Il Corriere della Sera
-11 APRILE 2001editoriale
I pensieri che incendiarono il Sessantotto
Cinquant'anni fa uscivano i "Minima moralia", uno dei testi sacri della contestazione. Tre famosi intellettuali tedeschi ricordano come il filosofo di Francoforte fu vittima dei suoi stessi allievi
Wolf Lepenies : "Ho letto i Minima moralia come un'opera letteraria. Mi ha colpito per il suo linguaggio. Se qualcuno mi chiedesse cosa c'è scritto, mi troverei in grande difficoltà. Ma mi ricordo di determinati passaggi. Ad esempio l' "amor intellectualis" per il "personale della cucina" - si tratta certamente di una straordinaria locuzione che non si dimentica. Sono, anche se può sembrare banale, aforismi sulla saggezza di vita. In questo libro ho sempre ammirato la capacità di Adorno di esprimere cose infinitamente difficili in un modo tale da trasmettere un piacere estetico. Io l'ho letto verso la fine dei vent'anni, o poco prima. A quell'età si leggono naturalmente volentieri queste cose oscure. Ma esse non opprimono. E di conseguenza non ho percepito il libro come limitativo, ma piuttosto come incoraggiante". Bernd Leineweber : "Leggendolo, ho constatato che per la prima volta esisteva un modo di pensare che cercava delle risposte - anche se solo temporanee - altrimenti impossibili da trovare. È stata veramente una svolta rivoluzionaria, di enorme portata. Questa esplosione di una pressione interiore, di un dolore - quello di crescere in una società che non si esprimeva minimamente su quello che la riguardava maggiormente; questa esplosione delle possibilità di visionare la teoria critica e successivamente il marxismo; questa risposta era almeno qualche cosa, e forse il massimo, che all'epoca esisteva e avrebbe potuto esistere. E questo ha avuto un incredibile, immediato effetto ribelle. Retrospettivamente si può dire che lì è stata posta la prima pietra per la teoria critica di Adorno, che si differenziava molto da quella sviluppata da Horkheimer negli anni '30. Reagisce al periodo del nazismo e capovolge l'intera struttura della vecchia teoria critica. Questo è diventato di importanza fondamentale nei Mini ma moralia , ed è per così dire l'originale di tutti i lavori successivi.
Tutti gli scritti negli anni '50 fino alla sua morte risalgono ai Minima Moralia . All'epoca una cosa del genere mi toccava da vicino: la ragione non trova alcuno spazio in questa società. La ragione è stata eliminata, non esiste. E Adorno vi associa l'outsider, l'eccentrico, colui che deve tenere in considerazione l'assurdo, per resistere in questa follia. Questo ha toccato direttamente, ha suscitato una voglia di opporre resistenza oppure di fare l'outsider, una voglia presente nella nostra generazione e l'ha aiutata ad esprimersi. Adorno ha dato inizio a questa possibilità di pensiero. Sono fermamente convinto del fatto che il movimento studentesco, per quanto possa essersi poi staccato dalla sua teoria critica, inizialmente debba molto alla teoria di Adorno. Essa fu l'inizio di quel movimento". Günther Grass : "Non mi ricordo più la data in cui lo lessi per la prima volta. So soltanto che quella famosa frase "scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro" mi ha impressionato. Non si poteva non sentire o non vedere la parola di Adorno. Era una specie di segno premonitore e un criterio, ed era corretto in quanto uno scritto dopo Auschwitz doveva sempre includere la conoscenza degli eventi di Auschwitz e le loro conseguenze. A quella frase famosa ho dato il significato di un segnale di pericolo, non di divieto. Questo ha influenzato molto il mio scrivere. Era qualche cosa che nessun altro aveva formulato così chiaramente - in modo esagerato, altrimenti non avrebbe avuto nessun effetto. Ho incontrato Adorno una volta o due: era un uomo brillante, anche vanitoso in modo divertente. L'ultima volta che lo vidi, è stato in occasione della Fiera del Libro nel 1968: allora fu fatto a pezzi dai suoi stessi seguaci, davanti a un pubblico studentesco urlante. Se ricordo bene, Habermas ed io siamo stati gli unici a opporci. È stato vergognoso vedere come questa persona anziana sia stata derisa, con odio. Dopo quel vergognoso incidente a Francoforte, ho avuto un breve scambio epistolare con Adorno: è stato poco prima della sua morte. Non ho capito come abbia potuto esporsi a tutto questo per poi ridursi infine al silenzio. Qui inizia però la mia critica: la sua magnifica struttura teorica, che non voglio sottovalutare, nutriva un certo timore nei confronti della realtà. Certo, forse una parte delle accuse degli studenti deriva anche dal fatto che la teoria era in un certo modo lontana dalla realtà. Infatti un'alternativa democratica compariva chiaramente all'orizzonte dal 1969 e ciò si delineava già prima con il sorgere della nuova politica, che un Willy Brandt aveva già professato quando era ancora sindaco in carica di Berlino. Ma sussisteva in tutta la Scuola di Francoforte un certo timore di avvicinarsi troppo alla politica quotidiana. Indipendentemente dal fatto che la famosa frase di Adorno sulla cultura dopo Auschwitz ha avuto un grande effetto su di me, posso dire, per quanto concerne il mio sviluppo personale, che dopo la mia formazione professionale, grafica, scultura, pittura, tutto il mio interesse era rivolto verso l'arte e che ho fatto tremende acrobazie per evitare quei temi che mi opprimevano. Fino al momento in cui non c'è stata più alcuna scusa e mi sono confrontato con questa tematica che fino a oggi non mi ha più abbandonato. La sua critica all'illuminismo voleva dire, e vuol dire, non rompere la brocca, perché ha una crepa, ma tentare di rivedere l'illuminismo con i mezzi dell'illuminismo: così almeno io ho inteso Adorno. Anche questo in completa contraddizione con gli sviluppi successivi, in cui si pensava di dover prendere definitivamente congedo dall'illuminismo.
Da http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/news.htm