Tornato in Italia, dove era invocato dai Tarantini e dalle altre colonie della Magna Grecia, Pirro si mette alla testa di una alleanza antiromana. Lo scontro avvenne in Campania, a Malevento.
I Romani, comandati da Manlio Curio Dentato, hanno la meglio sulle truppe epirote e tarantine. La tradizione storiografica romana (inattendibile) parla di 23.000 nemici uccisi e di 1.300 prigionieri. Pirro è costretto a tornare in Epiro.
LE TATTICHE
L'esercito pirrico (300 a.C. - 272 a.C.) contava su una una buona cavalleria macedone, greca ed orientale,
sia pesante che leggera, ed su una ottima fanteria epirota e macedone in formazione falangitica,
affiancata dagli opliti mercenari greci e dagli alleati tarantini.
A completare i quadri c'erano le solite formazioni di schermagliatori equipaggiati
di giavellotti, archi e fionde, senza contare qualche esemplare di elefante.
Almeno cinque anni, furono necessari ai Romani, per comprendere come affrontare
e sconfiggere questo tipo di formazione, con le battaglie di Eraclea 280 a.C.,
di Ascoli Satriano 279 a.C. e Benevento 275 a.C.
Si capì che gli elefanti potevano essere impauriti da forti rumori e che
la creazione di vie di fuga, potevano ridurre di pericolosità l'impatto dei pachidermi.
Sulla cavalleria si ebbe la meglio con il continuo attrito, in modo da ridurla di numero e di efficacia.
La falange era già stata sconfitta combattendo contro i Greci, ma quella pirrica si differenziava
per la maggior fermezza delle fanterie. Lo stesso discorso varrà per i Cartaginesi,
che però ridurranno la lunghezza delle loro picche, aumentando così la loro manovrabilità.
La falange veniva affrontata dall'esercito romano, con un fitto lancio di pilum
a breve distanza, mentre le prime schiere prendevano contatto con il fronte falangitico,
approfittando dei varchi aperti dai giavellotti. I legionari utilizzando spade corte
(i gladio) avevano la meglio sui fanti dotati di picche,
difficili da manovrare ed inefficaci nel corpo a corpo.
Il corpo mortale alla falange, la legione lo dava facendo accorrere, la seconda e la terza
schiera, sui fianchi del nemico. A quel punto la battaglia si trasformava in un massacro.