Marco Boato
"Il nostro '68
aiutò la città"
TRENTO (c.sal.) - "L'università di Trento? Nacque come una bellissima avventura; oggi è diventato un vero e proprio campus immerso nel centro storico della città ma proiettato sull'estero". Parola di Marco Boato, 56 anni, deputato dell'Ulivo, veneziano d'origine, ma trentino d'adozione, uno dei leader del ' 68 e poi di Lotta Continua, studente di Sociologia a Trento negli anni '60, e protagonista delle prime occupazioni insieme a Renato Curcio e Mauro Rostagno. A quei tempi Trento diventò il primo esempio di università "flessibile". "Gli studi universitari di Sociologia cominciarono nel '62 con l'Istituto trentino di cultura, ma il riconoscimento giuridico della laurea arrivò nel '66, dopo le prime occupazioni. Le nostre lotte, nel '66, avevano questo obiettivo, insieme a quello di migliorare la qualità degli studi e di far partecipare gli studenti all'elaborazione dello statuto e del piano di studi. Trento fu la prima università ad avere uno studente con voto consultivo nel consiglio d'amministrazione e fui io".
Poi arrivò il '68 e a Trento ci fu l'occupazione studentesca più lunga d'Italia, "ma fu diverso dagli altri, meno ideologizzato, non marxista- leninista ma più influenzato da impostazioni sociologiche americane e tedesche. Con gli studenti vennero a trattare Norberto Bobbio, Nino Andreatta, entrambi fra i fondatori dell' università, e l' ottantenne Marcello Boldrini: la loro risposta fu intelligente perché concessero una gestione più elastica degli studi e rinnovarono il corpo docente per il 70-80 per cento. Arrivarono Francesco Alberoni, con cui mi laureai nel '70, e due gruppi di docenti giovani, da Milano e da Bologna: Franco Fornari, Gianenrico Rusconi, Umberto Segre, Guido Baglioni, Andrea Manzella e tanti altri. Dopo Piazza Fontana anche qui il movimento studentesco si ideologizzò. Ora sono gli anni dell'internazionalizzazione e il '68 non abita più qui, ma la sua eredità ha contribuito a rinnovare la città".
Da la Repubblica 9 settembre 2000