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Tre
Dicembre 2022, ore 17.00
La sfera nera e lucida era posata sul bancone, fra gruppetti sparsi di
noccioline e bicchieri sporchi.
La superficie curva rifletteva l’immagine distorta di una bottiglia di
Martini dry.
-Se la sonda è qui, vuol dire che l’esperimento ha funzionato, -
commentò Il dottor Chandra.
-Non è un argomento conclusivo e lo sai bene, - replicò il dottor
Boyle.
-Potrebbe essere anche nel sei dicembre…-
-Fred, - disse il dottor Chandra, -se stiamo qua a discuterne oggi,
significa che comunque qualcosa è successo non ti pare?
Tu avvierai le procedure di iniezione, mentre io controllerò i
diagrammi d’interferenza; la camera a vuoto sottrarrà tutta
l’energia dal nanobot,
svincolandolo dal flusso temporale: difatti la sonda è qui!-
-Non è una prova decisiva ti dico!- Insistette il dottor Boyle,
-potrebbe essere una duplicazione quantistica, un effetto secondario ed
imprevisto del principio di indeterminazione, associato ad una
regressione infinita. -
Victor Chandra e Frederic Boyle si erano conosciuti ad un convegno di
fisica delle particelle. Fred era un matematico coi fiocchi, mentre
Victor apparteneva a quel genere di scienziato eclettico, capace di
mettere in relazione le branche più disparate della scienza.
Dopo un cospicuo numero di salatini, tali da giustificare una quantità
eccessiva di Martini dry, i due avevano preso ad accapigliarsi sulla
questione dei viaggi temporali.
Il dottor Boyle ne sosteneva l’impossibilità con logica ferrea,
mentre Victor Chandra, sempre pronto a contraddire l’interlocutore,
cercava intanto di convincerlo dell’inverso in tutti i modi, compreso
quello, piuttosto subdolo, concernente l’offerta di enne
bicchieri colmi di Jin and Tonic.
-Si potrebbe usare una singolarità
quantica, - esordì Victor, -per alterare il flusso temporale quel
tanto che basta a spedire una nanorobot
nel passato!-
-Questa poi! Un nanorobot?!- La sorpresa del dottor Boyle si manifestò con un
allegro sputacchio di Martini dry sul naso dell’altro.
-Un nanorobot…una sorta di macchina
di Von Neumann, mai vista… e dove la troviamo una singolarità
quantica?!-
Victor gettò una rapida occhiata al vuoto desolato del suo bicchiere.
-No, qui no…- Pensò tentennando il capo, -ma forse…-
Ad un silenzio incerto, seguì un incrocio di sguardi piuttosto
vacui e annebbiati.
Fred ebbe appena il tempo di accorgersi di un fatto. -Mio dio! Che alito
pesante che hai, - biascicò con la lingua impastata dalle arachidi
tostate; dopodiché crollarono all’unisono sul bancone di marmo verde,
venato di scuro, alzando un’allegra nuvoletta di pop corn.
Sette Agosto 2014, tardo pomeriggio.
Chandra alzo la cornetta, una voce annunciava che le equazioni di
definizione di un campo spazio-tempo, ammettevano una soluzione che
poteva essere interpretata come una singolarità
quantica.
-Uhm… scusi… la conosco?- La interruppe Victor.
-Deve aver sbagliato
il numero, questo non è il dipartimento di matematica…-
- Victor !- Urlò Boyle, -sono Fred. -
-Fred l’idraulico?!- Pensò stupito il dottor Chandra, invece chiese:
-Fred chi?-
-Sono il dottor Boyle, Frederic Boyle, - gracchiò la cornetta con tono
leggermente meno professionale.
-Viaggi nel tempo, nanorobot, singolarità
quantiche, convegno di fisica, noccioline dappertutto… ricordi
adesso?!-
-Oh! Quel Fred… si certo. - In realtà Victor brancolava nel buio.
-Dunque, dicevo…- proseguì Boyle, -in effetti, niente vieta la
possibilità di un buco nero sub-atomico, ma ancora non capisco come
possa essere usato per viaggiare nel tempo. -
-Uh, beh…- Chandra prendeva tempo. -Ecco… per esempio, sottraendo
tutta l’energia da una particella, potremmo sottoporla alla
distorsione generata dalla singolarità; è opinione di alcuni
astrofisici che, oltre l’orizzonte degli eventi, le leggi che regolano
il nostro universo non siano più valide.
Io sospetto che la materia sufficientemente condensata, si sottragga al
principio d’entropia ed il raggio della singolarità sia proporzionale
ad un valore entropico diverso da quello generale dell’universo. -
-In altre parole vuoi dire che maggiore è il raggio della singolarità,
più indietro nel tempo sarebbe possibile andare?- Chiese Fred.
Un barlume di ricordo finalmente fece capolino nella disordinata memoria
del dottor Chandra. -Si proprio così. -
-Interessante… potrei passare da te stasera per approfondire
l’argomento. Porterò i miei calcoli, - concluse il dottor Boyle. -Hai
del Martini in fresco?-
Sei Dicembre 2022, ore 16.21
Il nanobot stava subendo il
processo di raffreddamento che lo avrebbe portato allo zero assoluto.
Il dottor Chandra aveva maturato la certezza che raffreddando una massa,
questa si sarebbe svincolata dal campo di espansione universale.
La sua teoria prevedeva tre livelli energetici: il primo, che chiamava
di base, era proprio del corpo in questione, il secondo dipendeva dalla
spinta espansiva dell’universo e si manifestava attraverso l’inerzia
dei corpi e la forza gravità, il terzo dipendeva dalle relazioni
energetiche ed era descritto dalla relatività generale.
Il nanobot raffreddato avrebbe
perso ogni aggancio con il resto dell’universo; allo stesso tempo, dei
raggi protonici convergenti avrebbero generato la singolarità nello
spazio occupato dal nanobot.
-Fred, a che punto stiamo con gli acceleratori?- Domandò Victor.
-I fasci sono carichi, sto verificando l’allineamento dei magneti a
superconduttore, sembra tutto in ordine; per me è Go!- Rispose Boyle,
gli occhi fissi agli indicatori sul monitor del terminale.
La procedura automatica d’iniezione si avviò, segnalata da un
rettangolo verde lampeggiante.
I fasci protonici, accelerati a velocità superluminale, si
concentrarono in un punto della camera a vuoto (una scatola argentea
confinata in un campo elettromagnetico) nel momento esatto in cui la
nanomacchina aveva raggiunto lo zero assoluto.
I sensori che circondavano la scatola registrarono un gamma
burst: raggi gamma ad
altissima energia.
Le equazioni di Boyle l’avevano previsto.
Tre Dicembre 2022, ore 17,47
-Potresti aver ragione Fred, - commentò Victor, versandosi una generosa
dose di Martini in un bicchiere meritevole di una bella lavata. -Il
fatto è che il nanobot è
arrivato in questo tempo ed ha costruito la sonda. -
Il dottor Boyle aggiunse, -e se avessimo riempito questi tre giorni di
infiniti nanobot e sonde?- Intanto che, con l’indice ripiegato,
distrattamente lanciava noccioline verso un altro bicchiere
dall’aspetto untuoso.
-E se anche fosse?!- Sbottò il dottor Chandra, -certamente ci saranno
anche infinite bottiglie di Martini!- Concluse con un malizioso e
concupiscente sguardo alla bottiglia quasi vuota.
Otto Dicembre 2022, ore 08.00
La sfera stava ancora al suo posto, torreggiante fra le noccioline
stantie, coperta appena da un velo di polvere.
Victor guardava la sonda soddisfatto: era ancora là, solida e normale,
ben ancorata alla realtà.
-Fred, direi che possiamo procedere con la seconda fase
dell’esperimento: destinazione 3761 B.C.!-
Quella data era il limite massimo possibile raggiungibile.
Le dimensioni della singolarità
quantica, necessaria ad un simile viaggio, sfioravano la soglia del
mondo macroscopico.
Non era possibile attualmente, disporre d’energie sufficienti per
creare fasci protonici più potenti, tali da indurre un collasso
gravitazionale di masse maggiori.
-Bene Victor, - annunciò Frederic, -i nuclei di uranio stanno
raggiungendo la velocità massima-
-ZAP!-
Nelle intenzioni dei due scienziati, il giorno seguente sarebbero andati
nel deserto del Mojave, per recuperare la sonda appena inviata nel
passato preistorico.
Avevano adottato quella soluzione per evitare il rischio di ritrovarsi
con la sfera fusa con qualche parte di mobilio od apparecchiatura,
infatti, se era facile calcolare al miliardesimo di secondo la
destinazione temporale, altrettanto non era possibile per quella
spaziale, che avrebbe risentito di errori nel calcolo delle derive
gravitazionali.
Ventidue Settembre 3761 B.C. ore 01.24
Un fiotto di luce incredibilmente bianca si accese nello spazio vuoto.
Nove Dicembre 2022, ore 06.30
I due scienziati, reduci da una colossale sbronza, si scambiarono le
rispettive sensazioni che il mal di testa regalava loro copiosamente.
- Victor, dove tieni le aspirine?- Biascicò Fred.
Davanti agli occhi pesti del collega, Chandra fece dondolare un
massiccio vaso di vetro colmo di pillole bianche.
-Su, prendine una manciata. - Gli rispose con la voce simile ad un
rospo. - E’ l’ora, dobbiamo andare. -
La jeep era stata rifornita: c’erano due ricevitori satellitari, un
congegno elettronico multi funzione, utile per rilevare radiazioni come
per ottenere analisi spettrometriche, uno zaino di provviste e da una
falda di questi, spuntava orgogliosamente un collo di bottiglia ancora
intonsa.
Victor guidava nel silenzio dell’alba nascente; notò i colori del
cielo, erano sensazionali, quasi quanto quelli dell’olorama appeso nel
suo studio.
La freeway si perdeva
all’orizzonte: un nastro grigio, dritto, che divideva in due una
distesa accidentata color ocra; alcuni Joshsua Tree gettavano lunghe
ombre bavose sul terreno.
A rompere la
monotonia del paesaggio, si ergeva solitaria una rupe erosa dal vento,
la cui cima presentava tre profondi solchi verticali: Quella era la loro
meta.
Fred guardava la cartina stradale, un punto rosso segnato con un
pennarello indicava la zona dove avrebbero recuperato la sonda.
Victor rallentò. La pista per inoltrarsi nel deserto era ormai vicina.
-Ecco, sterza qua!- Disse Boyle.
Il fuoristrada sobbalzò per il cambio del fondo stradale, sollevando
una nuvola di polvere giallastra.
-Ehi! Rallenta! Tanto abbiamo tutto il tempo che vogliamo!-
-Già. - Rispose l’altro sogghignando.
Dieci minuti dopo il dottor Chandra fermò la jeep alle pendici della
rupe, la cui vetta si stagliava in un cielo di un azzurro cupo e
profondo.
I due scesero e si attrezzarono con i cercatori satellitari, Victor si
accollò lo zaino e Fred la cartina e il compatto congegno multifunzione.
Intorno a loro una distesa di sassi si perdeva a vista d’occhio.
Un tenue vento rovente soffiava da sud, qua e là macchioline scure
descrivevano ampi archi nell’azzurro intenso: Condor.
-Per di qua, - disse Fred, indicando una serie di piccole dune dopo aver
consultato la cartina.
I bip dei segnalatori
suonavano ancora monotoni e regolari.
Camminare sulla sabbia non sembrava migliore che farlo fra i sassi del
pianoro, ma almeno non si rischiavano storte alle caviglie, pensò
Victor.
Boyle intanto, raggiunto il cumulo di sabbia più elevato, stese la mano
sulla fronte per schermare il riverbero accecante del sole.
-Sai Victor? Pensavo… e se in tutti questi millenni qualcuno ha
scoperto la sonda?
Voglio dire… potrebbe non essere più qua attorno, magari un
pellerossa l’ ha trovata o un soldato dell’unione, oppure…-
-Si, - lo interruppe Chandra, asciugandosi delle perline di sudore che
gli rotolavano sulla fronte, -forse adesso è in qualche polveroso
scantinato di un museo, nell’attesa che qualche praticone in cerca di archeo-panzane
ci costruisca sopra una bella storia a base di alieni che si divertono a
recitare la parte del dio-venuto-dalle-stelle.
Scendiamo da qua - concluse.
Tre brevi impulsi sonori avvertirono l’aggancio del segnalatore alla
sonda.
Gli scienziati raggiunsero in breve il luogo.
Le ombre tracciavano disegni netti sulle rocce calcinate, disseminate su
un terreno liscio, coperto a tratti da chiazze di ghiaia rossastra.
La sfera giaceva semisepolta in una polla di sabbia sorprendentemente
nera; l’aspetto dichiarava la sua antichità, nonostante il
rivestimento al fullerene, uno
stato particolare del carbonio.
La superficie appariva opaca e solcata da profondi graffi; miriadi di
cavità di varie dimensioni la ricoprivano, facendola somigliare ad una
piccola luna.
-Eccola Victor!- Gridò Fred. -Aspetta a toccarla, voglio esaminarla con
lo strumento-e lo diresse verso la sonda.
Sul piccolo schermo al plasma scorrevano i dati. -Niente radiazioni…-
Concluse Boyle.
-Però?- Victor, che lo conosceva bene, aveva notato la sua fronte
corrugarsi.
-Però è strano… la sonda è in ordine, ma quella sabbia nera mi da
pensare…-
-Cioè?- Incalzò Chandra perplesso.
Fred diede un’altra occhiata allo schermo dello spettrometro e lo passò
nelle mani del compagno.
-Vedi? Vedi la
concentrazione di iridio? È
atipica…-
-Si, in effetti non sembra sabbia del deserto, - commentò Victor. -Mi
viene in mente un vecchio studio su degli strati geologici di Gubbio, in
Italia… prendiamone un campione per il laboratorio di chimica e
scattiamo qualche foto. -
La sonda scottava nelle loro mani e si affrettarono a caricarla sulla
jeep; Victor agguantò il collo della bottiglia dallo zaino e con gesto
esperto ruppe il sigillo del tappo, bevendo a garganella un generoso
sorso di Martini.
-Tu ne vuoi Fred? Dobbiamo festeggiare!-
Dieci Dicembre 2022, ore 07.30
I laboratori e gli uffici dell’università si stavano lentamente
risvegliando.
La guazza sugli alberi dei vialetti, rimandava pallidi riflessi di un
tiepido sole invernale.
L’erba secca crocchiava sotto i passi del dottor Chandra, diretto al
dipartimento di fisica; era eccitato, avrebbe voluto subito attivare la
sonda ma doveva aspettare Fred di ritorno dal laboratorio d’analisi
chimiche.
-Ciao, - disse Boyle, aprendo la porta trafelato, - il professor
Markovic ha promesso che le analisi sulla sabbia saranno pronte entro le
dieci. -
-Salve Fred, bene; tutto è pronto, possiamo avviare la procedura di
risveglio. -
Il dottor Chandra stette un attimo con il dito sospeso sopra la
tastiera, poi, con decisione premette “invio.”
Sul monitor del computer le letture cominciarono a variare, gli indici
confermavano l’integrità dei sistemi della sonda ormai vecchia di
5785 anni; uno ad uno i circuiti furono riattivati mentre l’energia
rifluiva nella sfera.
Le camere a vuoto contenenti campioni sigillati di aria, acqua e
terriccio si sbloccarono, poi finalmente, sullo schermo al plasma
campeggiò la scritta “READY”, lampeggiante in verdi caratteri
cubitali.
-Fred, dai tu il via. - Disse Victor eccitato.
L’immagine subito cambiò “Please
wait, loading data: file n. 0001 - in
progress “
-Ma quanto ci mette…- sibilò fra i denti Il dottor Chandra
impaziente.
Un fiotto incredibilmente bianco illuminò lo schermo.
Nero.
Ancora nero; poi il filmato mostrò dei punti lucenti e sfavillanti,
colorati come diamanti e rubini, smeraldi e zaffiri, topazi e ametiste,
lanciati distrattamente da un gioielliere su di un immenso lenzuolo di
raso blu notte.
-Che diavolo è?!- Esclamò il dottor Boyle.
-Ssh!- Fece Victor, anche se non ce n’era motivo, poiché dagli
altoparlanti non uscivano suoni.
L’inquadratura cambiò; una luce secca gettava un’ombra gigantesca
sopra un intrico di longheroni.
Qualcosa occultò per un momento la lente della telecamera della sonda.
Adesso intorno alla struttura si vedevano dei movimenti.
Il campo visivo si stava restringendo, per contro si potevano
distinguere meglio i particolari della struttura: sembrava di assistere
ad una zoomata, segno evidente che la sonda si stava movendo in quella
direzione.
Cilindri e sfere munite di bracci si affaccendavano alacremente fra
travi, cavi e panelli.
L’immagine sussultò come scossa da una mano maldestra.
-Sono immagini dallo spazio,- commentò Il dottor Boyle con un fil di
voce.
Il dottor Chandra si accorse di annaspare; tanto era lo stupore che
aveva trattenuto troppo a lungo il respiro.
-No… non è possibile!- Riuscì in fine a pronunciare.
La sonda filava verso un incrocio di putrelle che alcuni cilindri
giganteschi stavano rivestendo di un materiale semifluido: sembravano
ragni che stessero avvolgendo la preda in un bozzolo.
-Fred, Guarda…- Un’altra scossa fece girare la sonda su se stessa
con il risultato di cambiare inquadratura.
Si scorgeva chiaramente in lontananza la Luna, o meglio, una sfera
biancastra in parte costituita dalla familiare superficie craterizzata,
in parte da una intelaiatura gigantesca.
Intorno, un anello gravitava pigramente; alcune sfere e cilindri
facevano da spola tra il disco e la superficie, rimandando barbagli
accecanti come flash; poi la sonda entrò in un cono d’ombra,
sprofondando nelle tenebre più fitte.
- Victor, qualcosa non ha funzionato. - Disse Fred cercando gli occhi
dell’amico.
-La sonda, per qualche effetto non previsto, si è trovata in una
regione dello spazio sconosciuta…-
-No Fred, quelle immagini…- Victor tornò a guardare il monitor;
-è la nostra Luna: in alto, leggermente verso sinistra c’è il mare Imbrium,
in basso, tirando una linea ideale verso il polo sud, incontri un
cratere da cui diparte una imponente raggiera; vedi? Quello è Ticho. -
-Allora è andata a finire in un altro tempo, forse la massa della
singolarità non è proporzionale all’orizzonte temporale…- Proseguì
Frederic dubbioso.
-Non credo amico mio. - Victor posò la mano sulla spalla dell’altro.
-Il test del sei Dicembre ha funzionato perfettamente. -
Un silenzio pensoso
scese fra i due mentre rivolgevano di nuovo l’attenzione al monitor
ammiccante.
Vent'otto Settembre 3761 B.C. 14,22
La sonda temporale era precipitata sulla superficie.
Subito i nanobot fuoriuscirono, attivando il programma d’emergenza e
ripararono i guasti ai sistemi elettronici.
Si aprirono degli sportelli e bracci articolati frugarono il terriccio
nelle immediate vicinanze. Il microfono direzionale registrò un suono
rauco e profondo in lontananza.
La videocamera riprese un paesaggio lussureggiante, subtropicale: una
rupe solitaria, dalla cima solcata da tre canaloni verticali, spuntava
dal folto di una giungla barrente, ululante, mugghiante, fischiante,
stridente. Assordante.
Felci arboree svettavano ovunque, nei pressi di una radura
acquea.
Tappeti di Ranunculus
aquatilis
offrivano
alla lente il loro candore vivido, più in là cedevano il passo ad una
esplosione malva di Hottonia
Palustris dai fiori sommersi.
Al di sotto del pelo dell’acqua, distese di Elodee
accoglievano i guizzi multicolori dei pesci in cerca di protezione.
Dalle sponde una mandria di Mesohippus
allungava i colli criniti per lappare l’acqua fresca, mentre alcuni
ippopotami emergevano dalle limose profondità, con le bocche colme di
vegetali appetitosi.
grandi insetti iridescenti
frullavano le loro ali eteree fra macchie floreali giallo pallido e
viola. Pioveva.
Dieci Dicembre 2022, ore 09,54
Qualcuno bussò, liberando i due scienziati dalla bolla di silenzio
irreale che li aveva avvolti.
-Mi manda il dottor Markovic,- disse una voce da dietro la porta del
laboratorio.
Fred Agguantò la maniglia, l’aprì e prese il fascio di fogli dalla
mano del giovane studente.
-Dai qua- disse in fretta, sbattendo la porta in faccia al ragazzo.
-Ecco i risultati delle analisi Victor, vediamo cosa dicono. -
Chandra scorreva i dati con familiarità; quando arrivò alle note annuì
e lesse ad alta voce, -Il
materiale analizzato presenta forti analogie con le uroliti: una
particolare classe di condriti carbonacee.
Tali
asteroidi sono i corpi celesti più antichi presenti nel sistema
solare e datano circa 4.500 milioni di anni. Pur tuttavia, la grafite
trattenuta nella matrice di olivina risulta quantitativamente e
qualitativamente abnorme. -
Poi seguiva un appunto scritto a penna. -Dove diavolo avete preso questa
roba?!-
Un suono cavernoso e prolungato riportò l’attenzione dei due verso lo
schermo.
Un enorme scarabeo dal carapace blu cobalto chiazzato di verde oro,
stava piombando a tutta velocità verso la lente.
- Sant'iddio!- Esclamò il dottor Boyle, -che razza di insetto!-
-Guarda la rupe Fred…- mormorò Chandra, -è coperta da una
vegetazione arcaica ma… ma le dimensioni, la forma… i canaloni che
incidono la vetta… sono pressoché identici a quelle che abbiamo visto
ieri. -
-Beh? Allora?- Frederic era indispettito.
-Allora- proseguì l’altro, paziente, -significa che non stiamo
guardando una ripresa del remoto passato della Terra: non c’è traccia
di erosione amico. -
-Vero. - Fred annuì con il capo.
-Ricapitoliamo. - Propose Chandra. -5783 anni fa la sfera non si è
materializzata sul terreno del pianeta, bensì nello spazio; abbiamo
visto macchine misteriose che attendevano alla costruzione della Terra e
della Luna, poi la sonda è scesa sulla superficie e ha registrato
queste immagini che sembrano provenire dal pliocene; inoltre,
l’analisi chimico fisica del campione di sabbia che abbiamo raccolto
nel sito di ritrovamento, sembra un resto di asteroide, probabilmente
dello stesso tipo che costituiva l’anello gravitante intorno alla
Luna…-
Mentre l’amico parlava, il volto del dottor Boyle stava cambiando,
acquistando un colorito cereo e una luce vitrea negli occhi, segno di
una coscienza che si stava allontanando dal momento reale per immergersi
nei recessi della memoria.
-Cinquemilasettecentottantatre!- Fred stava ridendo.
Il dottor Chandra s’interruppe al suono del riso strambo dell’amico.
-Sai Victor?- La mano di Frederic estrasse un piccolo oggetto grigio
avorio dalla tasca interna della giacca.
Stese il palmo e vi adagiò l’osso curvo e appuntito. -questa è una
zanna di Velociraptor. - Disse.
-Guardala. Avevo otto anni: tornato a casa da una gita in un sito di
scavi paleontologi, mostrai orgogliosamente questo dente a mio padre.
Era seduto nel suo studio, immerso in una poltrona di velluto rosso,
consunta dal tempo.
Lui alzò appena la testa e lo guardò attraverso gli occhiali spessi -
è solo un sasso - sentenziò. Io protestai; così mi fece sedere sulle
sue ginocchia, davanti ad un grosso libro aperto e segnato fittamente a
matita. - Leggi qua - mi ordinò, indicando l’inizio di un paragrafo
con il suo indice.
Genesi 1.1
In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e
deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava
sulle acque.
Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu. Dio vide che la luce
era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno
e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
Dio disse: "Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le
acque dalle acque". Dio fece il firmamento e separò le acque, che
sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E
così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina:
secondo giorno…
La lettura presto mi avvinse, tanto era in contrasto con le spiegazioni
delle insegnanti e le parole dei paleontologi del campo, che si
premuravano di spiegarci in semplicità i principi dell’evoluzionismo.
…La terra produca esseri viventi
secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la
loro specie". E così avvenne: Dio fece le bestie selvatiche
secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i
rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona.
E Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul
bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che
strisciano sulla terra"…
… "Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la
terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il
vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo
e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di
vita, io do in cibo ogni erba verde". E così avvenne. Dio vide
quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu
mattina: sesto giorno.-
-Il settimo giorno si riposò…- Tacque.
Il dottor Boyle ristette in silenzio, lo sguardo meditabondo e fisso
sullo schermo, poi la mano fredda si richiuse sulla vestigia biologica
dell’antico (?) sauro.
Il dottor
Chandra lo scosse gentilmente, -vieni, - disse a Fred; spense il
monitor, uscirono.
L’appartamento di Victor non era distante dall’università: una
breve corsa in macchina nel silenzio serale, pervaso dalla luce porpora
di un gonfio sole morente.
La serratura scattò dietro di loro, Chandra nella penombra allungò la
mano sulla scrivania ingombra di carte, e sicura afferrò due bicchieri.
-Tieni- mormorò all'amico offrendogliene uno; subito verso due dosi
generose di Martini e concluse: - chi l'avrebbe mai detto?- |
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