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Auto scorrono davanti una porta a vetri; dietro: un uomo, seduto ad una scrivania, intento ad inserire dati in un computer, di tanto in tanto alza la testa, scruta i passanti, riconosce volti familiari, fa cenni di saluto, ritorna ai suoi dati da inserire. Talvolta getta distrattamente lo sguardo più in là, all'altra porta a vetri, al di là della carreggiata; dietro: una ragazza che non sa di essere guardata. E' un pomeriggio della settimana in cui i negozi sono chiusi; solo le agenzie rispettano il solito orario; e in quella via ce ne sono molte. C'è noia nell'aria e negli uffici silenziosi. Si passa il tempo a guardare fuori, a sfogliare svogliatamente un libro o un giornale, a guardare fuori, ad ascoltare musica di sottofondo, a pensare, a guardare fuori. La ragazza guarda fuori, vede un uomo che definisce "vestito in modo distinto", con un ombrello sotto il braccio e la mano che regge una ventiquattrore di cuoio. Sulla scrivania: un libro, aperto alla terza pagina, letta e riletta più volte senza coglierne il senso. La ragazza legge qualche frase, poi ritorna alle precedenti perché ha perso il filo del discorso. Sul marciapiedi opposto l'uomo che prima era dietro la porta a vetri ora è davanti ad essa, fuma una sigaretta, parla al cellulare. La ragazza pensa, la sua attenzione catturata da una musica dolce, una storia d'amore narrata da una melodia esotica; la ragazza pensa... pensa e attende, attende una telefonata. Accende una sigaretta, si alza, va alla porta, esce sul marciapiedi di fronte all'uomo. Inconsapevole gesto imitativo; inconsapevole rito propiziatorio; ma il suo cellulare non squilla. L'uomo getta la cicca a terra, rientra nel suo ufficio, ritorna ai suoi dati da inserire. La ragazza rientra nel suo ufficio, spegne la cicca nel posacenere, si siede, il libro ora chiuso, non lo apre. Guarda fuori ma non vede niente. Guarda fuori e pensa. Pensa a lui... lontano... che non chiama. Pensa e fantastica. Pensa, e i suoi occhi vorrebbero piangere. Un velo grigio oscura la visione del cielo che si apre, del sole che spande la sua luce diafana prima di tramontare. E' triste, la ragazza, da tanti giorni ormai, e non se ne accorge. Il libro viene riaperto, guardato. La ragazza guarda l'orologio, guarda il cellulare muto, poi di nuovo l'orologio. Guarda il libro, prova a leggere qualche riga poi si chiede: "che ora sarà?". Sente il notiziario alla radio, capisce che sono le diciotto. Ancora due ore di solitudine, sola con i suoi pensieri, sola con i suoi fantasmi da combattere, sola con le sue lacrime da ricacciare indietro. Fa un sospiro, beve un bicchiere d'acqua. Si alza, apre la porta a vetri, dà uno sguardo alla strada deserta. Ritorna alla scrivania, giocherella con una matita, la mordicchia qualche istante, beve un bicchiere d'acqua. Lo squillo del telefono la riporta alla realtà. Una sua collega le comunica l'avvenuto pagamento di una fattura. Parlano per un po' del più e del meno; si mostra allegra, come sempre. Riaggancia il telefono, guarda fuori, sta passando un vicino che non vede da settimane; sa che è stato molto male. Lui la guarda di sfuggita, d'istinto gli sorride del suo sorriso più aperto; è contenta. "Bentornato" vorrebbe dirgli. Ma non c'è abbastanza confidenza. Lui si ferma un attimo, quasi meravigliato, ricambia il sorriso e la saluta. Forse il suo sorriso ha parlato per lei. E' un fatto curioso... Non parlano, non parlano mai, ma si scambiano sorrisi, quando si vedono, quasi tutti i giorni, e la giornata sembra d'incanto più lieta, prende a scorrere su binari a scorrimento veloce; la ragazza inizia a canticchiare. Si
alza, esce fuori dalla porta che aveva lasciata semiaperta. La
strada: d'un tratto popolata di bambini, mamme, nonne. Saluta, la
ragazza, saluta e sorride; le si è aperto il cuore. Sospira di un
sospiro diverso. Ritorna alla scrivania. Spegne il
cellulare. Apre il libro, si immerge nella
lettura. Presto sono le venti. Spegne la radio. Prende la
borsa, il cellulare spento. Esce dalla porta a vetri, la chiude a chiave, si
incammina verso casa; passa davanti al negozio di
un suo amico che ha deciso di non
rispettare il riposo infrasettimanale. Lo aspetta;
fanno due chiacchiere, si incamminano ridendo verso casa. |
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