Macke August Tedesco (1887 - 1914)
Manet Edouard
Francese (Parigi, 1832 - 1883)
Dopo aver viaggiato come mozzo divenne allievo di Couture, ma suoi maestri furono
soprattutto i classici italiani che egli copiava nelle sale del Louvre. I suoi primi
dipinti, pur avendo suscitato le proteste della critica ufficiale per il loro
nonconformismo, sono, infatti, derivati nettamente dalle forme rinascimentali cui egli si
riallaccia senza alcuna preoccupazione per il soggetto, ma badando solo a risolvere quei
diversi problemi pittorici cui si dedicava con tanto impegno. I suoi contemporanei non
compresero subito questa enorme sensibilità pittorica, ma si limitarono a gridare
scandalizzati per le offese alla morale comune che opere come la Colazione sull'erba e
Olimpia, per non citare che le più note, sembravano arrecare. Circondato da un gruppo di
ammiratori e seguaci, da letterati quali Baudelaire, Zola, Mallarmé, da artisti come
Fantin-Latour, Monet, Bazille, Renoir, continuò a lavorare producendo opere significative
tra le quali il Piffero, l'Esecuzione di Massimiliano, la Colazione, finché nel 1873, con
i suoi seguaci, iniziò presso il mercante Nader quelle mostre memorabili che dovevano dar
vita al gruppo degli impressionisti, del quale non era il caposcuola ma l'iniziatore.
Nell'ultimo decennio dipinse le sue opere più caratteristiche, Nanà, Nella serra,
Mescitrice di birra e quello che può essere considerato il suo capolavoro, il Bar delle
Folies Bergère. Fu anche ritrattista, pittore di nature morte e abile incisore.
Man Ray
Pittore e fotografo statunitense (1890 - 1976)
Il suo vero nome era Emmanuel Radinski. Fu a lungo a Parigi dove divenne una figura
fondamentale dell'avanguardia artistica degli anni Venti. Con Marcel Duchamp, suo amico,
nel 1917, fondò il gruppo dada di New York, cominciando a lavorare con materiali insoliti
e seguendo tecniche nuove: ad esempio dipingendo con l'aerografo su vetro e altre
superfici. I suoi ready-mades furono realizzati con oggetti quotidiani prodotti
industrialmente. Fu tra i primi a sperimentare l'arte cinetica, creando opere composte di
parti mobili. A Parigi nel 1921, eseguì i "raiogrammi", immagini astratte
ottenute sovrapponendo oggetti a superfici fotosensibili. In epoca successiva si avvicinò
al surrealismo e realizzò film sperimentali come L'Etoile de mer (1928). Negli ultimi
anni, in Francia, proseguì la sperimentazione fotografica ricorrendo a nuove tecniche di
stampa a colori.
Masaccio Cassai
Tommaso detto-
Italiano (S. Giovanni Valdarno 1401 - Roma, 1428)
Nato Tommaso di Ser Giovanni Guidi, le prime notizie certe di questo artista riguardano
la sua iscrizione all'arte di medici e speziali nel 1424 e alla compagnia S. Luca due anni
dopo. Ebbe un fratello minore, Giovanni, detto la Scheggia, anch'egli pittore. Masaccio
non fu affatto, come si crede, allievo di Masolino, ma la sua formazione pittorica va
collegata al tardogotico toscano o meglio a quelle esperienze che in altri tempi già
avevano fatto Brunelleschi e Donatello. Anche se non allievo, fu certo collaboratore di
Masolino, col quale ebbe sempre contatti di lavoro a cominciare dalla sua prima opera
certa, la tavola con S. Anna e la Madonna degli Uffizi nella quale sono sicuramente suoi
la Vergine e l'angelo in alto a destra; successivamente (ma forse prima aveva anche
dipinto l'affresco a Montemarciano) l'artista eseguì un Ritratto di giovane, la Madonna
dell'umiltà di Washington e il Ritratto virile di Boston, finché nel 1426 gli fu
commissionato il polittico per la chiesa del Carmine di Pisa, smembrato nel secolo XVIII e
ora conservato in parte in diverse collezioni. Verso lo stesso periodo iniziò le sue
opere più significative, tra cui gli affreschi della cappella Brancacci della chiesa
fiorentina del Carmine; anche a quest'opera collaborò Masolino, mentre alcuni affreschi
furono poi portati a termine da Filippino Lippi. La critica tuttavia è riuscita a
definire con certezza quali sono state le parti compiute da questi tre artisti; si
distinguono infatti perfettamente le opere di Masolino per la sua superficialità nelle
figure, prive di quella potenza espressiva e spirituale che caratterizza i personaggi di
Masaccio, come è ben evidente in Adamo ed Eva scacciati dal Paradiso Terrestre, che
rappresentano un nuovo sforzo interpretativo che non sarà più superato. Nella cappella
Brancacci, oltre ad alcune parti di altri affreschi, sono sicuramente suoi: S. Pietro che
battezza, S. Pietro e S. Giovanni che guariscono gli infermi con l'ombra, S. Pietro che
distribuisce ai poveri il denaro di Anania, S. Pietro che battezza i neofiti, Tributo di
Cristo, La Resurrezione del figlio di Teofilo, e infine S. Pietro sulla cattedra di
Antiochia. Dello stesso periodo sono anche altre opere in parte attribuitegli, mentre è
sicuramente sua la SS. Trinità di S. Maria Novella. Nel 1428, l'anno stesso della sua
morte prematura, si recò a Roma, forse invitato da Martino V per portare a termine gli
affreschi lasciati incompiuti da Gentile da Fabriano; qui aiutò forse Masolino in quelle
parti degli affreschi di S. Clemente caratterizzati da una grande forza espressiva non
certo propria dell'amico e collaboratore.
Egli va considerato un innovatore della pittura italiana per aver ridato nuova vita
alle piatte forme gotiche, per essere riuscito a esprimere con la massima semplicità di
mezzi i più complicati problemi della natura e dell'anima umana.
Matisse
Henri-Emile-Benoît
Pittore e incisore francese (Le Cateau, 1869 - 1954)
Studente di diritto, cominciò a dedicarsi all'arte solo nel 1890 durante la
convalescenza da una malattia; si iscrisse alla scuola Quentin-Latour, poi a quella
parigina di arti decorative finché nel 1895 divenne allievo di Moreau. L'anno successivo
espose per la prima volta con buon successo, ma fu solo successivamente che, liberato
dalle forme accademiche e affermatosi nella pittura impressionista, cominciò a dimostrare
le sue doti artistiche. I suoi primi anni sono soprattutto di esperienza, ma a poco a poco
la sua arte tende a semplificarsi dando sempre maggiore importanza al colore ricco e
talvolta prepotente. L'esposizione del Salon d'Automne del 1905 muove la critica ufficiale
contro di lui ed i suoi compagni neoimpressionisti per i quali è usato un termine,
"fauves", le belve, che verrà poi a indicare questo gruppo di pittori che si
batte alla ricerca di un gruppo lineare e coloristico ottenuto soprattutto con purezza di
toni e di forme. Dopo la Femme au chapeau, che costituì lo scandalo del Salon, eseguì
altri dipinti, continuamente legati a questo gusto del quale egli è il maggiore e il
migliore rappresentante e che gli valse la stima e l'ammirazione della critica. Con la
fama e i numerosi allievi, egli si può permettere una vita più serena, interrotta da
lunghi viaggi che lo portano in diversi paesi d'Europa e del Marocco dove ammira
l'atteggiamento composto degli indigeni dei quali riporta in Francia numerosi disegni e
ritratti. Da questi abbozzi trarrà poi lo spunto per le numerosissime Odalische che
saranno il suo soggetto preferito per il periodo 1922-1927. Nel frattempo si dedica anche
all'incisione sia con pezzi unici, sia illustrando testi vari, mentre la sua opera si va
sempre più raffinando in una visione delicata delle cose, in un ardore di attività che
né l'età né gli avvenimenti dolorosi della guerra riescono a sminuire. Al termine delle
ostilità, come del resto altri artisti moderni, vuole così lasciare la sua impronta
nella decorazione della cappella di Vence (1946-51) per la quale esegue vetrate,
affreschi, oggetti vari di arredamento, in una coerenza unitaria di stile che denota le
sue alte qualità pittoriche, ma soprattutto disegnate, con un linguaggio lineare,
altamente religioso.
Memling Hans
Fiammingo (1433 - Bruges, 1494)
La sua arte è di impronta fiamminga, nel 1477 lavorò a Bruges dove si stabilì. Fu
pittore essenzialmente contemplativo la cui sensibilità si manifesta in immobili ed
estatiche espressioni di preghiera e di adorazione. Tra le sue opere ricordiamo i dipinti
del reliquiario di S. Orsola; L'Adorazione dei Magi, la Passione di Gesù, Le sette gioie
della Vergine, la Madonna col Bambino tra angeli santi e devoti, la Vergine adorata dalla
famiglia Floreyns.
Michelangelo
(Michelangelo Buonarroti)
Pittore, architetto e scultore (Caprese, Firenze, 1475 - Roma, 1564)
Lasciò il paese natale giovanissimo trasferendosi poi a Firenze dove, mostrando grande
ammirazione per il disegno, cominciò a studiare con Ghirlandaio. Quindicenne, preferì
sottrarsi all'insegnamento del maestro, vivendo nel giardino di S. Marco, protetto da
Lorenzo de' Medici; qui fu allievo di Bertoldo di Giovanni ed eseguì la Madonna della
Scala e la Battaglia dei Centauri. Alla morte del magnifico, lasciò Firenze per poi
recarsi a Bologna, Firenze, Venezia e successivamente di nuovo a Bologna, modellando e
dipingendo opere oggi perdute fatta eccezione per alcune statue per l'arca di S. Domenico
a Bologna.
Nel 1496 fu invitato a Roma, in particolar modo per la sua capacità di imitare
perfettamente le sculture classiche: qui scolpì il Bacco, il Cupido e la celeberrima
Pietà di S. Pietro. Tornato in patria ormai con una grande fama, eseguì per il Cardinale
Francesco Piccolomini le statue dei SS. Gregorio, Pio, Pietro e Paolo e per la Signoria il
gigantesco David. Le opere di questo periodo furono poco numerose, così ebbe molto tempo
per dedicarsi anche alla poesia, una attività che gli fu poi sempre cara, componendo
diversi sonetti. Di alcuni lavori, come il cartone della Battaglia di Cascina e il tondo
bronzeo della Madonna col Bambino, si hanno solo notizie; sono invece conservati i tondi
della Madonna col Bambino e S. Giovannino al Bargello e all'Accademia di Londra ed il
bellissimo tondo Doni con la Sacra Famiglia (Uffizi). Incaricato da Giulio II di erigergli
un mausoleo, si recò a Carrara per raccogliere i marmi adatti, ma poi il pontefice
cambiò idea e l'artista si sdegnò con lui, riappacificandosi solo dopo l'incontro a
Bologna dove fece in bronzo il ritratto del papa. Chiamato nuovamente a Roma, accettò,
dopo diversi rifiuti, di eseguire la sua opera più famosa: gli affreschi della volta
della cappella Sistina. L'immane lavoro che volle eseguire senza nessun aiuto, durò dal
maggio 1508 all'ottobre 1512. Rinunciando al troppo semplice progetto di dipingere solo le
figure degli Apostoli, ornò oltre 300 metri quadrati della volta con finte arcate
marmoree all'interno delle quali pose sette figure dei Profeti alternati a cinque Sibille,
mentre immensi ignudi si sostituiscono alle forme architettoniche sorreggendo le finte
volte e contribuendo essi stessi a dare valore architettonico a tutta la composizione.
Queste figure sono tra loro staccate da quattro scomparti triangolari a capo della volta
(Giuditta e Oloferne, David e Golia, Il serpente di bronzo e La Crocifissione di Ammano),
dai numerosi triangoli ornati da figure e, nelle lunette sopra le finestre, dalla Stirpe
di Abramo a dalla Stirpe di David. Al centro di questa immensa composizione sono altre
scene rettangolari di due diverse dimensioni, alternate tra loro: l'Irrisione di Noè
ubriaco da parte dei figli, il Sacrificio, il Peccato originale e la scacciata dall'Eden,
la Creazione di Eva, la Creazione dell'uomo, la Separazione delle acque, la Creazione
degli astri maggiori e della Terra e infine La divisione della luce dalle tenebre.
Contemporaneamente a questa impresa eseguì anche altre opere, tra le quali è da
ricordare il Seppellimento di Cristo della National Gallery di Londra. Morto Giulio II
(1513), il maestro riprese la vecchia idea del mausoleo per il pontefice, che, per un
cumulo di circostanze, non poté mai essere compiutamente realizzato secondo l'ambizioso,
grande progetto iniziale. Dopo molti anni di lavoro, nel 1545 furono sistemate solo le
stupende statue di Mosè, di Rachele e di Lia in S. Pietro in Vincoli, mentre rimanevano
simili al bozzetto originale lo Schiavo morente e lo Schiavo ribelle del Louvre e, a
Firenze, forse la Vittoria e il Giovane schiavo, lo Schiavo barbuto, l'Atlante, lo Schiavo
ridestantesi.
Nel frattempo, nel 1518 fu incaricato da Leone X di eseguire la facciata della chiesa
fiorentina di S. Lorenzo; due anni più tardi, nonostante il maestro si fosse interessato
della cosa, il contratto fu sciolto ed egli fu incaricato di provvedere alla sistemazione
della Sagrestia nuova della stessa chiesa da adibire a sepolcro dei Medici. Nel 1525 la
cappella era già stata conclusa, ma non tutti i progettati sepolcri furono portati a
termine; nel 1533, salvo le ultime rifiniture, potevano dirsi completate la statua di
Lorenzo duca d'Urbino, con le allegorie del Crepuscolo e dell'Aurora, quella di Giuliano
duca di Nemours con le allegorie del Giorno e della Notte e la statua della Madonna col
Bambino per l'altare della porta d'ingresso. I sarcofagi delle tombe avrebbero dovuto
essere ornati nella parte bassa anche da allegorie dei Fiumi dell'Ade; ma di questo rimane
solo un modello mutilo nell'Accademia di Firenze. Dal 1527 intanto si stabilì di nuovo a
Firenze dove, dopo la cacciata dei Medici, cooperò alle opere di fortificazione in difesa
della giovane repubblica. Nel 1529, con la caduta di questa, fu costretto a fuggire a
Ferrara e a Venezia, e solo alla fine dell'anno dopo, potè usufruire di un salvacondotto
per tornare in patria. Portato a termine il lavoro in S. Lorenzo, nel 1535, tornò a Roma,
nominato da Paolo III pittore, scultore e architetto del Palazzo Vaticano. L'anno
successivo conobbe Vittoria Colonna, la donna di alto sentire per la quale Michelangelo
provò sempre una profonda ammirazione. Nel 1536 riprese i lavori della Cappella Sistina
dipingendo, in cinque anni, l'immane Giudizio Universale: distrutte le sue stesse lunette
e i precedenti affreschi di Perugino, l'artista compose la sua grande scena; in alto il
Regno dei cieli, al centro Cristo giudice circondato dalla Vergine e dai Santi; alla sua
destra gli eletti che salgono verso il cielo, alla sua sinistra i dannati che scendono
verso l'inferno rappresentato in basso con crudo realismo. Nonostante diverse
contaminazioni posteriori, tra l'altro le diverse figure rivestite da Daniele da Volterra
mentre l'artista era ancora in vita, per un malinteso spirito moralistico l'opera resta
una delle maggiori composizioni pittoriche di tutta l'arte, dotata, pur nella sua
complessità, di un raro equilibrio. Un anno più tardi infine iniziò i suoi ultimi
dipinti romani eseguendo per la Cappella Paolina due grandi affreschi portati a termine
nel 1550: la Conversione di Saul e la Crocifissione di S. Pietro. Di questo periodo da
ricordare anche il Crocifisso dipinto per Vittoria Colonna nel 1454, purtroppo perduto.
In quest'epoca si dedicò anche, con sempre maggior fervore, all'attività di
architetto. Nel 1546 succede ad Antonio da Sangallo nei lavori di Palazzo Farnese e nelle
fortificazioni di Borgo; l'anno successivo disegnò la nuova piazza e gli edifici del
Campidoglio. Nel 1553 lavorò alla Pietà del Duomo di Firenze, già destinata a S. Maria
Maggiore di Roma dove doveva sorgere la sua cappella funeraria; nella foga della
lavorazione spezzò e distrusse il braccio e la gamba del Cristo e lasciò l'opera non
finita anche se poi restaurata da Tiberio Calcagni; non esattamente databile invece, ma
senza dubbio degli ultimi anni, un'altra Pietà, quella di Palestrina, oggi unanimemente
attribuita al maestro. Alla morte di papa Giulio III la nomina del nuovo pontefice
Marcello II (1555), che era notoriamente ostile a Michelangelo, sembra indurlo a lasciare
Roma per tornare a Firenze; ma il papa scompare dopo un solo mese di pontificato e Paolo
IV gli rinnova la carica di architetto di S. Pietro commissionandogli la cupola della
chiesa. Michelangelo inizia allora quel superbo modello in legno che sarà pronto solo
dopo cinque anni, mentre prosegue la sua attività di architetto disegnando Porta Pia e
altre porte romane, la chiesa di S. Giovanni e quella di S. Maria degli Angeli.
Le forze vanno man mano abbandonando il vecchio artista al quale, nonostante i suoi
alti meriti, va solo la benevola tolleranza dei potenti. Dalle sue mani stanche, ma sempre
desiderose di operare, viene iniziato un marmo che sarà però scartato perché
inservibile; l'artista ormai quasi cieco vi lavora freneticamente negli ultimi giorni
della sua vita modificando continuamente le forme, in un estremo tentativo di dare vita a
un'opera di alta potenza drammatica. Con la Pietà Rondanini (Milano, Castello) il grande
maestro muore lasciando un ultimo esempio della sua forza evocatrice del mistero sublime
dell'uomo.
Modigliani Amedeo
Pittore e scultore italiano (Livorno, 1884 - Parigi, 1920)
Dopo aver studiato a Livorno, a Firenze, a Roma e a Venezia, nel 1906 raggiunse Parigi
dove entrò in contatto con le esperienze pittoriche dei fauves, dei cubisti, degli
imitatori delle forme africane; ben presto però il giovane artista si staccò da questi
modi pittorici per esprimersi in una forma completamente personale nella quale la
ieratizzazione delle figure si accompagna a un colore pulito, delicato, lavorato con
espressiva sensibilità fino a raggiungere la trasparenza di alcuni toni del primo
Rinascimento. A questa sua esperienza lineare, che si accentua attraverso un
assottigliamento delle forme che richiama simili esempi della pittura tardo-gotica, non
sono estranei soprattutto i suoi tentativi plastici, ispirati dalla conoscenza delle
sculture africane. Di questo insigne pittore, a lungo dimenticato o non compreso dalla
critica ufficiale, di questa singolare figura di artista dalla breve vita travagliata e
talvolta tragica, non sono rimaste molte opere. Basterà ricordare, tra i suoi diversi
ritratti, tutti ispirati a una visione profonda dell'umanità, Marie, Ritratto di Chaim
Soutine, Madame Czechowska e gli splendidi nudi femminili.
Monnot Pierre Etienne
Francese (1657 - 1733)
Moreau Gustave
Francese (Parigi, 1826-1898)
Artista ammiratissimo trattò soggetti del mondo mitologico e antico con una visione al
tempo stesso romanzesca e simbolica e con una tecnica personalissima adatta comunque più
all'arte applicata che alla pittura. Fra i suoi allievi è da ricordare il Rouault, che fu
conservatore del museo G. M., lasciato dal pittore alla città di Parigi. Fra le sue opere
ricordiamo una Pietà nella cattedrale di Angouleme, l'Edipo e la Sfinge eseguite dopo un
viaggio in Italia, Il giovane e la morta, l'Orfeo, Ercole e l'Idra di Lerna, Salomè, La
sfinge svelata, Giacobbe e l'Angelo, Galatea.
Munch Edvard
Pittore e incisore norvegese (Loten,1863 - Oslo, 1944)
Per quanto abbia seguito per qualche tempo un corso regolare, la sua formazione è
tuttavia prevalentemente autodidattica. In un primo tempo fu discusso sia per la
concezione naturalistica delle sue opere che per il tratto sintetico della sua tecnica. A
questo periodo appartengono Il bambino malato, Primavera, Il giorno dopo, Il bacio, La
gelosia, L'angoscia, Il vampiro mentre altri appartengono all'ultimo periodo, in cui
prevale l'elemento simbolico. |