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A due passi dal mare

     
             
             
     

Chissà perché in ottobre la spiaggia sembra diversa.
Sarà perché è deserta o sarà perché le impronte lasciate dai pochi affezionati si confondono con quelle dei gabbiani e con quelle dei cani che, finalmente, possono scorazzare liberi, senza famigerati divieti estivi.

Sdraio ed ombrelloni sono solo un ricordo; di pedalò e pattini neanche l’ombra, pochi venditori ambulanti espongono le loro merci sui marciapiedi.
L’autunno: quando il cielo ed il mare si innamorano e si congiungono in un abbraccio da non capire dove finisce l’uno e dove comincia l’altro; quando i gabbiani aspettano pigri adagiati sulle onde che li portano verso riva; quando il sole troppo presto si arrende alle tenebre; quando solo qualche barca da pesca e piccoli gozzi si incontrano a solcare le acque calme e piatte; quando il silenzio è più forte dello sciabordio delle onde che la brezza della sera crea e frange sotto i raggi della luna.
Anche a Varazze è così.
Cessata la bagarre estiva, la caccia al parcheggio, le notti all’aperto e gli amori brevi ma intensi, tutto ritorna alla normalità.
La cittadina ritorna tranquilla, per qualcuno forse troppo. Gli stabilimenti balneari e gli alberghi chiudono, le seconde case abbassano le tapparelle, i negozianti partono per le ferie e gli anziani si riappropriano della passeggiata e delle panchine.
Giornate trascorse a godersi i raggi di un sole basso ma caldo, la spesa, le chiacchiere con i conoscenti e poi a casa, aspettando il giorno successivo.
Sulla spiaggia davanti alla piazza, una trentina di gabbiani aspetta con pazienza l’arrivo di Beppino. È il più anziano dei pescatori. Raramente esce in mare con il suo gozzo che porta il nome della madre “Marietta”. Ha paura di non farcela più a tirare le reti. Si accontenta di andare ad aspettare il ritorno dei pescatori più giovani di lui. Loro, conoscendolo ormai da sempre, non mancano mai di regalargli qualche pesciolino per il suo gatto.

Beppino abita da solo in una casa nel centro storico, a due passi dal mare: il portone in un vicolo e le finestre sulla splendida passeggiata a mare. È molto abitudinario, come tutti gli anziani. Si alza molto presto, sbriga le piccole faccende di casa ed esce, con quotidiano disappunto da parte del suo convivente, il gatto Pelusso, chiamato così perché ha uno splendido pelo lungo, pur essendo il tipico randagio trovato mezzo vivo e mezzo morto vicino a un’aiuola in una lontana e freddissima giornata d’inverno.
“Buon giorno, Beppino!”
“Buon giorno, signora Amalia!” È la panettiera del quartiere. Dal suo negozio esce sempre un profumo di biscotti e di focaccia che si diffonde per tuta la via, penetra nelle narici e scatena una produzione esagerata di acquolina in bocca…
“Il solito?”
“Si, grazie. Mi raccomando, un po’ di pane di ieri, per favore!”
“Non si preoccupi! È già messo da parte da ieri sera.”
Cosa ci fa Beppino con il pane raffermo? Esche per i pesci? Zuppa per il gatto?
Nulla di tutto questo.
Seconda tappa dal giornalaio.
Poco più avanti, il negozio di gastronomia. Uno sguardo alla vetrina, una lettura veloce ai piatti pronti del giorno e poi, dentro!
“Buon giorno, Beppino!”
“Buon giorno, Francesco. Cosa c’è di buono, oggi?”
È la domanda di rito, ma Francesco conosce bene il signor Beppino: sa che prenderà solo mezzo pollo allo spiedo e qualche verdura ben calda di contorno.
“Oggi abbiamo le lasagne al forno, la pasta gratinata, la torta Pasqualina, la cima alla ligure,….”
“Quante cose buone…. Prenderò il solito. Passo verso mezzogiorno.”
“Grazie, signor Beppino. A più tardi.”
“Arrivederci.”
Uscito dal negozio, Beppino si dirige verso il vicolo dove abita e fa un salto a casa a posare il pane e il giornale. Esce però subito dopo, con in mano il sacchetto del pane raffermo…. 
Come ogni mattina verso le dieci, tutti i gabbiani zampettano sulla sabbia avanti e indietro, ondeggiando il capo e scrutando la superficie del mare, o lasciandosi cullare dalla risacca.
Poi, d’un tratto, il capo del gruppo, svolazzando tra la riva e la strada, vede sbucare Beppino dal vicolo e lancia subito il segnale ai compagni. Il suo grido nel vento sembra dire “Sta arrivando! Sta arrivando…”
Beppino sente quel grido ed alza lo sguardo per seguire i volteggi eleganti dell’amico: sembra una danza di benvenuto, a cui si uniscono tutti gli altri gabbiani che iniziano un concerto di saluti: “Ciao, ciao…”
Attraversata la strada, si siede sulla solita panchina in pietra e, appoggiato alla ringhiera della passeggiata, l’anziano pescatore inizia così il rituale quotidiano: lancia in aria i bocconi di pane che non toccano mai terra, ma vengono afferrati al volo dal becco dei suoi amici.
I passanti curiosi si radunano intorno a Beppino per assistere al gioco e i bambini corrono dietro ai gabbiani, quasi invidiosi della loro libertà di volare.
Questo momento di serenità si ripete ogni giorno. Anche quando il tempo inclemente non invita ad uscire di casa, Beppino sa che i suoi amici lo aspettano e, soprattutto durante l’inverno quando mancano i turisti, è l’unico che porta loro un po’ di cibo.
Inoltre deve uscire di casa per andare al negozio di gastronomia, perché lui non è mai stato un buon cuoco. Approfitta di questa esigenza per soddisfarne una maggiore: poter incontrare i suoi amici gabbiani che gli raccontano storie di mare, come quando usciva con il suo gozzo e, da lontano, volgeva lo sguardo verso riva e cercava di indovinare dov’era il suo vicolo, dov’era il molo, dov’era lo scivolo su cui far risalire le barche quando il mare minacciava tempesta. E quella villetta bianca e gialla, sulla collina vicino alla chiesa, dove abitava quella ragazza con gli occhi neri….
Momenti di gioventù non vissuta e volata via sulle ali del tempo.
Lei era ricca.
Lui era figlio di un pescatore.
La loro storia non è mai iniziata.
Il gabbiano capo gli sta svolazzando intorno, come al solito, per poi andarsi a posare sulla ringhiera vicino alla panchina, da dove Beppino distribuisce il cibo ai suoi amici. È uno splendido esemplare, più grosso degli altri, con lo sguardo vispo e fiero, il piumaggio bianco e grigio ed il becco giallo. Beppino lo ha chiamato Ulisse.
Ogni tanto, quando non c’è nessuno vicino, Beppino gli parla.
“Ciao, amico. Come stai. Cosa hai visto oggi di bello in mare?”
Ulisse si avvicina all’uomo, gli si posa sul braccio e raccoglie i bocconi direttamente dalla mano dell’amico. Non ha paura. Lo conosce bene e sa che non c’è nulla da temere. Sono momenti d’intenso intreccio di sguardi e scambio di affetti. Negli occhi del vecchio c’è rassegnazione all’avanzare del tempo, un’ombra di nostalgia e tanta dolcezza. Il tutto incorniciato da splendide incisioni nel viso: ricordi di mare, salsedine, sole e brezza. Negli occhi di Ulisse ci sono frammenti di scogliera, onde e pesci di ogni razza; ci sono voli distratti fin sulla collina; c’è riconoscenza per la generosità di Beppino.
La campana della chiesa scandisce mezzogiorno. Beppino saluta i suoi amici, si alza, attraversa la strade e raggiunge il negozio dove ritira il suo pacchetto caldo.
Appena entrato in casa viene accolto dalle fusa di Pelusso. Anche lui sa che il padrone ha comprato delle cose buone per pranzo.
Si dividono il pollo come tutti i giorni, da buoni compagni. 
Una veloce rassettata alla cucina e poi sulla poltrona vicino alla finestra a leggere il giornale. Sul davanzale, a raccogliere il calore dei raggi del sole, si acciambella Pelusso, con la testa rivolta verso il suo padrone, pronto a sollevare un’orecchia e a schiudere un’impercettibile fessura negli occhi al minimo rumore sospetto.
Le notizie del giornale hanno un leggero effetto soporifero per Beppino che non disdegna un bel pisolino.
Prima di addormentarsi, uno sguardo alla spiaggia, dove Ulisse e i suoi compagni sono accovacciati sulla sabbia a godersi i caldi raggi del sole:
“Ciao, Ulisse. A domani.”
Nel tardo pomeriggio la signora Bianca suona alla porta di Beppino per salutarlo:
“Buona sera, Bepin. Ho cucinato un pollo e mi è avanzato un po’ di brodo. Se vuoi favorire, così per questa sera hai la cena pronta.”

“Grazie, Bianca. Sei sempre molto gentile. Anzi, a proposito. Il polpettone che mi ha dato l’altro giorno era davvero squisito. L’ha mangi
ato anche Pelusso.”
“Ti ringrazio. Guarda che domani preparo la zuppa di ceci. Te ne porterò un po’ per cena. Però potresti venire a mangiare da noi, se ti fa piacere.”
“Non so, non vorrei disturbare...”
“Nessun disturbo, tranquillo. Ti aspettiamo per le sette. Va bene?”
“Benissimo. Grazie. A domani. Salutami Giamba.”
“Te lo saluto, grazie. A domani.”
Giamba è il marito di Bianca. Anche lui ha fatto il pescatore per tutta la vita, come Beppino. Abitano nello stesso palazzo fin da bambini, e da quando è morta sua madre, Beppino accetta con piacere le cortesie di Bianca.
Ad ogni invito a cena a casa di Giamba, Beppino porta una bottiglia di “quello buono”, così la conversazione scivola meglio e i ricordi si intrecciano ai ricordi, solo con un pizzico di malinconia verso i tempi passati che non sempre si riesce a rivivere al meglio.
La cena con gli amici trascorre serena, il vino è ottimo e l’ora di ritirarsi arriva inaspettata.
“Grazie, Bianca. Grazie, Giamba. Siete sempre molto gentili con me che sono solo un povero vecchio.”
“Sì, perché noi invece siamo giovanotti…” risponde Giamba.
“Buona notte, amici. Grazie ancora di tutto.”
“Non dirlo neanche, Bepin. Vieni a trovarci quando vuoi. Buona notte.”
Tornato a casa, Pelusso esterna tutta la sua disapprovazione: tutta la sera da solo! Possibile? Cerchiamo di non prendere cattive abitudini e di stare un po’ più in casa propria, per piacere!
Bastano poche carezze e due sardine per calmare l’offeso. Beppino sa che il suo amico è di facile consolazione.
Si appresta così a coricarsi. Il vino bevuto dagli amici comincia a fare il suo effetto…. Il sonno non tarda ad arrivare.
Saranno i discorsi fatti a cena, sarà quella passeggiata tra i ricordi, ma Beppino quella notte sogna….
Sogna sua madre che, appoggiata ai piedi del letto, lo chiama con affetto:
“Vieni, Beppino. Vieni con me. Ti stiamo aspettando. C’è anche tuo padre. Vieni…. È ora….”
“Vengo, mamma. Eccomi!”
Non si è più svegliato.
Bianca ha le chiavi di casa di Beppino, per ogni emergenza. Quella mattina i negozianti del quartiere, preoccupati per non aver visto il loro cliente abituale, l’hanno chiamata e le hanno chiesto di andare a controllare.
Bianca e Giamba, con un po’ di paura e presentimento, si introducono nel piccolo appartamento. Tutto silenzio. Le persiane ancora chiuse. Solo il gatto si fa loro incontro e li saluta affettuosamente.
Nella piccola camera da letto, quasi come se dormisse, il loro amico riposa ormai in pace. Ha un lieve sorriso sulle labbra.
“Non ha sofferto! Meno male….”
“Povero Bepin.” Bianca non riesce a trattenere le lacrime. Nel frattempo, dietro ai due coniugi, si è fermata un po’ di gente curiosa. I vicini di casa, i negozianti, qualche passante. La voce corre subito per il quartiere:
“Bepin è morto!”
Tutto quel via vai nel vicolo non sfugge a Ulisse che, considerata l’ora tarda, non sa spiegarsi come mai l’amico di tutti i giorni non si fa vedere. Con un paio di colpi d’ala raggiunge il davanzale della finestra da dove Beppino ogni tanto si affaccia per salutarlo. Dentro c’è un gran via vai di gente. Dev’essere successo qualcosa. Qualcosa di grave. Qualcosa di brutto. Troppa gente. Troppo movimento.
Con un grido riprende il volo verso la spiaggia e verso i suoi compagni.
È un grido di dolore che tutti i suoi simili capiscono immediatamente:
“È morto! È morto!”
Immediatamente tutti i gabbiani si alzano in volo, disordinatamente, spaventati dalla notizia, ripetendo quel grido a tutti i passanti:
“È morto! È morto!”
La giornata trascorre frenetica per tutti gli amici e i conoscenti di Beppino. Il medico ha già redatto il certificato di “morte naturale”, l’impresa di pompe funebri ha già svolto il suo triste compito.
Nel cassetto del comodino Beppino ha lasciato due righe: affida il suo gatto agli amici Bianca e Giamba. Affida i suoi gabbiani a chi avrà più buon cuore. Non vuole cerimonie strane. Subito al cimitero, e poi, il giorno dopo, una messa nella chiesetta sulla passeggiata.
Così è stato.
Lo hanno sepolto vicino alla madre, nel piccolo camposanto a due passi dal mare.
Sono ormai passati un po’ di giorni, ma c’è una cosa che il custode del cimitero non riesce a spiegarsi.

Tutte le mattine, verso le dieci, un stormo di gabbiani compie ampi voli sulle lapidi: uno di loro si allontana dal gruppo e, delicatamente, posa un pesce sulla tomba di Beppino…..

     
             
     

Gloria C.

     
             
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