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Cara amica,
ti
scrivo ascoltando musica di Vivaldi: chiudo per un attimo gli occhi e
dinanzi a me...
Bagliori,
lampi di luce che danzano colorati, ora si piegano a terra, lenti e
malinconici.
Indugiano
un po', si fermano, spariscono (ombre simili a uomini) ed ecco balzano di
nuovo ad
ondeggiare
di qua e di lą, vivaci, ma non ancor allegri.
Struggente
rincorrersi di cupi colori su un palcoscenico chiamato VITA, si alternano
a bocche che
si
aprono e chiudono in timidi sorrisi.
Nella
mia bocca sapore di sale. Lacrime che dagli occhi scendono e incontrano
labbra socchiuse
hanno
il sapore del mare; il colore lucente dei raggi di sole, dorati.
Lento
un uomo trascina un carretto sulla riva di un fiume, al tramonto; torna a
casa dopo un
giorno lungo
e lento di faticoso lavoro. Lo attende qualcuno, forse, o nessuno, chissą.
Un
bambino gioca in un cortile con il suo cane. Lo chiama la mamma: č ora di rientrare, di dire
"Ciao" ai fiori, al cielo, al
cane, per andare al sicuro, un sicuro dal sapor di minestra.
Ondeggiano
i rami scossi dall'uragano.
Nuvoloni si ammassano nel cielo e un temporale si annuncia poco distante.
Cade
qualche foglia, scossa troppo violentemente e dabbasso tremo dal freddo
mentre osservo,
immobile, il mutare delle stagioni che si susseguono
sempre, nonostante... nonostante
tutto.
Il mare č in tempesta; una zattera viene
sballottata e travolta; sopra forse qualcosa,
o qualcuno,
c'era...
non c'č pił.
Bruscamente
si interrompe la musica e con essa la mia triste catena di pensieri, come
prosciugata la
mia penna non sa pił cosa scrivere, o forse vorrebbe scrivere troppo e
cosģ in
fretta che le lettere si confondono, si perdono e non
le
riconosco pił.
Il
fruscio dello stereo attira la mia attenzione
e mi riporta alla realtą, all'esser al di fuori di me.
Devo premere quel tasto e spegnere l'apparecchio; se
potessi con quel gesto spegnere
anche
codesto
solleticante dolore!
Devo
salutarti amica mia. Devo tornare ai rumori assordanti e frenetici della
vita.
Tua
fedele, Cecilia |
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