Questa ff è dedicata a quella pazza scatenata di *Aya-chan* che mi ha convinto a scriverla-__-”… perciò se volete prendervela con qualcuno io non centro, la colpa è sua :PP!!! I diritti sono del grande Inoue e il resto lo sapete^__^!
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Slam Dunk: Il pianto di un bambino -
By Angel/Dev
1°CAPITOLO
Pioveva.
Era
l’unica cosa di cui si era accorto in quell’interminabile tempo passato in
quella stanza bianca.
La
pioggia batteva prepotentemente sull’unica finestra presente e le gocce
disegnavano strane forme incomprensibili che lui non poteva fare a meno di
guardare.
Pioveva.
Fuori,
sotto quella pioggia così forte doveva fare freddo, era questo che pensava
mentre guardava lontano in un punto imprecisato fuori dalla finestra, lontano,
fin dove tutto quello scrosciare permetteva di vedere.
Pioveva.
E
qualcuno parlava.
Lo
aveva capito seppure non riusciva a sentire quello che diceva. Non sapeva se
stava parlando con lui, ma parlava.
La
sua voce gli arrivava distante, non sentiva niente oltre al rumore della pioggia
incessante.
Qualcuno
lo chiamava.
Qualcuno
era lì, insieme a lui, in quella stanza bianca e lo chiamava.
Si
girò verso la voce che insistente non smetteva di nominare il suo nome, come se
volesse farlo tornare da quel luogo in cui voleva essere dimenticato. Per
sempre.
Lo
guardò.
Gli
sembrava di riconoscere qualcuno sotto quei capelli rossi e dietro quegli occhi
tristi che lo fissavano con angoscia.
Parlava
ancora. Ma chi era non riusciva a ricordarlo, vedeva solo le sue labbra muoversi
e i suoi occhi fissarlo spaventati. Parlava ma non sentiva niente di quello che
diceva.
Girò
di nuovo lo sguardo verso la finestra.
Lui
lo guardò voltarsi. Smise di parlare rimanendo in silenzio a fissarlo.
Dopo
attimi interminabili cercò di nuovo di parlare, ma le parole proprio non
volevano uscire dalla bocca.
Pioveva.
Sentiva
solo questo. Il rumore della pioggia che cadeva e trascinava via con se ogni
cosa, ma non quella pesantezza che aveva nel cuore, non quel senso di vuoto che
sentiva dentro.
Che
cos’era? Non lo sapeva… lo sentiva e basta.
-
Ora basta!!! Rukawa!!! – urlò il ragazzo accanto a lui prendendolo con forza
per le spalle costringendolo a guardarlo.
Capelli
rossi… Dove li aveva già visti? Non ricordava…
-
Rukawa!!! – urlò di nuovo quel ragazzo. La sua voce gli rimbombava nelle
orecchie in un forte senso di deja-vu.
Si
ritrovò a fissarlo con lo stesso interesse con cui un attimo prima fissava la
pioggia. Come se non gli restasse altro da fare. Come se da quel ragazzo ne
derivasse un’energia a lui vitale.
-
Rukawa!! Maledizione vuoi rispondere?!? – l’altro ansimava senza smettere di
chiamarlo, aveva un’espressione terrorizzata e non sapeva cosa poter fare.
Anche in quel momento era rimasto immobile senza poter fare niente. Senza
poterlo aiutare in alcun modo, anche se avrebbe voluto.
Ma
Rukawa continuava a fissarlo con uno sguardo spento che non aveva mai visto in
lui. Quel ragazzo aveva sempre avuto due occhi freddi, glaciali e per la maggior
parte delle volte gli era sembrato di dover parlare, anzi, litigare, più con un
frigorifero che con una persona, ma ora, non era nemmeno quello, ora sembrava
così vuoto come se non avesse vita. Come se fosse morto…
Lo
fissò mentre questa frase gli risuonava nelle orecchie mettendogli i brividi.
Come se fosse morto…
No!
Scacciò
subito quegli orrendi pensieri e riprese a chiamare il suo compagno di squadra,
non si sarebbe fermato finché non avesse ricevuto una qualsiasi risposta da
lui. Gli sarebbe bastato qualsiasi cosa. Qualsiasi purché Rukawa gli
parlasse…
Ma
lui non aveva intenzione di farlo. Non sapeva nemmeno perché fosse lì, in
quella stanza bianca che non aveva mai visto.
Chiuse
gli occhi investito da un’improvvisa stanchezza.
Non
voleva più sentire quel ragazzo dai capelli rossi che ancora non si dava per
vinto. Non voleva vedere la disperazione nei suoi occhi, la stessa che aveva
visto poche ore prima negli occhi di qualcun altro, qualcuno che gli era rimasto
vicino tenendogli la mano mentre lui si perdeva nell’oscurità e nel dolore,
qualcuno che non lo aveva abbandonato nemmeno in quel momento. Ma ora aveva
dimenticato persino il suo nome. Ora quel qualcuno per lui non aveva più
nemmeno un viso, non aveva più nemmeno una voce. L’unica voce che sentiva era
quella del ragazzo con lui in quella stanza bianca.
Voleva
riposare.
Doveva
riposare.
La
voce era sempre più lontana, così come la presenza di quel ragazzo e piano il
sonno prese il sopravvento su di lui.
Si
lasciò trasportare via, lontano, sempre più lontano finché non si sarebbe
perso nell’infinità di un sogno perfetto che lo avrebbe cullato per sempre.
In quel luogo si sentiva al sicuro. In quel luogo non aveva più paura di
niente, nemmeno della morte…
In
quel luogo voleva essere dimenticato…
Una
mano lieve stringeva quella di Rukawa, quasi non volesse lasciarlo andare.
Lo
osservò con dolcezza mentre trascinato chissà dove dormiva.
Anche
lui era stanco.
Aveva
passato l’intero pomeriggio accanto a lui, a sperare che si risvegliasse, e
ora che si era riaddormentato di nuovo si rendeva conto della sua enorme
stanchezza.
Adagiò
la testa sul cuscino accanto a quella di Rukawa e lì si addormentò.
Erano
passate un paio d’ore da quando Rukawa si era addormentato, aprì lentamente
gli occhi cercando di abituarli all’oscurità della stanza in cui si era
ritrovato senza saperne il perché.
Cercò
di muoversi per alzarsi a sedere, ma un improvviso dolore lo obbligò a rimanere
fermo in quella posizione.
Dopo
qualche istante, quando il dolore sembrava essersi calmato si accorse che lì
accanto a lui c’era una persona e poteva sentirne il calore della sua fronte
premuta contro la sua spalla. Girò la testa sfiorando con le labbra i morbidi
capelli rossi mentre il loro profumo lo invadeva. Rimase lì per molto tempo,
con il viso affondato in quei capelli che in qualche modo riuscivano a
infondergli una sensazione piacevole di tranquillità.
Con
una mano accarezzò quei capelli dal colore insolito, la testa sotto di lui si
mosse sospirando e si fermò di nuovo trovando una posizione comoda per
continuare il suo sonno. Rukawa tornò ad accarezzarlo dolcemente, la sua mano
affondava nei capelli rame di quel ragazzo che lo incuriosiva sebbene non ne
capisse il motivo.
Provò
a guardare meglio la sua faccia tirandogli indietro una ciocca di capelli
cercando di non svegliarlo. L’espressione di quel ragazzo si poteva definire
in un solo modo: tenera. Lo fissò con stupore mentre con una mano stringeva la
maglia del suo pigiama come un bambino che stringe a sé il proprio pupazzo
mentre dorme. La sua vista gli dava un forte senso di nostalgia che però non
riusciva a comprendere. C’era qualcosa in lui che lo lasciava senza fiato.
Qualcosa che sebbene ci provasse con tutta la sua volontà non riusciva proprio
a ricordare.
Il
ragazzo bisbigliò qualcosa che però non riuscì a capire e la sua mano strinse
più forte la maglia dell’altro.
Ora
che Rukawa lo guardava bene non sembrava affatto avere il sonno tranquillo di un
bambino, tutt’altro doveva avere un incubo perché cominciò a sussultare. Lo
sguardo di Rukawa divenne preoccupato mentre si chiedeva cosa potesse disturbare
i sogni di quel ragazzo.
-
Rukawa… - sussurrò il ragazzo, sembrava cercarlo anche nel sonno, avrebbe
voluto dirgli che si trovava lì con lui, ma poi cosa avrebbe ottenuto… non
avrebbe di certo fatto passare i suoi incubi…
-
Rukawa… aspetta… - Sakuragi continuava a chiamarlo, ma lui non aveva nessuna
intenzione di fermarsi, perché avrebbe dovuto dopo quello che gli aveva detto,
dopo quello che gli aveva fatto…
Lo
seguì mentre con passo spedito svoltava l’angolo per scomparire
momentaneamente dalla sua vista. Affrettò il passo e lo raggiunse.
Doveva
assolutamente riuscire a parlargli e a chiarirsi, non poteva lasciare le cose in
quel modo. Non più.
-
Rukawa, fermati! – ma l’altro era deciso a non ascoltarlo e senza dargli
retta proseguì nella sua strada.
-
Maledizione… - non lo avrebbe più ascoltato, se ne rendeva conto, sapeva che
ormai era tardi per tornare indietro, per chiedergli scusa, ma voleva comunque
provarci. Era diventato troppo doloroso…
Rukawa
si era finalmente fermato.
Lo
guardava. I suoi occhi scuri come la notte lo scrutavano penetrando fin dentro
in profondità. Era come se cercasse di leggerlo nel pensiero.
-
Io… io… mi dispiace… - mormorò Sakuragi senza riuscire più a sopportare
quello sguardo che ogni volta lo scioglieva come neve al sole, che ogni volta lo
lasciava senza respiro e senza riuscire a far altro che perdersi nella loro
profondità.
In
quel momento tra loro era rimasto solamente il silenzio, quello che Rukawa
imponeva ogni volta che si trovavano a parlare faccia a faccia.
Non
aveva il coraggio di continuare la frase - …Io… - non osava andare oltre,
aveva troppo paura della reazione del ragazzo, aveva troppa paura che si potesse
arrabbiare ancora di più, aveva troppa paura che lo odiasse…
Forse
la cosa migliore sarebbe stata dirlo e basta come aveva fatto il giorno prima
dopo l’allenamento di basket, gli aveva detto tutto, era per questo che ora ce
l’aveva tanto con lui… forse sarebbe servito solo a peggiorare le cose…
Abbassò
la testa mormorando un flebile “Mi dispiace..”.
Se
avesse guardato in quel momento gli occhi di Rukawa si sarebbe accorto che
quegli occhi sempre impenetrabili avevano cominciato ad illuminarsi, se in quel
momento avesse guardato i suoi occhi avrebbe potuto scorgere un lampo di felicità
che mai aveva mostrato…
Se
avesse alzato la testa per guardare negli occhi Rukawa in quel momento si
sarebbe accorto anche della fuoriserie rossa che sfrecciava a gran velocità
sulla strada proprio sulla sua traiettoria.
Non
l’aveva fatto.
Aveva
continuato a tenere lo sguardo puntati a terra e solo quando aveva sentito la
frenata improvvisa della macchina e il rumore del corpo di Rukawa che
violentemente ci sbatteva contro lo aveva alzato, in tempo per vedere il ragazzo
cadere a terra in un mare di sangue e la macchina schizzare via senza curarsi di
soccorrerlo.
Era
successo tutto in un attimo.
-
RUKAWA!!! – urlò all’improvviso aprendo gli occhi all’istante. L’altro
si affrettò a tirare via la mano dalla sua testa e mentre l’urlo di Sakuragi
si perdeva nella stanza, sostituito dal suo ansimare, si guardarono per qualche
secondo.
Una
goccia di sudore attraversò la fronte di Sakuragi che si era reso conto che
quello che aveva appena avuto era stato un incubo, o meglio il ricordo di un
incubo, perché sapeva che era successo davvero e a testimoniarlo c’era Rukawa
sdraiato su di un letto in una camera d’ospedale.
Nessuno
dei due sapeva cosa dire, si limitarono a fissarsi per interminabili minuti.
Per
ore era rimasto a guardarlo mentre lottava fra la vita e la morte e ora non
sapeva più come comportarsi, eppure doveva parlare, doveva dire qualcosa per
smuovere quella situazione tesa così provò a domandare un imbarazzato – Co…
come stai Rukawa…? – l’altro non sembrò aspettarsi la domanda, era come
se non si fosse reso conto di essere in un ospedale ed aver avuto un incidente.
Rimase imbambolato per un po’ a guardarlo e infine con voce pacata gli chiese
- Tu… Tu chi sei? –
Una
domanda. Una sola domanda che però gli lasciò il cuore in mille piccoli
frammenti che lo ferirono a morte.
FINE 1°CAPITOLO
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