|
||
Ma cos'è l'amore? Pensa qualcuno in prima fila: che parola abusata! Tanto da apparire quasi vuota, come una parola qualsiasi: quando la ripeti più e più volte appare scarnificata, perde il suo significato, pur mantenendo la stessa musicalità. Le scene sul palco si susseguono, cambiano i costumi, i colori delle luci, cambia la tonalità delle canzoni. Si susseguono balletti quasi irreali, a mimare i testi delle canzoni: gente che cammina senza guardarsi negli occhi, che si scontra e borbotta, che si scontra e si guarda, come fosse la prima volta, come se scoprisse per la prima volta persone accanto a sé. Le canzoni parlano, le scene parlano, qualcuno le ascolta. Parlano di una strada che dall'indifferenza porta all'amore. Ma dov'è poi l'amore? Pensa qualcuno in prima fila. E pensa anche ai soldi spesi per il biglietto. Soldi sprecati; un pomeriggio sprecato; per venire a sentirsi dire che la soluzione di ogni dolore è l'amore. Quale amore? Le scene si susseguono, cerchi che si formano, sorrisi che sbocciano, muri che si abbattono, mani che si tendono. Al centro di tutto un clown, vestito di sgargianti colori: mostra a uomini persi la strada da percorrere dall'indifferenza all'amore, e dall'amore alla pace. Salta di qua, si dimena di là; muri che si abbattono, mani che si stringono. E una sagoma informe in un angolo buio, ad un estremo del palco, alla destra del pubblico. Un bozzolo di stracci bianchi, era lì da prima che lo spettacolo iniziasse. Ma qualcuno in prima fila lo vede solo ora che un fascio di luce azzurrognola mostra il suo ansimare. Sembra un uovo che si schiude e ne escono fuori due braccia ricoperte di cenci strappati. La figura alza la testa ed apre gli occhi: tante scene si sono susseguite sul palco, tante guerre, lotte interiori, tante tregue, intrecci e abbracci: non le ha viste, solo ora appare accorgersi della vita che brulica a pochi metri da sé e la osserva con stupore. Il clown guarda in quella direzione, sgrana gli occhi, se li stropiccia un po', e con passo lesto le si avvicina; la figura, allora, abbassa gli occhi, scuote la testa di qua e di là, l'abbassa e prende a dondolarsi, le ginocchia al petto tenute strette da braccia che non hanno mai abbracciato, non hanno mai avuto né dato amore. Amore, mi viene quasi da ridere! Pensa qualcuno in prima fila. La luce azzurra diventa grigia. Viene di nuovo illuminato il centro del palco. Simulazioni di vita quotidiana riprendono il via. Il clown sorride, asciuga lacrime, dona baci. Due uomini vestiti di rosso cantano l'amore. Qualcuno in prima fila comincia a sbuffare. Accavalla le gambe intorpidite; vorrebbe fumare una sigaretta. La sagoma bianca pian piano si mette a gattoni e comincia a guardare il clown, che gioca con un bambino in un prato. Poco distanti un uomo e una donna mangiano una fetta di torta, seduti sull'erba. Si avvicinano un altro uomo e un'altra donna, con cui dividono della frutta. Arrivano altri uomini, altre donne e altri bambini. La canzone parla d'amore. Il clown si accorge della sagoma bianca, che, pian piano, si è avvicinata; la guarda muoversi, lei indietreggia per un po'. Il clown sorride e tende una mano. La sagoma si alza e accetta la mano. Succede qualcosa sul palco, mentre un coro canta l'amore. Qualcuno in prima fila ha una vaga sensazione di un girotondo di uomini donne e bambini, un arcobaleno festoso con al centro il clown e la sagoma informe che ballano abbracciati. Qualcuno in prima fila vede tutto questo come sfocato: qualcuno in prima fila... piange.
|