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« Donna, sbrigati vieni qui! » urlò l’uomo.

« Che vuoi ancora? » perché doveva sempre comportarsi così male con lui, infondo non era tutta colpa sua, ma quella mattina lui l’aveva sconvolta, aveva un bel corpo caldo e avvolgente, oh mamma, pensò, non poteva continuare così avrebbe finito per impazzire o correre tra le sue braccia per vedere se quello che aveva provato si sarebbe riverificato.

Si riscosse e urlò « Arrivo! »

Passò in soggiorno e lo vide alla porta d'entrata.

« Guarda qua, non è possibile, siamo bloccati »

« Come bloccati non è possibile, non ci posso credere, io me ne devo andare, questa doveva essere una vacanza rilassante! » sbraitò lei.

Sara guardò fuori e per poco non svenne, una distesa bianca copriva tutto, non si vedevano più nemmeno i gradini che portavano alla veranda.

Costatò che probabilmente c’erano trenta centimetri di neve, trenta centimetri di neve da spalare!

« Ehi ci sei? » la presenza davanti a lei la prese per le spalle e la scosse finché lei non ce la fece più e scoppiò a piangere. Sara pensava che non era possibile, non poteva capitare proprio a lei tutto questo il licenziamento, un uomo nel suo letto quella mattina, dover essere bloccata proprio con lui lì, no non ce l’avrebbe fatta a sopportare tutto questo, aveva troppi pianti arretrati da liberare, la morte dei suoi genitori, la violenza subita. Pianse ancora un po’, non poteva più tenersi tutto dentro, tutti dicevano che lei era forte, ma non era vero aveva bisognosi piangere e di essere rassicurata che tutto sarebbe andato bene e lì c’era una persona che la stava rassicurando, ma lei aveva paura non lo conosceva, anche se non si sentiva in pericolo. Lui l’abbracciava, la coccolava, e la rassicurava le diceva di piangere pure che lì c’era lui a pensare a tutto, ma lei non poteva, non poteva dare credito alle parole di uno sconosciuto. Doveva ammettere, però, che il suo abbraccio era caldo e rassicurante, ma non doveva cedere così, erano in momenti come quelli che la gente ne approfittava per fare del male.

« Lasciami, non mi toccare! » urlò lei respingendolo con tutte le forze. Appena ritornò alla realtà si ritrovò seduta sul divano del salotto sopra le ginocchia di quell’uomo sconosciuto.

Si alzò e corse in camera.

Da dietro la porta proveniva la voce di quell’uomo che la perseguitava.

« Ehi, ti prego apri, che cosa c’è, la neve non è un problema la spaleremo, poi me ne andrò promesso. Aprimi e si sistemerà tutto. »

Si sentiva ancora troppo vulnerabile per aprire, non poteva lasciarsi andare proprio ora. Si buttò sul letto tappandosi le orecchie per non sentire la voce dell’uomo. Era esausta senza forze e si addormentò, quando si svegliò dopo un breve sonno agitato dagli soliti incubi che la perseguitavano ormai da mesi, trovò l’uomo seduto accanto a lei, le stava dedicando uno smagliante sorriso.

« Buon giorno bella addormentata » pronunciò lui dolcemente « dormito bene? »

Lei non avendo le forze di discutere, era troppo spossata anche per parlare, si voltò dall’altro lato. Per non vedere quel sorriso, così dolce e rassicurante.

« Ok, ok ce l’hai con me » disse lui « anche se non so cosa ti ho fatto ti chiedo scusa, non è colpa mia se ti trovi in questa situazione » fece un attimo di pausa per vedere la sua reazione ma lei non gli diede soddisfazione « non è mia abitudine chiedere scusa alla gente, quindi credimi quando sostengo che mi dispiace » lui fece un’altra pausa « ok se ti giri a guardarmi ti prometto che ti dico quello che mi ha detto Anna al telefono, ho appena chiamato » lui attese un’altra volta la sua reazione, ma lei non voleva saperne di girarsi a guardarlo, aveva troppa paura di quello che provava.

« Non so se ti sei riaddormentata o solo non ti va di ascoltarmi, ma te lo dico ora e non lo ripeterò mai più, ok? » non ebbe nessuna risposta e continuò « Anna ha mi assicurato che le dispiace e mi ha detto anche di salutarti, poi ha precisato che non sapeva che avevi tutta questa avversione per gli uomini, ed era improbabile che mi considerassi antipatico, mi ha assicurato che c’è una stufa a cherosene nella cantina dietro alla casa ma non era sicura che fosse funzionante visto che questa doveva essere una casa estiva l’hanno portata là, ma mai provata. L’ho provata io e sembra funzioni, quindi questa notte io dormo in soggiorno. Di andarmene da qui non se ne parla nemmeno, continua a nevicare e dalle previsioni che ho sentito alla radio non accenna a smettere, per fortuna abbiamo cibo abbondante per entrambi, sempre se ti deciderai a muoverti di qui, oggi cucino io ma non farci l’abitudine, capito? E non credere che ti porti il pranzo a letto e ora alzati, fatti una doccia, fai qualsiasi cosa ma muoviti di lì, inizio a stancarmi di avere una bambina viziata in casa! ».

Lei non si mosse, non sapeva cosa le stava prendendo ma era spaventata a morte, voleva fuggire, ma non sapeva dove, e poi fuori c’era troppa neve per uscire.

  « Oh fa un po’ come vuoi, comunque poiché dovremmo convivere, io mi chiamo Mattew, ma puoi chiamarmi Matt, se ti deciderai a parlarmi, tu sei Sara me l’ha detto Anna » e con questo uscì.

Sara tirò un sospiro di sollievo, andò in bagno si fece una lunga doccia, doveva rilassarsi.

Quando uscì stava un po’ meglio, ma ora doveva scendere, doveva farsi forza.

Scese le scale facendo meno rumore possibile, quando entrò in cucina lo vide alle prese con i fornelli, doveva ammettere che era proprio un bell’uomo, ma che diceva? Gli uomini sono persone spregevoli con cui è meglio non avere a che fare.

Lui non la guardò nemmeno quando entrò in cucina, forse non l’aveva sentita o forse si era stancato dei suoi silenzi. Sara si avvicinò alla radio e l’accese, non era abituata a tutto quel silenzio, si sentiva oppressa. Quando si sedette a tavola lui le mise davanti un piatto pieno di cibo solo il profumo che emanava le faceva venire l’acquolina in bocca.

« Grazie » pronunciò, le sembrava strano sentire la sua voce dopo tanto tempo. Ma lui non rispose, si servì e si sedette a tavola di fronte a lei. Quando ebbe mangiato tutto quello che aveva nel piatto lo ringraziò di nuovo « Grazie, era ottimo e… scusami… » non riuscì a pronunciare altro perché sentiva che stava per ricominciare a piangere.

« Non ho fatto nulla di speciale, solo della pasta con un sugo che mi ha insegnato mia madre » sentiva che lui rispondeva solo per cortesia.

Lei evitò di parlare e andò a prendere un libro che aveva portato con se, visto che non c’era molto da fare, era l’unica cosa che le occupasse un po’ di tempo.

Quando si distese sul divano sentì la voce di Matt da dietro le sue spalle che diceva: « Devo lavorare non disturbarmi » e sentì la porta sbatter con violenza, doveva essere molto arrabbiato, ma in fondo aveva ragione, si era comportata molto male nei suoi confronti. Provò a leggere, ma non riuscì a seguire la storia del libro, aveva troppi pensieri, e Matt li occupava quasi tutti. In fondo era una brava persona, gli aveva anche preparato il pranzo.

Il buio stava scendendo e nel salotto faceva molto freddo. Pensò di andare in camera per accendere il fuoco, almeno avrebbe dormito al caldo. Le dispiaceva che lui dormisse sul divano, ma non voleva creare un’altra discussione offrendosi per occuparlo lei.

Quando entrò in camera lo vide disteso sul letto con dei fogli sotto le braccia e una penna in mano. Chissà che lavoro faceva, pensò, doveva essere molto stanco se si era addormentato così, in effetti, la notte scorsa non doveva avere dormito molto. Si avvicinò ed andò a sbirciare i fogli, erano completamente bianchi, sperava di riuscire a capire qualcosa di più di lui, del suo lavoro, e invece, nulla solo dei fogli bianchi e una penna d’oro.

Sembrava un bambino, era sereno e i lineamenti erano rilassati. Pensò di metterlo un po’ più comodo per lasciarlo dormire fino all’ora di cena.

Tolse i fogli da sotto le sue braccia e raccolse la penna che era scivolata.

Poteva sentire freddo pensò e prese una coperta dall’armadio e la adagiò sul suo corpo dolcemente.

Ok ora era apposto poteva dormire tranquillamente per un po’ senza essere disturbato.

Dopo avergli dato un ultimo sguardo fece un sorriso e armeggiò con il camino. Iniziava veramente a fare freddo, fra poco al piano terra ci sarebbe stato bisogno della stufa che Matt aveva trovato, lei non la sapeva usare, ma si ripromise di imparare.

Scese le scale senza fare rumore. Ed andò in cucina, dove c’era la stufa, sembrava mal ridotta e piuttosto piena di polvere, ma Matt gli aveva assicurato che funzionava. Dopo un po’ riuscì ad accenderla, e si dedicò alla cena. Quella sera avrebbe preparato del pollo con patate al forno, era il suo piatto preferito, e si era portata l’indispensabile da casa.

Armeggiò con i fornelli finché…