Pagina 23 - la Repubblica 9 settembre 2000

Torino salva i graffiti del '68

I restauri in facoltà risparmiano gli slogan studenteschi
A palazzo Campana tornano alla luce vecchie scritte. L'università ora vuole tutelarle: "Rappresentano un'epoca"

di PAOLO GRISERI


TORINO - Il nuovo intonaco non le seppellirà. Le scritte lasciate dagli studenti del '68 sui muri di palazzo Campana, all'epoca sede delle facoltà umanistiche torinesi, verranno conservate sotto vetro a imperitura memoria, come si fa con i mosaici bizantini. Lo ha confermato ieri il prorettore dell'università Angelo Garibaldi: "La decisione definitiva - ha detto Garibaldi - la prenderemo lunedì al termine di una riunione con il rettore e i tecnici. Credo che decideremo di conservare almeno una parte di quelle scritte e le fotograferemo tutte per consentire agli storici di avere a disposizione una documentazione sul movimento studentesco torinese".
I graffiti erano venuti alla luce nelle scorse settimane durante i lavori di rifacimento dell'intonaco della scalinata principale del palazzo. Frasi ormai incomplete per l'usura del tempo, pezzi di slogan tracciati con la vernice rossa e qualche testo rimasto integro. Come quel "W Wilhelm Reich" che rimanda ai tempi in cui la critica dello psicanalista austriaco al modello della famiglia tradizionale era diventata il punto di riferimento per un'intera generazione. Numerosi i frammenti di slogan scritti in francese, eco torinese del movimento che a Parigi sarebbe sfociato nelle manifestazioni del maggio'68.
E poi il più classico "Il potere è sulle barricate", scritto probabilmente nel novembre del '67 quando gli studenti torinesi, con qualche mese di anticipo sul movimento parigino, occuparono la sede delle facoltà umanistiche dell'università.
Alla notizia del ritrovamento, pubblicata dalla cronaca torinese di Repubblica, hanno reagito alcuni dei protagonisti del '68 di palazzo Campana. Come il sociologo Marco Revelli che ha lanciato un appello per conservare gli slogan: "Non sarebbe male - ha scritto Revelli - chiedere alle autorità accademiche di lanciare un messaggio ironicamente controcorrente consentendo che all'ingresso di un tempio della cultura rimangano visibili le tracce di quel passato". Secondo Revelli, "si tratterebbe di una scelta dal doppio significato: ricorderebbe agli studenti di oggi che, ogni tanto, ci si può ribellare e suggerirebbe a tutti che qualcosa delle proprie rivolte giovanili, nonostante il tempo, può rimanere".
Ieri la conferma che le autorità accademiche hanno raccolto l'appello e stanno studiando le soluzioni tecniche per salvare le scritte più significative. "Si tratta di testimonianze emerse casualmente - ha spiegato il prorettore Garibaldi - ma anche di tracce storiche di un periodo che ha significato molto non solo per il movimento studentesco ma per l'intera società italiana. Per questo cercheremo di salvare le più significative con un vetro, come si fa con i reperti antichi".
Naturalmente la scelta farà discutere. Il capogruppo di An in consiglio regionale, Agostino Ghiglia, attacca duro: "Non trovo nulla di storicamente rilevante in un graffito o in una bombolettata di trent'anni fa. Se la sinistra vuole conservare quelle scritte, lo faccia nei contenuti e non salvandosi con un dibattito sull'intonaco". Niente da salvare dunque?. "Anche per una parte della destra il '68 ha avuto un significato importante. Ma credo che quelle scritte vadano cancellate. Anzi che avrebbero dovuto essere cancellate già trent'anni fa".

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