dalla donna, ma si accorse che, benché le bevande fossero costituite da vini vari e pregiati, le portate erano composte esclusivamente da galline. Il re allora chiese alla marchesa se in quel luogo venivano allevate solamente galline. La donna gli rispose di no e aggiunse che le donne, anche se sono differenti in onore e virtù, sono tutte uguali. Il re, compresa la metafora, capì che il suo amore era mal concepito ed era da spegnersi. E così, finito di pranzare, la ringraziò e si affrettò a ripartire dirigendosi a Genova.

 

SESTA NOVELLA   (EMILIA)

    Un frate minore, benché fosse un inquisitore era anche un raffinato buongustaio dedito ai banchetti. Un giorno, avendo sentito parlare di un uomo molto ricco, il quale da ubriaco aveva detto di avere un vino così buono che anche Cristo lo vorrebbe bere, andò da quest'uomo e lo accusò di aver definito Dio come un ubriacone e per penitenza gli disse che doveva desinare in convento e andare tutte le mattine a messa in chiesa. Lì, un giorno, l'uomo udì dire dal predicatore: ”Voi riceverete per ogni vostro dono cento volte tanto e possederete la vita eterna”. Parlando poi col frate, disse: "Da quando frequento questo convento, ho potuto constatare che donate molta minestra ai poveri e quindi nell’aldilà ne avrete talmente tanta da affogarci". Il frate allora per ira gli rispose che da quel momento in poi poteva fare ciò che più gli piaceva senza più presentarsi davanti al suo cospetto.

 

SETTIMA NOVELLA   (FILOSTRATO)

    Bergamino, novellatore, in seguito ad un ingaggio da parte del signore di Verona Can Grande della Scala, ricevette in dono solo tre vesti. E così Bergamino quando si trovò al cospetto di Can Grande, lo rimproverò della sua avarizia narrandogli la storia di Primasso e dell’abate di Clignì. L'abate non volle ricevere Primasso, che essendosi portato con sé tre pani, se ne nutrì fino a che non fu ricevuto. Quando l’abate alla fine capì che il giovane era venuto solamente per onorare e osservare la sua magnificenza, si vergognò e, per scusarsi, gli donò denari, un cavallo da viaggio e vestiti. Can Grande, avendo udito ciò, pagò l’oste di Bergamino e diede al novellatore, come nella storia, denari, vestiti pregiati e un palafreno (cavallo da viaggio).

 

OTTAVA NOVELLA   (LAURETTA)

    Messer Ermino de Grimaldi era l’uomo più ricco tra tutti i signori di Genova, ma anche il più avaro. In quel tempo giunse in città un valente uomo di corte, Guiglielmo Corsiere, che avendo sentito parlare dell’avarizia di Ermino, volle andare a trovarlo. Ermino accolse Guiglielmo amichevolmente e, mostrandogli la sua nuova abitazione, gli chiese: "Che cosa posso far dipingere di mai visto prima d’ora?". Guiglielmo allora gli rispose che poteva far dipingere la “Cortesia”. Avendo udito queste parole, messer Ermino si vergognò talmente tanto che divenne il più affabile e compiacente uomo di Genova.

 

NONA NOVELLA   (ELISSA)

    Una donna della Guascogna andò in pellegrinaggio al sepolcro e al suo ritorno, giunta a Cipri, subì violenza da alcuni uomini. Ella pensò allora di rivolgersi al re per ottenere un’adeguata vendetta, puravendo sentito dire che il re era molto indulgente. Giunta al suo cospetto, gli raccontò la vicenda e infine gli chiese come faceva a sopportare tutte le ingiurie che fino ad allora aveva subito. Il re a quel punto, come svegliato da un lungo sonno, si riscosse e stabilì che tutte le ingiurie, a cominciare da quella patita della donna, fossero severamente punite.

 

DECIMA NOVELLA   (PAMPINEA)

    L’anziano maestro Alberto di Bologna, medico di gran fama, si innamorò di una bellissima donna, Margherita dei Ghisolieri. Cominciò pertanto ad andare tutti i giorni, o a cavallo o a piedi, davanti alla casa della donna. Margherita, insieme ad altre donne, comprese il perché di queste visite, ma non capiva come faceva un uomo anziano a innamorarsi, poiché riteneva che la passione fosse un sentimento proprio dei giovani. In un giorno di festa, vedendo maestro Alberto nelle vicinanze, lo invitò nella sua abitazione. Il vecchio medico però si rese conto che l’invito era una sorta di beffa e allora disse a Margherita che l’amore degli anziani è molto più maturo e profondo di quello dei giovani. Disse inoltre che, come si mangia la parte più cattiva dei porri, anche il suo amore poteva essere assaporato. Così la donna, non avendo considerato le qualità della persona che voleva punzecchiare, si ritrovò punzecchiata.

 

CONCLUSIONE

    Pampinea nomina come regina della seconda Filomena la quale sceglie il tema:”chi da diverse cose infestato, sia oltre la speranza riuscito a lieto fine”. La stessa, arrivata l’ora del desinare, ordina che si danzi. Emilia canta allora la ballata: Io son sì vaga della mia bellezza.