Tintoretto Jacopo Robusti detto il - Italiano
(Venezia, 1518 - 1594)
Figlio di un tintore da cui il nome con il quale è generalmente conosciuto, Tintoretto
fu, diciassettenne, allievo di Tiziano, che abbandonò ben presto per diversità di
carattere, anche se gli fu sempre legato per quanto riguarda il sentimento del colore,
anche se plasticamente non rimase insensibile agli insegnamenti dell'arte di Michelangelo.
Le sue opere più importanti sono, a partire dal 1544, le grandi tele per la scuola di S.
Marco, per la Trinità, ma soprattutto per la scuola di S. Rocco, alla cui decorazione si
dedicò per 23 anni dipingendo scene del Vecchio e del Nuovo Testamento (tra queste è da
ricordare, per la profonda drammaticità, una Crocifissione). Numerosi i suoi ritratti, la
Donna in lutto di Dresda, il Sansovino degli Uffizi, il Vecchio di Brescia, il Soranzo
dell'accademia di Venezia, il Giovane dei civici musei di Milano, accanto ai quali sono da
citare anche le grandi composizioni del palazzo ducale, le allegorie dell'anticollegio del
1578, le sale del Collegio e dello Scrutinio, i soffitti delle sale del Senato (con il
Trionfo di Venezia) e del Gran Consiglio, e infine, a partire dal 1588, l'immensa tela, la
più grande che mai sia stata dipinta, del Paradiso per la sala del Gran Consiglio. Altre
sue opere da ricordare sono la Susanna al bagno (1561) del museo di Vienna, la Danae
(1555-60) del museo di Lione, le tele per la chiesa della Madonna dell'Orto e infine, le
ultime sue fatiche, nello stesso anno della morte, i dipinti per S. Giorgio Maggiore, la
Sepoltura di Cristo, l'Ultima Cena e la Manna.
Furono artisti anche i suoi tre figli. Di Marco (m. nel 1637) e di Marietta detta la
Tintoretta (1550-1590), per mancanza di opere sicure, non è possibile stabilire la vera
personalità artistica. Numerose invece le opere di Domenico (Venezia, 1562 - 1635), aiuto
del padre in diverse composizioni, ma specialmente nel Paradiso di palazzo ducale, e fu
incaricato, per testamento, di portare a termine le opere lasciate incompiute. Suoi
dipinti originali, profondamente legati allo stile paterno, sono, oltre ad alcuni
ritratti, le Crocifissioni in S. Trovaso e in S. Giovanni Evangelista, il cartone per il
mosaico degli Eletti in cielo (S. Marco) e la Maddalena della pinacoteca capitolina
(Roma).
Tiziano Vecellio
Italiano (Pieve di Cadore, Belluno, 1477 - Venezia, 1576).
A 9 anni fu inviato dal padre a Venezia perché studiasse pittura, qui fu per breve
tempo allievo di Sebastiano Zuccato, poi dei Bellini sebbene la sua prima opera certa, S.
Pietro in atto di benedire Giacomo Pesaro (1502), mostri l'innegabile influenza del
Giorgione. Con quest' ultimo lavorò, nel 1508, alla decorazione del Fondaco dei Tedeschi
segnalandosi per la sua più profonda sensibilità pittorica. Questa capacità descrittiva
è più avvertibile nelle opere immediatamente successive, nella Visitazione della Scuola
del Carmine di Padova e nelle tre Storie di S. Antonio per la basilica della stessa
città. Ritornato a Venezia, da dove era fuggito per la peste che aveva tra gli altri
ucciso anche il Giorgione, Tiziano entrò al servizio della Repubblica pur non trascurando
di lavorare anche per Alfonso d'Este (i Baccanali) e Federico Gonzaga di Mantova. A
Venezia Tiepolo dipingeva opere di largo interesse, specialmente l'Assunta dei Frari
(1518) che può essere considerato il primo dipinto del tutto immune da qualunque
influenza esterna, l'inizio di uno stile propriamente tizianesco, lontano oramai dalla
delicata leggerezza delle forme del Giorgione (L'amor sacro e l'amor profano della
Galleria Borghese, la Flora e la Venere d'Urbino degli Uffizi), agitato da un movimento di
masse che dà vita, e talvolta anche drammaticità, alla scena. Degli anni immediatamente
successivi sono altre opere famose, la Deposizione del Louvre, la Pala di Ca' Pesaro dei
Frari e, del 1530, il primo ritratto di Carlo V che sarà poi molto apprezzato,
contribuendo così a diffondere maggiormente la fama di Tiziano a cui giungono da ogni
parte richieste di opere, ma specialmente ritratti. Prima di recarsi a Roma (1545),
espressamente invitato dal pontefice, la sua attività non ha soste: è il periodo dei
Dodici Cesari (oggi perduti) per Federico Gonzaga, della Presentazione della Vergine
dell'Accademia di Venezia, dei numerosi ritratti del cardinale Ippolito de' Medici, di
Alfonso d'Este, della Ragazza in pelliccia di Leningrado, di Eleonora Gonzaga, del
Gentiluomo e della Bella di Pitti, di Cristoforo Madruzzo, di Paolo III, dell'Aretino. A
Roma, oltre ai ritratti farnesiani, dipinge anche la Danae (Museo di Napoli), quindi, su
invito di Carlo V, nel 1547, raggiunge la corte ad Augusta dove esegue il famosissimo
ritratto di Carlo V a cavallo del Museo del Prado. Ad Augusta Tiziano ritorna nel 1550 per
eseguirvi altri ritratti di personaggi della corte imperiale, e tra questi quello di
Filippo II che, specie dopo l'abdicazione del padre, continuerà a commissionargli dipinti
tra i quali, oltre alla grande tela della Trinità che seguirà Carlo V nel suo solitario
rifugio nel monastero di Juste, alcune tra le più belle opere del maestro, il Cristo in
croce dell'Escorial e il Seppellimento di Cristo del Prado. La tarda età non impedisce al
Tiziano di continuare a operare, già novantenne, con l'aiuto di diversi allievi, ma in
particolare del figlio Orazio, sono di questo periodo ritratti, repliche di dipinti,
affreschi e le tele del Palazzo Pubblico di Brescia. E' il periodo del celebre
Autoritratto del Prado, del Cristo coronato di spine della Pinacoteca di Monaco, del
Pastore e Ninfa della Galleria di Vienna, del Tarquinio e Lucrezia dell'Accademia di
Vienna. Quasi centenario Tiziano muore a causa della peste con il figlio Orazio lasciando
incompiuta la grande Pietà dell'Accademia di Venezia che sarà poi portata a termine da
Palma il Giovane.
de Toulouse-Lautrec-Monfa
Henri
Francese (Alibi, 1864 - Malromè, Gironda, 1901)
Di nobilissima famiglia, discendente dai conti di Tolosa, fu due volte colpito durante
la sua infanzia da fratture alle gambe che lo resero deforme. Dedicatosi alla pittura
durante la convalescenza, trovò in essa conforto alla sua disgrazia e soprattutto
possibilità di vita indipendente dall'impossibile attività di gentiluomo di provincia.
Allievo a Parigi, dal 1822, di Bonnat e di Cormont, si distaccò ben presto dalle formule
accademiche che non poteva accettare, per dedicarsi a una interpretazione magistrale del
caratteristico mondo dei caffè-concerto, dei circhi, dei teatri, dei postriboli, della
vita notturna della Parigi fine secolo. Iniziano in quest'epoca le sue opere più celebri,
i ritratti pieni di movimento e di vita dei personaggi del suo mondo (Valentin le
Déssossé, La Goulue, Chocolate, Il direttore del Moulin Rouge, Jane Avril, ecc.), e i
paesaggi, nei quali il colore già espressionista accentua quel senso di rapida
profondità aneddotica e psicologica, che fa di lui uno dei maggiori pittori dell'800
francese. L'efficacia della sua arte nel cogliere i più caratteristici e anche, in un
certo senso, dolorosamente umoristici momenti della vita quotidiana, ebbe larga parte
nella sua attività di litografo che produsse cartelloni di alto valore artistico e di
rara penetrazione propagandistica. La vita sregolata e l'abuso dell'alcool minacciarono
ben presto la sua salute già delicata e a 36 anni morì nel castello di Malromé.
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